"La lunga genesi dei Sommersi e i salvati", "Allegoria" 79, I, 2019 - 7, sezione canone contemporaneo a cura di Anna Baldini e Martina Mengoni, pp. 114-122. (original) (raw)
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Nel corso degli anni, durante le ore della sera e della notte, Sancho Panza, che però non se ne è mai vantato, procurò al suo diavolo, cui diede in seguito il nome di don Chisciotte, una quantità di romanzi di cavalleria e di brigantaggio e riuscì ad allontanarlo da sé in maniera che questi, privo di controllo, compì le sue matte gesta, le quali però, in mancanza d'ogni oggetto prestabilito -che avrebbe dovuto essere appunto Sancho Panza -, non fecero del male a nessuno. da uomo libero Sancho, imperturbabile e forse animato da un certo senso di responsabilità, seguì don Chisciotte nelle sue scorribande e ne ricavò, sino alla sua fine, un grande e utile divertimento.
Severi uomini d' arme, instancabili viaggiatori, accorti diplomatici, mecenati alla ricerca di visibilità, appassionati collezionisti in instabile equilibrio tra matura consapevolezza intellettuale, antica protervia e progressivo indebolimento politico e finanziario: nel passaggio di alcune generazioni gli Orsini e i Savelli, due delle famiglie baronali romane tra le più antiche, si trovano a dover mutare da feudatari a uomini di corte, da signori arbitri del destino delle proprie terre ad attori, a tratti protagonisti, nel gioco delle corti sul più vasto scacchiere europeo. Il volume raccoglie i frutti di un progetto triennale di ricerca ad ampio raggio sulle due famiglie, in dialogo con studi limitrofi sull' argomento e a confronto con altre realtà italiane. Committenze laiche ed ecclesiastiche, collezioni d' arte, pubblicistica e storiografia trovano spiegazione nella ricostruzione del contesto storico e familiare in un lungo arco cronologico, grazie ai risultati di un' accurata indagine sulle fonti d' archivio e sulle opere. Nel volume si tratta di architettura, di dipinti ed affreschi, di arazzi e argenterie, di libri, stampe, reliquie e curiosità, secondo una lettura che tiene saldo il filo delle vicende familiari nello specchio del tempo come chiave per comprenderne le ragioni e le dinamiche, procedendo per cerchi concentrici, da Roma ai feudi, dall'Italia alle grandi corti europee. Arte e mecenatismo di antichi casati dal feudo alle corti barocche europee GLI ORSINI E I SAVELLI NELLA ROMA DEI PAPI Arte e mecenatismo di antichi casati dal feudo alle corti barocche europee GLI ORSINI E I SAVELLI NELLA ROMA DEI PAPI Arte e mecenatismo di antichi casati dal feudo alle corti barocche europee 9 788836 637751
Vallis Arni # Arno Valley: la Toscana dal fiume al mare tra eredità storica e prospettive future, 2019
Questo saggio considera tutti i riferimenti all'Arno nella "Commedia" di Dante, rapportandoli anche ai diversi momenti della biografia del poeta.. Si considerano anche i nomi propri Pisa e Pisano e i personaggi pisani (o legati con Pisa) che Dante incontra o menziona nel suo viaggio oltremondano. Mentre in Paradiso non ve ne sono, tutte le personalità e i nomi propri pisani presenti nell’Inferno e nel Purgatorio sono collegati alle lotte politiche e militari svoltesi tra il 1285 e il 1293. Il conte Ugolino, l’arcivescovo Ruggeri, capitano e podestà di Pisa dopo l’arresto di Ugolino, e Guido da Montefeltro, cui furono poi conferiti a Pisa pieni poteri, sono tutti all’inferno. Nino Visconti, che fu pure capitano e podestà di Pisa accanto a Ugolino e fu cacciato dalla città il giorno prima dell’arresto del conte, è invece salvato in Purgatorio, ove Dante colloca pure Gano Scornigiani (Purg Vi 17-18), alleato e parente del Visconti. Dante combatté accanto a Nino nel 1289 (presa di Caprona da parte della Lega Guelfa: Inf. XXi 95);, più in generale, Nino fu una figura molto importante per il giovane Dante. Rispetto alla famosa invettiva contro Pisa. si nota che, capraia e Gorgona possono essere viste dai Monti Pisani, che costituivano la più importante base per Nino e i fuoriusciti pisani, e in particolare dalla fortezza di Verruca, che si erge sopra Caprona. This essay considers all the references to the Arno in Dante's "Commedia", relating them to the different moments of the poet's biography. It also considers the proper names Pisa and Pisano and the characters from Pisa (or connected with Pisa) that Dante meets or mentions in his ultramondane journey. While there are none in Paradise, all the Pisan personalities and proper names are found in Hell and Purgatory and are connected to the political and military struggles that took place between 1285 and 1293. Count Ugolino, Archbishop Ruggeri, captain and podestà of Pisa after Ugolino's arrest, and Guido da Montefeltro, who was later given full powers in Pisa, are all in Hell. Nino Visconti, who was also captain and podestà of Pisa alongside Ugolino and was driven out of the city the day before the count's arrest, is instead saved in Purgatory, where Dante also places Gano Scornigiani (Purg. VI 17-18), an ally and relative of Visconti. Dante fought alongside Nino in 1289 (the taking of Caprona by the Guelph League: Inf. XXI 95); more generally, Nino was a very important figure for Dante. With respect to the famous invective against Pisa, it is noted that the islands Capraia and Gorgona can be seen from the Monti Pisani, which constituted the most important base for Nino and the Pisan outcasts, and in particular from the fortress of Verruca, which rises above Caprona.
Sommersi e salvati. “Il miracolo” di Niccolò Ammaniti
Settimana News
Guido Caprino interpreta il primo ministro Fabrizio Pietromarchi «Siamo pronti ad a rontare gli abissi? Abbiamo abbastanza aria nei polmoni, per sopravvivere?». Sono le parole pronunciate dal primo ministro ( ttizio) Fabrizio Pietromarchi, parole che attraversano profeticamente i molti piani di un opera complessa, che non mancherà di far parlare di sé e che forse -così speriamo -contribuirà ad alimentare una sensibilità da tempo auspicata nella produzione televisiva italiana. Stiamo parlando de Il miracolo, serie tv in otto episodi scritta e diretta da Niccolò Ammaniti insieme a Francesco Munzi e Lucio Pellegrini per Archivio storico di Settimana Archivio di SettimanaNews 1 2 3 4 5
La discussione intorno a "I sommersi e i salvati" di Primo Levi
Il presente elaborato intende rendere conto del dibattito sviluppatosi in Italia intorno ai Sommersi e i salvati, l'ultimo libro di Primo Levi pubblicato da Einaudi nel 1986. L'obiettivo vuole essere quello di approfondire alcuni temi trattati da Levi nel libro, per come questi sono stati recepiti e interpretati dalla critica. Oltre alle informazioni principali relative alla struttura dei Ses, si discutono i suoi obiettivi e ci si sofferma su alcuni temi: la testimonianza, la vergogna, la responsabilità; ci si concentra poi su casi di attualità, situati nel 1986, anno di pubblicazione dei Ses; si ricostruiscono le possibili relazioni fra la discussione sulla zona grigia proposta da Levi e quella sulla banalità del male introdotta da Hannah Arendt; e con l'ultimo capitolo si entra nel merito della delicata questione di un possibile rapporto fra Ses e il suicidio di Primo Levi.
Il contributo tratta della crociata di Sigismondo Pandolfo Malatesta in Morea, delle sue implicazioni dinastiche, del suo retroterra politico sotto l’egida di Pio II e la malleveria diplomatica di Bessarione, del suo svolgimento e del suo esito, compromesso dai ripensamenti veneziani; dell’alleanza matrimoniale tra Malatesta e Paleologhi, ideata da Martino V e Manuele II negli anni 20 del Quattrocento, e in particolare dell’unione tra Cleopa Malatesta, cugina carnale e sorella adottiva di Sigismondo, e Teodoro II Paleologo, secondogenito di Manuele II, despota di Mistrà ed erede al trono di Costantinopoli; del suo fallimento, causato dalla precoce e repentina morte di Cleopa, avvenuta prima che potesse dare alla luce un erede maschio e provocata da cause non certe, cui accennano fra le righe le orazioni funebri degli allievi della scuola di Mistrà e del caposcuola Giorgio Gemisto Pletone; della di poco precedente ascesa di Cleopa ai gradi massimi dell’iniziazione platonica in quella scuola e del suo rapporto personale con Pletone; del rapporto con Pletone che in seguito avrebbe stabilito Sigismondo, della possibile presenza del filosofo alla corte di Rimini e in ogni caso del certo influsso su questa corte della sua filosofia; del recupero delle sue spoglie da parte di Sigismondo durante l’assedio di Mistrà, della loro traslazione nel Tempio Malatestiano di Rimini e del significato di tale gesto. Sullo sfondo, la Grande Transizione fra la caduta di Costantinopoli e il Rinascimento italiano, “fiorito sulle ossa degli ultimi sapienti bizantini”.
2021
Abstract: This essay examines the poetic production connected to the occasion of the symposium (seventh ‒ fifth cent. BCE), a production that underwent different stages of submersion determined by diverse cultural and political factors, and further examines the lullaby as a different type of monodic poetry, composed by and large by women. The author argues that lullabies are a perpetually emergent typology of text on the synchronic level, due to the recursive nature of their compositional occasion, and explores the dynamics which conversely resulted in the total submersion of the individual texts on the diachronic level, partly due to the failure to secure their written transmission.
L'Isola antica che s'inciela dall'Ortobene a Monte Atha, Sebastiano Satta: il personaggio e il ruolo a 150 anni dalla nascita (Atti della giornata di Studi), a cura di Dino Manca, Filologia della letteratura degli italiani/Edes, Sassari, 2017
Il libro raccoglie gli Atti della giornata di studi per il 150° anniversario della nascita del poeta Sebastiano Satta (1867-1914), figura di spicco nella Sardegna d’inizio secolo, affiliato, dentro il realismo e il classicismo democratico, al gruppo dei carducciani, quali Giuseppe Chiarini e Giovanni Marradi. A orientare il poeta nelle scelte professionali e artistiche concorsero una serie di circostanze biografiche, ma fu il crescere in quella temperie letteraria propria della seconda metà del XIX secolo e del primissimo Novecento, che più di tutto influì sulla rielaborazione della sua ars lirica. In Italia, come si sa, emersero a rappresentare istanze diverse le tre personalità poetiche di Carducci, Pascoli e D’Annunzio, e accanto a loro crebbero i crepuscolari. La lezione di Carducci ebbe un grande peso nella sua maturazione letteraria, soprattutto da un punto di vista formale, dei linguaggi e della scelta dei modelli. Una riscoperta dei classici che trovò un’indubbia carica di vitalità proprio grazie al vate maremmano, il quale, sostenuto dal proposito di combattere la «facilità» e la «sciatteria» della lirica romantica, rivendicava alla poesia un alto magistero formale. E i modelli furono i greci e i latini, i trecentisti (Petrarca in testa), poi Chiabrera, Parini, Alfieri, Foscolo, Monti, Leopardi. Si puntò alla cura del verso, delle figure metriche, di quelle fonico-timbriche, delle strutture rimiche e si recuperarono generi metrici nati in epoca classica. Scrisse i Versi ribelli (1893), Nella terra dei nuraghes, (1893), Primo maggio (1896), i Canti barbaricini (1910) e i Canti del Salto e della Tanca (pubblicati postumi nel 1924) ed esercitò la professione forense, distinguendosi per le competenze e l'eloquenza elegante. Morì nel 1914 a soli 47 anni.
Abbandonato in una cesta per via della persecuzione dei maschi ebrei ordinata dal Faraone d'Egitto, Mosè viene trovato in un afoso giorno estivo sulla riva del fiume proprio dalla figlia del Faraone, che essendo sterile e desiderosa di donare un erede al padre, decide seduta stante di adottarlo, facendone l'unico erede di chi in realtà lo avrebbe voluto morto. Lo affida pertanto a una balia (inconsapevole che si tratti della sua madre naturale) per il periodo fino allo svezzamento e, come racconta Filone Ebreo, finge nel frattempo "con donnesca astuzia" una gravidanza per rendere agli occhi della società questo figlio avuto in dono pari a uno effettivamente partorito. Il tema del ritrovamento di Mosè incarna dunque un nodo centrale per le società di ogni tempo, quello della maternità e della nascita (o della designazione) di un erede. L'iconografia mette bene in evidenza la declinazione al femminile del soggetto e in particolare Veronese sa come rendere con estrema intelligenza figurativa il peso di una gravidanza non portata eppur ricevuta in dono.