Krokon e il γένος ἱερὸν dei Krokonidai (original) (raw)
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Nomi bestiali? Sull'Apollo Korax cirenaico
INTRODUZIONE La presenza del mondo animale nell'esperienza religiosa umana è un tratto comune alla totalità delle culture, sebbene a sistemi di pratiche e credenze diversi corrispondano forme diverse di interazione tra animali umani e animali non umani 1. Così, un europeo cattolico del ventunesimo secolo vivrà, nella sua personale esperienza religiosa, una forma di relazione con il mondo animale molto diversa da quella di un nativo del villaggio di Deshnoke nello stato del Rajahstan, nell'India del nord, dove sorge il grande tempio di Karni Mata nel quale vivono e sono venerati migliaia di ratti neri. Ciò non di meno, la partecipazione degli animali non umani all'esperienza religiosa umana è un tratto diffuso, trasversale alle culture e alla storia dell'uomo. Anche il mondo antico, e il mondo greco in particolare, ha riservato agli animali non umani un ruolo preminente nelle pratiche e nelle narrazioni di carattere religioso: dal sacrificio alla divinazione, dalle pratiche magico-rituali alle forme di rappresentazione del divino, gli animali «ont été intégrés par les Grecs à la totalité des ἱερά» 2. Specie animali diverse erano mobilitate anche negli epiteti e nei titoli di culto che i Greci attribuivano ai loro dèi, e proprio di nomi «bestiali» dei theói intendo occuparmi in questo contributo. Nella prima parte dello studio, presenterò la categoria di attributo zoonimico nel contesto più ampio dell'onomastica divina greca, da alcuni decenni al centro di un rinnovato interesse presso gli studiosi che ha portato a un ripensamento delle categorie e degli strumenti tradizionali * Desidero rivolgere un ringraziamento particolare a Marco Vespa e alla Prof.ssa Francesca Prescendi per aver accolto il mio contributo in questo numero speciale della rivista I Quaderni del Ramo d'Oro. Infinita riconoscenza va alle Prof.sse Gabriella Pironti e Silvia Romani per il loro sostegno e i consigli preziosi che tanto mi aiutano nello studio sui nomi «selvaggi» dei theoi. Ringrazio anche i due anonimi referees per i suggerimenti e le osservazioni e Kevin Protze per l'aiuto nel reperire la monografia di G. Schmidt, giunta fino a Pisa da Leipzig. 1 Così MAZZOLENI 2009, p. 21: «È una strategia pressoché generale-tra le umane culture-quella di ricorrere a una simbologia animale (e al valore sacrale ad essa attribuito) per conferire una concreta leggibilità al sovrumano e ai possibili rapporti tra questo e il piano umano». 2 BODSON 1978, p. XI.
Epariti. Il koinon degli Arcadi e i suoi soldati
2015
Among the many elite troops in the armies of Classical Greece, the corps of the Arcadian eparitoi seems to be peculiar in two respects: the number of its members and its composition. The analysis of the sources allows us to understand that its earliest core was formed by rich men, serving the federal authorities. In addition to them, less wealthy citizens could have also joined the force. Moreover, it is possible to identify specific circumstances which could make more acceptable the number given by Diodorus. The eparitoi could ultimately be interpreted as a military force controlled by the federal magistrates and distinct from the actual federal army. Fra le varie formazioni d’élite degli eserciti greci in età classica, il corpo degli Epariti arcadici risulta particolarmente interessante sotto due aspetti: il numero dei suoi membri e la sua composizione. L’analisi delle fonti permette di comprendere come il nucleo originale di questa formazione fosse costituito da uomini benestanti e schierati dalla parte delle autorità federali. Ad essi si poterono aggiungere uomini meno abbienti. Si evidenziano, inoltre, una serie di circostanze che, in ultima istanza, consentirebbero di meglio comprendere e accogliere la testimonianza diodorea riguardo la loro consistenza numerica del corpo. Si propone, infine, di interpretare gli Epariti come vera e propria forza armata delle autorità federali, distinta dall’esercito della federazione.
Axon, 2019
The article illustrates the link of an anonymous kitharodos from Kos with the Sebasta of Naples and presents the hypothesis of his identification with Helenos son of Iason, known for having won many contests.
Per una storia delle edizioni del 'Plokion' di Menandro
Plokion di Menandro 1. Del Plokion di Menandro possediamo quindici frammenti di tradizione indiretta, per un totale di 58 versi, pubblicati nel 1998 nel secondo tomo del sesto volume della fondamentale edizione dei Poetae Comici Graeci (PCG), curata da Rudolf Kassel e Colin Austin (frr. 296~310). Quattro dei quindici frammenti sono tramandati da Aulo Gellio: nel capitolo 23 del secondo libro delle Noctes Atticae, dopo aver ricordato che talvolta «comoedias lectitamus nostrorum poetarum sumptas ac versas de Graecis Menandro aut Posidippo aut Apollodoro aut Alexide et quibusdam item aliis comicis», Gellio opera una synkrisis tra il Plocium di Cecilio Stazio e il suo modello greco, pervenendo alla conclusione che «[…] postquam in manus Menander venit, a principio statim, di boni, quantum stupere atque frigere quantumque mutare a Menandro Caecilius visus est! Diomedis hercle arma et Glauci non dispari magis pretio existimata sunt» (II, 23, 7); e, a conforto di siffatto giudizio, cita tre frammenti del Plokion (296~298 1 ), ponendoli a confronto rispettivamente con i versi 142-157, 158-162, 169-172 R. 3 (= 136-158 e 165-168 Guardì) del Plocium. Inoltre, in III, 16, 1-5, Gellio tramanda un quarto frammento del Plokion (307). Dal quarto libro dell'Anthologion dello Stobeo sono invece tramandati i frammenti 299~301, 303 2 ; laddove i frr. 302, 304~306, 308~310 sono conservati, rispettivamente, dagli scholia ippocratici di Erotiano, dal capitolo perì toû Þnqrwpínou bíou dell'Anthologion di Orione, dal commentario di Giorgio Cherobosco all'Enchiridion di Efestione, dal Lessico di Fozio, dal capitolo perì crÔsewj aepÏn aen pezÐ lóg_ di Ermogene, dal paremiografo Zenobio e dagli Scholia Platonica al Fedone 3 . Nei PCG è stato edito per la prima volta tra i frammenti del Plokion il verso eêj tÕn Þgoràn ømeîj øfaneîte (fr. 306), che è stato recuperato in seguito alla Saggio presentato dal prof. Giuseppe Mastromarco. 1 Quando non diversamente specificato, i frammenti del Plokion si intendono citati secondo l'edizione Kassel-Austin. 2 Rispettivamente in Stob. IV 32b, 42; IV 41, 23; IV 15a, 5; IV 44, 11 Wachsmuth-Hense. 3 Cfr. Schol. R H U H Hippocr. aphor. 3,25 (= Erot. fr. 30 p. 107 Nachm.); Orion. anth. 8,5; Choerob. in Heph. ench., p. 225,16 Consbr.; Phot. e 272 (= Sud. ei 223); Hermog. P. meq. dein. 30 p. 447,17 R.; Zenob. Ath. I 55 (vulg. VI 8) (= Prov. Bodl. 892); Schol. (T) Plat. Phaed. p. 99 C (p. 14 Gr.). Il testo del fr. 302 è disperatamente corrotto: ºtò mÕ tàj trícaj a# irwn kaì tòn ×úpon didoùj / pieîn Þnhdaxâto ! wste mÕ pieînº . 2 scoperta, avvenuta nel novembre del 1959, ad opera di una équipe di studiosi guidata da Linos Politis, dello Zavordense 95, che a tutt'oggi rappresenta il manoscritto plenior del Lessico di Fozio 4 : testimone del verso è infatti Fozio e 272 Theodoridis (eêj Þgoràn øfaínein< tò eêj tÕn Þgoràn aekférein tà øfainómena. Ménandroj Plokí_< eêj tÕn Þgoràn ømeîj øfaneîte) 5 ; e giova ricordare che una testimonianza relativa al frammento, priva però del verso e del titolo della commedia, è presente anche in Suda ei 223 Adler (eêj Þgoràn øfaínein< tò eêj tÕn Þgoràn aekférein tà øfainómena. o0tw Ménandroj). E tra i frammenti del Plokion Kassel e Austin hanno edito, sia pure con cautela, il frammento *300, che, tramandato dallo Stobeo in un capitolo dedicato al tema della instabilità della fortuna degli uomini a causa della mutevolezza del destino (IV, 41, 23), è attribuito con certezza a questa commedia da Meineke, Kock, Körte-Thierfelder. La cautela di Kassel e Austin è dovuta al corrotto lemma (Menándrou º Plokíwn QaÈdoj) che precede i quattro versi del frammento; evidentemente non sono apparse convincenti ai due studiosi le congetture suggerite per sanare il passo 6 . 7 dei Fragmenta, alle pp. CCLXII-CCLXIII, Meineke attribuì al Plokion anche i frr. XIV-XV (= 302 e 305): in complesso, dunque, attribuì al Plokion quattordici dei quindici frammenti in seguito editi da Kassel e Austin. Al 1888 risale l'edizione del terzo volume dei Comicorum Atticorum Fragmenta di Theodor Kock, il quale nella Praefatio dichiara di non aver incluso (a differenza di quanto aveva fatto Meineke) le GnÍmai monostícoi: «non deerunt opinor qui aegre ferant in hoc novissimo volumine non omnia inveniri quae Meinekii editiones praebeant: omisi enim […] GnÍmaj Menandri monostícouj quae vocantur» (p. 111) 18 . I frammenti del Plokion occupano le pagine 114-121 con numerazione da 402 a 416 e corrispondono rispettivamente ai frr. 296~305, 307, 308, 310, 309. Nel conservare la divisione in due parti del fr. 299 (= 405. 406), Kock propone, sul fondamento della precedente ipotesi del Meineke, di accostarle come sezioni diverse di un'unica ×Ösij che, pronunciata dal servo Parmenone, avrebbe compreso anche il fr. 408 (= 301): «artissime coniuncta apud Stobaeum segregavit Abbreviazioni bibliografiche Arnott 2000: W. G. Arnott, On editing comic fragments from literary and lexicographical sources, in The rivals of Aristophanes. Studies in Athenian Old Comedy, edited by D. Harvey
in den Historien Herodots (Classica et Orientalia). Wiesbaden: Harrassowitz, . Pp. xiv + . Hardcover, € . . ISBN ----.
LE SIRENE DI KROTON, a cura di Domenico A M Marino
Le Sirene di Kroton. Catalogo della Mostra (Museo Archeologico Nazionale di Crotone, 2010), 2010
Ritorni “Rapidamente intanto all’isola delle Sirene giunse la nave ben costruita: la spingeva il vento propizio. Ma all’improvviso il vento cessò e fu calma bonaccia, un dio placò le onde del mare” (Odissea, XII, 166-169). Così scriveva il poeta, descrivendo il periglioso viaggio di Ulisse. Ed un vento propizio, forse un dio bonario, ha riportato a casa la Sirena di bronzo che, anni fa, mani nemiche della cultura strapparono a questa terra e, dopo un lungo viaggio, fecero approdare a lidi stranieri. Lo straordinario askòs – forse di fabbrica krotoniate - che conteneva unguenti preziosi, posto a corredo in una tomba di Murgie, località ora in comune di Strongoli che si ritiene corrisponda all’antica Makalla, è stato restituito al Museo di Crotone. Una complessa attività extragiudiziale, portata avanti dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, d’intesa con l’Avvocatura Generale dello Stato, ha consentito di raggiungere questo obiettivo2, costantemente perseguito fin dal 1992. L’azione sviluppata dal Nucleo di Cosenza del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, guidato dal Cap. Raffaele Giovinazzo, ha permesso di acquisire dati importanti - per l’attività extragiudiziale e per la ricerca archeologica - sul luogo e sulle modalità di rinvenimento dell’importante reperto. Le immagini inedite dell’unguentario appena scavato e della sepoltura depredata, presentate nel corso della cerimonia di riconsegna tenutasi a Crotone il 27 novembre 2009, vengono qui pubblicate a corredo della relazione del Cap. Giovinazzo. In quella giornata, con grande emozione nostra e di tutti i presenti, l’askòs di Murgie, che a lungo era stato esposto nelle collezioni del “Paul Getty Museum” di Malibu, fece finalmente ritorno a casa per essere immediatamente esposto al pubblico. Tutta la vicenda conferma che la stretta collaborazione tra organi dello Stato conduce a risultati positivi e di grande rilievo sul piano della tutela del patrimonio culturale. Ciò è importante in Calabria, e nel territorio di Crotone in particolare, dove l’attività di rapina dei beni archeologici ha sottratto alla fruizione pubblica reperti di grande valore. “Chi senza saperlo si accosta e ode la voce delle Sirene, non torna più a casa, i figli e la sposa non gli si stringonointorno, festosi” (Odissea, XII, 41-43). Questa volta, come per l’astuto Ulisse, la voce delle sirene descritta dal poeta non è stata apportatrice di sventure. Anzi, a far compagnia alla Sirena di Makalla è giunta anche la Sirena della chora meridionale di Kroton, anch’essa appartenente forse ad un corredo funebre. Conservato lungamente presso il Museo Nazionale di Reggio Calabria, anche quest’askòs di probabile fabbrica krotoniate è ritornato nella sua terra d’origine. Come ha rilevato non molti anni fa Luisa Breglia, le Sirene hanno una grande importanza nell’insegnamento pitagorico, che a Kroton – com’è noto - ebbe scuola fiorente. Le Sirene di Pitagora sono poste nella tetrade, simbolo per eccellenza del pensiero del filosofo di Samo, elemento su cui la scuola prestava giuramento, ed in quanto comprese nella tetrade, esprimono l’armonia cosmica. I due askòi di bronzo a forma di Sirena, di eccezionale unicità nel panorama archeologico mondiale, contribuiscono ad arricchire ulteriormente il già vasto patrimonio del Museo Nazionale Archeologico di Crotone e ne segnalano – semmai ve ne fosse bisogno - l’assoluta centralità per la storia culturale ed archeologica della Magna Graecia e non solo. Domenico Marino Direttore del Museo Nazionale Archeologico di Crotone
Axon Iscrizioni storiche greche
L’attività agonistica di attori e musicisti nelle iscrizioni greche del I e II secolo d.C., 2019
The theme of the agonistic activity of actors and musicians in the Greco-Roman era is very broad and, consequently, offers multiple points of interest and research. Modern literature on the subject is varied, although it is not easy to find a text that, from a purely epigraphic point of view, completely deals with the subject. The search was accompanied by a series of tables and lists that allow to summarize a whole series of results. The first table is organized based on the names of participants. This is followed by the index of specialties and festivals, with the specification of which specialty races were held in each location. A second table is organized to list the origins of the various artists but also the corresponding competition. Finally, it was deemed necessary to draw up a last list, in which all the artists were entered for which instead of specifying the single tender in which they were winners, the reference registration shows the broader term, starting from the one more common and known as periodonikes.
I re macedoni e le due corone di Zeus
Electrum
The Macedonian Kings and the Two Wreaths of Zeus This paper aims to investigate the reasons why, since the reign of Philip II, the “national” Zeus, venerated on Olympus and Dion and characterized by the oak crown, was abandoned in favor of the Olympian Zeus of Elis, characterized by the olive/oleaster wreath. We notice that while the members of the royal family display, in life and death, an oak wreath as an insignia of their kingship, and at the same time also as a symbol of their highest divinity, the kings themselves issue the image of the panhellenic god with an olive/laurel wreath on their coins.