Hartmut Winkler, "Cambiare, scambiare, comunicare. La costruzione della Rete tra economia e media" (original) (raw)
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Una “discussione in rete” con Stanley Wilder - (A "networked discussion" with Stanley Wilder)
On 4 th January 2005 the USA Information Literacy community is shocked by the Stanley Wilder's article " Information Literacy Makes all the Wrong Assumptions" published on The Chronicle of Higher Education. The article strongly criticises against Information Literacy and academic libraries. As a reaction, an intense debate immediately arises within the USA Information Literacy community through the ILI -L discussion list. The first part of this paper attempts to identify a framework in the various Wilder's argumentations, which -despite the title of the article -seem to be lacking in systematisation. Furthermore, a comment point-by-point is given of the article contents. The second part of this paper illustrates and comments the very interesting discussion originated within the ILI -L list in reply to the article in hand. This exercise confirms once again the validity of the discussion list as a qualified source of information, able to return a realistic and vivid ...
Alexander Langer tra passione per l'unità e conversione ecologica
Alex Langer tra passione per l'unità e conversione ecologica, 2020
A 25 anni dalla morte dell'europarlamentare Alex Langer, figlio di padre ebreo e madre cattolica, una risonanza alla sua opera di europarlamentare verde, giornalista appassionato dell'unità e della pace, francescano nel cuore.
ABSTRACT PANEL: "Un'impresa rischiosa e redditizia: scambi, scontri e incontri lungo la frontiera nordafricana (secc. XVII-XVIII)" In età moderna, capitani, mercanti e patroni di barca si muovevano abitualmente nello spazio mediterraneo seguendo le vie dei propri lucrosi traffici, e ben conoscevano i rischi e le insidie connessi alla navigazione in uno scenario costantemente militarizzato. Le rotte del profitto, che conducevano sulla sponda nordafricana e verso il Levante, attraversavano una frontiera marittima presidiata dai corsari barbareschi da un lato e dai loro antagonisti cristiani dall’altro. Tale frontiera, se per un verso rappresentava un ostacolo per gli scambi commerciali, per l’altro serviva a definire (o talvolta a creare) uno spazio economico elitario destinato esclusivamente a particolari attori. Vi erano insomma due tipologie di interazione, tra loro complementari: una era basata sullo scontro o sulla difesa del territorio; l’altra, importantissima, era centrata sullo scambio, sulle franchigie e i privilegi. La seconda beneficiava degli effetti della prima poiché più emergevano i conflitti più la forza dei privilegi si rivelava determinante nel garantire il successo di alcuni operatori commerciali. Si può leggere in questa chiave, ad esempio, la prosperità delle bandiere inglese e francese nel Mediterraneo: in virtù dei trattati siglati con le reggenze barbaresche, esse erano predilette dai negozianti di ogni nazione quando si trattava di noleggiare bastimenti per il trasporto di mercanzie a lunga distanza. Navigare con bandiera privilegiata, infatti, riduceva i rischi del viaggio e di conseguenza diminuiva i costi assicurativi. Ovviamente né la conflittualità né il privilegio erano dati in maniera definitiva: i rapporti tra gli stati che si trovavano sulle opposte sponde della frontiera erano infatti sottoposti ad una continua negoziazione. La conquista del privilegio era spesso frutto di una politica di potenza in grado di imporsi con le armi, occupando particolari aree strategiche o utilizzando le forze navali come elemento intimidatorio. A coloro che non potevano vedere la propria iniziativa privata supportata da adeguati strumenti coercitivi non restavano che due soluzioni: ricorrere a bandiere “sicure” o percorrere la via della cauta diplomazia. Tenendo conto di tre differenti prospettive – quella diplomatica, quella economica e quella militare – gli interventi qui proposti sono mirati a evidenziare alcune delle modalità attraverso le quali diversi attori mediterranei hanno avvicinato e, talvolta, affrontato il Maghreb tra il XVII e il XVIII secolo. ABSTRACT INTERVENTO: "Tangeri tra guerra e commercio: una porta inglese al Nord Africa" Quando, nel 1684, gli inglesi lasciarono Tangeri dopo un solo ventennio di occupazione, furono molte le voci che si levarono contro la decisione di abbandonare un avamposto così rilevante sotto molteplici punti di vista. Le divisioni politiche e gli aspri contrasti religiosi all’interno del parlamento avevano però costretto Carlo II, seppur a malincuore, all’infelice risoluzione. Tangeri aveva rappresentato, dal 1662, una testa di ponte importante per la penetrazione inglese nel Mediterraneo, fornendo una base d’appoggio per le operazioni della Royal Navy sulle coste nordafricane. Secondo il pensiero di alcuni dei suoi principali sostenitori, la colonia non era però destinata ad una funzione esclusivamente militare: essa sarebbe dovuta divenire un rilevante scalo commerciale, punto cruciale del sistema convogliare verso gli stretti e, infine, luogo d’incontro aperto a tutti gli attori che, in un modo o nell’altro, dal Mediterraneo traevano profitto. Questa era l’idea espressa, ad esempio, da Henry Sheeres, l’ingegnere impegnato nella costruzione del poderoso molo, nel suo A discourse touching Tanger: in a letter to a person of quality (stampato nel 1680) dove egli suggeriva che il nuovo porto avrebbe dovuto accogliere non solo vascelli europei, ma anche moreschi, turchi e persino corsari barbareschi desiderosi di vendere le loro ricche prede al miglior offerente. Lo studio – basato principalmente su documenti prodotti e raccolti dal Board of Trade , oltre che su diverse pubblicazioni d’epoca – della breve ma incisiva parentesi coloniale britannica sulle coste marocchine offre la possibilità di gettare uno sguardo non solo alla politica di potenza esercitata dagli inglesi nei confronti delle reggenze barbaresche nella seconda metà del XVII secolo, ma anche agli aspetti economici più pragmatici della gestione di Tangeri, potenziale città-frontiera nordafricana.
Tecnologia e comunicazione nel pensiero di Gianni Vattimo
2022
L’obiettivo che si pone questo elaborato nasce dall’esigenza di ricostruire un più chiaro quadro di analisi sul tema della tecnologia e della comunicazione, in un percorso scevro dalla demonizzazione umanistica che oggi condiziona questi temi. La società trasparente (1989) di Gianni Vattimo vede la sua nascita in un’epoca di rapida evoluzione, posizionandosi tra gli scritti a difesa delle possibilità di emancipazione della tecnica. Il testo offre l’occasione di porsi quesiti rilevanti: promuove, innanzitutto, l’approfondimento del più contemporaneo stato dell’arte sulle tecnologie della comunicazione e di come esse trasformino la società e, inoltre, pone un interrogativo, di interesse soggettivo e intersoggettivo, sul nuovo modo di vivere questo nuovo contesto. Si tenterà, dunque, prima di offrire un giusto quadro di presentazione al tema della tecnica e, successivamente, di approfondire quale sia il contributo della teoria vattimiana. In conclusione, verranno approfonditi gli aspetti critici e i cambiamenti del pensiero del filosofo torinese. In appendice si troverà una case history che ha visto l’impegno attivo della candidata nell’applicazione di nuove tecnologie per la promozione e lo sviluppo dei beni culturali. Il progetto PAUN (Parco Archeologico Urbano di Napoli), a cura del distretto DATABENC in collaborazione con il DiSPaC, offre oggi un contesto di virtuosa collaborazione tra discipline differenti. Nello specifico, verrà analizzata la matrice filosofica che fonda i prototipi messi in opera dal distretto: le ontologie e le loro applicazioni in campo informatico.