La "scuola" lombarda (original) (raw)
Una veloce incursione all'età di 15 anni nel mondo dei graffiti; un dottorato di ricerca in storia dell'arte alla Sorbona di Parigi; la passione costante per il disegno e la continua preparazione; quasi vent'anni di silenzio prima di irrompere prepotentemente nel panorama della Street Art internazionale, connotandosi come uno dei più interessanti stencil artist contemporanei. Originario di Vitry Sur-Seine, Christian Guémy (1973), ovvero C215, ha condiviso il proprio "rivoluzionario" punto di vista sui muri dell'intero globo, con un inconfondibile stile fatto di segni grafici e liquide campiture, tratti minuziosi come incisioni, una resa approfondita della luce e l'uso sapiente nell'accostamento dei colori, frutto di una costante ricerca e di ininterrotte sperimentazioni. Animali, icone cristiane e artistiche, squarci metropolitani, ma soprattutto volti: di bambini, di emarginati, di gente comune; un lungo e accurato studio sul ritratto e l'identità; la capacità di entrare in profondità nell'animo umano e di raccontare tutte quelle sfumature più complesse, ma anche strumento per scuotere le coscienze, secondo una concezione dell'arte che rimetta al centro dell'universo l'essere umano.
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L'architettura "lombarda" in area piemontese
The paper starts from the important Étude sur l'architecture lombarde by de Dartein, verifying the information about Roman architecture in Piedmont and Valley of Aosta. It tries to connect the details coming from de Dartein’s work with the cultural and local milieu, but also with the new critic contributions appeared in the last years. It investigates also the directions followed by the preservation of those so important buildings.
Ritorno ad un ricordo giovanile e ad un ingeneroso (?) dubitativo sulla «Scuola di Firenze». Siamo nei primi anni Ottanta e, giovane ricercatore, sto parlando in assoluta libertà con Angelo Broccoli, con cui allora, nella differenza delle rispettive posizioni ideologico-culturali, proficuamente collaboravo. E il solito Broccoli, noto e ironico dissacratore, sfogliava con nonchalance il saggio appena apparso di Franco Cambi sulla «Scuola di Firenze» 1 . Girava distrattamente le pagine e, come sempre, distillava veleni al miele, esternando apertis verbis i suoi dubbi sulla reale esistenza e consistenza della «Scuola di Firenze». Che non era né la Scuola di Tubinga, né la Scuola di Francoforte, né la Scuola di Lovanio. E non per la mancanza degli Adorno o degli Horkheimer, o per l'assenza di ricercatori di un Platone orale esoterico o di un Tommaso rivisitato alla luce del pensiero moderno. Ma per la difficoltà, forse oggettiva, di stabilire un concetto geo-culturale di "scuola" nella già allora mutante fisionomia dell'università italiana -pur esprimendo, ma anche questo è notissimo, giudizi accademici molto lusinghieri sull'autore del saggio.
2011
Ho dedicato alcuni anni di studio al genere dei 'volgarizzamenti' 1 , che riscuote un interesse crescente da parte di studiosi di letteratura italiana antica, di filologia italiana e romanza, di linguistica e di dialettologia. Mi sembra opportuno precisare preliminarmente la terminologia adottata, dato che quella di 'genere letterario' è definizione forse troppo restrittiva: è allora preferibile riferirsi a un 'settore letterario' assai ampio e articolato, che tradizionalmente (dalla pionieristica antologia di Segre 1953 in poi 2 ) raccoglie sotto un'unica etichetta testi anche diversissimi tra loro. Sono infatti compresi sotto l'etichetta di 'volgarizzamenti' sia traduzioni riconosciute d'autore; sia testi anonimi; sia restituzioni fedeli di un testo di partenza, per lo più latino o francese, sia rifacimenti veri e propri, spesso molto lontani dal testo d'origine (in un contesto medievale di scarsa considerazione dell'autorialità), fino a veri e propri compendi che raccolgono informazioni e notizie da più testi e divengono collettori molto ampi, all'interno dei quali è perfino difficile identificare i confini tra le fonti utilizzate (penso ad esempio alle Fiorite): la qualità del volgarizzamento è dunque una prima possibile discriminante.
Il "limes bizantino" sulle Prealpi lombarde
Lo storico dei Longobardi Gian Piero Bognetti (1902-1963) ha sostenuto in un saggio di molti anni fa (Santa Maria "foris portas" di Castelseprio e la storia religiosa dei Longobardi, 1948) che la ventennale resistenza bizantina sul Lario, terminata nel 588 con l'espugnazione dell'Isola Comacina da parte di Autari, sia stata possibile grazie all'esistenza di un vero e proprio limes a protezione del Lario. Questa ipotesi, pur subendo nel corso del tempo svariate correzioni da parte di alcuni storici, è rimasta sostanzialmente indiscussa. Questo scritto intende mostrare come il limes bizantino a difesa del Lario sia, con ogni probabilità, una leggenda.
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Ghislieri 450. Un laboratorio d'intelligenze, a cura di A, Arisi Rota, Torino, Einaudi, 2017