Lavoro migrante (a c. di F. Raimondi e M. Ricciardi) - 2004 (original) (raw)
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Lavoro migrante: esperienza e prospettiva (a cura di)
2004
Abbiamo cominciato a parlare di lavoro migrante nel 1999, in occasione della guerra della Nato contro la Serbia. Allora, una vasta e composita area, che si opponeva alla guerra, assunse e propose al movimento la parola d'ordine della centralità politica del lavoro migrante. Lo scontro militare, la pulizia etnica, gli stupri di massa, la riaffermazione delle appartenenze etniche o ideologiche stavano generando un nuovo scenario, nel quale guerra e dopoguerra si sovrapponevano in continuazione rendendo impossibile distinguerli con chiarezza. Democrazie e dittature, con comuni coloriture nazionalistiche e patriarcali, sembravano essere d'accordo sul fatto che si dovesse negare a migliaia di donne e di uomini la libertà di cercare i modi e i luoghi per costruirsi un'esistenza senza carità, senza vergogna e senza privazioni. L'Europa dei confini e delle gerarchie (di cui facevano parte le socialdemocrazie allora al governo), le lobbies statunitensi, i dittatori locali e i guardiani delle tradizioni morali e religiose trovavano su questo il loro inconfessabile accordo: dopo aver smembrato la Jugoslavia, bisognava distruggere la Serbia, il sedicesimo paese più industrializzato del mondo. L'effetto dell'«intervento umanitario» è stato la «liberazione» di un'enorme quantità di forza-lavoro, spesso altamente qualificata, che si sa-
MARCO DEL PANTA RIDOLFI e il vice capo missione MATTEO ROMITELLI GIULIO ALAIMO ed il Console generale d'Italia di Ginevra ANTONINO LA PIANA. (Ndr: DELFINA LICATA, "L FONDAZIONE MIGRANTES, Rapporto Italiani nel Mondo 2016, Tau Editrice, Todi (PG), 2016, 2 TONI RICCIARDI, , Donzelli, Roma, 2018. HANS MAHNIG HANS MAHNIG et al., a cura di, 4 UFS (UFFICIO FEDERALE DI STATISTICA), La popolazione delle Svizzera 2016
2018
«Nel Mondiale giocato in Brasile nel 2014, la Svizzera è stata la nazionale più cosmopolita. Paradossalmente, la nazionale elvetica è diventata la più internazionale del mondo, proprio qualche mese dopo il 9 febbraio del 2014. Quando, per una manciata di voti, passò, per la prima volta nella sua lunga e travagliata storia di impulsi anti-stranieri, l’iniziativa contro l’immigrazione di massa che fece tremare le cancellerie di mezza Europa e funse da modello per i fautori della Brexit». In fatto di migrazione, la Svizzera rappresenta un caso emblematico e, insieme, un modello ricco di paradossi. Nel 2014, quando per una manciata di voti passò l’iniziativa contro l’immigrazione di massa, la Svizzera espresse anche la nazionale più cosmopolita del Mondiale in Brasile. È il paese europeo che nel secolo scorso ha conosciuto il tasso d’immigrazione più alto del continente, assorbendo quasi la metà dell’emigrazione italiana del secondo dopoguerra. In settant’anni ha raddoppiato la sua popolazione, passando da quattro milioni agli oltre otto odierni, e la migrazione è al centro del dibattito da sempre. Nel 1948, per la prima volta nella sua storia, la Svizzera firmò un accordo di reclutamento di manodopera straniera, che divenne un modello per i successivi e cambiò per sempre la sua storia e quella del suo principale fornitore di donne e uomini, l’Italia. Paese dal quale, a partire dai trafori dell’Ottocento e per un secolo, sono giunti oltre cinque milioni di persone, la metà solo nel secondo dopoguerra. Ancora oggi, quella in Svizzera è la terza comunità italiana nel mondo. Concepita come temporanea, dopo qualche decennio divenne stanziale e rappresentò il carburante per la crescita e l’espansione dell’economia elvetica. Nessun paese europeo registrò performance così favorevoli e allo stesso tempo un così alto numero di morti bianche, che raggiunsero l’apice con la tragedia di Mattmark. Assopitosi il decennio delle tensioni xenofobe, all’inizio degli anni ottanta venne accantonata una possibile soluzione per migliorare le condizioni di chi contribuiva al progresso e al benessere del paese. Sono ormai lontani gli anni delle baracche, del «non si fitta agli italiani» o dei trentamila bambini clandestini. A tutt’oggi, la Svizzera è l’unico paese al mondo, oltre all’Italia, in cui l’italiano è lingua ufficiale. E l’italianità, pur tra alti e bassi, è riconosciuta, ricercata, apprezzata. Da un decennio si registra la ripresa di una nuova mobilità italiana: alle professioni specializzate si è unito il crescente numero di frontalieri e di chi è alla ricerca di un lavoro qualsiasi. Il rischio è che si ripropongano le questioni di un passato ricco di suggestioni e contraddizioni, che fanno della migrazione italiana in Svizzera un unicum senza precedenti.
Opera Nuova, Rivista internazionale di scritture e scrittori, n.20, 2019/2, 2019
Spostarsi per sopravvivere è una costante della storia dell'umanità. Da sempre, dalla preistoria ad oggi, la mobilità per questioni cli-matiche è stata presente a testimoniare in maniera intrinseca la forza della natura rispetto a quella dell'uomo. A prima vista può sembrare un paradosso, soprattutto negli ultimi anni, durante i quali il tema del surriscaldamento climatico è strettamen-te legato al comportamento antropico. Eppure, nei millenni la specie umana si è dovuta spostare in seguito a inondazioni, alla progressiva desertificazione di alcune aree del globo e, in generale, a causa di eventi catastrofici come terremoti o eruzioni di vulcani. Oggi, nella nostra stridente attualità che si è trasformata in cronaca quotidiana degradabile-nel senso che siamo sommersi da notizie che si dimenticano nel lasso di tempo di pochi giorni-la migrazione, o meglio, le diverse migrazioni sono oggetto di costante attenzione da parte dei media e l'opinione pubblica rischia di non orientarsi più. Un migrante economico, un profugo, un richiedente asilo, un fronta-liere, un lavoratore stagionale sono tutti accomunati all'interno del gran-de calderone della migrazione, senza distinzioni, senza approfondimenti. Sono altro, rappresentano altro, e nei momenti e nei territori dove le in-sicurezze economiche sono maggiori, diventano l'oggetto-non il sogget-to, purtroppo-sul quale fare ricadere ansie e paure. A queste persone vanno aggiunte quelle che si spostano per ragioni di sopravvivenza ai cambiamenti climatici, e non sono poche. Numeri e trend futuri Diverse organizzazioni internazionali, di svariata tipologia-Fao, Nazioni Unite, Banca mondiale, istituti di ricerca specifici, università-hanno ormai certificato come i cambiamenti climatici abbiano assunto, e assu-meranno nell'immediato futuro, una crescente importanza tra i fattori
"In the past two decades, stories of unpaid wages, excessive work hours, labour-related injuries and workers’ struggles have shaped the narrative of migrant labour in China. Yet, the Chinese society is undergoing a series of structural changes that require a critical rethinking not only of the role of migrant workers, but also of the relationship between migrants and cities. First, a new generation of migrants born after the beginning of the reforms is now taking the stage. Second, the development of the inner provinces and other concurrent factors are leading to a gradual redistribution of migratory flows all over the Chinese territory. This paper will focus on these two phenomena, providing a key to understanding migrations in China at the time of the “new urbanization”."
L’enorme mosaico della migrazione italiana è stato raccontato e analizzato attraverso differenti punti di vista e diversi approcci meto- dologici, nel tempo e nello spazio. Tuttavia, oggi si avverte la necessità di un lavoro di sintesi che approfondisca l’analisi delle «catastrofi», ancora parzialmente affrontate. L’obiettivo di questo numero mono- grafico è cercare di individuare un fil rouge che, senza la pretesa di essere unico ed onnicomprensivo, riesca a collegare tra loro le diverse tragedie in una chiave interpretativa per alcuni aspetti nuova. Il filo che lega i contribuiti del volume è definito da tre concetti chiave: cata- strofe, fordismo e migrazione. Publication can be ordered here: CENTRO STUDI EMIGRAZIONE - ROMA Via Dandolo, 58 - 00153 Roma - Italy Tel. 06.58.09.764 - Telefax 06.58.14.651 E-mail: studiemigrazione@cser.it
AM Gallo 2012 Mascolinita Lavoro Immigrato e Razzismo in Italia
AM -Antropologia Medica , 2012
Il presente contributo si propone di offrire una riflessione sul modo in cui gli uomini immigrati che entrano nel settore domestico attuano strategie di mobilità sociale e cercano di affermare uno status personale e lavorativo che li sottragga a processi di femminilizzazione. L’analisi del rapporto fra mascolinità e lavoro domestico ha un duplice fine. Da un lato è volta ad evidenziare la necessità di sviluppare un’analisi maggiormente relazionale sul genere, che tenga cioè conto di forme di mascolinità subalterna. Dall’altra, interroga i contorni di forme di razzismo contemporaneo in specifici settori lavorativi, e in che modo questi ultimi s’intrecciano con specifiche costruzioni di genere del lavoratore immigrato. A tale proposito, viene sottolineata l’importanza di adottare in modo circostanziato il concetto di 'nuovo razzismo' a contesti lavorativi e nazionali specifici, e di contestualizzare tale categoria tenendo conto delle specificità storiche del modo in cui la diversità è divenuta oggetto di riflessione politica e civile.