Sepolture anomale in Italia tra Preistoria e Medioevo (original) (raw)
2017, Sepolture anomale in Italia tra Preistoria e Medioevo
Un punto di incontro significativo tra l’ambito umanistico e quello scientifico è certamente ben rappresentato dallo studio delle cosiddette “sepolture anomale”, conosciute in letteratura anche come “giaciture non convenzionali” o “deviant burials”. L’approccio scientifico dei contesti archeo-antropologici ha consentito di fare luce su alcune tematiche relative alla ritualità, alla complessità sociale ed, in generale, a tutta una serie di aspetti riguardanti quelle comunità cui i contesti anomali sono riferibili, con attenzione particolare al loro modo di vivere il rapporto con la morte. Il presente elaborato di tesi, avvalendosi dagli studi sopracitati, si pone l’obiettivo di raccogliere alcuni casi editi per cercare di comprendere e spiegare il significato che si può attribuire all’anomalia attraverso il tempo e nelle varie aree geografiche, ma soprattutto chi ne è il destinatario e perché, e se questi soggetti mutano nel tempo. Nella prima parte dedicata alla definizione della problematica, verrà illustrato lo stato dell’arte attraverso una panoramica di alcuni casi editi, si definirà che cosa si intende con il termine “anomalo”, in riferimento soprattutto alle modalità attraverso le quali l’anomalia è identificata ed identificabile e in relazione ai destinatari nei confronti dei quali è possibile cogliere atteggiamenti devianti. Si procederà quindi all’illustrazione di alcuni esempi di sepolture nelle quali è stato colto questo intento di diversificazione, operando una distinzione in termini cronologici e geografici, riferibili ad un periodo compreso tra la preistoria e il medioevo e in relazione al solo territorio italiano, con la premura di evidenziare i caratteri di continuità e di discontinuità che interessano l’evoluzione di questo fenomeno nei tempi e nell’areale geografico di cui sopra si è detto.
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Il saggio inquadra la concezione della morte e del seppellimento nell'età romana dal punto di vista giuridico, antropologico-culturale e rituale, innanzitutto prendendo in esame le più tradizionali usanze sepolcrali del funus e della iusta sepultura. Quindi analizza certe pratiche non ordinarie che rivelano particolari reazioni individuali o di comunità nei confronti di defunti considerati pericolosi, attestate sia dalle fonti scritte che da quelle archeologiche. Dalle prime apprendiamo come verso i morti poteva esserci timore di una contaminazione dei vivi o addirittura terrore nei confronti di fantasmi (lemures e larvae); dalle seconde si comprende la volontà di bloccare materialmente i morti per impedir loro di tornare tra i vivi. Per ottenere ciò una prima semplice modalità era quella di deporli entro sepolcri che ne ostacolassero l’uscita, come chiudendo le spoglie entro una recinzione priva di porte o murandole sotto un monumento; un’ulteriore possibilità era quella di intervenire sulla tomba in modo simbolico, ad esempio inserendovi un chiodo, anche con la punta ritorta, per fissare il corpo alla sepoltura, oppure immobilizzando i defunti collocando delle pietre sopra la fossa; altrimenti si operava direttamente sulla salma per non consentirle di ritornare sulla terra (revenants) seppellendo i defunti a faccia in giù o tramite terribili procedure che tra l’altro comportavano l’amputazione dei piedi o della testa.
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“Salternum", XIX, 33-34, pp. 105-115. [ISBN 978-88-97581-27-7], 2015
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