La „Scuola di Roma” – borsisti ungheresi a Roma, 1998, 15–32. (original) (raw)
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2011
The aim of this report is to draw an overview of the intersecting elements between the intellectual path of the young Habermas and the issues addressed by the Positivismusstreit, that is the debate between Popper and Adorno about the positivist or dialectic method in social sciences. To address this it is appropriate to present two different points of view, focusing on different moments in time and different interpretative problems. From a biographical perspective, a preliminary question of intellectual position arises: when, in October 1961, the Conference of the German Society of Sociology took place in Tübingen and - even more - when Habermas took a direct stand with the essays he wrote between 1962 and 1965, was his conception of the discipline the same that Adorno and the Frankfurt School were presenting between the '50s and the ’60s? So, the first question I will pose is about the relation of the young Habermas with that intellectual tradition, about topics such as the nor-mative bases of critical theory, the relationship between philosophy and social sciences and about the political attitude. I would like to support the thesis that the position Habermas developed diverged from the one of Adorno and Horkheimer, to the extent he recovered the research program of the “first critical theory”. Secondly, from a philological perspective, I should reconstruct the core themes and lines of argument of the reflection Habermas conducted about Positivismusstreit, from the light of the research program that directed his activity in the ’60s. Here arise the major discontinuity reasons from the Frankfurt School masters, alongside the constructive intellectual openness to other philosophical and sociological traditions, as well as the aporias of a theory of knowledge “going around in circles”, not yet headed towards reconstructive sciences.
Fiamminghi e nederlandesi a scuola da Barocci
in Federico Barocci, L'incanto del colore. Una lezione per due secoli, a cura di A. Giannotti, C. Pizzorusso, Cinisello Balsamo 2009, pp. 204-215.
Sarebbe davvero incongruo parlare, senza timore di incorrere in generalizzazioni superficiali e mistificatorie, di una fortuna incondizionata dell'opera di Federico Barocci nella cultura figurativa fiamminga e nederlandese, o farlo senza relativizzare sin dal principio la portata circostanziata del suo successo d'oltralpe, confrontandolo, vale a dire, con quello di maggiore gettata riscosso nei Paesi Bassi da artisti come Tiziano, Tintoretto o finanche da Jacopo Bassano, Caravaggio e Guido Reni 1 . Ciò premesso, sarebbe per inverso segnale di trascuratezza, e di sicura miopia nei confronti della storia dei rapporti tra i poli artistici delle Fiandre, dell'Olanda e dell'Italia, mancare di dare conto di quegli interessanti, seppure circoscritti, corto-circuiti tra queste tre scuole pittoriche che ebbero luogo tra la fine del Cinquecento e il Seicento, e che videro appunto in veste di protagonista, e in qualche misura di causa scatenante, la produzione pittorica e grafica di Federico Barocci 2 . Il primo dei quali, procedendo cronologicamente, non può che essere l'esito del precoce e oltremodo massiccio ingresso delle composizioni del pittore nel circuito delle stampe di traduzione destinate al mercato europeo, magistralmente eseguite -Barocci in vita -almeno da Cornelis Cort, incisore olandese trapiantato in Italia per quarant'anni, attivo per Tiziano a Venezia e successivamente a Roma, e da Jan I, Aegidius (Gillis), Marcus e Raphael Sadeler 3 . Furono infatti le loro incisioni di traduzione, accanto a qualche memoria di viaggio redatta da artisti che avevano compiuto l'esperienza italiana (e non come in altri casi la circolazione dei dipinti e il fenomeno collezionistico) 4 a garantire il principale strumento di mediazione della conoscenza di questo pittore nei Paesi Bassi almeno fino all'Ottocento napoleonico 5 . Non è quindi a motivo di una fortunata coincidenza che il primo segnale di attenta ricezione e apprezzamento da parte degli artisti nederlandesi nei confronti dell'innovativo linguaggio di Barocci si registri proprio fra gli incisori a ridosso del subitaneo successo riproduttivo delle sue opere. La misura dell'interesse nei confronti dell'urbinate da parte dei colleghi attivi in Olanda ci viene infatti da un fenomeno che è stato anche indicato come il "boom delle imitazioni da Federico Barocci" 6 . Tale sembra infatti essere stata tra il 1583 e il 1589 la proliferazione di incisioni sorte intorno a un suo dipinto tradotto immediatamente e con tecnica mirabile da Cort nel 1575: il Riposo durante la fuga in Egitto (cat. 115). Dall'invenzione dolce e graziosa, di pacata bellezza e serenità, mediata da questa fortunata stampa, traggono infatti diretta ispirazione numerosi esemplari che hanno tutta l'aria, come ha prudentemente ipotizzato Filedt Kok, dei risultati di una competizione artistica a tema 7 : come il Riposo durante la fuga in Egitto di Adriaen Collaert da Hendrick Goltzius (1585), la variante che colloca la scena sotto un ciliegio di Hendrick Goltzius (1589, ), quella di Jacques de Gheyn da Cornelis Cornelisz van Haarlem (1589, ), le due rilavorazioni della bottega di Goltzius (1589), con diverse ripercussioni nei disegni di Abraham Bloemaert 8 . Ma anche in pittura, almeno nei "Riposi" di Cornelis van Haarlem del 1590 (New Haven, Yale University Art Gallery) 9 e nello stesso soggetto più volte replicato da Abraham Bloemaert 10 . Tanto che -come ebbe a dire la Noë ormai anni fa -in moltissime "Sacre famiglie durante il riposo nella fuga in Egitto" olandesi dell'inizio del Seicento si riconosce l'ispirazione a Barocci 11 . Che lo stile di Barocci fosse considerato, a quell'altezza cronologica, una prestigiosa pietra di paragone su cui misurare le proprie abilità inventive e tecniche lo dimostra anche una celebre serie di incisioni eseguite da Hendrick Goltzius, il Proteo d'Olanda, colui che "fece stupir Roma in contrafare maniere", come ricordava, con prosa magnifica, padre Resta 12 . Goltzius, portatosi nella città eterna nel biennio 1590-1591, era rimasto poi molto colpito dall'opera di Barocci, e al suo ritorno aveva licenziato una sua interpretazione delle sue invenzioni in due delle sei tavole della Vita di Maria, la serie anche detta Meester-Werken (1592-1593), dedicata al duca Guglielmo di Baviera, in cui l'artista "con una sola mano mostrava diverse maniere (handelinghen) di sua invenzione" 13 , suite che rappresenta anche una colta e consapevole riflessione teorica sul potere virtuosistico dell'incisore di adottare diversi modi di rappresentazione 14 . Nelle "handelinghen", Goltzius proponeva a suo modo -con gli strumenti del fuoriclasse, in grado persino di truffare l'occhio del conoscitore fingendo lo stile di Dürer e invecchiando la matrice di rame -un canone, nel quale trovavano posto due incisioni in esplicita imitazione dei maestri nordici Dürer e Luca di Leida, e quattro nello stile di pittori italiani del Cinquecento: tratte dalle invenzioni e dai modi di rappresentazione di Raffaello, Parmigianino, Bassano, e infine di Barocci 15 Da quest'ultimo, e dalla mediazione incisoria di Cort, derivano infatti la Sacra famiglia ( ) -in cui la posa della Vergine e il volto del Bambino pro-
Roma nel Rinascimento, 2021
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Piero Pincharo de Parma, un ragioniere italiano in suolo ungherese
During the time of Ippolito d'Este's archbishopric in Esztergom, Hungary, an Italian o;cer was leading the economic accounting, whose name was Piero Pincharo de Parma. His books are considered to be essential sources for researchers of the Hungarian Middle Ages. Investigating his character, we can get closer to the order of the accountancy, his responsibilities, and we can follow his life in Hungary.