Elena Valentina Maiolini, Vita interiore e ambiente teatrale: sulle didascalie di d’Annunzio, in D’Annunzio e l’innovazione drammaturgica, atti del Convegno (Pescara, 20-21 gennaio 2022), premessa di Elena Ledda, saggi intr. di Giovanni Isgrò e Carlo Santoli, in «Sinestesie», 2022, pp. 295-305. (original) (raw)

Fra il testo e la scena: appunti su narrativa e teatro intronatico, in La commedia italiana. Tradizione e storia, a cura di M.C. Figorilli e D. Vianello, con la collaborazione di R. Agosto e S.G. Mallamaci, Bari, Edizioni di Pagina, 2018, pp. 119-131

The article deals with the narrative and the theatrical production of the Accademia degli Intronati in Siena, particularly in the fifty years between 1537 and 1587, that’s to say between the publishing of Gl’Ingannati and that of I trattenimenti by Scipione Bargagli. In order to show how theatre and narrative tradition are strictly intertwined, it’s emphasized the role of the female public, which is to be perceived in the Dialogo deʼ giuochi by Girolamo Bargagli (printed in 1572), a text which confirms the centrality of that specific public of readers, particularly with regard to the compassionate and adventurous stories with female characters.

Elena Maiolini, Estetismo e misticismo danteschi in Francesca da Rimini di d’Annunzio, «Ermeneutica letteraria», 17, 2021, pp. 153-162.

Convinto che ci siano ancora molti modi di far «vivere» Dante, sulla soglia del Novecento d'Annunzio dedica a Francesca da Rimini la sua prima opera drammatica in versi, intendendo evocare lo spirito dantesco sul piano editoriale, con le monocromie scarlatte risaltanti sul nero; linguistico, in una intertestualità che coinvolge anche la prosa didascalica; ed ermeneutico, declinando la propria riformulazione in una moderna chiave malinconica. Convinced that there are still many ways of making Dante «live», d'Annunzio dedicates his first dramatic work in verse to Francesca da Rimini. He intended to evoke the spirit of Dante on an editorial level, with scarlet monochromes standing out on a black background; on a linguistic one, in the intertextuality that extends as far as the prose of the captions; and on a hermeneutic one, interpreting his reformulation in a modern melancholic key.

Titolo conferenza: "Il dialogo come modalità di autocritica per Dante nella Commedia (Inferno V e Purgatorio XXX-XXXI)". Convegno della Società Dantesca Ungherese su "Autocommento e autoriflessione in Dante", Roma, 10-11 dicembre 2015.

Qual è la caratteristica principale dei dialoghi nella Commedia? La loro intensità. Quest’intensità dipende infatti dalla straordinaria unicità di ogni incontro nell'aldilà, essendo il protagonista ancora vivo e destinato a tornare nel mondo dei vivi. Le anime che se ne accorgono sono spesso curiose di scoprire la sua identità, e gli scambi vertono sempre su fatti o punti di riflessione essenziali. I dialoghi diventano però particolarmente drammatici quando toccano certi punti critici della vita passata di Dante. Permettono infatti di metterli a nudo di fronte al lettore, come se gli fosse offerta la possibilità di entrare sempre più a fondo nella mente del protagonista, con l’aiuto del narratore, fino a svelare quello che il poeta non avrebbe mai confessato facilmente né agli altri né a se stesso. Questa forma dialogica si presenta quindi come una modalità espressiva particolarmente adatta ad accreditare presso il lettore un commento o una riflessione di Dante su se stesso in senso autocritico. Il dialogo diventa pure una modalità privilegiata nella Commedia per incrementare la capacità autocritica del protagonista, fino a liberare la sua coscienza dalle colpe più pesanti. Due dialoghi ci sembrano significativi da questo punto di vista: quello con Francesca da Rimini sotto la guida di Virgilio (Inf. V), e quello con Beatrice sotto la protezione degli angeli in cima al purgatorio (Purg. XXX-XXXI). Le loro similitudini e le loro specificità saranno oggetto del nostro intervento a Roma.

Donatella Nisi, «La lampada con il mantino verde» fra padri e figli cambiati: appunti sull'uso del colore nelle didascalie della prima produzione teatrale di Luigi Pirandello, 04 febbraio 2016, http://www.ligamina.org/newsletter/2/ligamina-news-2-NISI.pdf

2016

Il working paper è stato diffuso attraverso la newsletter n. 2 del 04 febbraio 2016 di Ligamina Inc, una charity statunitense volta alla conservazione e studio del patrimonio artistico del centro storico di Roma e, in modo particolare, delle sue innumerevoli chiese. http://www.ligamina.org/news.php?lg=ita&id\_news=11 Questi appunti sono focalizzati sul colore degli oggetti di scena e sul loro ruolo nelle azioni dei personaggi della prima produzione teatrale pirandelliana. Mentre una coperta di lana verde evoca in scena la Natura come una via di fuga dalla realtà, una lampada dal mantino verde, presente in diversi testi dello scrittore e anche nel ritratto di Pirandello dipinto dal figlio Fausto nel 1933, ci consente una digressione sul rapporto fra padri e figli dentro e fuori la scena. In this notes the focus will be on color of props in Pirandello's early theatrical works, and their role in the actions of characters. While a green wool blanket evokes on the stage Nature as an escape route from reality, a green lamp shade, which appears in various Pirandello's texts and also in Pirandello's portrait painted by his son Fausto in 1933, suggests a digression on the relationship between fathers and sons inside and outside the stage.

Elena Valentina Maiolini, "I muscoli e il pensiero. Concetti e parole dei «Canti greci» nei carteggi di Tommaseo", "Scrivere agli altri, scrivere di sé, scrivere per sé. N. Tommaseo e i generi epistolografia, autobiografia, diario", a c. di Danelon-Marchesi-Rasera, Ed. dell’Orso, 2021, pp. 171-88.

Danzare Isolati. Logiche di affezione e pratiche discorsive urbane nella performance di Sieni, Sciarroni e Di Stefano, in «Danza e ricerca. Laboratorio di studi, scritture, visioni» [Dipartimento di Musica e Spettacolo - Alma Mater Studiorum - Università di Bologna], VI, 5, 2014, pp. 55-74.

La designazione di isolato è qui assunta nel suo doppio significato: in termini epistemici, archeologici e temporali, oppure architettonici e spaziali. Come aggettivo, rimanda all’essere appartato, separato da un gruppo e da un insieme, dunque nel tempo della solitudine e della esclusione dalla frequentazione, a contraggenio di un tempo invece collettivo. Come sostantivo si riferisce, piuttosto, a un edificio o gruppo di edifici circondati intorno da strade, dunque secondo un’idea di spazio iscritto dal suo circostante. L’idea di danzare isolati allude a una particolare prassi della frequentazione dell’alterità, attraverso la coreografia, in termini temporali (l’isolamento e la singolarità ma rispetto a un gruppo) e insieme spaziali (la relazione ai margini con ciò che è remoto). Non si tratta soltanto di una ricercata modalità compositiva ma di un paradigma interpretativo, un piano di lettura dell’azione. E si inscrive a partire dall’idea di affetto come una dinamica del desiderio all’interno di un sistema/arcipelago capace di manipolare significato e relazione e generare intensità. Il saggio documenta alcune strategie di occupazione dello spazio performativo attraverso modalità coreografiche “per isolati” — e che si affermano forse proprio come forme culturali dell’arcipelago — in alcune recenti performance contemporanee, quali la ‘messa in campo’ di Agorà Tutti di Virgilio Sieni (2013), lo studio sulla giocoleria UNTITLED_I will be there when you die di Alessandro Sciarroni (2013), la decostruzione della mente coloniale nelle incursioni geografiche e/o cartografiche di Michele Di Stefano in Il giro del mondo in 80 giorni per MK (2011) e, più recentemente, in Upper East Side per Aterballetto (2014). The notion of “building blocks”, here, has a double meaning. On the one hand, it is conceived in epistemic, archaeological, and temporal terms; on the other hand, in architectural and spatial ones. As an adjective, it indicates something set apart, separated from a group or a set of elements, therefore referring to the time of solitude and exclusion from social engagement, in contrast with the time of collectivity. As a noun, it relates to a building or a group of buildings surrounded by streets, conveying the idea of an inscribed space. Dancing as blocks alludes to a particular praxis of engagement with alterity through choreography, both in temporal terms (isolation and singularity in relation to a group) and in spatial terms (the relationship at the margins with the remote). It is not just about a strategy of composition, but a hermeneutic paradigm, a method to read the action. Moreover, affect intervenes in this procedure as a dynamic of desire that, within an archipelago-system, determines meaning, relationships, and generates intensity. The essay aims to draw out how the building blocks choreographic strategy can shape and occupy the performative space. This strategy seems to affirm itself as cultural form of the archipelago in some recent contemporary performances: staging the campo in Agorà Tutti by Virgilio Sieni (2013); Alessandro Sciarroni’s work on juggling UNTITLED_I will be there when you die (2013); the deconstruction of the colonialist structure through geographic and/or cartographic actions by Michele Di Stefano in Il giro del mondo in 80 giorni for MK (2011), and in Upper East Side for Aterballetto (2014).

« La potenza di Maria agli occhi di Dante », in Dante: mondo “terreno” e mondo celeste, sessione a cura di N. Mineo, in L’italianistica oggi: ricerca e didattica, Atti del XIX Congresso dell’ADI – Associazione degli Italianisti (Roma, 9-12 settembre 2015)

La figura di Maria costituisce un singolare punto di contatto tra mondo terreno e mondo celeste, di cui Dante ha valorizzato il significato attribuendole varie funzioni nello svolgimento della Commedia. La prima funzione rilevabile riguarda il suo potere d’intercessione, presentato dal canto II dell’Inferno secondo un punto di vista giuridico-teologico («duro giudicio lassù frange»). Questa funzione le conferisce il ruolo di “adiuvante” principale (in quanto «canale di tutte le grazie» tra cielo e terra) che si protrae lungo tutto il percorso, per lo più tramite intermediari tra i quali Beatrice tiene il primo posto. Una seconda funzione, di tipo morale, completa questo ruolo di “adiuvante” offrendo alla meditazione dei purganti e del protagonista gli episodi essenziali della sua vita terrena come primo esempio di virtù sulle cornici del Purgatorio. Altre due funzioni mariane emergono nella progressione del viaggio, una liturgica e un’altra estetica, in quanto viene invocata nelle preghiere ed ammirata nelle sue gloriose apparizioni. La nostra breve presentazione intende illustrare come queste quattro funzioni permettano a Dante di sfruttare le potenzialità di una devozione millenaria senza sminuire la centralità di Beatrice.