Young Frankenstein: dinamiche e strategie parodiche nell'opera di Mel Brooks (original) (raw)
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Retorica del complotto e vendetta nel "Genius" di Carl Grosse e nel "Frankenstein" di Mary Shelley
Testo e Senso n. 20, 2019
Alla luce delle testimonianze circa la fascinazione di Mary e Percy Bysshe Shelley per il "Genius" di Carl Grosse e per il fenomeno delle società segrete (soprattutto per la storia degli Illuminati di Baviera), il contributo si propone un’analisi comparativa del romanzo tedesco e del "Frankenstein" di Mary Shelley. Se nel "Genius" sono centrali i motivi del complotto ordito da un’associazione segreta e quello della vendetta nei confronti di essa, si vuole dimostrare che il "Frankenstein" può essere interpretato, non da ultimo, come una rilettura critica dell’opera di Grosse e che dunque i temi del cospirazione massonica e della vendetta sono presenti anche nel romanzo della Shelley quali veri e propri sottotesti. Secondo la nostra tesi, il fine della rilettura proposta dall’autrice inglese è quello di smascherare la retorica ideologica, di stampo reazionario, che tra la fine del Settecento e gli inizi del Novecento si celava dietro questi discorsi.
6.I - Note sul Frankenstein “muto” tra teatralità e primi paratesti cinematografici [Massimo Bonura]
Ultracorpi. Il fantastico nelle arti dello spettacolo, 2023
NOTES ON THE FRANKENSTEIN FROM THE SILENT CINEMA BETWEEN THEATRICALITY AND IMAGINARY This essay focuses on the first three films with Frankenstein as main character (1910, 1915, 1920), through their interconnections, the theatrical aspects and the references with the source of the time. In particular, this essay focuses on the paratexts of the Italian movie Il mostro di Frankestein ([sic] E. Testa, 1920). *** NOTE SUL FRANKENSTEIN MUTO TRA TEATRATRALITA' E PRIMI PARATESTI CINEMATOGRAFICI Il saggio si propone di analizzare i primi tre film adattati dal romanzo Frankenstein (1910, 1915, 1920) attraverso le interconnessioni degli aspetti performativi della teatralità e i riferimenti critici delle fonti dell'epoca. Un'analisi particolareggiata verrà effettuata in merito ai rari paratesti del film Il mostro di Frankestein ([sic] E. Testa, 1920). Notes on the Frankenstein from the silent cinema between theatricality and imaginary
"Sogni e favole io fingo". Sulla genesi del "Frankenstein" di Mary Shelley
Rendiconti dell'Istituto Lombardo (Lettere), 2018
During the summer of 1797, the English poet Samuel Taylor Coleridge, according to what he declared, experienced, while sleeping, a vision inspiring him a poem of about three hundred lines: what he partially managed to transcribe, of that dream of poetry, is one of the most perfect examples of musicality in the English language. It is with Romanticism that dreams, removed from the bonds of foretelling and of the naïve inferences of folklore, become generators of images, and also of words. Dreams indicated peculiar themes to Füssli's art, suggested novel plots to Stevenson and Dostoevskij, and, even before them, in 1818 they presented Mary Shelley, as she travelled towards Italy, with the subject of a new, immortal, story - the one of the scientist Frankenstein, who decides to play God in his power of giving life -, which is still haunting us nowadays.
It’s (still) alive. Riscritture di Frankenstein nel cinema americano contemporaneo
Caro Mostro. 200 anni di Frankenstein (a cura di Nicola Pasqualicchio), 2022
It's (still) alive. Riscritture di Frankenstein nel cinema americano contemporaneo «Non è che un libro, maestà». Con queste parole il prode Gideon, servitore della regina delle gargoyle che popolano le guglie di Notre Dame (I, Frankenstein, Stuart Beattie, 2014), esprime il suo disinteresse nei confronti di un testo-il diario del dott. Frankenstein-che anche nel secondo millennio si rivela invece ben più di un semplice «libro», se non altro per l'irresistibile fascino che il mito della Creatura nata dalla morte continua a esercitare nell'iconosfera contemporanea. 1 Solo negli anni Dieci di questo secolo, infatti, si contano un film sperimentale (Spark of Being, Bill Morrison, Dave Douglas, 2010), una serie TV (The Frankenstein Chronicles, ITV Encore, 2015) e sette lungometraggi di finzione ispirati al celebre romanzo di Mary Shelley, metafora di un dissidio tra le forze del logos e quelle dell'ethos evidentemente ancora attualissimo. Detto che il Frankenfilm 2 di Morrison e Douglas-collage di immagini tratte da materiale d'archivio e assemblate mescolando rumori d'ambiente a sonorità jazz-è forse l'adat
Bioy Casares, la strategia dell’insetto nella ragnatela
https://antinomie.it, 2021
Quella di Adolfo Bioy Casares (1914-1999) è una delle voci più originali della letteratura sudamericana. Noto soprattutto per il romanzo L'invenzione di Morel (romanzo del 1940, dal 2017 di nuovo disponibile nella traduzione di Francesca Lazzarato pubblicata da Sur), torna nelle librerie italiane con L'avventura di un fotografo a La Plata, romanzo del 1985 che, dopo una prima versione uscita da Lucarini due anni dopo, è stato ritradotto anche in questo caso da Lazzarato per Sur.
FANTASTICHERIA ED EPIFANIA NELLA NOVELLA VERGHIANA 'IL BASTIONE DI MONFORTE'
La collocazione che Verga stabilisce per la novella Il Bastione di Monforte, 1 proprio in apertura della raccolta d'ambientazione milanese Per le vie (1883), 2 già basterebbe a indicarne la programmaticità e la rilevanza. Eppure, rispetto ad altre novelle che altrove ne condividono la posizione di ouverture, questa assume particolare interesse perché, scavalcando il perimetro della raccolta stessa, pare configurarsi come silloge esplicativa delle principali istanze del progetto artistico verghiano, in particolare della fantasticheria, ma anche suggerire certe soluzioni anticipate nella novella Fantasticheria 3 e realizzate nella produzione rusticana. Ma c'è di più: Il Bastione esibisce anche una sperimentazione di alcuni temi, alcune strategie rappresentative che, pur derivando in parte dall'Ottocento tardoromantico e poi dal Naturalismo, caratterizzeranno la letteratura di primo Novecento. Il Bastione -come poi l'intera raccolta -ci offre subito una rapida carrellata di quadretti di vita cittadina, di quella Milano proto-industriale, «Babilonia più babilonia della vera», 4 in cui Verga assisterà al tramonto del secolo. Attraverso il varco d'una finestra -topos 5 già ben attestato nel Naturalismo e che perdura nel Novecento -lo sguardo del narratore, sguardo solitario, appartato, fisicamente distante, s'inoltra nella boscaglia che lambisce la città; di lì, poi, nei meandri della città stessa, in un rapido trascorrer dell'occhio, che ora incornicia lo spazio ben più del limite della finestra, con un movimento continuo dal basso verso l'alto, da vicoli e piazze alle fronde degli alberi e agli squarci d'azzurro, dal vetturino al borghese. Un primo spunto di riflessione sulle strategie di rappresentazione verghiane ce l'offrono due citazioni: