Il potere regale di Dio e le sue crepe in Filone di Alessandria (original) (raw)

Dio e l’ordine del mondo in Filone di Alessandria

Études platoniciennes, 2008

La generazione del mondo Il mondo e generato, e uno, e retto provvidenzialmente. Cosi Filone nel De Opificio 171. Che il mondo sia generato viene detto per rispondere a coloro - Aristotele in primis - che pensano ad un cosmo non creato ed eterno ; che sia uno, e tesi sostenuta contro quanti credono nell’esistenza di piu mondi, addirittura in numero infinito. Il mondo, dio visibile, e uno come uno e Dio secondo il cui modello il mondo e generato. Che sia retto da provvidenza, infine, e chiaro ...

Il Parmenide e Filone di Alessandria

Chôra, 2016

Cet article s'interroge sur la possibilité de dénicher des relations entre le Parménide platonicien et l'oeuvre de Philon d'Alexandrie. Le dialogue platonicien n'est jamais explicitement nommé ni cité par Philon. Il y a une discussion entre chercheurs modernes sur la connaissance que l'Alexandrin peut en avoir eu. D'un coté, Runia pense que le Parménide n'était pas très connu au premier siècle, d'un autre coté, Whittaker considère que, à propos de la transcendance divine, Philon peut avoir fait référence à la première hypothèse du Parménide avec la médiation du Pythagorisme platonisant de son époque. Quant à Dillon, il voit une forte influence du dialogue sur le Platonisme Alexandrin pre-philonien. De mon coté, je pense qu'on trouve chez Philon des argumentations qu'on peut comparer avec les premières deux hypothèses du Parménide. On ne peut probablement pas déterminer s'il s'agit d'une influence directe ou pas, si certains thèmes viennent du texte platonique ou d'autres sources. Ce que je chercherai de voir est si Philon utilise -revus et reformulés dans un langage apte à l'exégèse biblique- des arguments qui rappellent le texte platonicien. Dans ses thèses de théologie négative il y a parfois des allégations qui semblent ne pas s'accorder trop avec le texte biblique. Ils en reprennent caractères et aspects, mais avec des nuances différentes égard à celles du texte originaire. Dans cette perspective, j'essaie de rapprocher des textes de Philon et quelques passages du Parménide. Naturellement, je ne prétends pas de trouver une pleine correspondance entre textes. Il s'agit de suggestions, sans que je m'attends à donner une réponse univoque à une question peut être indécidable. La mienne est une simple hypothèse de lecture.

L’agricoltura divina in Filone di Alessandria e in Numenio

Études platoniciennes, 2017

L’articolo si interroga su possibili rapporti tra Filone e Numenio. Che vi siano assonanze e ovvio : entrambi platonici, i due scrittori hanno alle spalle una tradizione e riferimenti comuni. Non a caso, molti aspetti sono presenti anche in altri testi di tradizione platonica. Pure, alcune immagini sembrano richiamarsi in maniera abbastanza diretta anche se non esclusiva. Tra gli altri, un punto che mi sembra significativo riguarda il raffronto tra primo e secondo dio, cui Numenio riserva i nomi di demiurgo e nomothetes, e i differenti aspetti di Dio in Filone.La mia ipotesi e che per Numenio al secondo dio competa la direzione e la conservazione del cosmo una volta che le anime sono state seminate dal primo dio, parallelamente a come, per Filone, Dio arrhetos, agnostos, akataleptos e principio di esistenza per il mondo, mentre le potenze sono provvidenti e lo governano. Dio in quanto ὤν e αἰτία, origine, mentre il δημιουργός e λόγος σπeρματικός. Sono termini che compaiono anche in Numenio ove il primo dio speirei, mentre il secondo futeuei e metafuteuei. In Filone, Dio e uno solo e concentra in se tutte le funzioni. Si ha una compresenza e allo stesso tempo una distinzione tra seminagione e coltivazione intesa come cura e come garanzia di conservazione e di continuita. Risuonano analogie nel fr. 13 di Numenio che, nella mia lettura, vede nell’attivita del secondo dio il prolungamento di quella del primo. The aim of this paper is to study some possible relations between Philo and Numenius. It is obvious that there are some analogies between the two authors who are both Platonists and have a common tradition. Many of their topics and ideas appear also in other Platonists, but there are some themes which seem to echo in a somehow direct way. One relevant point is given by the activity of the First and of the Second God in Numenius, in relation with the different divine aspects in Philo. My hypothesis is that for Numenius the Second God is in charge with the direction and the conservation of the cosmos, once that the souls have been sown by the First God. In a similar way for Philo, God who is arrhetos, agnostos, akataleptos, is the principle of existence of the world, while the powers are providentials and rule it. As ὤν, God is αἰτία, origin, while the δημιουργός is λόγος σπερματικός. These terms show up also in Numenius for whom the First God speirei, while the Second one futeuei and metafuteuei. In Philo, God is one and assembles all these functions. We have an interaction and also a distinction between sowing and cultivation which secures conservation and continuity. We can find echoes of these philonic notions in Numenius fr. 13 where, in my view, the activity of the Second God is a continuation of that of the First one.

Il De Iosepho di Filone di Alessandria. Traduzione e commento

2015

Nonostante il recente interesse critico in Filone di Alessandria, il "De Iosepho" resta ancora un testo poco studiato. La tesi si propone di fornirne una nuova traduzione corredata di un commento lineare, con un'introduzione generale. Nella parte introduttiva si presenta il "De Iosepho" come vita dell'uomo politico, nel suo rapporto con le altre vite di patriarchi scritte da Filone e nella sua composizione interna, tra sezioni narrative e interpretazione allegorica. Sempre nell'introduzione sono inoltre affrontate le problematiche più generali dell'opera, come l'interpretazione del nome di Giuseppe, l'assenza di nomi propri nel trattato (riprodotta nella traduzione), le apparenti contraddizioni tra la figura positiva di Giuseppe nella biografia e il ritratto denigratorio che appare nei commentari di Filone alla Scrittura. Il commento fa riferimento ai più recenti contributi degli studiosi per analizzare le tematiche, le fonti e l'andam...

Il sogno secondo Filone di Alessandria

2019

Filone era un uomo riservato: dalla lettura dei suoi scritti non sapremmo quasi nulla di lui, se non che partecipò a un'ambasceria inviata dagli Ebrei di Alessandria d'Egitto all'imperatore Gaio per far cessare le persecuzioni contro di loro poco prima che l'imperatore venisse assassinato; 1 è certo che egli fu un membro eminente della ricca e colta comunità ebraica di Alessandria. Colta sì, ma non al punto da trovarsi perfettamente a suo agio con l'ebraico o con l'aramaico; 2 certo, l'ebraico rimaneva la lingua sacra, ma il greco si era ormai imposto da tempo come la lingua del commercio, dell'amministrazione cittadina, delle pubbliche relazioni. Perciò Filone avvertì indispensabile il compito di interpretare la Scrittura per chi ormai di fatto praticasse quasi soltanto il greco, e non a caso le citazioni bibliche di cui fece uso corrispondono in larghissima misura alla traduzione dei Settanta, così come la sua interpretazione del testo sacro tenne sempre presente la tradizione filosofica e letteraria della grecità, classica ma soprattutto ellenistica. Il gruppo più importante delle sue opere è costituito da una serie di trattati che commentano allegoricamente il Pentateuco, e di questi fa parte il de somniis. 3 Veramente, il testo che possediamo presuppone in modo chiaro una prima parte ora perduta, nella quale l'autore classificava i varî tipi di sogno in tre categorie, cominciando da quei sogni che si consideravano di origine divina. 4

Sapienza e mediazione: pensare con Filone di Alessandria

Sapienza e mediazione: pensare con Filone di Alessandria, 2020

Quali sono state le intenzioni che hanno spinto il nostro autore a faticare per la creazione di questo trattato? Stoicheggiante è la veemenza con cui Filone dichiara che ogni passione è inconciliabile con la maestà di Dio: per questo egli protesta contro l'interpretazione letterale della Sacra Scrittura, che usa espressioni antropomorfiche solo per ragioni pedagogiche. Filone pensa che la Bibbia sia una fonte inesauribile di conoscenza e sapienza e che abbia il compito di illuminare la vita umana, la quale, senza suddetta sapienza creatrice, sarebbe vuota e indegna di essere vissuta. E allora che cosa ci dice essenzialmente il De Somniis? perché tanto faticare sul concetto di sogno da parte del nostro autore? “Non sopravvalutare la passione e non farti prendere o guidare da essa”, tuona l’Alessandrino. Attraverso l’interpretazione dei vari sogni, infatti, è possibile esperire il sentimento trascendente che anima da sempre l’uomo di ogni tempo. Da questo trattato appare con chiarezza ciò che Filone intende col termine “trascendere”: in senso proprio significa conoscere la realtà, coglierne i limiti e riportala alle sue cause originali. Perché l’uomo agisce? Perché desidera? Perché abusa del desiderio? Perché non sa fermarsi davanti all’opera sua? Perché capisce di essere nel torto? Perché sa di essere per sé o contro di sé? È possibile notare talvolta in Filone una certa contraddizione fra la concezione delle passioni sviluppata in certi passi e la normale valutazione che di solito egli ne dà, quasi sempre nettamente negativa. È in gioco infatti in questi passi l’ambiguità tra la passione come istinto psicologico e la passione come elemento etico: nel primo caso essa può ritenersi positiva, perché fa parte della struttura naturale dell’uomo, nel secondo invece è negativa perché si oppone alla ragione. Basti ricordare come la passione più grande, l’esperienza suprema, per Filone sia la ricerca di Dio. Filone in questo trattato non tematizza i sensi in quanto tali, ma li presenta come ostacoli da superare e di cui liberarsi grazie alla migrazione verso Dio. Se l’oggetto della sua riflessione nel De Somniis fossero i sensi o l’esperienza sensibile, si giungerebbe all’assurda conclusione che la vita basata sui sensi è superiore a quella fondata sulla scienza caldaica, la quale, per quanto decettiva ed errata nelle sue conclusioni, è pur sempre frutto di un’attività intellettuale di ordine spirituale. L’Alessandrino invece vuole dirci che il rientrare in sé non può che seguire la via obbligata imposta alla costituzione dell’uomo: dunque per mezzo dei sensi ma uscendo da essi. Questa via è duplice, somatica all’esterno e psichica all’interno. Ora, chi rientra in sé incontrerà, nell’ordine, prima il corpo e i sensi e poi l’intelletto. Ma il processo di interiorizzazione, come abbiamo visto, quando l’uomo ha in sé una pre-disposizione alla contemplazione, avviene per via naturale e avviene anche quando è ancora chiuso nelle caverne corporee, perché ben presto l’uomo (anche grazie all’aiuto straordinario di Dio attraverso sogni premonitori) riuscirà a cogliere i limiti dei sensi e sarà portato a trascenderli. Ma dunque il sentire è del corpo o dell’anima? L’errore non è mai nella sensazione ma nel giudizio. La sensazione vuole sé stessa, né più né meno. Non sa di volersi, vuole e basta. La sensazione è assoluto conoscere; in essa senziente e sentito si adeguano perfettamente. Il sentire è indizio di una realtà che non è oggetto dei sensi. Intelletto e sensazione sono educatori inseparabili nel De Somniis, ma si potrebbe dire in tutta l’opera filoniana. Tuttavia, colui che arriva al luogo di Dio nella sua vita non potrà vedere Dio nella sua essenza, ma soltanto intravederlo da lontano. Per questo Dio invia i suoi discorsi per comunicare con gli uomini, parole salvatrici che soccorrono gli amici della virtù: infatti, in questo senso la sapienza divina è il canale privilegiato per arrivare a Dio. Il logos è ontologicamente immagine di Dio e modello delle cose create, in quanto parola tradotta in atto senza soluzione di continuità: poiché il tempo non esiste rispetto a Dio, nessuna discontinuità potrebbe darsi. Quanti vogliono capire il mondo invisibile, sono guidati dallo spettacolo del mondo visibile. Devono essere guidati dal mondo visibile nella sua forma più evidente di elementarità ontica, giacché ciò che non è chiaro sul piano dell’immagine difficilmente sarà assumibile come verità intellettuale. Il viaggio verso Haran è la fatica di conoscere sé stessi, dall'indagine sulla natura - la Caldea - all'investigazione dei sensi: questo è ciò che gli Ebrei chiamano Tare e i greci Socrate. Tare ha avuto modo solo di annusare la virtù, poiché il suo nome significa "riconoscimento dell'odore", "olfatto". Il simbolo che rappresenta il concetto di "conoscere sé stessi" è un albero ben cresciuto per gli amanti della virtù che prima raccolgono il frutto della conoscenza sensibile e poi si rivolgono a un oggetto superiore di contemplazione, lasciando dietro di sé Haran, cioè la percezione. Grazie alla Bibbia ed al suo contenuto universale di verità secondo Filone è possibile distinguere le argomentazioni vere dalle false e, confutando le verosimiglianze sofistiche, guarire da quella grave piaga dell’anima che è l’inganno. Attraverso la sapienza Divina mediata dal logos biblico è possibile per l’uomo capire ciò che è essenziale e ciò che non lo è. Tutte le storie sono vere. È utile prendere familiarità con tutte le storie dell’uomo sull’uomo, facendone il proprio banco di prova, perché può darsi, può darsi davvero -come è accaduto a molti- che per il tramite di storie soggette alla storia, si giunga in stretto contatto con la storia sovrana, più comunemente chiamata “verità”: la verità per Filone è una storia di cui ci si prende cura. Filone sostiene che solo ciò che ha un'evidenza immediata può essere ammesso come vero, cosicché va oltre tutta la tradizione. Quando la mente attraverso le cose sensibili tende ad elevarsi a contemplazioni intellettuali, sono assolutamente più preziosi i trasbordi più chiari dei sensi, i discorsi più limpidi, le visioni più evidenti. Giacché se non sono evidenti le cose che stanno davanti ai sensi, neppure essi potranno porre bene davanti alla mente le cose sensibili. Interpretare non significa modificare le Sacre Scritture, ma significa amarle, conoscerle, coltivarle: insomma continuare quel processo creativo in relazione al principio che comunemente chiamiamo amore per il sapere. È necessario per lui partire dall'ordine del mondo, dalla contingenza delle parti, che suppone la contingenza del tutto, fino alla necessità di una causa attiva. La parola della rivelazione è vista, non viene ascoltata la voce di Dio, ma è rivelazione all'occhio dell'anima.

Il sogno secondo Filone di Alessandria.pdf

E. Baricci (ed.), Sogno e surreale nella letteratura e nelle arti ebraiche, 2017

Filone era un uomo riservato: dalla lettura dei suoi scritti non sapremmo quasi nulla di lui, se non che partecipò a un'ambasceria inviata dagli Ebrei di Alessandria d'Egitto all'imperatore Gaio per far cessare le persecuzioni contro di loro poco prima che l'imperatore venisse assassinato; 1 è certo che egli fu un membro eminente della ricca e colta comunità ebraica di Alessandria. Colta sì, ma non al punto da trovarsi perfettamente a suo agio con l'ebraico o con l'aramaico; 2 certo, l'ebraico rimaneva la lingua sacra, ma il greco si era ormai imposto da tempo come la lingua del commercio, dell'amministrazione cittadina, delle pubbliche relazioni. Perciò Filone avvertì indispensabile il compito di interpretare la Scrittura per chi ormai di fatto praticasse quasi soltanto il greco, e non a caso le citazioni bibliche di cui fece uso corrispondono in larghissima misura alla traduzione dei Settanta, così come la sua interpretazione del testo sacro tenne sempre presente la tradizione filosofica e letteraria della grecità, classica ma soprattutto ellenistica. Il gruppo più importante delle sue opere è costituito da una serie di trattati che commentano allegoricamente il Pentateuco, e di questi fa parte il de somniis. 3 Veramente, il testo che possediamo presuppone in modo chiaro una prima parte ora perduta, nella quale l'autore classificava i varî tipi di sogno in tre categorie, cominciando da quei sogni che si consideravano di origine divina. 4