Zona Orientale di Napoli - Storiacity (original) (raw)
La zona orientale della città di Napoli1 anche detta depressione del Sebeto1bis(1ter) oggi è la stessa determinata dalla naturale convergenza delle linee di comunicazione territoriali remote2.
Si tratta di una dimensione geografica considerata area cerniera tra il centro storico e la periferia est, caratterizzata dalla compresenza di edilizia pubblica nativa del primo Novecento sorta attorno agli antichi casali di Ponticelli e Barra.
Nel piano dettagliato dell'ingegner De Simone, riscritto nello studio della città del 1910, questa zona verrà spesso definita, molto prima della sua reale concretizzazione, la città del lavoro e della produzione assediata altrimenti da opifici industriali per effetto delle raccomandazioni che istruirono i piani regolatori del 1946 e quello successivo del 1958.
Oggi si presenta come la somma degli antichi casali divenuti quartieri residenziali e popolari tra loro collegati da infrastrutturazione ferroviaria ed autostradale con l'appunto che la rete viaria di superficie attraversandola da parte a parte3 profila per essa uno scenario di terra sommariamente diverso dal fuoco visivo di lontananza che altrimenti è schermato dallo sky line del Centro Direzionale.
Ed è proprio al centro direzionale della città in larga parte imputato il problema di aver accentuato negli anni l'annoso problema della dismissione urbana tipica di questo comparto, peculiare al Novencento anche se non esclusivo di questo secolo, ma certamente una delle manifestazioni della vulnerabilità della città contemporanea3bis.
Ciò sarebbe dovuto al repentino cambiamento dei tempi moderni che hanno investito in pieno la città impreparata, e quindi, arrestandone la crescita centralizzata hanno avviato il lento, ma inesorabile declino industriale e di fatto la conseguente inevitabile trasformazione degli spazi così come oggi la si può osservare connaturata.
Industria e Case Popolari sono state le cause della trasformazione di quest'area.
Dalle paludi ad area industriale, dalle architetture del ferro fino all'area residenziale e popolare.
- L'industria ha rappresentato il motore di sviluppo principale della città nelle fasi alternate alla prima, e soprattutto, seconda industrializzazione dell'Ottocento e fino alla fine degli anni Novanta del Novecento. Questo lunghissimo periodo è stato sufficiente a consolidare quel legame profondissimo tra industrializzazione ed urbanizzazione grazie al quale la crescita della città e della stessa industria si sono alimentate a vicenda. La spinta verso nuovi cicli di sviluppo è partita all'indomani dello spezzarsi di questo mutuo accordo tra le parti e la crescita si è potuta solo registrare laddove economie locali sono state capaci di innovarsi fin dalla propria base economica, sostituendo agli opifici gli uffici ed alla produzione di beni materiali, la produzione di servizi terziari offerti sia ai pubblici che ai privati. E le architetture industriali, queste grandi cattedrali d'acciaio qundi, con le loro alte torri e ciminiere, che hanno caratterizzato il fuoco visivo di lontananza per molti e molti decenni consecutivi, privi ormai di vita dopo l'epopea delle dismissioni, attendono di esser smantellate e sgomberare altrove. Perciò duqnue, l'area, ha raggiunto il suo assetto attuale solo in seguito alla stratificazione di tre diversi momenti storici ognuno dei quali, parzialmente, tende ad annullare la configurazione che l'ha preceduta. Da area paludosa ad aggregazione di casali con chiese e mulini, fu poi localizzata per l'installazione della prima rete ferroviaria del sud Italia ed infine intercettata dall'azione del Risanamento napoletano del 1940-1960 per insediarvici case popolari nei vuoti lasciati dalle industrie manifatturiere. Sono zona orientale dunque i casali di: Secondigliano, San Pietro a Patierno, il Ponte della Maddalena, i quartieri di Sant’Erasmo, San Giovanni a Teduccio, Barra, Ponticelli e Poggioreale. In un intervento di studio da parte della dottoranda Marina Iorio, l'area oggi inquadrata da un suo lavoro di ricerca, appare occupata da architettura industriale obsoleta che ella non esita a definire preesistenze in dismissione, cioè, specifica, materiali dell'esistente da trasformare quali ”occasioni per riscrivere brani della città in parte incompiuta, con un netto recupero della memoria dei luoghi storici in una prospettiva assolutamente contemporanea”. Una possibile visione di insieme, prosegue la ricercatrice, sarebbe in grado di restituire un ruolo ai grandi complessi industriali dimessi potendo in piena libertà rielaborare un sistema di rete composto di sole relazioni col territorio circostante, condizione per la quale, sarebbe possibile vedersi realizzata la forma urbis della città. E cioè, anzitutto la riproposta del Parco regionale del Sebeto, un'idea di zona orientale che prevede nuovi confini entro i quali farci stare anche il Parco delle raffinerie. Ed una suggestiva idea di ridisegnare lo sviluppo dell'area a partire dall'edificazione di insediamenti per la produzione di beni e servizi attorno al fosso naturale delle acque, cioè la fitta rete dei canali antichi di raccolta d'acqua pluviale che non hanno mai smesso di esistere nella connotazione orografica del contesto. Questa nuova sintesi progettuale potrebbe rivedere anche il rapporto zona orientale di Napoli con il complesso cimiteriale della collina di Lutrecco, potrebbe recepire la prosecuzione dell'asse Centro Direzionale e l'arretramento se non addirittura l'interramento della rete ferroviaria esistente in rilevato, ed infine ridisegnare il limite con il quartiere orientale di Gianturco all'altezza soprattutto della nuova ramificazione della rete metropolitana di Napoli. Per quanto riguarda le relazioni della zona orientale di Napoli con la piana agricola d'oriente, nel tessuto agricolo delle serre, Pagano definisce intercorrenti le linee di strutturazione del paesaggio agreste, precisando, allorquando dovesse realizzarsi la nuova era della zona orientale, una relazione di discontinuità-continuità tra la piana e la fascia esterna.
Costituzione del sottosuolo e proprietà del terreno nella zona orientale.
Il sottosuolo della zona di riferimento alle paludi napoletane è molto esteso, e sotto di esso due formazioni geologiche raccontano un unico processo di evoluzione del terrapieno.
- Materiali torbosi in superficie, di formazione alluvionale, poggiano su materiali di formazione piroclastica, tipo tufo e pozzolane, anche se di genesi diversa. Conclude sul versante orientato ad ovest laddove è presente massa tufacea abbondante su di un banco di materiali a stratificazione assortita, humificata e di tipo fluvio-palustre. La schematizzazione del sottosuolo di questo comparto urbano si è ottenuta con soddisfazione a partire da ampie ed approfondite indagini peziometriche e penetrometriche e dati di analisi di laboratorio condotte su campioni di carico indisturbati, raccolti e studiati dal 1940 finalizzati alla costituzione nel 1970 della Cittadella Postale nell’ambito del progetto Centro Direzionale di Napoli. I risultati delle analisi chiariscono meglio lo strato superficiale di materiali torbosi, qualificati di spessore modesto, assai costante ed assente nell’area meridionale delle paludi. Seguono al di sotto dei materiali anzidetti, le pozzolane incoerenti, in parte sciolte ed in parte debolmente cementate e tufo, che, dagli esami penetrometrici statici risulta spesso tra i 15 ed i 25 metri. La sostanza invece, nella quale affondano le costruzioni di tutto il CDN e con esso anche la Cittadella Postale, oggetto di studio del sottosuolo napoletano circoscritto alle sole paludi, è una banco tufaceo a varia granulometria, stratificato sottilmente e debolmente ed è composto prevalentemente di pomici e lapilli oltre che di ceneri e sabbie stratificate. Materiale questo, ovviamente di natura vulcanica, giunto sul posto però è possibile non dalle eruzioni del Vesuvio quanto dalle frequenti alluvioni della zona est di Napoli, la quale come è ben noto è schermata pienamente dalla gran mole del sistema Somma Vesuvio. I livelli della stratificazione nel suo genere sono separati tra loro da vari decimetri di spessore, e solo rarissimamente si raggiungono i 2 metri. I dati emersi dai profili penetrometrici statici utilizzati per la misurazione dello spessore generale del banco su cui poggiano i materiali torbosi, hanno chiarito un livello sottostante di pomici e lapilli a granulometria di ghiaia, con una possibile tesi addotta che gli stessi tendano a colmare depressioni sottostanti alle pozzolane e che, gli appartenenti al progetto di scavo hanno definito semplicemente: terreno C’. Quindi ne risulta che il tufo, come materiale più significativo ai fini delle opere di fondazione, rintracciato ad oltre 60 metri al di sotto del piano di campagna, è presente con andamenti irregolari al di sotto dei corpi di fabbrica B, C, e D della Cittadella Postale eccezione fatta solo per l’angolo nord-orientale del corpo B, e praticamente del tutto assente al di sotto della costruzione A.
Spazio note
(1) Elementi primari ed originari della zona orientale di Napoli. B/ Invenzione di un paesaggio Lidia Savarese in: Un’alternativa urbana per Napoli. L’area orientale Analisi del Territorio e architettura collana diretta da Giancarlo Alisio Edizioni scientifiche italiane giugno 1983 Portici BNN SEZ NAP VII B 502. Di orientale più proprio della città di Napoli è anche fuori Porta Capuana, l’area di via Foria nel punto esatto in cui, questa, senza attraversarla, trama di solcare il nucleo interno al "tracciato intramoenia" di San Giovanni a Carbonara. E' da considerarsi zona orientale, quindi, l'area parallela alle falde delle colline dei Miracoli, inglobando in essa la zona dove si trova il monoblocco edilizio ai Ponti Rossi e le case popolari della Cooperativa Scodes. Orientale è anche il rione Sant'Eframo-Ottocalli, il Rione Diaz, Poggioreale, il Vasto, Sant’Erasmo e la vecchia zona attorno all'edificio dei Granili. Alla zona orientale è annesso anche l'edificio Manifatture Cotonerie Meridionali tra i tornanti in pendio di Via Nuova del Campo. Sono da considerarsi elementi primari ed originari dell’area orientale4 gli accessi alla città romana e medievale, la strada che dall’antico borgo Sant’Antonio Abate, tagliando in due la Villa e la collina cimiteriale di Poggioreale, attraversano le terre, sulle quali, sorgeranno i futuri rione Vittorio Emanuele III, il rione Luzzatti, ed il rione Cesare Battisti a via Stadera.
(1bis)Comune di Napoli. Relazione Geologica delle zone occidentali ed orientali della città. Gennaio 1999. NeII'ambito dell'elaborazione della variante al Piano Regolatore del Comune di Napoli gli scriventi dott. Geologi Antonio Baldi e Paola Miraglino sono stati incaricati di redigere relazione geologica sul territorio del Comune di Napoli. Allo scopo sono stati utilizzati gli elaborati redatti per la L.R. n° 9/83 nonchè una serie di dati ricavati sia dalla letteratura specializzata che dalle esperienze professionali acquisite in anni di attività professionale svolta sul territorio napoletano per conto dell'Ente Comune di Napoli.
(1ter) Al punto 5.3 di: Università Degli Studi di Napoli “Federico II” Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali dottorato di ricerca in Scienze della Terra XVIII ciclo tesi di dottorato “L’evoluzione olocenica della fascia costiera tra Neapolis e Stabiae (campania) sulla base di dati geologici ed archeologici. Giolinda Irollo 2005 Tutor Dott. ssa Paola Romano Dottoranda Co-Tutor Prof. Aldo Cinque Giolinda Irollo Coordinatore Prof. Giuliano Ciampo Anno Accademico 2004-2005 laddove si riporta copiato e incollato: La Piana del fiume Sebeto occupa una depressione strutturale denominata Depressione di Volla, che da Lufrano (Volla) si estendende da NE a SW, per circa 8Km (Bellucci, 1994), fino a raggiungere il mare, in corrispondenza degli abitati di Napoli e S. Giovanni a Teduccio.
(2) G. Russo, Napoli come città, Napoli 1966 pagg. 216 sgg
(2bis) Linee territoriali remote relative alla direttrice di penetrazione costiera, antecedenti l’azione sanatoria delle leggi speciali del Risorgimento economico della città del 1904, poi effettivamente attuate solo dall'Alto Commissariato condotta in prima gestione da Michele Castelli e dal successore Baratono e dai piani esecutivi autorizzati per il PRG del 1925, relativo alla sola azione del riordino dell'assetto urbano moderno, a partire dal Centro Direzionale.
(3) Misurare il contesto a partire da un centro. Moltiplicazione delle soglie tra interno ed esterno.. TUTOR: PROF. PASQUALE MIANO – dottoranda MARINA DI IORIO NAPOLI, NOVEMBRE 2010 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI ‘FEDERICO II’ – FACOLTÀ DI ARCHITETTURA- DOTTORATO DI RICERCA IN PROGETTAZIONE URBANA XXIII CICLO- COORDINATORE PROF. PASQUALE MIANOL. DE LA VILLE SUR-YLLON, La strada di San Giovanni a Carbonara in Napoli Nobilissima vol XV 1906
(3bis) G. Byrne, Posizioni, in S. Crotti (a cura di) Per un’architettura urbana, Politecnico di Milano, Bergamo 2008, p.29.
(4) Le strade, realizzate in funzione di collegamento tensivo tra il centro antico urbanizzato e circoscritto dalle mura con la periferia a fortissima vocazione industriale, limitata solo dal sistema Somma Vesuvio, che ne ha spinto l’insediamento a sud sul ciglio semicircolare della costa sul Golfo, orientata in questo settore.