I classici nelle «Rime» di Boccaccio: una proposta di lettura (original) (raw)
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Vengono presentati due esempi di come le glosse medievali potessero condizionare la ricezione dei testi classici. Nel primo caso una glossa di tradizione permette una miglioria ecdotica: l’uso errato che Boccaccio fa del termine apuleiano ‘crocota’ nell’epistola ‘Mavortis milex’ (emendato nelle più recenti edizioni in ‘crocata’) si giustifica perfettamente a partire da una postilla che accompagna il testo di Apuleio nel manoscritto Laurenziano 29, 2 (codice in cui il Certaldese leggeva le opere dello scrittore latino al tempo in cui scriveva la lettera). Nel secondo si ragiona della fonte per l’immagine dalla “pioggia di fiori” usata da Petrarca nella canzone 126 dei ‘Rerum vulgarium fragmenta’: all’origine potrebbe esserci una glossa di tradizione conservata nel codice Parigino latino 8082 (esemplare della biblioteca petrarchesca) che legge in modo non del tutto corretto un passo di Claudiano.
2015
rivista semestrale fondata da d'arco silvio avalle, francesco branciforti, gianfranco folena, francesco sabatini, cesare segre, alberto varvaro diretta da stefano asperti, carlo beretta, eugenio burgio, lino leonardi, salvatore luongo, laura minervini volume xxxIx (Ix della Iv serIe) fascIcolo I salerno edItrIce • roma mmxv autorizzazione del tribunale di firenze n. 5617 del 12.12.2007
Le “Rime” di Michelangelo: un percorso di lettura
2020
Il saggio, come dice il titolo, consiste in una lettura delle Rime di Michelangelo seguendo il filo di alcune metafore e immagini centrali (per esempio, quella del fuoco) e cercando di ricostruire la dialettica che le anima. In particolare, è ridotta l'importanza del platonismo ficiniano, al quale la poesia di Michelangelo è stata spesso ricondotta, e per contro si segnala il probabile influsso delle opere del contemporaneo Agostino Nifo sulla bellezza e sull'amore. Si mette anche in rilievo l'atteggiamento di Michelangelo verso la propria arte e il proprio destino di artefice, e i colori drammatici delle tarde meditazioni sulla vecchiaia e sulla morte attraverso le quali il poeta riconferma la vitalità delle sue passioni, delle quali non ha di che pentirsi. The essay, as the title suggests, consists of a reading of Michelangelo's Rime following the thread of some central metaphors and images (for example, that of fire) and trying to reconstruct the dialectic that animates them. In particular, the importance of Ficino's Platonism, to which Michelangelo's poetry has often been connected, is reduced, while the probable influence of the works of his contemporary Agostino Nifo on beauty and love is pointed out. It also highlights Michelangelo's attitude towards his own art and his own destiny as an artist, and the dramatic colours of his late meditations on old age and death, through which the poet reconfirms the vitality of his passions, which he has nothing to regret.
Un richiamo boeziano nelle opere del Boccaccio
Un richiamo boeziano nelle opere del Boccaccio anti sono i casi in cui un autore può ritenere utile inserire nella propria opera le parole di un altro, per così dire "rubargliele." Egli può essere spinto da semplici considerazioni estetiche o dalla necessità di stabilire delle basi autorevoli su cui fondare il proprio lavoro, oppure dall'esigenza di confermare o rafforzare un concetto che appartiene alle tradizioni religiose del passato. Rari però sono i momenti in cui tutti questi motivi confluiscono in una sola allusione, evidenziata ripetutamente nel corso di un'intera carriera. Un caso del genere è la citazione boeziana nelle opere di Giovanni Boccaccio di cui ci occuperemo in queste pagine: parlare di "fonti" rischia di metterci fuori strada, però, perché ogni ritorno della citazione -nelle opere in versi o in prosa, o addirittura nel commento dantesco -permette di introdurre un nuovo tassello nel mosaico dell'etica personale dello scrittore e del suo sviluppo di poeta, filosofo, umanista e perfino teologo. La stessa citazione a sua volta rimanda ad altre culture e ad altre filosofie, ben diverse da quelle che caratterizzano l'ambiente storico-culturale di Boccaccio stesso; e non solo si inserisce comodamente nei diversi contesti, ma, proprio per le profondità di pensiero che evoca, sembra assumere diverse sfumature concettuali a seconda dei contesti stessi, come l'acqua che prende la forma di ciò che la contiene.
• Novità sul testo di alcune rime del Boccaccio, «Filologia e critica», XLI (2016), pp. 121-132
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Boccaccio: gli antichi e i moderni
2018
I saggi raccolti nel volume intendono sottoporre a un nuovo e approfondito esame un significativo ventaglio di temi e di aspetti relativi alla vitale presenza di autori "antichi" e "moderni" nell'opera di Boccaccio nonché all'eccezionale ricezione secolare della sua produzione letteraria: da Omero alla riflessione sulla poesia e sui poeti, da questioni metodologiche e tematiche sull'intertestualità alla centralità e risonanza della parola, in forma diretta e nella scrittura, dalla fortuna ai modi di trasformazione e riappropriazione in altre letterature e arti fino all'epoca contemporanea.<br> Gli autori, nell'intreccio di voci di più ambiti disciplinari, sono studiosi di Letteratura italiana (Giancarlo Alfano, Johannes Bartuschat, Lucia Battaglia Ricci, Renzo Bragantini, Anna Maria Cabrini, Claude Cazalé Bérard, Elisabetta Menetti, Francesco Spera, Ilaria Tufano, Cristina Zampese); Filologia romanza (Beatrice Barbiellini Amidei, Alfonso...
I testimoni del vero. Su alcuni libri in biblioteche d'autore, a cura di Emilio Russo, 2000
I rapporti del Boccaccio con l'opera oraziana, al di là di una pagina dell'Hortis, una nota di Vittore Branca all'edizione dell'Amorosa Visione e pochi altri cenni, non sono mai stati fatti oggetto di attenzione specifica 1 . Si tratta di una circostanza a tutta prima spiegabile in termini abbastanza lineari. A differenza di quanto avviene per altri autori classici, variamente assunti a grandi modelli, quali Ovidio o Apuleio, Virgilio o Stazio, il corpus oraziano non si è rivelato mai una fonte privilegiata per l'immaginario e per i generi boccacciani, e ciò senza nulla togliere all'auctoritas che il Boccaccio indiscutibilmente riconosceva al Venosino, giungendo a tributare parole di grande ammirazione per chi «uomo di altissima scienza e di profonda fu, e massimamente in poesia fu espertissimo» 2 . Eccettuata l'ipotesi, proposta a più riprese da Hollander, di una complessiva esemplarità di genere dell'Orazio satirico per l'autore del Decameron 3 , argomenti e indizi circa una presenza importante del referente oraziano nell'opera del Boccaccio risulterebbero -ancora a quanto è possibile 107 1 A. HORTIS, Studj sulle opere latine del Boccaccio, Trieste, Libreria Julius Dase, 1879, pp. 402-403; V. BRANCA, commento a G. BOCCACCIO, Amorosa Visione, Firenze, Sansoni, 1944, pp. 421-22 (nota ripresa, in forma più scorciata, in Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, Milano, Mondadori, vol. III, 1974, pp. 586-87); G. PADOAN, commento a G. BOCCACCIO, Esposizioni sopra la Comedia, in Tutte le opere, cit., vol. VI, 1965, p. 828 (che cito dalla ristampa Milano, Mondadori, 1994). 2 Il giudizio è tratto dalla ampia chiosa a Inf. IV, 89, ivi, pp. 198-99. 3 R. HOLLANDER, «Utilità» in Boccaccio's Decameron, in «Studi sul Boccaccio», XV, 1985-86, pp. 215-33: 215-16 e n. 2; ID., The proem of the Decameron: Boccaccio between Ovid and Dante, in Miscellanea di studi danteschi in memoria di Silvio Pasquazi, 2 voll. , Napoli, Federico & Ardia, 1993, vol. I, pp. 423-40: 435; ID., C. CAHILL, Day ten of the Decameron: the myth of order, in «Studi sul Boccaccio», XXIII, 1995, pp. 113-70: 163-66 e n. 100. In tutti i casi Hollander ha corroborato la sua tesi sull'esemplarità oraziana rimarcando la sorprendente identità di parola in incipit (umana/humano) fra l'Ars poetica e il Decameron. Ma sul valore modellizzante dell'Ars nella poetica boccacciana cfr. infra, pp. 111-13. dedurre dall'esegesi e dalla critica più recenti -alquanto esigui se solo paragonati a qualsiasi altro degli autori sopra ricordati.