Spazio negativo e specularità nella di Elio Pagliarani (original) (raw)

Spazio negativo e specularità nella Ragazza Carla di Elio Pagliarani

Carte italiane, 2004

Prima dell'inizio della Ragazza Carla, le intenzioni dell'autore sembrano in un certo qual modo chiarite (oscurate?), da una dedica, quasi un aneddoto, esterno al poemetto, che allude a quella "giovane impiegata tanto poco allenata alle domeniche cittadine che", racconta brevemente Pagliarani, "spesso, il sabato, si prende un sonnifero, opportunamente dosato, che la faccia dormire fino al lunedì".

Spazio negativo e specularità nella

Prima dell'inizio della Ragazza Carla, le intenzioni dell'autore sembrano in un certo qual modo chiarite (oscurate?), da una dedica, quasi un aneddoto, esterno al poemetto, che allude a quella "giovane impiegata tanto poco allenata alle domeniche cittadine che", racconta brevemente Pagliarani, "spesso, il sabato, si prende un sonnifero, opportunamente

Lo sperimentalismo e il 'cielo contemporaneo' di Elio Pagliarani

"NAZIONE INDIANA" 28 marzo 2021 www.nazioneindiana.com Elio Pagliarani e Guido Guglielmi, nell"antologia intitolata Manuale di poesia sperimentale da loro curata ed edita nel 1966 presso Mondadori, così scrivevano: Sperimentalismo […] in questo senso: di verifica e di ricostruzione critica delle effettive funzioni della lingua, oggi che, nelle moderne civiltà industriali, i modelli linguistici vengono realizzati, con varie e complesse conseguenze, dagli strumenti di comunicazione di massa.[1] Lo sperimentalismo poetico viene dunque inteso qui come necessaria reinvenzione critica di una nuova funzione poetica. Negli anni Sessanta, infatti, la funzione della poesia era bloccata da uno stato di lingua che tendeva ad imporre, attraverso la comunicazione di massa, modelli linguistici poveri e del tutto funzionali ad una visione del mondo basata sull"utilitarismo mercantile e sul consumismo. Non si volevano recuperare i modelli letterari del passato, né orientarsi verso un neo-crepuscolarismo nostalgico. Si cercava invece una proiezione, appunto sperimentale, verso un futuro che rinnovasse la fiducia nell"atto poetico. La poesia sperimentale doveva perciò confrontarsi con i nuovi modelli linguistici in voga per difendersene e per attaccarli. In una parola, per sopravvivere, mantenendo un senso che non fosse quello, perdente, di un isolamento eburneo dalla realtà e dalla comunità sociale. Parallelamente si doveva anche evitare un appiattimento sui modelli linguistici esistenti e massificati. Quello che poi è invece accaduto con la deriva del postmoderno poetico negli anni Ottanta-Novanta. Il problema non era, dunque, più soltanto quello di contestare gli istituti tradizionali della poesia e del sistema letterario, avanzando con la bandiera delle avanguardie storiche o del modernismo. Era invece quello di contestare dall"interno i nuovi modelli linguistici che legittimavano ed esprimevano quell"ideologia mercantile che l"organizzazione sociale dei discorsi e dei segni veicolava. Così ad alcuni dei poeti che formarono il gruppo dei Novissimi (1961)[2] sembrò necessario distruggere il codice linguistico ordinario per distruggere l"ideologia che vi era sottesa. L"abbaglio di tale posizione fu acutamente segnalato da Maria Corti già nel 1965: L"equivoco di base sta nel considerare che la permanenza nel sistema e la conseguente comunicabilità siano un limite alla libertà linguistica e non invece lo strumento, il mezzo, della libertà stessa. L"innovazione o creazione linguistica è prodotta da un mutarsi dei rapporti della parola o del sintagma entro il sistema; sottratta ad esso, la parola cade nel vuoto extra atmosferico del cosmo, ruota inerte senza possibilità di evocazione e di innovazione.[3] Inoltre, chi (come certe avanguardie) ha inteso distruggere il linguaggio a mezzo linguaggio è pervenuto ad un linguaggio molto più artificiale, meno libero e più convenzionale di quello contro cui aveva combattuto.

Elio Pagliarani, tra fisica e poesia

Sapere, 2023

Quasi sessant’anni fa, nel 1964, il poeta Elio Pagliarani pubblicò l’opera Lezione di fisica, smentendo i profeti della separazione tra le “due culture”. Poeta, critico teatrale, saggista, Pagliarani rappresenta un caso particolare dell’esperienza delle avanguardie italiane. La sua opera è libera dal lirismo o dall’ermetismo; la sua vocazione è piuttosto cronachistica (si è parlato di poesia-racconto), con particolare interesse al quotidiano del mondo proletario. Esponente del Gruppo ‘63 con Eco, Sanguineti, Balestrini, Arbasino, Guglielmi e altri intellettuali, Pagliarani scrisse Lezione di fisica come compimento della sua esperienza di giornalista maturata sulle pagine dell’Avanti, che sarebbe poi continuata su Paese Sera. Lo sperimentalismo del poeta romagnolo è la presa di coscienza di una nuova funzione dello scrivere versi. Pagliarani cerca una proiezione, appunto sperimentale, verso un futuro che rinnovi la fiducia nell’atto poetico. Il ruolo del poeta è difficile perché la pressione della realtà moderna è ampia e complessa, contraddittoria, e in definitiva violenta. Tutte le grandi “verità assodate” sono state negate e viviamo in un intrico di mitologie nuove e locali, politiche, economiche, sociali, che si affermano con un’incoerenza sempre più ampia. Il poeta è in questo contesto chiamato a dare un significato al nostro “rimanere umani”, anche attraverso l’esposizione, la negazione e la denuncia delle finzioni della dimensione culturale dell’epoca, senza contribuire a comporle.

Della violenta fiducia, ovvero di Elio Pagliarani in prospettiva

Carte Italiane

Il nome di Elio Pagliarani è, per tradizione, intimamente associato a quello della neo-avanguardia italiana dei primi anni sessanta e, in particolare, a quello de / novissimi, l'ormai storica silloge di poeti, che come ebbe a precisare Alfredo Giuliani, nell'introduzione al volume, scrivevano all'insegna di almeno due premesse: "una reale 'riduzione dell'io', quale produttore di significati, e una corrispondente versificazione, priva di edonismo, libera da quella ambizione rituale che è propria dell'ormai degradata versificazione sillabica e dei suoi camuffamenti". Entrare nel merito della seconda affermazione ci porterebbe lontano, per cui preferiamo qui rimandare ad altra occasione la tentazione di farlo. La prima è invece concretamente affirontabile senza scandalo partendo da un'espunzione testuale decisa e messa in atto dallo stesso Elio Pagliarani. Alcuni testi di Cronache e altre poesie (Milano, Schw^arz, 1954) che all'autore dovettero sembrare troppo esposti sul davanzale dell'io, vennero, a causa di questa loro caratteristica, se non proprio ritirati dalla circolazione, lasciati in disparte, costretti a un prolungato esiHo. Per esempio, non vennero inclusi ne La ragazza Carla e altre poesie a cura di Alberto Asor Rosa, che è del 1978. Sono riemersi, solo di recente, nell'antologia La pietà oggettiva, curata da Plinio Perilli per la Fondazione Piazzolla nel 1997. Si tratta di "Umilmente confesso che sono mortale" e "Non mi sei stato avaro di notizie", "Tu Quarto", "C'è il sole oggi , gennaio, fatti avanti" e "Niente che giustifichi la mia pretesa" cinque cronache 1

Montaggio e straniamento: la modernità radicale di Pagliarani

2004

Montaggio Francesco e straniamento: la DI PaGLIARANI MODERNITA RADICALE Muzzioli Dipartimento di Uniuersita di Italianistica e Spettacolo Roma, La Sapienza C'e una logica corrente che considera l'avanguardia come una lotta della forma contro il contenuto: e su questa base, cerca di strappare all'ambito avanguardistico quegli autori nei quali e riscontrabile e riconoscibile un trattamento dei contenuti e cosi accade spesso a Pagliarani, nelle nuove avanguardie degli anni Sessanta, di essere tirato fuori dalla poetica novissima , quasi depuratone e fattone salvo, riassorbito in piu calme acque. Ma lotta se s'intende l'avanguardia, come sarei propenso a ritenere, di come il doppia nelle forme e nei contenuti, quella operazione si elisione viene a cadere e tratta piuttosto di considerare dove e quanto senso comune (formale e contenutistico insieme) venga intaccato e deformato. di quello che mi propongo di accertare riflettendo sul senso una tecnica come quella del mo...

Elogio al vuoto: uno spazio costruito al negativo

Alessandro Anselmi Frammenti di futuro, 2013

ll Vuoto ha rappresentato per Alessandro Anselmi uno strumento fondamentale per comporre le proprie architetture. Si è trattato di quell'elemento capace di unire, là dove sembrerebbe impossibile, al fine di creare una tensione, da lui tanto attesa.

Elio Pagliarani oltre la linea lombarda

Carte italiane, 2004

Il riconoscimento dell'esistenza di un modo milanese, o meglio lombardo, di scrittura risale, come notava Giuliani nella sezione del suo "Poeti del secondo Novecento" dedicata all'area lombarda, all'inizio degli anni Cinquanta: Di una presenza riconoscibile, con caratteristiche proprie, della poesia lombarda nel panorama della poesia italiana del dopoguerra si è cominciato a parlare molto presto, da parte della critica: precisamente dal 1952, data in cui esce l'antologia Linea lombarda, a cura di Luciano Anceschi e comprendente, accanto a Vittorio Sereni, alcuni poeti della generazione del '45.Ŝ econdo Giuliani, la poesia lombarda è fatta di una combinazione di "attenzione alle cose, al paesaggio, a una quotidianità dimessa e pungente" con, e questo è il punto più importante ed originale della sua analisi. Una vocazione morale (di matrice cattolica in alcuni, laica e progressista in altri) che ha i suoi antecedenti e i suoi numi sin troppo palesi in Parini e in Manzoni e un riferimento più recente, sostanzioso e quasi segreto in Clemente Rebora.T ali qualità permangono anche nei lavori di autori lombardi della generazione successiva, come Elio Pagliarani, Giancarlo Majorino, Giorgio Cesarano, o il più giovane Maurizio Cucchi. In effetti, anzi, i poeti più giovani portano avanti nettamente il lavoro degli autori della linea lombarda, cosicché, anche se i versi raccolti nell'antologia di Anceschi mostrano una comune attenzione alla realtà quotidiana degli oggetti ed 83

Asimmetrie, malintesi e sguardi speculari

2015

SINTESI L'articolo affronta le caratteristiche metodologiche ed epistemologiche della storiografi a che in Italia e in Slovenia si cimenta con lo studio della storia della regione di confi ne italo-slovena nel XIX e XX secolo. Il contributo individua il radicamento storiografi co nei paradigmi prodotti dal discorso nazionale, la tendenza a una rappresentazione asimmetrica dei soggetti politici studiati nonché la predisposizione a semplifi care una realtà storica plurietnica e complessa, privilegiando gli elementi di discontinuità storiografi ca, ma fa anche vedere come una maggiore propensione alla comparazione e alla metodologia proposta dall' histoire croisée permetterebbe di superare i limiti di una visione troppo etnocentrica della storia. Parole chiave: storia di confi ne, confi ne italo sloveno, confi ne orientale, storia congiunta, 'histoire croisée'