Senza Esorcismi: Cruising (1980) di William Friedkin tra contestazioni infuriate e attrazioni fatali (original) (raw)

OLTRE IL LIBRO: NUOVE FORME DI NARRATIVITÀ SUGLI/DAGLI USA Senza Esorcismi: Cruising (1980) di William Friedkin tra contestazioni infuriate e attrazioni fatali

Nel 1980 esce nelle sale statunitensi il film Cruising, diretto da William Friedkin, regista di classici come French Connection (1971, Il braccio violento della legge, vin-citore di 5 Oscar) e The Exorcist (1973, L'esorcista, film nominato a 11 premi Oscar che ha rivoluzionato il genere horror). Friedkin aveva diretto dieci anni prima The Boys in the Band, uno dei primi film mainstream a ruotare interamente intorno a un gruppo di personaggi gay, e a sua volta basato su un testo teatrale omonimo del 1968 scritto da Mart Crowley. Questo film del 1970 ebbe una ricezione abbastanza controversa, soprattutto riguardo la caratterizzazione stereotipica dei personaggi e la loro discutibile disperazione. Vito Russo, un'icona della critica cinematografi-ca gay statunitense, ne scrisse piuttosto ironicamente: "il senso di colpa interioriz-zato di otto uomini gay durante una festa di compleanno a Manhattan costituisce l'argomentazione migliore, la più potente mai offerta finora ...

Il "Non credo" di Dario Voloskan: dall' esodo istriano un mondo senza confini, in Viaggi, Itinerari, Flussi umani. Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2014.

Il «Non credo» di Dario Voloskan: dall'esodo istriano un mondo senza confini CINZIA GALLO Gli otto racconti che compongono Confine, di Dario Voloskan, costituiscono un esempio di «short story cycle», secondo la definizione di Ingram 1 , in quanto ogni testo è autonomo e, al di là del tema, unito al seguente tramite il narratore onnisciente che lo commenta, introduce il successivo e i vari protagonisti, personaggi immaginari, come precisato nella Prefazione, ma verosimili e inseriti in un contesto reale, quello dell'Istria, della Dalmazia martoriate dall'occupazione titina e dall'invasione degli Slavi, che ne hanno stravolto il volto originario. Così, per esempio, nel primo brano -Colomba bianca -, il narratore sottolinea come Fiume abbia mutato il suo nome in Rijeka, abbia cambiato anche, in parte, la sua toponomastica, mostri negozi con «nomi e insegne diverse» 2 . Sono però «le facce nuove» che Nereo nota per le strade a dargli «un senso di smarrimento» 3 , la sensazione di essere «già uno straniero in una città straniera» 4 . Mentre la maggior parte dei fiumani abbandona la città, e tra questi l'amico Lucio, convinto che chi resta è già condannato se non accetta «lingua, usanze, idee e modo di vivere dei padroni» 5 , Nereo pensa di poter inserirsi nella nuova società tenendo

«The Frankenstein Chronicles»: Un mondo senza Dio?

Apparentemente rimosse, la morte e i suoi simulacri sono in realtà presenze costanti dell'immaginario contemporaneo: fantasmi, vampiri e zombie sono protagonisti indiscussi di film e serie tv, videogiochi e fumetti.

Il (libro in) cammino di Jamaica Kincaid nel "Paradiso" reclamato

2021

Il saggio si occupa dell'œuvre postcoloniale di Jamaica Kincaid, concentrandosi sulla rivendicazione dell'umano oltre e in differenza dalla dialettica padrone-schiavo. Se questo è l'interesse generale della sua opera, la scrittrice sceglie di investigare, in particolare, la figurazione dell'Eden, spesso il luogo della immaginazione orientalizzata dell'occidente, che qui diviene il tratto che accompagna lo sviluppo della sua scrittura: il Paradiso è il luogo che deve essere rifiutato, riscritto, infuso con forme di nuova conoscenza, la locazione naturale che va ibridizzata e popolata dall'alterità. È il risultato originale di una poetica creativa che identifica il viaggio quale motivo centrale del cambiamento esistenziale: al cuore della attenzione autobiografica di Kincaid, esiste l'esperienza diasporica, la ricerca di altre genealogie, l'amore per il giardinaggio e l'intensità della pratica di travel writer.

Recensione di R. Dworkin, Religione senza Dio / Religion without God

This essay discusses the reasons that led Ronald Dworkin to present his view of the primacy of a Kantian-shaped kind of morality as a variety of “Religion without God” in his posthumous book with the same title. On the one hand, the analogy between Dworkin’s emphasis on enchantment and the definition of religion advanced by É. Benveniste in his Indo-European Language and Society (“religio is a hesitation, a misgiving which holds back”) is underlined. In this sense, Dworkin’s aim seems to show with his own example, contra Weber and Habermas, that there is a form of musicality tailored to secular thinkers. On the other hand, this view of religious musicality is criticized as monodic, enthralled by the metaphor of “shielded integrity”.

Il Cristo proibito di Curzio Malaparte. Un’esperienza cinematografica non occasionale

Rivista di letteratura teatrale, 2017

The article analyzes the film Il Cristo proibito (1951), the Curzio Malaparte’s single movie ever filmed. Leveraging on the edited and unpublished material, the article describes the first encounter of the writer with the world of cinema and then it focuses on the development of Il Cristo proibito by carrying out a textual analysis of different versions of screenplays written by Malaparte. The examination of these texts highlights the willingness demonstrated by the writer to introduce himself to the world of cinema and reveals a dynamic modulation of styles and narrative situations. One last section is devoted to the relationship between Il Cristo proibito and Neorealism. Though the film comes out in a period still strongly influenced by neo-realistic aesthetics and shares its themes, it doesn’t align to this movement. Its expressionist and metaphysical feature and the desire to transfigure the naked testimony by a pictorial way makes Il Cristo proibito a work that is hard to frame in the context of the 1950’s cinema history.

L’agonia del non expedit, in Benedetto XV. Papa Giacomo Della Chiesa nel mondo dell’«inutile strage», directed by A. Melloni, edited by G. Cavagnini, G. Grossi, Bologna 2017

S. Marotta, L’agonia del non expedit, in Benedetto XV. Papa Giacomo Della Chiesa nel mondo dell’«inutile strage», directed by A. Melloni, edited by G. Cavagnini, G. Grossi, Bologna 2017, pp. 667-679.

n. 4 - S. Oddi, La Damnation de Faust ovvero il circo multiforme di Terry Gilliam

La messa in scena di Terry Gilliam della Damnation de Faust di Hector Berlioz (English National Opera, 2011) costituisce l’esordio del cineasta britannico nel mondo dell’opera, la prima penetrazione nel campo melodrammatico da parte di un regista la cui poetica dalle note debordanti ha sempre costituito un terreno dai connotati profondamente affini a quelli del teatro d’opera. Siamo davanti dunque al contatto tra una delle personalità più eclettiche e barocche della recente storia del cinema e un universo estetico come quello dell’opera, per sua natura considerabile – usando le parole di Gerardo Guccini – come «una macchina teatrale gigantesca e fascinosa che costituisce il più vitale residuo dell’età barocca in età moderna». In un certo senso, la Damnation si pone inoltre come una vera e propria summa all'interno dell'itinerario registico di Gilliam, capace di travalicare le limitanti linee di confine tra un’arte e l’altra per accogliere in sé tutti i motivi ricorrenti più caratteristici del suo cinema, ponendosi in linea con la sua estetica dell’ibridazione «dove l’epica si mescola all'ironia dando vita a un melange del tutto particolare» (Francesco Liberti). Il presente articolo analizza in dettaglio la messa in scena di Gilliam, collocandola non solo nel contesto della sua filmografia, ma anche in quello del cinema degli ultimi decenni, e mettendola in dialogo con le tendenze recenti della messa in scena dell’opera in musica e del dibattito critico su di essa.