La formazione in antropologia tra ricerca etnografica ed etnolinguistica (original) (raw)
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Antropologia ed educazione tra ricerca e azione sul territorio
Antropologia Pubblica, 2019
For over twenty years, indigenous students, sapiens, shamans, along with experts holding specific knowledge, and political leaders have been continuously present and active in the University. These presences gave place to (exemplary) ethnographic scenes, hereby reported in dialogue with statements of political, cosmopolitical and epistemological nature about knowledge practices that involve different people, and different cultural traditions. Focusing either on knowledge practices that occur during meeting and training in the University, or on similar interactions regularly carried out in indigenous territories, the paper explores the arrangements and adjustments of relationships between different indigenous people and communities. In addition, by looking at the training programs for indigenous teachers, it aims to highlight the core intentions of educational public policies, and to explore the conceptual shifts and suspensions of meaning that destabilize what we can assert about the manners and meanings of "our knowledge", as produced in relation with different indigenous partners.
Seppur il principio dell’adeguatezza unica dei metodi non “prescriva” ai ricercatori in ambito etnometodologico l’utilizzo di determinate tecniche di indagine, è indubbia la predisposizione della materia verso l’analisi di stampo qualitativo. L’inevitabile indicalità che lega gli account al contesto, la pervasività del senso comune che tende ad informare anche il lavoro dello studioso, non possono che spingere gli etnometodologi verso quelle tecniche che, adoperate col giusto metodo, dovrebbero consentire una riduzione dell’atto interpretativo del ricercatore. Nell’ottica etnometodologica sono paradossalmente le analisi di stampo quantitativo ad “obbligare” ad una necessaria interpretazione dei risultati, in quanto le misurazioni matematico-statistiche verrebbero per lo più usate “come indicatori, come segni di, come rappresentanti o posti per conto di risultati interpretati, più che come descrizioni letterali di essi” (Garfinkel citato in Sena, 2011, p. 30). In altre parole, i sociologi tradizionalmente non utilizzano i numeri, i dati, i valori come descrizioni dei risultati a cui giungono, ma assumono queste variabili quantificabili come “prove” per confermare, per “garantire l’accesso” a quei risultati. È questo passaggio intermedio, che vincola lo scienziato sociale a ricorrere al metodo documentario, ad “obbligare” l’interpretazione dei risultati alla luce dei “dati” di ricerca. Il “dato”1 diventa “qualcosa che “sta al posto di” un presupposto modello sottostante” solo attraverso la sua interpretazione nell’ottica della ricerca. Da qui l’interesse dell’etnometodologia verso la ricerca qualitativa, e in particolare l’etnografia. L’esercizio etnografico effettuato seguendo i principi dell’adeguatezza unica dei metodi dovrebbe garantire all’etnometodologo l’accesso diretto e non interpretato a tutte quelle minute interazioni tipiche della vita quotidiana. Il ricercatore “diventando nativo” potrebbe scorgere l’intero mondo pratico della “sub-cultura” che sta studiando. Questo accesso non-mediato ed esperto, che fa perno sulla conoscenza di senso comune dell’ambiente in cui si è inserito, ridurrebbe al minimo la necessità di interpretare le osservazioni con un occhio “altro”, e metterebbe l’etnometodologo nella posizione di cogliere, osservare e descrivere i dettagli tecnici e pratici del “mondo” in esame in modo “naturale, normale” e diretto.
Fare antropologia: una nota introduttiva
L'antropologia si connota come quell'ambito disciplinare che studia l'uomo, mediante il confronto o comparazione tra i tanti modi di vedere il mondo, le cose, se stessi e gli altri, in generale, e ancora fra i tanti modi di vivere, di organizzare e di rappresentare la realtà. Il termine tedescoWeltanschauung compendia proprio questa idea di "visione del mondo", "immagine del mondo" o "concezione del mondo".
Ricerca e scrittura in antropologia
2008
Lezioni al Dottorato in Antropologia, Etnologia, Studi Culturali, Università degli Studi di Siena, Siena, dicembre 2008, pp. 13: 1) Giovanni Burali d’Arezzo, “Labili Confini tra Scritture: Antropologia e Letteratura”; già pubblicato il 14 gennaio 2009, nel sito web “SOLIMA” del Programma di Formazione della Scuola Superiore Santa Chiara dell’Università degli Studi di Siena “Margine, Soglia, Confine, Limite” e nel sito di ARLIAN - Laboratorio di Arti e Linguaggi in Antropologia. 2) M. Squillacciotti, “Schema metodologico per una ricerca socio-antropologica”.
Chi impara da chi? Fare antropologia con la scuola tra ricerca e azione
In the last two years ago Italian schools have been considered a crucial arena where to bring anthropology into. Nonetheless, this study suggests that the value of anthropology in the public sphere and in education settings could be better acknowledged if we show what anthropologists and other school professionals can achieve working together. In this perspective, this contribution gives an account of the collaboration among an anthropologist, a headmaster and a teacher. The focus is the elaboration of a shared meaning of their mission through researching, planning and implementing intercultural activities in a public school in the Italian province of Bergamo.Framing their activities in a cooperative learning approach, where the teaching and learning roles are shared, the authors demonstrate how working with both cultural and professional diversity in schools can re-shape the whole educational project.
Al Tempo della Fine, Sapere di Antropologia e' Cosa Buona (It/Eng)
Il presente testo è rivolto agli studenti delle scuole superiori, ed è inteso come una mozione da discutere in un’assemblea di istituto. La finalità è quella di promuovere la causa della formazione antropologica nelle scuole, offrendo del materiale didattico su cui gli studenti stessi possano approfondire la conoscenza, vuoi in vista della preparazione per la tesina di maturità, vuoi per approcciarsi allo studio universitario della disciplina antropologica, vuoi per generare delle riflessioni che possano essere utili per il loro prosieguo nella vita da adulti. Il testo fornito è pertanto solo un primo sguardo, tutt’altro che esaustivo, verso le tematiche proposte. Tuttavia, essendo queste cruciali, dato che si parla del futuro della vita umana sul pianeta Terra, anche solo un testo preliminare come quello proposto può svolgere un ruolo determinante per indirizzare una più approfondita ricerca successiva. A tal fine, il consiglio che l’autore rivolge ai lettori/studenti è di considerare anche le note a piè di pagina come parte integrante del testo, soprattutto perché forniscono dati, riferimenti bibliografici ed allargano il campo di osservazione. Da notare, inoltre, che di seguito alla versione italiana, si offre pure la traduzione in inglese, lingua oggi divenuta imprescindibile nelle relazioni internazionali e su cui è necessario che i nostri studenti si esercitino per sapersi muovere nello scenario globale.
Le fonti della scrittura etnografica e la conoscenza storico-antropologica
Fare antropologia storica. Le fonti, a cura di E. Silvestrini, Roma, Bulzoni, 1999: 157-183, 1999
L'esigenza da parte della ricerca antropologica di documentare la complessità del "campo" con diversi strumenti d'indagine e attraverso l'impiego di vari tipi di fonti non è una novità ed è facilmente verificabile nella storia degli studi etnografici. Lo sguardo dell'osservatore sugli "altri" non si è quasi mai limitato all'osservazione diretta e immediata dei fenomeni culturali ma è stato supportato da mezzi di registrazione via via più sofisticati: dal taccuino al magnetofono, dalla macchina fotografica alla cinepresa. Le pratiche di indagine, certo modulate secondo vari approcci e prospettive, si sono dunque aperte piuttosto rapidamente almeno all'impiego, se non proprio alla critica, di fonti di diverso tipo: museografiche, bibliografiche, orali, iconografiche. L'uso di questi materiali, indirizzato a forme codificate di rappresentazione (il saggio, la monografia, la fotografia, il cinema, la mostra), solo negli ultimi trent'anni è stato però connesso alle modalità dell'osservare e del vedere e la "conoscenza locale", da ragione ultima e positiva della ricerca, è divenuta il punto di passaggio obbligato sulla strada che porta alla comprensione critica e riflessiva delle categorie culturali del mondo dell'osservatore ( 1 ).
L'etnopedagogia nei contesti antropologicamente densi di diversità epistemica
Principi e metodologie della ricerca qualitativa in pedagogia, 2018
Sommario Nel presente contributo affronteremo una riflessione metodologica sulla ricerca realizzata negli ultimi anni, in quei contesti formativi che possiamo definire come antropologicamente densi di diversità episte-mica. Ci riferiamo, nello specifico, all'indagine condotta nella Tribù Yaqui, una comunità indigena che vive nel sud dello stato del Sonora, in Messico. Il proposito generale della ricerca, che si è svolta in varie tappe, tra il mese di maggio del 2015 e la fine del 2016, è stato di indagare come si costruisce la conoscenza nella comunità, alla luce del sapere tradizionale. Con il concetto di sapere tradizionale ci rife-riamo a quell'insieme di pratiche e di conoscenze considerate come autentiche dalle comunità indigene, che viene tramandato per gene-razioni soprattutto oralmente. Nella prima parte del contributo speci-ficheremo i termini utilizzati ed i presupposti epistemologici. Succes-sivamente, concentreremo l'attenzione sul metodo, la raccolta e l'ana-lisi dei dati. Lo sforzo di rendere esplicita la questione metodologica, prende vita dalla volontà di riflettere sulla metodologia qualitativa in ambito pedagogico; di contribuire al dibattito sull'applicazione del metodo etnografico, nonché di stimolare la riflessione sull'approccio ermeneutico che esso sollecita. Parole chiave: Etnopedagogia, sapere tradizionale, diversità episte-mica, epistemologia, ermeneutica Sapere tradizionale e diversità epistemica L'indagine pedagogica nei contesti antropologicamente densi di diversitj epistemica sollecita l'adozione di uno sguardo relazionale. Questo perché la diversità, intesa qui come una forma di conoscenza 105 In: De Conti Manuele (a cura di) Principi e Metodologie della ricerca educativa in pedagogia.