A che servono i bibliotecari, prima e dopo Google? (original) (raw)
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AIB Studi, 2017
L’articolo presenta i risultati di una ricerca sull’interazione tra l’utente e il catalogo svolta nella biblioteca del Dipartimento di musicologia e beni culturali (sede di Cremona) dell’Università di Pavia (Biblioteca di musicologia). Nella ricerca è stata adottata una campionatura casuale di 30 utenti e ci si è basati su un approccio multi-metodo comprendente la cattura di screenshot e sondaggi pre e post-ricerca. I risultati dell’indagine mostrano che gli utenti della Biblioteca di musicologia preferiscono la ricerca con un’interfaccia ‘Google like’, che svolgono esclusivamente ricerche di oggetti noti, che i dati più utilizzati sono il cognome dell’autore (21,9%) o il nome e cognome dell’autore (21,9%), oppure cognome dell’autore e una parola del titolo (15,6%), che inseriscono una quantità di dati inferiore a quella in possesso e abbastanza spesso (36%) le intenzioni dichiarate sul questionario differiscono dalle azioni rilevabili dalla videoregistrazione. Questa prima indagine suggerisce di continuare ad applicare questo duplice metodo a nuovi casi, ampliando se possibile il numero del campione, diversificando la tipologia di biblioteca nella quale effettuare le ricerche ed esaminando nuove interfacce d’interrogazione (con particolare riguardo a quelle che consentono di individuare le entità definite nel modello FRBR).
Quando il bibliotecario migliore è un’IA
2020
Come annunciato nell'editoriale del n. 1/2020 il rafforzamento dell'approccio internazionale della rivista è uno degli obiettivi che intendiamo perseguire, attraverso un contatto costante con il mondo della professione e attraverso un consolidamento del rapporto con il comitato scientifico internazionale. Di questo fa parte ora, con nostro grande piacere, David Weinberger, al quale abbiamo chiesto di proporre ai lettori di AIB studi una riflessione su un tema di forte attualità bibliotecaria. Il tema prescelto è quello del ruolo dell'IA (intelligenza artificiale) e del machine learning (in italiano apprendimento automatico) nei servizi di 'raccomandazione bibliografica' esterni e interni alle biblioteche. Weinberger offre il suo punto di vista a partire dall'esperienza acquisita nel ruolo di co-direttore dell'Harvard Library Innovation Lab nonché a seguito dell'attività svolta per il Google's People + AI Research (PAIR), un team multidisciplinare di Google che esplora il lato umano dell'IA, a partire dall'idea che per raggiungere il suo potenziale positivo, il machine learning debba essere partecipativo, coinvolgendo le comunità di interesse. È alla comunità dei bibliotecari che Weinberger si rivolge richiamandoli ad avere un ruolo proattivo nell'utilizzo dell'IA al servizio delle proprie comunità di utenti. L'IA-come tutte le tecnologie-è neutra rispetto ai valori e agli scopi di utilizzo: per questo Weinberger ritiene che le biblioteche debbano fare da contraltare rispetto a un suo utilizzo puramente commerciale al fine di infondere nei meccanismi del machine learning quei valori «democratici e umanitari» di cui le biblioteche sono veicolo e che in questo momento storico richiedono una rinnovata attenzione. Per fare questo i bibliotecari non devono arrendersi di fronte alla complessità e devono puntare a rendere interoperabili gli strumenti che hanno costruito negli anni e valorizzare le competenze acquisite. In questo senso è necessario sempre più ragionare in un'ottica sistemica superando la frammentazione che è forse il vero punto debole delle biblioteche al cospetto dei competitor commerciali. Una sfida affascinante che speriamo anche i bibliotecari italiani-in un'epoca come quella che stiamo vivendo-vogliano raccogliere per il futuro delle nostre biblioteche e delle nostre comunità di riferimento.
La Biblioteca di Alessandria. Un esempio di Google Books ante litteram
Il motivo di fondo che portò all’ideazione e alla realizzazione di uno dei più grandi progetti culturali della storia, la Biblioteca di Alessandria, fu sostanzialmente quello di garantire una koinè culturale che facilitasse l’unione sociale fra due civiltà quella greca e quella egiziana, che vantavano una millenaria tradizione letteraria e filosofico-religiosa. L’obiettivo dei Lagidi, infatti, non si limitava alla raccolta di tutti i libri del mondo, ma mirava alla creazione di un centro di produzione culturale aperto alla catalogazione libraria quanto alla studio e alla ricerca, mettendo a disposizione del lettore, nello stesso luogo fisico, tutto lo scibile umano. L’ambizioso e visionario piano della dinastia tolemaica ebbe successo a breve e lungo termine, facendo di Alessandria il centro propulsore della cultura ellenistica nel mondo mediterraneo, cuore e modello dell’integrazione sociale dell’erigendo impero romano. La lungimiranza e la modernità di questo progetto appare ancor più sorprende più di duemila anni dopo, con l’avvento di internet e la nascita delle grandi collezioni librarie digitali contemporanee, come Google Books o Europeana, che alla biblioteca di Alessandria si sono ispirate non solo dal punto di vita concettuale ma anche per la ratio che sta alla base “del problema dell’organizzazione e della gestione della conoscenza”, considerando che il fine comune di rendere facilmente fruibile un immenso patrimonio librario – digitale o carteceo – passa, necessariamente, da un confacente sistema di catalogazione. Se il web, infatti, è, per sua natura, un archivio dalla capacità infinita, in grado di raccogliere e conservare in brevissimo tempo un’eccezionale mole di dati è altresì innegabile che il vero problema rimane quello della reperibilità più o meno immediata dei testi ricercati. Oggi come in età ellenistica, dunque, è stato necessario trovare un sistema di selezione, catalogazione e gestione dei testi giornalmente immessi nelle principali biblioteche digitali, dal momento che la “Digital Philology non è che una forma aggiornata della filologia tradizionale, trovandosi anch’essa a dover trovare nuove soluzioni a vecchi problemi, quali l’emendamento dei testi, la riproduzione digitale dei manoscritti, la trascrizione dei testi a stampa, lo studio delle relazioni tra il documento e le sue rappresentazioni, etc.”.
Il falso in rete: il bibliotecario come antidoto
2016
L’immensa offerta di informazioni su internet è un notevole vantaggio per l’utente, perché gli consente – solo in teoria – di ottenere tutto ciò di cui ha bisogno per soddisfare i propri bisogni informativi e di farlo in tempi molto più ridotti che in passato. La rete ha anche cambiato il modello di approvvigionamento delle informazioni da parte dei lettori, dato che il loro ruolo è diventato molto più attivo che con i media tradizionali (come radio e tv). Tuttavia il web pone sempre più un problema di controllo della qualità dell’informazione, perché rende più facile la circolazione di informazioni false e al tempo stesso crea un canale di comunicazione immediato tra informazione e lettore. Poiché il falso si nasconde dietro i meccanismi di produzione, di trasmissione e di ricezione dell’informazione, è indispensabile comprendere bene questi meccanismi ed esserne consapevoli come bibliotecari, per utilizzare e insegnare a utilizzare le informazioni in modo critico, corretto e creativo.
Quello che vorremmo sapere, e perché, sull’uso e gli utenti delle biblioteche, ieri e oggi
What happened in the library? Cosa è successo in biblioteca? Lettori e biblioteche tra indagine storica e problemi attuali Readers and libraries from historical investigations to current issues, 2020
Alberto Petrucciani, Quello che vorremmo sapere, e perché, sull’uso e gli utenti delle biblioteche, ieri e oggi: introduzione al Convegno, in: What happened in the library? Readers and libraries from historical investigations to current issues: international research seminar = Cosa è successo in biblioteca? Lettori e biblioteche tra indagine storica e problemi attuali: seminario internazionale di ricerca (Roma 27-28 settembre 2018), a cura di Enrico Pio Ardolino, Alberto Petrucciani e Vittorio Ponzani. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2020, p. 19-28.
Nella categoria degli strumenti di ricerca e di accesso ai dati dei cataloghi online che stanno progressivamente sostituendo gli OPAC - i così detti cataloghi di nuova generazione e le varie categorie di discovery tools - molti software propongono spazi di interazione riservati agli utenti, dichiaratamente ispirati a modelli social. Questi ambienti già esistono e sono attivi sia in alcuni cataloghi next-gen che negli strumenti di discovery, mentre, di recente, sono stati professionalmente istituzionalizzati da BIBFRAME, la struttura di gestione e di visualizzazione progettata dalla Library of Congress per il catalogo in linked open data. I bibliotecari, i catalogatori, si trovano, quindi, di fronte alla gestione dei dati inseriti dagli utenti, dati che possono avere una rilevanza qualitativa e quantitativa per le biblioteche: in rapporto al sistema di catalogazione, o a quello di discovery, utilizzato, le opinioni espresse, le attività registrate e le abitudini degli utenti costituiscono, di fatto, un’opportunità di feedback per i bibliotecari, ma anche per gli stessi sistemi di ricerca. L’intervento intende proporre una disamina delle possibilità, dirette e indirette, di intervento degli utenti e, in relazione a esse, un’analisi del ruolo del bibliotecario nella gestione e nella valorizzazione dei dati così ottenuti.
Bollettino AIB, 2006
Con lo sviluppo e la crescita quantitativa e qualitativa dell'informazione disponibile in rete, il ruolo tradizionale del bibliotecario sembra talvolta essere messo in discussione. Gli utenti hanno infatti spesso la percezione di poter trovare in rete "tutto, facilmente e subito", di poter accedere all'informazione finale senza bisogno di alcuna mediazione. Tale fenomeno, detto della "disintermediazione", se da una parte è certamente visto con favore dalla maggior parte dei ricercatori, dall'altra rischia di mettere in discussione la qualità dei risultati ottenuti tramite strategie di ricerca non corrette o poco mirate. Nel tempo la disintermediazione ha profondamente modificato il comportamento degli utenti nella ricerca e nell'utilizzo delle risorse elettroniche, da una parte conferendo loro una maggiore dimestichezza nell'uso del computer e nella consultazione dei diversi strumenti informativi (repertori di periodici elettronici, basi dati, OPAC ecc.), dall'altra consolidando in queste attività alcune "cattive" abitudini. Sulla base di tali considerazioni, questo lavoro propone un'analisi dell'uso, da parte dei ricercatori dell'Istituto superiore di sanità (ISS), di alcune risorse elettroniche messe a disposizione dalla Biblioteca:-una selezione di basi dati in ambito biomedico, sia bibliografiche che full text, in formato OVID;-l'Emeroteca virtuale (EV), messa a disposizione dal Caspur (Consorzio interuniversitario per le applicazioni di supercalcolo per università e ricerca), che permette l'accesso a un'ampia collezione di periodici elettronici pubblicati da diversi editori scientifici. Lo studio è basato sull'analisi dei dati relativi all'uso dei periodici elettronici forniti dal Caspur nel periodo 2001-2004 e dei dati relativi all'uso delle basi dati nello stesso periodo elaborati dalla OVID, confrontati con i risultati di un questionario proposto dalla Biblioteca ISS nel 2004 sulle abitudini e strategie di ricerca dei propri utenti. Lo scopo del lavoro è quello di valutare se e come l'avvento dei periodici elettronici abbia modificato i modelli di comportamento nell'uso delle altre risorse informative elettroniche e misurare il loro eventuale impatto sulla frequentazione della biblioteca.
Alcune occorrenze del termine "biblioteca" nel mondo antico
Da archivio a βιβλιοϑήχη: breve introduzione allo sviluppo della biblioteca nel mondo antico - Alcune occorrenze del temine “biblioteca” nella letteratura greca e latina - Le più importanti biblioteche del mondo greco e romano attraverso le testimonianze letterarie: area greca, età ellenistica e Roma