Alberto Faliva | Centre d'Etudes Supérieures de la Renaissance, Tours (original) (raw)

Papers by Alberto Faliva

Research paper thumbnail of La sprezzatura e la ressemblance attraverso leforme dell’intenzione artistica, il capitale sociale el’individualismo

Research paper thumbnail of Renaissance Franco-Italienne. Serlio, Du Cerceau et les Dattaro.

Catalogue de l’exposition au Musée national de la Renaissance chateau d’Ecouen. With Alain Erland... more Catalogue de l’exposition au Musée national de la Renaissance chateau d’Ecouen. With Alain Erlande Brandenburg- Robert J. Knecht - Aurora Scotti Tosini - Richard Ingersoll - Tommaso Tagliabue - Cristina G. Martin Cruz

Research paper thumbnail of I bastioni, il portico e la fattoria.

Catalogue exhibition PARIS Institut Italien de Culture / Westminster University London.

Research paper thumbnail of Giuseppe Dattaro, un praeceptor Cremonae e ingegnere nel Mantovano.

Bollettino Soprintendenza Bergamo e Brescia, 2012

Giuseppe Dattaro, un praeceptor Cremonae e ingegnere nel Mantovano. Dell'importanza pratica della... more Giuseppe Dattaro, un praeceptor Cremonae e ingegnere nel Mantovano. Dell'importanza pratica della scienza ci si accorse per la prima volta in rapporto alla guerra; Galileo e Leonardo ottennero impieghi di governo per le lo-ro ricerche dirette a migliorare l'artiglieria e l'arte delle forticazioni … Nel Rinascimento italiano, la scienza ebbe una parte assai limitata … sotto certi aspetti gli Italiani del Rinascimento non avevano, ad eccezione di Leonardo e pochi altri, il rispetto per la scienza che ha caratterizzato i più importanti innovatori dal XVII secolo in poi; a questa decien-za va collegata la loro parziale emancipazione dalla superstizione, specie dalla astrologia 2. Così Bertrand Russell, nella sua celebre Storia della filosofia Occidentale, introduce il Rinascimento. La Palazzina di Marmirolo, costruita intorno al-ad opera del Cremonese Giuseppe Dattaro, sembra centrare appieno questa lettura di Russell: i suoi elementi forticati, dipendenti dalla scienza militaresca, si limitano a quattro tor-ricini dalla pianta tonda, posti ai quattro angoli dell'edicato. A che cosa servono, oppure come si giustica-no progettualmente, queste torrette in una villa di campagna, ovvero una residenza di caccia voluta dal duca Vincenzo I Gonzaga? Rispondere a questa domanda signica avva-lorare la lettura di Bertrand Russell: non si tratta di torricini che servono per resistere ad attacchi di eserciti stranieri. Questo fatto è evidente, ba-sta considerare le dimensioni degli stessi e, quin-di, l'ironia che caratterizza l'intero edicio: po-sti a anco di un frontone triangolare memore dell'opera mantovana di Giulio Romano, quasi privi di proporzione rispetto ad esso, i torricini denunciano la loro posizione secondaria rispetto al tema della residenza di campagna. Ogni edicio suburbano è il risultato di sug-gestioni letterarie: i temi della bellezza della vita rurale, in contrasto con la vita della città, l'impor-tanza dell'otium e del lavoro agricolo sono rappre-sentati in questi edici. Molti autori dibatteranno su questi temi. Ultimo, ma non meno importan-te, è il riferimento all'Antico, ai temi illustrati da Cicerone, Seneca, Varrone, Plinio e Columella, che hanno descritto questi approcci alla vita di campagna. Le ville romane alla periferia dell'Im-pero avevano la stessa funzione economica delle ville suburbane del XV e XVI secolo in Italia set-tentrionale: quella di aziende agricole. In territorio mantovano, Cesare Gonzaga de-cise di costruire due residenze di campagna pres-so Susano e Cerese, alle quali il poeta cremonese Giulio Elio Crotti dedicò due componimenti po-etici, del Susanum e del Cyresium, come Poliziano aveva a suo tempo fatto con l'Ambra per la villa medicea di Poggio a Caiano. Il duca di Mantova Vincenzo I ha una coscienza di sé e del suo esse-re guerriero, al di là dei suoi possibili ni, buoni o cattivi. Gli elementi forticati spesso assumo-no una funzione apparentemente ludica-non militare, apparentemente buona-come nel ca-so di Mesola a Ferrara, della seconda metà del Cinquecento: l'isola di Alcina dell'Orlando Furioso è davvero il castello di Mesola , ma lo è solo per ingannare i Veneziani, per far credere che Mesola serva solo come residenza di svago e non sia, come invece è realmente, l'avamposto per una nuova

Research paper thumbnail of La chiesa dei Disciplini di Verolanuova: un'interpre- tazione corriva del linguaggio classico, nel primo cinquecento

Bollettino ingegneri , 2012

Il presente brano vuole proporre un'inedita riflessione circa la possibile origine del rifaciment... more Il presente brano vuole proporre un'inedita riflessione circa la possibile origine del rifacimento Cin-quecentesco della navata della chiesa dei Disciplini di Verolanuova, attuato per mezzo di stilemi all'an-tica. A tale fine si propone di indagare relativamente alla possibile interpretazione, probabilmente corriva, di uno dei motivi maggiormente utilizzati nel corso della Storia dell'architettura Occidentale. ABSTRACT La Chiesa dei Disciplini di Verolanuova si trova nel territorio della Provincia di Brescia e venne proba-bilmente costruita sin dal lontano XV secolo, poi trasformata in Collegiata nei primi decenni del Cinque-cento. Si compone di un corpo di fabbrica costruito in mattoni ed è provvista di tre campanili. Alcuni autori la ritengono cappella gentilizia dei conti Gambara che abitavano nel vicino Castel Merlino, i quali avevano finanziato nel 1534 un intervento di riparazione del'edificio costato 400 ducati d'oro. Nel 1625, anno della consacrazione della nuova chiesa (ora Basilica di San Lorenzo Martire), il vecchio edificio venne assegnato ai Disciplini di Santa Croce che lo utilizzarono come convento fino al 1797, quando venne soppresso dal governo provvisorio bresciano. The Church of Verolanuova, known as Disciplini Church, is located in the Province of Brescia and was probably built since the 14th Century, then transformed into a Collegiate Church in the early decades of the 16th Century. It consists of a main building built with bricks and provided with three bell-towers. Some authors believe that this Church was the chapel of the Conti Gambara who lived in the nearby Castle Merlin, and who had financed the repair of the building during 1534, with the cost of 400 'ducati d'oro'. In 1625, the year of the consecration of the new church (now the Basilica of St. Lawrence the Martyr), the old building was assigned to the Disciplini di Santa Croce, who used it as a convent until 1797, when it was abolished by the provisional government of Brescia. L'avvenuta promozione a Collegiata (documenta-ta archivisticamente dal 1534), da parte della chie-sa dei Disciplini di Verolanuova, segna un'impor-tante momento storico, una tappa, tra le varie che si succedono nel primo Cinquecento, sulla quale indubbiamente vale la pena di fermarsi a riflette-re: stiamo parlando della possibile modificazione, in lingua classicheggiante, dell'intera navata della chiesa Quattrocentesca. Come si legge nella rela-zione di Treccani, 'in una supplica, il cardinale Um-berto Gambara (investito del Beneficio prepositura-le di Verolanuova sin dal 1502 e Vescovo di Tortona) chiese a Papa Paolo III Farnese, e ottenne, che la prepositura di Verola Alghise diventasse Collegiata Insigne 1'. 1 G.Treccani, Ipotesi evolutiva, Par-rocchia di Verolanuova, contratto di ricerca per l'Università di Brescia, Dipartimento di Ingegneria Civile, Architettura, Territorio e ambiente, 2010 2 M.Tafuri, Ricerca del Rinascimen-to, Torino, 1992 Ciò che nel presente scritto si vuole dimostrare, riguarda il fatto che tale atteggiamento riflette la volontà espressiva di un linguaggio assolutamen-te lontano dalle interpretazioni dei c.d. 'testi sacri' dell'architettura Rinascimentale, in altri termini una sorta di interpretazione corriva di uno dei motivi maggiormente considerati dalla Storia dell'architet-tura Occidentale. Eppure, a ben vedere, nessuna delle pubblicazioni e ricerche inerenti tale edificio, lo ha sino ad oggi preso in considerazione. Lo sco-po del presente saggio è appunto quello di porsi delle domande nel merito esclusivo dell'utilizzo de-gli ordini architettonici presenti in questo esempio di architettura religiosa, considerando principal-mente la fase inerente il secolo XVI, e lateralmen

Research paper thumbnail of Giuseppe Dattaro et le petit palais de Marmirolo, Francesco Dattaro et le château de Madrid : étude des relations Franco-italiennes autour de 1530-1550

CESR Tours , 2004

These de Doctorat. CESR Tours

Research paper thumbnail of I Bastioni, il Portico e la Fattoria Ville del Rinascimento Padano

Electa , 2010

Con lo scopo di valorizzare un soggetto inedito, finora poco considerato dalla storiografia, cioè... more Con lo scopo di valorizzare un soggetto inedito, finora poco considerato dalla storiografia, cioè la Villa pseudo-fortificata nell'ambito dell'Italia settentrionale del XVI secolo, il progetto prende in considerazione un gruppo di ville del Cinquecento, situato nella valle del fiume Po (tra Cremona, Mantova e Ferrara) che si possono distinguere tra gli edifici del Cinquecento per tre importanti caratteristiche. Il primo tratto distintivo è sicuramente una pianta e un'elevazione particolari, progettate seguendo alcuni trattati inediti d'architettura. Inoltre, queste costruzioni si basano su un'esperienza eccentrica concepita per mezzo di riflessioni raffinate e continue su modelli creati per una élite di cittadini (feudatari e duchi), non per tutta la popolazione. In conseguenza del loro derivare da idee semplicemente abbozzate, molto lontane da una rappresentazione ortogonale e scientifica, nel corso delle progettazioni alcuni elementi degli edifici civili e, talvolta, alcuni elementi delle fortezze militari sono diventati tra loro interscambiabili, facendo assumere agli edifici un aspetto pseudo fortificato. Il volume è il Catalogo della mostra di Cremona (Palazzo Roncadelli-Manna, 8 ottobre - 23 dicembre 2010).

Research paper thumbnail of Francesco e Giuseppe Dattaro. La palazzina del bosco e altre opere.

Linograf, 2003

I Dattaro iniziano la loro attività nell'ambito del cantiere della Cattedrale di Cremona, affianc... more I Dattaro iniziano la loro attività nell'ambito del cantiere della Cattedrale di Cremona, affiancati da pittori, dai membri della famiglia di ebanisti Sacca, e dall'ingegner Antonio Melone.

Tra i membri esordienti di questa famiglia di architetti si annovera un Giovanni Dattaro che appare dapprima come semplice Massarolo (cioè muratore) della Cattedrale di Cremona e, solo successivamente, viene eletto all'importante carica di Massaro (intorno al 1525), assieme a Paolo Sacca detto “Bramante”. Le loro frequentazioni del poeta e architetto cremonese Benedetto Ala, così come quelle del letterato cremonese Marco Gerolamo Vida, e quelle dei loro committenti comprendenti i membri della famiglia Sfondrati, come il loro progettista associato Lorenzo (o come il celebre Francesco Sfondrati in rapporto con Marcantonio Flaminio), probabilmente li portano a conoscere da vicino disegni inediti del Sesto Libro di Sebastiano Serlio, oltre a planimetrie che Jacques Androuet du Cerceau disegna in Francia verso la metà del secolo, parallelamente agli anni della presenza del Bolognese Serlio. Le loro opere principali sono le chiese di Santa Margherita, di San Pietro al Po e di Sant'Abbondio a Cremona, il palazzo di Ludovico Barbò, di Giovanni Vidoni e di Giovan Carlo Affaitati a Cremona, il palazzo Affaitati di Grumello cremonese, il palazzo di Ludovico Schizzi a Casteldidone, il Casino del Giacinto di Sabbioneta, la villa di Schiarino e la palazzina del Bosco della Fontana a Marmirolo

Contrariamente a quanto affermato sino ad oggi dalla storiografia, nell'ambito dei cantieri cremonesi, secondo documenti d'archivio, i Dattaro subordinano alle loro decisioni quelle dei pittori come Giulio Campi, e si associano spesso con muratori (ad essi subordinati) come Antonio Della Torre, Nicola della Noce, Franceschino Laurenzi. La loro profonda conoscenza di opere inedite di Sebastiano Serlio, così come la loro ironia serlianesca nell'utilizzo degli ordini architettonici, e le molteplici citazioni di elementi dell'architettura francese del primo Rinascimento (il castello parigino di Madrid, del Bois de Boulogne è un esempio eccellente per il caso di Marmirolo), e di opere J.A.Du Cerceau, permettono di pensare ad un ipotetico soggiorno francese degli stessi architetti cremonesi. Del resto, i compagni d'esordio in Cattedrale dei Dattaro, cioè i Melone e i Sacca, sono documentati archivisticamente, in terra di Francia, proprio verso la metà del secolo; essi possono avere costituito un altro tramite verso l'esperienza francese di Serlio. A conferma, il terzo livello del parigino castello di Madrid, residenza di caccia di Francesco I di Francia (costruita dal 1527), presenta una precisa citazione del secondo livello del cremonese chiostro di Sant'Abbondio, costruito dai primissimi anni del Cinquecento; forse i cremonesi hanno esportato le idee nostrane ed eccentriche, di questa interpretazione del bramantesco Belvedere, a Parigi?

Suo figlio era Giuseppe Dattaro.

Research paper thumbnail of Jacopo Sansovino e altri dodici casi. Un altro Medioevo (questa volta rinascimentale).

Bollettino ingegneri , 2007

In questo brano vogliamo considerare alcuni differenti casi della storia dell'architettura (o più... more In questo brano vogliamo considerare alcuni differenti casi della storia dell'architettura (o più in generale della storia dell'arte), posti sotto la luce d'una sola, ben determinata, considerazione di fondo: quale ruolo può avere, al contrario dell'iso-lamento di un evento, di un frammento artistico, l'allargamento del contesto, nelle considerazioni di carattere storico relative ad un determinato ele-mento? In altri termini: è la stessa identica cosa, cercare di spiegare (di giustificare) un comporta-mento storico, considerandolo isolatamente, ri-spetto alla comprensione più generale del conte-sto all'interno del quale esso viene a trovarsi? La storiografia che può permettersi il lusso di isolare i propri oggetti di analisi, è quella che subisce meno difficoltà per la ricostruzione di un evento passato: è la storiografia dedicata ai personaggi storici già ben conosciuti, le congetture relative ai quali non abbisognano (solo apparentemente) di nuovi e molteplici paralleli. È allora giusto, soltanto per migliorare la retori-ca, parlare per frasi fatte, isolando gli eventi in en-tità semplici e comprensibili, oppure si deve ri-schiare di tediare il lettore con molteplici riferi-menti artistici (sempre possibili), avvicinandosi però maggiormente alla realtà storica? Anche quella realtà dedicata ai "minori" personaggi della storia, spesso mai indagati? Queste mancate in-dagini (se così le possiamo definire) sembrano ciò che il Medioevo sembrava a Jacques Le Goff 1 , quando anni addietro introduceva il suo Al-tro Medioevo: i personaggi minori (anche quelli vi-venti nei centri minori), i collaboratori dei grandi artisti Rinascimentali, comunque responsabili de-gli esiti artistici delle grandi opere, alla pari dei magistri delle cattedrali gotiche, non sono lumino-si punti isolati. Come sottolinea magistralmente David Ekserdjian 2 , parlando di un saggio di Kafka sui suoi precursori, Borges scrisse che "nel voca-bolario dei critici la parola "precursore" è indi-spensabile, ma essa dovrebbe venire sgombrata N. 11-2007 11 da ogni connotazione polemica o di rivalità. Il fatto è che ogni scrittore crea i suoi precursori. La sua opera modifica la nostra concezione del passato, come modificherà il futuro. Lo stesso vale per gli artisti." È quindi giustificata l'incessante costruzione di ipotesi critiche sugli avvenimenti dell'architettura, nella splendida lettura che Vittorio Gregotti 3 pro-pone dell'approccio di Manfredo Tafuri? Il primo caso che consideriamo è quello delle lastre del-l'altare Badoer-Giustinian di Jacopo Sansovino nella chiesa veneziana di San Francesco della Vi-gna. Il secondo è relativo alla base attica impie-gata (forse) da Sebastiano Serlio presso il castel-lo francese di Ancy-le-Franc, mentre il terzo ri-guarda gli sfondi lacunari di una chiesetta di pro-vincia e quelli di un castello reale parigino. Il quar-to esempio riguarda le affinità tra un opera man-tovana della fine del Cinquecento (la villa di Schiarino) ed alcuni esempi, soltanto disegnati, di architetture franciosizzanti. Il quinto caso riguarda l'altare del SS.Sacramento nel Duomo di Cremo-na, e la sua attribuzione al pittore Giulio Campi, nel merito di considerazioni inerenti l'indagine ar-chivistica; il sesto esempio concerne un celebre articolo di Manfredo Tafuri e Bruno Adorni, circa il chiostro cremonese di Sant'Abbondio, interpreta-zione eccentrica del Belvedere bramantesco. Il settimo caso rilegge un articolo pubblicato da Pierre Du Colombier circa i possibili autori delle opere di decorazione della cappella posta nel ca-stello francese di Ecouen. L'ottavo esempio consi-dera una lettura effettuata da Bruno Adorni, nel-l'ambito della sua importante monografia dedica-ta ad Alessio Tramello. Il nono caso riguarda una presunta certezza che Giacinta Jean ci propone, circa le dimensioni del più bel palazzo cremonese del Cinquecento. Il decimo ed ultimo esempio concerne una lettura, forse distorta, che la storio-grafia francese ha proposta della fortezza di Ou-treau, a Boulogne-sur-mer. Un'ultima avvertenza, Jacopo Sansovino e altri dodici casi. Un altro Medioevo (questa volta Rinascimentale) Alberto FALIVA Attraverso la lettura d'una serie di casi esemplari, questo articolo si propone di rivalutare l'importanza dell'estensione delle analisi agli artisti ed ai centri minori, ovvero dell'allargamento del contesto durante le ricerche relative alla storia dell'arte e dell'architettura riguardanti i "grandi" del nostro passato. Partendo da Jacopo Sansovino, passando per Sebastiano Serlio, Alessio Tramello e, parallelamente, dalle opere degli artisti cremonesi (come i pittori Campi e gli architetti Dattaro), esso sottolinea l'importanza di quan-to sia doveroso indagare il nostro passato, tenendo presenti tutte (ma proprio tutte) le incessanti costru-zioni di ipotesi critiche sugli avvenimenti dell'arte e dell'architettura, anche quelle inerenti degli aspetti ap-parentemente distanti dai contesti analizzati dalla storiografia ufficiale.

Research paper thumbnail of Un approfondimento: la struttura della chiesa tardo Quattrocentesca di Verolanuova nell’ambito degli stilemi artistici medievali del territorio lombardo.

Bollettino ingegneri , 2012

un approfondimento: la struttura della chiesa tardo Quattrocentesca di Verolanuova nell'ambito de... more un approfondimento: la struttura della chiesa tardo Quattrocentesca di Verolanuova nell'ambito degli stilemi artistici medievali del territorio lombardo. Alberto FALIVA Questo brano intende presentare la possibile origine, tardo Quattrocentesca, della struttura portante della chiesa dei Disciplini di Verolanuova, attraverso un'analisi degli stilemi artistici medievali del terri-torio lombardo. This text intends to present the possible origin, around the late 15th Century, of the structure of the Disciplini Church in Verolanuova, through an analysis of medieval artistic styles of the Lombardy region. George Latour Heinsen RIASSuNTO La Chiesa dei Disciplini di Verolanuova si trova nel territorio della Provincia di Brescia e venne probabil-mente costruita sin dal lontano XV secolo, poi trasformata in Collegiata nei primi decenni del Cinque-cento. Si compone di un corpo di fabbrica costruito in mattoni ed è provvista di tre campanili. Alcuni autori la ritengono cappella gentilizia dei conti Gambara che abitavano nel vicino Castel Merlino, i quali avevano finanziato nel 1534 un intervento di riparazione del'edificio costato 400 ducati d'oro. Nel 1625, anno della consacrazione della nuova chiesa (ora Basilica di San Lorenzo Martire), il vecchio edificio venne assegnato ai Disciplini di Santa Croce che lo utilizzarono come convento fino al 1797, quando venne soppresso dal governo provvisorio bresciano. ABSTRACT The Church of Verolanuova, known as Disciplini Church, is located in the Province of Brescia and was probably built since the 14th Century, then transformed into a Collegiate Church in the early decades of the 16th Century. It consists of a main building built with bricks and provided with three bell-towers. Some authors believe that this Church was the chapel of the Conti Gambara who lived in the nearby Castle Merlin, and who had financed the repair of the building during 1534, with the cost of 400 'ducati d'oro'. In 1625, the year of the consecration of the new church (now the Basilica of St. Lawrence the Martyr), the old building was assigned to the Disciplini di Santa Croce, who used it as a convent until 1797, when it was abolished by the provisional government of Brescia. Il periodo che attiene alla probabile origine del-la struttura di questo edificio di Verolanuova, si colloca verso la fine del XV secolo. Dopo le vicende di alterna fortuna della prima metà del Quattrocento, segnate dalla Signoria di Pandol-fo Malatesta (1401-1421) e dalla cessione della città a Venezia, avvenuta nel 1426 e fieramen-te contrastata dai Visconti, la città di Brescia (e il suo territorio) conoscono, con la pace di Lodi (1454) e fino all'invasione francese (1512), un pe-riodo di relativo benessere e di relativo sviluppo economico ed artistico. Anche l'edificazione di pievi e chiese nello stesso territorio trova in que-sti anni un felice momento di ripresa, soprattutto 1. G.Panazza, L'arte medievale nel territorio Bresciano, Bergamo, 1942. con il modello di chiesa ad aula unica, di pian-ta rettangolare, con una semplice copertura a capanna e un interno con soffitto a capriate a vista, scandito da due-o più-archi trasversali a sesto acuto, come sostenuto ampiamente da G.Panazza e P. Castellini 1 in diverse sedi. Se una prima considerazione può essere effet-tuata, riguardo la forma quattrocentesca origi-naria della chiesa dei Disciplini a Verolanuova, essa concerne l'antitesi palesemente evidente, tra l'ideatore della struttura architettonica della stessa, e l'autore della decorazione pittorica di tali strutture. Sebbene interconnesse tra di loro, strut-ture e decorazioni, queste ultime sono indubbie

Research paper thumbnail of Il palazzo di Carlo V a Granada e la Casa de Campo di Madrid.

Bollettino ingegneri , 2008

Oltre ad averne ispirato il nome, l'edificio ma-drileno conosciuto sotto il nome di Casa de Cam-p... more Oltre ad averne ispirato il nome, l'edificio ma-drileno conosciuto sotto il nome di Casa de Cam-po, è stato spesso considerato dalla storiografia come all'origine planimetrica della residenza di caccia del re francese del 1527, cioè il château de Madrid del parigino Bois de Boulogne. Nel corso dei nostri quindicennali studi abbia-mo dimostrato come tale edificio non sia sempli-cemente descrivibile quale fonte d'ispirazione isolata, ma debba essere probabilmente affian-cato ad altre evenienze artistiche proprie della zona mantovana-cremonese, in quanto esse stesse ispiratrici di parti distinte dello stesso châ-teau de Madrid (per tramite del celebre artista cremonese, letterato, Marco Gerolamo Vida). Com'è ovvia conseguenza, parte di tali espe-rienze padane, con maggiore riferimento a quelle di fine secolo, sono state a loro volta formalmen-te ispirate dalla sperimentazione parigina del Bois de Boulogne e da quella madrilena della Casa de Campo, come è stato spesso ribadito nel corso degli studi intrapresi da chi scrive, ed anche-con qualche riserva-recentemente da Sabine Frommel (che cita le nostre esatte parole riepilogative di mero riferimento "formale" espresse nell'introduzione del volume pubblicato da chi scrive) 1. Tratteremo quindi nel presente articolo, di una guerra della storia artistica dell'Europa, che i componenti di una brigata di artisti cremonesi, nel cantiere del duomo cremonese, combattono con gli stessi strumenti, la stessa formazione professionale. Una guerra parallela a quella non più vera di questa, tra gli eserciti delle due "su-perpotenze" di Carlo V e di Francesco I, e quelli un po' meno altisonanti del cremonese Sebastia-no Picenardi e Francesco II Sforza. Senza dub-N. 7-2008 3 bio infinitamente più degna per gli uomini, la guerra presunta tra l'architetto e letterato Bene-detto Ala e l'architetto militare Antonio Melone (altri due cremonesi del Siglo de Oro), non è che la rappresentazione delle loro distinte attività professionali, se così le possiamo chiamare: uno poeta 2 , immerso nelle favole e nel loro mondo fantastico. L'altro architetto militare, portaban-diera, costruttore di castelli e fortezze in Francia, sempre pronto a servire con buone e pratiche in-venzioni la committenza (e per rendersene con-to basterebbe leggere del metodo impiegato dal-lo stesso Antonio, nel corso dell'assedio della città francese di Boulogne sur mer). 3 Questi due personaggi sono diversissimi tra loro: Ala è di maniere fini, grazioso, patrizio e nobile, mentre Melone-come dice il conte Biffi-ha umili nata-li, è capace di piegare con la sola forza delle braccia un ferro di cavallo. Difficilmente li pos-siamo pensare assieme, in cantiere, mentre co-municano tra di loro. Ma la bella Cremona li ha cullati entrambi, nel ventennio durante il quale uno dei protagonisti dei nostri studi, cioè il Magi-stro Giovanni Dattaro, compare come apprendi-sta. La loro base artistica, lo ribadiamo, è comu-ne, e sembra osservare attentissima quella di architetti come Cristoforo Solari (ad esempio at-tivo nel cremonese chiostro di San Pietro al Po), rievocandola in molte opere indigene. Per inizia-re una giusta disamina della Casa de Campo, oggetto del presente brano, dobbiamo allora ri-partire dalla cerchia più intima della brigata cre-monese. La planimetria della Casa de Campo (fig.1) sembra rifarsi alla villa di Boffalora, costruita pro-babilmente su disegno dello stesso Solari (il "Gobbo") presso Busseto (Parma), sin dal 1518. 4 Il palazzo di Carlo V a Granada e la Casa de Campo di Madrid Alberto FALIVA Oltre ad averne ispirato il nome, l'edificio madrileno conosciuto sotto il nome di Casa de Campo, è sta-to spesso considerato dalla storiografia come all'origine della residenza di caccia del re francese del 1527, cioè il château de Madrid del parigino Bois de Boulogne. Nel corso dei quindicennali studi di Alber-to Faliva , si è dimostrato come tale edificio non sia semplicemente descrivibile quale fonte d'ispirazione isolata, ma debba essere probabilmente affiancato ad altre evenienze artistiche proprie della zona man-tovana-cremonese, in quanto esse stesse ispiratrici di parti distinte dello stesso château de Madrid (per tramite del celebre artista cremonese, letterato, Marco Gerolamo Vida).

Research paper thumbnail of Entimemi, sillogismi, morfologia dinamica.

Bollettino ingegneri , 2006

Partiamo da una bellissima riflessione svolta da Carlo Ginzburg nel suo libro dedicato a Piero de... more Partiamo da una bellissima riflessione svolta da Carlo Ginzburg nel suo libro dedicato a Piero della Francesca: riferendosi ai lavori di Storia dell'Arte del celebre critico Roberto Longhi, Ginzburg pre-senta la lettura del metodo di analisi dello stesso Longhi, riferendosi alla Morfologia dinamica 1. All'in-terno di tale morfologia, gli Individui artistici che po-polano l'insieme della Storia dell'Arte, vengono de-finiti (metaforicamente) quali elementi di una galas-sia; proprio per questo motivo "all'interno di questa galassia, astri minori deviano dalle loro orbite per-ché attratti da astri maggiori". Sappiamo, oggi più che mai, che queste serie di sviluppo storico man-tengono rapporti inessenziali da un punto di vista cronologico. Fatta eccezione per i casi nei quali il ruolo dell'evidenza esterna (cioè non morfologica) viene rilevato da Ginzburg 2 (ad esempio) nello scritto di Longhi, del 1943, relativo a Stefano fioren-tino. In esso, elementi quali le misure, la bulinatura, i nimbi razzati e l'iconografia, giocano assieme in un concerto di convergenze. Il discorso diviene alquanto interessante, se proponiamo un'ulteriore premessa: in un altro ce-lebre volume, lo stesso Ginzburg parla dei rap-porti tra Storia, retorica e prova. Il sillogismo con minor numero di premesse, cioè l'entimema di Aristotele, è la prova; ma soltanto gli entimemi basati su segni necessari (tekm¯ eria) consentono di arrivare a conclusioni inconfutabili (Aristotele 3). L'auspicio cui giunge Ginzburg, al termine del-l'appendice al suo volume dedicato a Piero della Francesca, riguarda la necessità di una "storia sociale dell'arte", nell'ambito di serie calendariali dedotte da convergenze analoghe in altrettante serie documentarie: queste Storie non riguardano più (ovviamente) la "critica figurativa pura" del giovane Longhi. Che la Storia, la retorica e la prova, siano inti-mamente intrecciate, è appunto stato brillante-mente dimostrato da Ginzburg, nei volumi qui so-pra citati. Tuttavia, vorremmo ora ritornare a Mi-chel Foucault, pensando al ruolo dello scettici-smo postmoderno indirizzato verso la Storia: ri-cordiamoci l'analisi della conoscenza nei termini del potere proposta dallo studioso francese, op-pure l'affermazione secondo la quale "la versione del passato destinata a prevalere è quella retori-camente più efficace". Foucault cita Nietzsche 4 affermando: "pour se désigner soi-même on disait Agathos, et Deilos pour désigner les autres". E N. 3-2006 11 come diceva Michel de Certeau, sappiamo che la Storia non rappresenta i fatti realmente avvenuti, ma il racconto (che una persona singola propone) dei fatti realmente accaduti. Questi "limiti" della Storia, o del lavoro dello sto-rico, segnano inequivocabilmente anche la natura della prova inconfutabile, cioè del documento sto-rico (ad esempio dell'atto d'archivio). È evidente che è l'analisi del contesto a permetterci di com-prendere questi trabocchetti: la falsità della dona-zione di Costantino, dimostrata da Lorenzo Valla, si basa su considerazioni di linguaggio, di retori-ca. La falsità di documenti redatti appositamente per giustificare certi poteri, può riguardare moltis-simi documenti archivistici che noi, proprio in quanto scritti, tenderemmo a considerare per il lo-ro mero significato di linguaggio. E qui viene il punto. Risulta evidente che baste-rebbe cambiare il nome a questi limiti, chiamandoli semplicemente "premesse", per dimostrare qualco-sa di assolutamente interessante. Le prove inconfu-tabili, alla pari dei sillogismi, siano essi con maggio-re o minor numero di premesse (cioè, siano essi maggiormente vicini alla realtà dei fatti oppure in maniera minore), non sono altro che parte integran-te di una sola definizione di sillogismi, di entimemi. Alla pari delle prove confutabili, quelle derivanti da atti d'archivio (ad esempio) sono passibili di pre-sentare dei "limiti", delle necessarie premesse sulla loro origine, funzione, necessità legata (magari) ad un certo tipo/i di potere/i. Il Potere, si sa, parla molti linguaggi, tra loro differenti. Orbene, a questo punto possiamo tornare all'inizio, alla galassia di Longhi citata da Ginzburg. Se all'interno di questa galas-sia, "astri minori deviano dalle loro orbite perché at-tratti da astri maggiori", significa che esistono certe ipotesi (sillogismi) con un certo, basso, numero di premesse, e dei sillogismi dotati di un grande nu-mero di premesse (diciamo maggiormente ipotetici, faticosi, costruiti). Si badi, però: proprio per i limiti sopraindicati, non è detto che i sillogismi con meno premesse, cioè i più semplici (i più emozionanti, per dirla come Cicerone), siano i più fedeli alla realtà (anzi, spesso è il contrario); soltanto in certi casi (i tekm¯ eria di Aristotele, appunto) essi sono senz'al-tro i più tecnicamente vicini alla realtà. Gli astri maggiori sono quindi, secondo chi scri-ve, i sillogismi (in serie) con meno premesse, quelli che più di ogni altro tendono a rappresenta-re il più possibile la verità. Per la Morfologia dina-Entimemi, Sillogismi, Morfologia dinamica Tipologia e morfologia nella statuaria greca e romana Alberto FALIVA Partendo da alcuni considerazioni di Carlo Ginzburg, questo testo intende sottolineare la differenza esi-stente tra i modelli tipologici della statuaria e della pittura antiche e Rinascimentali, quindi il ruolo delle semplici affinità formali, delle libere evocazioni morfologiche nell'ambito delle stesse statuaria e pittura.

Research paper thumbnail of Ville pseudo fortificate nell’Italia settentrionale del XVI secolo.

Bollettino ingegneri, 2009

Questo articolo si configura come un primo ap-proccio ad un soggetto poco studiato dalla storio-g... more Questo articolo si configura come un primo ap-proccio ad un soggetto poco studiato dalla storio-grafia. Si tratta di considerare, nel XVI secolo, le ville pseudo-fortificate poste nell'ambito dell'Italia settentrionale, cioè tutti quegli edifici che, per la presenza di caratteri militareschi rinvenibili in dif-ferenti ambiti del loro aspetto costruttivo, possa-no essere riconducibili ad architetture fortificate. In pianura Padana, l'assenza di rilievi naturali da sfruttare allo scopo di presidi difensivi, e la grande frammentazione politica del suo territorio (comprendente diversissimi Ducati tra loro confi-nanti), ha probabilmente influito sulla scelta di co-struire secondo le tipologie indicate. La presenza di fossati alimentati con acque provenienti dai nu-merosi corsi d'acqua limitrofi agli affluenti del fiu-me Po (spesso vere e proprie linee di confine ter-ritoriale tra i Ducati), e la presenza di alture artifi-ciali costituite per innalzare questi edifici, si giusti-fica quindi dalla loro posizione geografica in pia-nura Padana, a nord e a sud dello stesso fiume (fig.1). Divideremo in due principali insiemi i nostri casi esaminati. Per primi, studieremo i palazzi pseudo -fortificati dotati di merletti, fenditure, torrette e N. 4-2009 3 padiglioni bastionati. Poi considereremo i casi do-tati di dispositivi militari posizionati attorno alla villa: recinzioni, fossati, ponti levatoi, e prenderemo in considerazione le evoluzioni verso forme sim-boliche della piattaforma senza recinzioni. Si an-noverano tra queste tipologie quegli esempi di edifici extraurbani come i casini che, secondo Sa-bine Frommel 1 , sono il risultato di una morfologia ibrida tra luogo di piacere e (spesso) spazio de-stinato all'attività della caccia 2. I PALAZZI PSEUDO-FORTIFICATI Inizieremo dalla villa Colleoni a Thiene 3. Si trat-ta semplicemente di una villa extra urbana tipica del Quattrocento veneto (fig.2), dotata di una log-gia centrale affiancata da due alte torri abitabili, che per ognuna delle facciate, su ogni lato e tra le stesse torri, risulta munita di merli dalle forme a coda di rondine, propriamente medievaleggianti, oggi tamponati. Ville pseudo-fortificate nell'Italia settentrionale del XVI secolo Alberto FALIVA Questo articolo si configura come un primo approccio ad un soggetto poco studiato dalla storiografia. Si tratta di considerare, nel XVI secolo, le ville pseudo-fortificate poste nell'ambito dell'Italia settentriona-le, cioè tutti quegli edifici che, per la presenza di caratteri militareschi rinvenibili in differenti ambiti del lo-ro aspetto costruttivo, possano essere riconducibili ad architetture fortificate. I casi di edifici circondati da fossati, posti al di sopra di piattaforme, segnali militari tradizionali come torri, garitte, o moderni come pa-diglioni evocanti bastioni, seguono un preciso sviluppo nelle decadi del Cinquecento. Ad esempio, le classiche torri medievali dotate di merletti, nel corso del tempo si evolvono in forme diverse e diventano (talvolta allargandosi) sia avancorpi abitabili, sia (in altri casi) innalzandosi verso il cielo e restringendosi in forme planimetriche circolari, semplici punti di avvistamento accostati agli angoli degli edifici. Parallela-mente, le mura che circondavano gli edifici a fine Quattrocento si vedono sostituite (alla fine del secolo successivo) da segnali difensivi meno imponenti come fossati e piattaforme aperte, segno evidente di una diminuzione della percezione dei pericoli in aperta campagna. Parole chiave: ville pseudo-fortificate, pianura padana, Rinascimento. George LATOUR HEINSEN 1 S. Frommel, L'Italie de la Renaissance , du casino di caccia à la résidence de chasse, in M.Chatenet (a cura di), Chasses Princières dans l'Europe de la renaissance, Ar-les, 2007, p. 302. 2 Si badi: di molti dei casi indicati di seguito non conosciamo esatta-mente gli anni di costruzione o le generalità dei proprietari d'origine; sicuramente possiamo conoscere questi elementi in maniera indicati-va ed (a volte) ipotetica, per un pri-mo approccio al problema, e questo ci sembra già un buon punto di par-tenza per la nostra analisi compara-tiva. 3 J. S. Ackerman, Palladio, Tori-no, 1972, p.22. Figura 1-Italia settentrionale dopo la pace di Cateau-Cambresis, 1559. I punti rossi si riferiscono alle posizioni delle ville citate nel testo. Disegno Alberto Faliva. Figura 2-Villa Colleoni a Tiene, facciata principale. Fine del seco-lo XV.

Research paper thumbnail of Sebastiano Serlio e l’Ordine composito dei romani antichi.

Bollettino ingegneri , 2006

Quando affermiamo un concetto, ai nostri gior-ni, ci preoccupiamo molto di considerare il conte-s... more Quando affermiamo un concetto, ai nostri gior-ni, ci preoccupiamo molto di considerare il conte-sto nel quale lo stesso enunciato verrà a trovarsi, perché sappiamo che non tutte le persone cui tale significato si indirizzerà, condivideranno il no-stro ambiente culturale. Qualsiasi parola, concet-to, frase, deve sottostare a questa regola. I fran-cesi la chiamano la mise en ordre. A maggior ra-gione, quando ci inoltriamo nei meandri delle for-me e dei significati del nostro passato, dobbiamo possedere l'umiltà di interpretare le parole anti-che, non con il nostro metro contemporaneo, ma con quello delle esperienze coeve a quelle che stiamo analizzando. La difficoltà principale, nono-stante tutte le nostre buone intenzioni, sta proprio nel trovare degli esempi utili a proporre dei raf-fronti interpretativi, degni di questo nome. Vogliamo proporre un esempio utile per com-prendere quanto enunciato qui sopra. Nel Cin-quecento il discorso è come un'architettura. Il poema è costruito, come un edificio che bisogna innalzare e formare. L'arte di costruire dei tempi moderni è in effetti strutturata come un linguag-gio. Decidiamo di affrontare il caso dell'ironia, del libero comporre gli ordini architettonici, proposto da parte di Sebastiano Serlio. È stato giustamen-te sottolineato il ruolo del Bolognese nella com-posizione libera degli ordini d'architettura, riferen-dosi allo specifico caso dell'ordine composito, quale risultato (appunto) di una composizione di diversi elementi, di differenti ordini (preferibilmen-te, dice Serlio, ionico e corinzio) tra loro correlati. Seguendo tale interpretazione che, lo ripetiamo, parte da concetti logici assolutamente attuali, sembra che Serlio ci voglia dire che possiamo banalmente comporre degli ordini, inventarne di nuovi, a partire da elementi presi a caso dal re-pertorio figurativo dell'antico. Ma siamo proprio sicuri che un contemporaneo di Serlio, leggerebbe la seguente frase dello stes-so, come un incitamento alla banale composizio-ne moderna di diversi elementi? "Romani antichi, forse non potendo andar so-pra alla invention de' Greci trovatori della colonna Dorica, ad imitatione dell'huomo, et della ionica all'esempio delle matrone, et della Corinthia, pre-nendo forma dalle Vergini, fecero del Ionico e del Corinthio una composizione…" Nel capitolo dov'è citata questa frase il Bolognese loda l'utilizzo del-N. 12-2006 15 l'ordine composito negli archi trionfali e nel caso particolare del Colosseo, dicendo che a volte non bastano le regole di Vitruvio ma si può, col pro-prio giudizio, risolvere gli accidenti dell'architettu-ra anche con le variazioni degli ordini, le mesco-lanze. Seguendo il mirabile lavoro di Yves Pauwels, sembra davvero che leggendo questa frase (for-se maniera superficiale) i moderni possano sem-plicemente comporre nuovi stili, partendo da stili già codificati ed esistenti: "Les Romains l'on fait, et les modèrnes ne peuvent guère que suivre leur exemple" 1. In effetti, la sequenza logica del ragio-namento di Serlio qui sopra citato, va in questa direzione. La sequenza logica, certo, ma soltanto essa: se infatti lo stesso autore ci dice che il poe-ma Rinascimentale è costruito come un edificio, per essere sicuri del significato della frase del Bo-lognese, non dovremmo analizzarla a fianco dei Sebastiano Serlio e l'Ordine composito dei Romani antichi. Alberto FALIVA L'articolo introduce una nuova lettura dell'ordine composito proposto da Sebastiano Serlio, mettendo in discussione il ruolo dello stesso Bolognese come praeceptor Galliae, diversamente letto dalla storiografia quale iniziatore di una presunta possibilità inventiva di nuovi ordini architettonici in terra di Francia. George LATOUR HEINSEN Parole chiave: ordine composito, Romani antichi, Sebastiano Serlio, praeceptor Galliae.

Research paper thumbnail of Evangelismo nell’arte della Cremona del Cinquecento.

Bollettino ingegneri , 2005

Inizieremo dimostrando la sintesi serlianesca dell'architettura cremonese, quindi dalla facciata ... more Inizieremo dimostrando la sintesi serlianesca dell'architettura cremonese, quindi dalla facciata della chiesa di San Pietro al Po. Opera dell'archi-tetto Francesco Dattaro, essa è concepita sin dal-la metà degli anni Quaranta, ma realizzata, sol-tanto, a partire dagli anni Settanta del XVI secolo 1. Si tratta di un'elevazione debitrice del di-segno che Sebastiano Serio appronta per il c.d. Tempio Sacro del suo Quarto Libro, oltre chedelle volute disegnate dallo stesso Bolognese, per il Tempio Bislungo del Quinto Libro (fig.1), mesco-late ai capitelli quattrocenteschi della serliana po-sta al secondo livello. Appare molto interessante il fatto che molte al-tre facciate coeve a questa chiesa (ma concepite dai Dattaro intorno agli anni Quaranta del Cin-quecento), risultino debitrici delle invenzioni che Serlio propone nella metà del secolo, quando si trova in Francia sotto la protezione di Margherita di Navarra, la sorella di Francesco I re di Francia. Ci riferiamo naturalmente alla facciata della chiesa di Sant'Abbondio, che rievoca quella di uno dei Templi bislunghi del Quinto Libro di Seba-stiano Serlio (fig.2), al cremonese palazzo Barbò, che rievoca il "padiglione diverso dagli altri" del VI libro di Serlio (fig.3), oltre al palazzo Affaitati di Grumello cremonese, che si riferisce al "progetto XV per la campagna" dello stesso VI libro di Se-bastiano (fig.4). Ma soprattutto, ci riferiamo alle elevazioni della corte interna del cremonese palazzo Affaitati, che rimandano senza ombra di dubbio all'altro Tem-pio Bislungo di Serlio (figg.5 e 6), sempre redatto per il suo Quinto Libro. Si tratta di una serie di coincidenze alquanto singolari. Anche perché, va aggiunto a quanto esposto che persino le plani-metrie degli edifici disegnati dagli architetti Datta-ro, paiono rimandare a delle invenzioni che il ce-lebre trattatista francese Jacques Androuet Du Cerceau propone intorno alla metà del secolo, in Francia. Facciamo sicuramente riferimento alla planimetria della palazzina di Bosco Fontana in Evangelismo nell'arte della Cremona del Cinquecento Sintesi ed immaginazione spaziale in architettura, pittura e scultura, dall'antico all'arte Moderna. Alberto FALIVA Questo testo si occupa di vagliare il ruolo di una presunta corrente spirituale legata all'ambiente artisti-co cremonese del Cinquecento, orientata verso le manifestazioni religiose che fanno da sfondo all'Evan-gelismo. George LATOUR HEINSEN Le architetture rinascimentali cremonesi di Francesco e Giuseppe Dattaro, permettono di ipotizzare una conoscenza di manoscritti inediti di Sebastiano Serlio, e di opere dell'architetto francese Jacques An-drouet Du Cerceau, nell'ambito dell'ambiente architettonico e culturale della Cremona del Cinquecento. Le affinità indicate hanno permesso di ipotizzare la presenza di un circolo artistico cremonese, spiritual-mente orientato verso manifestazioni di fede paolina, legate alla cerchia spiritualmente inquieta, caratte-rizzante la sorella del re di Francia, Margherita di Navarra. Inoltre, esse hanno permesso un esame del-l'ambiente pittorico cremonese, oltre alla costruzione di paralleli tra il mondo Fig. 1. La facciata di San Pietro al Po di Cremona, ed il Tempio Sa-cro del Quarto Libro di Serlio. Fig. 2. La facciata di Sant'Abbon-dio di Cremona, ed il Tempio Bi-slungo del Quinto Libro di Serlio. Fig. 3. La facciata del palazzo cre-monese di Ludovico Barbò, con-frontata con la facciata del "padi-glione diverso dagli altri" del Se-sto Libro di Serlio. Fig. 4. La facciata del "progetto XV per la campagna" del Sesto Libro di Serlio, confrontata con la facciata della piccola corte nel palazzo campagnolo di Giovan Battista Affaitati, a Grumello cre-monese. Boll.Ing. n.8-9 25-11-2005 10:22 Pagina 8

Research paper thumbnail of L’ordine delle maestranze e l’ordine delle materie. Il caso di Santa Margherita.

Bollettino ingegneri , 2010

Nel corso dei secoli la figura dell'architetto ha subito una serie di modificazioni importanti. S... more Nel corso dei secoli la figura dell'architetto ha subito una serie di modificazioni importanti. Se guardiamo all'origine etimologica della parola, cioè quella greca, quella che prevede la funzione dello stesso come 'organizzatore di maestranze', capiamo quanto le cose siano oggigiorno cam-biate. Possiamo anche dire che a livello geografi-co, nel mondo, esistono diverse sfumature (più o meno accentuate) circa il nuovo ruolo che tale fi-gura deve poter svolgere. Sembra evidente che all'estrema specializzazione delle diverse filiere dei prodotti costruttivi del mondo americano (e in genere anglosassone) non corrisponde un'altret-tanta specializzazione del mondo delle costruzio-ni nell'area mediterranea (Italia compresa). C'è come la tendenza, in quest'ultima zona del mon-do, ad interpretare l'attività dell'architetto come direttamente ereditata dalle botteghe dei maestri degli albori della Modernità, ossia del Rinasci-mento. L'architetto è in grado di risolvere, assie-me, tutti i problemi legati alle diverse discipline inerenti la sua opera: è un bravo serramentista (o meglio: deve saperne anche di serramenti), è un ottimo strutturista (deve saperne di strutture), de-ve anche saperne di storia e filosofia, ecc.. ecc… Pare corretto sottolineare come vi possano esse-re i pro ed i contro nell'ambito di entrambe le ten-denze, e non è questa la sede per risolvere l'e-norme problema o proporre dei giudizi di merito. Dovrebbe però essere ricordato che la stessa dif-ferenziazione si può rinvenire nello specifico della pubblicistica legato alla stessa disciplina dell'ar-chitettura: ad un mondo anglosassone vestito di forme aerodinamiche e variopinte (fig.1), sembra corrispondere un mondo di costruzioni più sem-plici, maggiormente legate a discorsi di forme tra-dizionali, nell'Europa mediterranea (quando le cose vanno per il verso giusto; vi sono infatti gli emuli pseudo-scientifici delle costruzioni aerodi-namiche anche nel mondo Mediterraneo, con le conseguenze tecnologiche e i fantocci del caso). La stessa diversa qualità concerne la produzio-ne scritta legata alla riflessione sui temi architet-tonici, siano essi storici o contemporanei: uno storico dell'architettura francese disporrà gli ele-menti della propria ricerca come in una proiezio-ne ortogonale del suo conterraneo Monge, par-lando, sempre per ordine, di piante, di sezioni e prospetti 1. Se pensiamo alle ricostruzioni legate all'attribuzione pippesca del palazzo di Carlo V a Granada 2 , proposte mirabilmente da Manfredo Tafuri nel suo ultimo volume, facciamo davvero fatica ad affermare di trovarci nell'ambito dello stesso ordine espositivo...di Monge. Il paragrafo non viene infatti diviso per mezzo di un'analisi di piante, sezioni e prospetti. L'ordine delle maestranze e l'ordine delle materie. Il caso di Santa Margherita Alberto FALIVA La definizione di architetto, nel corso dei secoli ha subito una serie di importanti modificazioni. Dalla na-scita di questa figura, dai tempi di Filippo Brunelleschi, siamo giunti ad una situazione contemporanea per la quale l'attenzione dell'uomo-architetto non pare essere più indirizzata verso le conoscenze tecni-che dei propri collaboratori-esecutori, bensì verso le stesse conoscenze tecniche dell'organizzatore re-sponsabile. La chiesa cremonese di Santa Margherita è l'esempio di una composizione artistica, pretta-mente Rinascimentale, che riesce ad aprire un dibattito su tali temi: indagarne le valenze significa miglio-rare la nostra comprensione dell'architettura. George LATOUR HEINSEN Parole chiave: chiesa di Santa Margherita di Cremona, etimologia di Architetto, Forma, Materia, Ordi-ne, Internazionalismo critico, International Style, Ordine dorico e ordine tuscanico.

Research paper thumbnail of La palazzina del bosco di Mantova e il chateau de Madrid di Parigi

Bollettino Ingegneri , 2004

Sebbene non sia facile condensare in poche pagine un discorso introduttivo all'opera varia e cosp... more Sebbene non sia facile condensare in poche pagine un discorso introduttivo all'opera varia e cospicua dell'architetto cremonese Giuseppe Dat-taro, né risulti semplice ripensare al ruolo avuto dallo stesso architetto nell'ambito della progetta-zione della Palazzina del Bosco della Fontana, ho colto con grande piacere l'invito, elargitomi dall'a-mico George Latour Heinsen, di riproporre un piccolo brano relativo alla mia ricerca di dottorato. N. 10-2004 3 La palazzina di Marmirolo, posta nel Bosco del-la Fontana, quale residenza di caccia costruita sul finire del Cinquecento per il duca Vincenzo I Gonzaga, sembra infatti significativa dell'intera maniera dattariana, al punto da permetterci di renderla parte centrale di un discorso biografico relativo alla famiglia di architetti Dattaro. L'edificio, attribuito a Giuseppe Dattaro da parte della storiografia locale, risulta di notevole inte-resse da un punto di vista della storia dell'archi-tettura. Essendo di dimensioni poco appariscenti e firmato da un architetto, considerato come mi-nore, forse per questo motivo non ha mai suscita-to grandi interessi da parte della storiografia. Ep-pure, basterebbe un'occhiata veloce della sua di-stribuzione interna, per rendersi conto dell'impor-tanza dello stesso: solo a quel punto si capirebbe, probabilmente, la stessa destinazione funzionale dell'opera presa in esame. Nel disegnare tale architettura, il cremonese Giuseppe Dattaro si è infatti ispirato alla residen-za di caccia di Francesco I re di Francia, costruita dal 1527 nel Bois de Boulogne situato a nord-ovest di Parigi. Possiamo affermare tale congettu-ra solo grazie all'osservazione delle tavole pubbli-cate nel 1576, ad opera del trattatista francese Jacques Androuet Du Cerceau, che si è preoccu-pato di effettuare un rilievo del castello parigino, in quanto quest'ultimo è oggi completamente di-strutto. I rapporti di scala tra i due edifici permet-tono di arguire che la Palazzina sia, da un punto di vista dimensionale, l'esatta metà del castello francese, dandoci modo di pensare ad un mero riferimento formale da parte dell'autore della stessa. È dunque possibile avanzare l'ipotesi che Giuseppe abbia avuto una conoscenza diretta del Francesco e Giuseppe Dattaro: la palazzina del Bosco a Mantova ed il château de Madrid a Parigi Alberto FALIVA La Palazzina di Marmirolo presso Mantova, residenza di caccia del duca Vincenzo I Gonzaga, è stata costruita verso la fine del Cinquecento dall'architetto cremonese Giuseppe Dattaro. Dimenticata dagli sto-rici dell'arte, essa è il primo esempio di edificio rinascimentale italiano che rimanda ad esempi di architet-ture francesi, come il parigino château de Madrid, la residenza di caccia del sovrano francese costruita dal 1527, e riprodotta dal celebre trattatista Jacques Androuet Du Cerceau. A partire da tale insolita somi-glianza, si sono rinvenute notevoli affinità artistiche nell'ambito di due differenti direzioni: quella che da Pa-rigi porta a Cremona, e quella che da Cremona (viceversa) porta verso Parigi. Da un lato, quindi, sono state sottolineate le somiglianze tra le altre opere dattariane poste nel territorio Cremonese, e le sperimenta-zioni inedite del Sesto (ed Ottavo) Libri del bolognese Sebastiano Serlio "degli anni francesi". Dall'altro, si sono osservate le interessanti affinità tra le opere cremonesi del primo Cinquecento, ed il château de Ma-drid posto a Parigi: ad esempio, tra l'interpretazione eccentrica del Belvedere bramantesco, proposta nel cremonese chiostro degli Umiliati, ed il terzo livello del castello parigino. Sino ad arrivare all'incontro di queste due direzioni, nell'ambito del quale si può ipotizzare una responsabilità cremonese, circa l'ideazio-ne del castello che segna l'arrivo delle forme Rinascimentali in Francia: tesi che verrà discussa come Dot-torato il prossimo novembre, al Centre d'Etudes Supérieures de la Renaissance di Tours. Parole chiave: Rinascimento, Palazzina di Marmirolo, château de Madrid,

Research paper thumbnail of La sprezzatura e la ressemblance attraverso leforme dell’intenzione artistica, il capitale sociale el’individualismo

Research paper thumbnail of Renaissance Franco-Italienne. Serlio, Du Cerceau et les Dattaro.

Catalogue de l’exposition au Musée national de la Renaissance chateau d’Ecouen. With Alain Erland... more Catalogue de l’exposition au Musée national de la Renaissance chateau d’Ecouen. With Alain Erlande Brandenburg- Robert J. Knecht - Aurora Scotti Tosini - Richard Ingersoll - Tommaso Tagliabue - Cristina G. Martin Cruz

Research paper thumbnail of I bastioni, il portico e la fattoria.

Catalogue exhibition PARIS Institut Italien de Culture / Westminster University London.

Research paper thumbnail of Giuseppe Dattaro, un praeceptor Cremonae e ingegnere nel Mantovano.

Bollettino Soprintendenza Bergamo e Brescia, 2012

Giuseppe Dattaro, un praeceptor Cremonae e ingegnere nel Mantovano. Dell'importanza pratica della... more Giuseppe Dattaro, un praeceptor Cremonae e ingegnere nel Mantovano. Dell'importanza pratica della scienza ci si accorse per la prima volta in rapporto alla guerra; Galileo e Leonardo ottennero impieghi di governo per le lo-ro ricerche dirette a migliorare l'artiglieria e l'arte delle forticazioni … Nel Rinascimento italiano, la scienza ebbe una parte assai limitata … sotto certi aspetti gli Italiani del Rinascimento non avevano, ad eccezione di Leonardo e pochi altri, il rispetto per la scienza che ha caratterizzato i più importanti innovatori dal XVII secolo in poi; a questa decien-za va collegata la loro parziale emancipazione dalla superstizione, specie dalla astrologia 2. Così Bertrand Russell, nella sua celebre Storia della filosofia Occidentale, introduce il Rinascimento. La Palazzina di Marmirolo, costruita intorno al-ad opera del Cremonese Giuseppe Dattaro, sembra centrare appieno questa lettura di Russell: i suoi elementi forticati, dipendenti dalla scienza militaresca, si limitano a quattro tor-ricini dalla pianta tonda, posti ai quattro angoli dell'edicato. A che cosa servono, oppure come si giustica-no progettualmente, queste torrette in una villa di campagna, ovvero una residenza di caccia voluta dal duca Vincenzo I Gonzaga? Rispondere a questa domanda signica avva-lorare la lettura di Bertrand Russell: non si tratta di torricini che servono per resistere ad attacchi di eserciti stranieri. Questo fatto è evidente, ba-sta considerare le dimensioni degli stessi e, quin-di, l'ironia che caratterizza l'intero edicio: po-sti a anco di un frontone triangolare memore dell'opera mantovana di Giulio Romano, quasi privi di proporzione rispetto ad esso, i torricini denunciano la loro posizione secondaria rispetto al tema della residenza di campagna. Ogni edicio suburbano è il risultato di sug-gestioni letterarie: i temi della bellezza della vita rurale, in contrasto con la vita della città, l'impor-tanza dell'otium e del lavoro agricolo sono rappre-sentati in questi edici. Molti autori dibatteranno su questi temi. Ultimo, ma non meno importan-te, è il riferimento all'Antico, ai temi illustrati da Cicerone, Seneca, Varrone, Plinio e Columella, che hanno descritto questi approcci alla vita di campagna. Le ville romane alla periferia dell'Im-pero avevano la stessa funzione economica delle ville suburbane del XV e XVI secolo in Italia set-tentrionale: quella di aziende agricole. In territorio mantovano, Cesare Gonzaga de-cise di costruire due residenze di campagna pres-so Susano e Cerese, alle quali il poeta cremonese Giulio Elio Crotti dedicò due componimenti po-etici, del Susanum e del Cyresium, come Poliziano aveva a suo tempo fatto con l'Ambra per la villa medicea di Poggio a Caiano. Il duca di Mantova Vincenzo I ha una coscienza di sé e del suo esse-re guerriero, al di là dei suoi possibili ni, buoni o cattivi. Gli elementi forticati spesso assumo-no una funzione apparentemente ludica-non militare, apparentemente buona-come nel ca-so di Mesola a Ferrara, della seconda metà del Cinquecento: l'isola di Alcina dell'Orlando Furioso è davvero il castello di Mesola , ma lo è solo per ingannare i Veneziani, per far credere che Mesola serva solo come residenza di svago e non sia, come invece è realmente, l'avamposto per una nuova

Research paper thumbnail of La chiesa dei Disciplini di Verolanuova: un'interpre- tazione corriva del linguaggio classico, nel primo cinquecento

Bollettino ingegneri , 2012

Il presente brano vuole proporre un'inedita riflessione circa la possibile origine del rifaciment... more Il presente brano vuole proporre un'inedita riflessione circa la possibile origine del rifacimento Cin-quecentesco della navata della chiesa dei Disciplini di Verolanuova, attuato per mezzo di stilemi all'an-tica. A tale fine si propone di indagare relativamente alla possibile interpretazione, probabilmente corriva, di uno dei motivi maggiormente utilizzati nel corso della Storia dell'architettura Occidentale. ABSTRACT La Chiesa dei Disciplini di Verolanuova si trova nel territorio della Provincia di Brescia e venne proba-bilmente costruita sin dal lontano XV secolo, poi trasformata in Collegiata nei primi decenni del Cinque-cento. Si compone di un corpo di fabbrica costruito in mattoni ed è provvista di tre campanili. Alcuni autori la ritengono cappella gentilizia dei conti Gambara che abitavano nel vicino Castel Merlino, i quali avevano finanziato nel 1534 un intervento di riparazione del'edificio costato 400 ducati d'oro. Nel 1625, anno della consacrazione della nuova chiesa (ora Basilica di San Lorenzo Martire), il vecchio edificio venne assegnato ai Disciplini di Santa Croce che lo utilizzarono come convento fino al 1797, quando venne soppresso dal governo provvisorio bresciano. The Church of Verolanuova, known as Disciplini Church, is located in the Province of Brescia and was probably built since the 14th Century, then transformed into a Collegiate Church in the early decades of the 16th Century. It consists of a main building built with bricks and provided with three bell-towers. Some authors believe that this Church was the chapel of the Conti Gambara who lived in the nearby Castle Merlin, and who had financed the repair of the building during 1534, with the cost of 400 'ducati d'oro'. In 1625, the year of the consecration of the new church (now the Basilica of St. Lawrence the Martyr), the old building was assigned to the Disciplini di Santa Croce, who used it as a convent until 1797, when it was abolished by the provisional government of Brescia. L'avvenuta promozione a Collegiata (documenta-ta archivisticamente dal 1534), da parte della chie-sa dei Disciplini di Verolanuova, segna un'impor-tante momento storico, una tappa, tra le varie che si succedono nel primo Cinquecento, sulla quale indubbiamente vale la pena di fermarsi a riflette-re: stiamo parlando della possibile modificazione, in lingua classicheggiante, dell'intera navata della chiesa Quattrocentesca. Come si legge nella rela-zione di Treccani, 'in una supplica, il cardinale Um-berto Gambara (investito del Beneficio prepositura-le di Verolanuova sin dal 1502 e Vescovo di Tortona) chiese a Papa Paolo III Farnese, e ottenne, che la prepositura di Verola Alghise diventasse Collegiata Insigne 1'. 1 G.Treccani, Ipotesi evolutiva, Par-rocchia di Verolanuova, contratto di ricerca per l'Università di Brescia, Dipartimento di Ingegneria Civile, Architettura, Territorio e ambiente, 2010 2 M.Tafuri, Ricerca del Rinascimen-to, Torino, 1992 Ciò che nel presente scritto si vuole dimostrare, riguarda il fatto che tale atteggiamento riflette la volontà espressiva di un linguaggio assolutamen-te lontano dalle interpretazioni dei c.d. 'testi sacri' dell'architettura Rinascimentale, in altri termini una sorta di interpretazione corriva di uno dei motivi maggiormente considerati dalla Storia dell'architet-tura Occidentale. Eppure, a ben vedere, nessuna delle pubblicazioni e ricerche inerenti tale edificio, lo ha sino ad oggi preso in considerazione. Lo sco-po del presente saggio è appunto quello di porsi delle domande nel merito esclusivo dell'utilizzo de-gli ordini architettonici presenti in questo esempio di architettura religiosa, considerando principal-mente la fase inerente il secolo XVI, e lateralmen

Research paper thumbnail of Giuseppe Dattaro et le petit palais de Marmirolo, Francesco Dattaro et le château de Madrid : étude des relations Franco-italiennes autour de 1530-1550

CESR Tours , 2004

These de Doctorat. CESR Tours

Research paper thumbnail of I Bastioni, il Portico e la Fattoria Ville del Rinascimento Padano

Electa , 2010

Con lo scopo di valorizzare un soggetto inedito, finora poco considerato dalla storiografia, cioè... more Con lo scopo di valorizzare un soggetto inedito, finora poco considerato dalla storiografia, cioè la Villa pseudo-fortificata nell'ambito dell'Italia settentrionale del XVI secolo, il progetto prende in considerazione un gruppo di ville del Cinquecento, situato nella valle del fiume Po (tra Cremona, Mantova e Ferrara) che si possono distinguere tra gli edifici del Cinquecento per tre importanti caratteristiche. Il primo tratto distintivo è sicuramente una pianta e un'elevazione particolari, progettate seguendo alcuni trattati inediti d'architettura. Inoltre, queste costruzioni si basano su un'esperienza eccentrica concepita per mezzo di riflessioni raffinate e continue su modelli creati per una élite di cittadini (feudatari e duchi), non per tutta la popolazione. In conseguenza del loro derivare da idee semplicemente abbozzate, molto lontane da una rappresentazione ortogonale e scientifica, nel corso delle progettazioni alcuni elementi degli edifici civili e, talvolta, alcuni elementi delle fortezze militari sono diventati tra loro interscambiabili, facendo assumere agli edifici un aspetto pseudo fortificato. Il volume è il Catalogo della mostra di Cremona (Palazzo Roncadelli-Manna, 8 ottobre - 23 dicembre 2010).

Research paper thumbnail of Francesco e Giuseppe Dattaro. La palazzina del bosco e altre opere.

Linograf, 2003

I Dattaro iniziano la loro attività nell'ambito del cantiere della Cattedrale di Cremona, affianc... more I Dattaro iniziano la loro attività nell'ambito del cantiere della Cattedrale di Cremona, affiancati da pittori, dai membri della famiglia di ebanisti Sacca, e dall'ingegner Antonio Melone.

Tra i membri esordienti di questa famiglia di architetti si annovera un Giovanni Dattaro che appare dapprima come semplice Massarolo (cioè muratore) della Cattedrale di Cremona e, solo successivamente, viene eletto all'importante carica di Massaro (intorno al 1525), assieme a Paolo Sacca detto “Bramante”. Le loro frequentazioni del poeta e architetto cremonese Benedetto Ala, così come quelle del letterato cremonese Marco Gerolamo Vida, e quelle dei loro committenti comprendenti i membri della famiglia Sfondrati, come il loro progettista associato Lorenzo (o come il celebre Francesco Sfondrati in rapporto con Marcantonio Flaminio), probabilmente li portano a conoscere da vicino disegni inediti del Sesto Libro di Sebastiano Serlio, oltre a planimetrie che Jacques Androuet du Cerceau disegna in Francia verso la metà del secolo, parallelamente agli anni della presenza del Bolognese Serlio. Le loro opere principali sono le chiese di Santa Margherita, di San Pietro al Po e di Sant'Abbondio a Cremona, il palazzo di Ludovico Barbò, di Giovanni Vidoni e di Giovan Carlo Affaitati a Cremona, il palazzo Affaitati di Grumello cremonese, il palazzo di Ludovico Schizzi a Casteldidone, il Casino del Giacinto di Sabbioneta, la villa di Schiarino e la palazzina del Bosco della Fontana a Marmirolo

Contrariamente a quanto affermato sino ad oggi dalla storiografia, nell'ambito dei cantieri cremonesi, secondo documenti d'archivio, i Dattaro subordinano alle loro decisioni quelle dei pittori come Giulio Campi, e si associano spesso con muratori (ad essi subordinati) come Antonio Della Torre, Nicola della Noce, Franceschino Laurenzi. La loro profonda conoscenza di opere inedite di Sebastiano Serlio, così come la loro ironia serlianesca nell'utilizzo degli ordini architettonici, e le molteplici citazioni di elementi dell'architettura francese del primo Rinascimento (il castello parigino di Madrid, del Bois de Boulogne è un esempio eccellente per il caso di Marmirolo), e di opere J.A.Du Cerceau, permettono di pensare ad un ipotetico soggiorno francese degli stessi architetti cremonesi. Del resto, i compagni d'esordio in Cattedrale dei Dattaro, cioè i Melone e i Sacca, sono documentati archivisticamente, in terra di Francia, proprio verso la metà del secolo; essi possono avere costituito un altro tramite verso l'esperienza francese di Serlio. A conferma, il terzo livello del parigino castello di Madrid, residenza di caccia di Francesco I di Francia (costruita dal 1527), presenta una precisa citazione del secondo livello del cremonese chiostro di Sant'Abbondio, costruito dai primissimi anni del Cinquecento; forse i cremonesi hanno esportato le idee nostrane ed eccentriche, di questa interpretazione del bramantesco Belvedere, a Parigi?

Suo figlio era Giuseppe Dattaro.

Research paper thumbnail of Jacopo Sansovino e altri dodici casi. Un altro Medioevo (questa volta rinascimentale).

Bollettino ingegneri , 2007

In questo brano vogliamo considerare alcuni differenti casi della storia dell'architettura (o più... more In questo brano vogliamo considerare alcuni differenti casi della storia dell'architettura (o più in generale della storia dell'arte), posti sotto la luce d'una sola, ben determinata, considerazione di fondo: quale ruolo può avere, al contrario dell'iso-lamento di un evento, di un frammento artistico, l'allargamento del contesto, nelle considerazioni di carattere storico relative ad un determinato ele-mento? In altri termini: è la stessa identica cosa, cercare di spiegare (di giustificare) un comporta-mento storico, considerandolo isolatamente, ri-spetto alla comprensione più generale del conte-sto all'interno del quale esso viene a trovarsi? La storiografia che può permettersi il lusso di isolare i propri oggetti di analisi, è quella che subisce meno difficoltà per la ricostruzione di un evento passato: è la storiografia dedicata ai personaggi storici già ben conosciuti, le congetture relative ai quali non abbisognano (solo apparentemente) di nuovi e molteplici paralleli. È allora giusto, soltanto per migliorare la retori-ca, parlare per frasi fatte, isolando gli eventi in en-tità semplici e comprensibili, oppure si deve ri-schiare di tediare il lettore con molteplici riferi-menti artistici (sempre possibili), avvicinandosi però maggiormente alla realtà storica? Anche quella realtà dedicata ai "minori" personaggi della storia, spesso mai indagati? Queste mancate in-dagini (se così le possiamo definire) sembrano ciò che il Medioevo sembrava a Jacques Le Goff 1 , quando anni addietro introduceva il suo Al-tro Medioevo: i personaggi minori (anche quelli vi-venti nei centri minori), i collaboratori dei grandi artisti Rinascimentali, comunque responsabili de-gli esiti artistici delle grandi opere, alla pari dei magistri delle cattedrali gotiche, non sono lumino-si punti isolati. Come sottolinea magistralmente David Ekserdjian 2 , parlando di un saggio di Kafka sui suoi precursori, Borges scrisse che "nel voca-bolario dei critici la parola "precursore" è indi-spensabile, ma essa dovrebbe venire sgombrata N. 11-2007 11 da ogni connotazione polemica o di rivalità. Il fatto è che ogni scrittore crea i suoi precursori. La sua opera modifica la nostra concezione del passato, come modificherà il futuro. Lo stesso vale per gli artisti." È quindi giustificata l'incessante costruzione di ipotesi critiche sugli avvenimenti dell'architettura, nella splendida lettura che Vittorio Gregotti 3 pro-pone dell'approccio di Manfredo Tafuri? Il primo caso che consideriamo è quello delle lastre del-l'altare Badoer-Giustinian di Jacopo Sansovino nella chiesa veneziana di San Francesco della Vi-gna. Il secondo è relativo alla base attica impie-gata (forse) da Sebastiano Serlio presso il castel-lo francese di Ancy-le-Franc, mentre il terzo ri-guarda gli sfondi lacunari di una chiesetta di pro-vincia e quelli di un castello reale parigino. Il quar-to esempio riguarda le affinità tra un opera man-tovana della fine del Cinquecento (la villa di Schiarino) ed alcuni esempi, soltanto disegnati, di architetture franciosizzanti. Il quinto caso riguarda l'altare del SS.Sacramento nel Duomo di Cremo-na, e la sua attribuzione al pittore Giulio Campi, nel merito di considerazioni inerenti l'indagine ar-chivistica; il sesto esempio concerne un celebre articolo di Manfredo Tafuri e Bruno Adorni, circa il chiostro cremonese di Sant'Abbondio, interpreta-zione eccentrica del Belvedere bramantesco. Il settimo caso rilegge un articolo pubblicato da Pierre Du Colombier circa i possibili autori delle opere di decorazione della cappella posta nel ca-stello francese di Ecouen. L'ottavo esempio consi-dera una lettura effettuata da Bruno Adorni, nel-l'ambito della sua importante monografia dedica-ta ad Alessio Tramello. Il nono caso riguarda una presunta certezza che Giacinta Jean ci propone, circa le dimensioni del più bel palazzo cremonese del Cinquecento. Il decimo ed ultimo esempio concerne una lettura, forse distorta, che la storio-grafia francese ha proposta della fortezza di Ou-treau, a Boulogne-sur-mer. Un'ultima avvertenza, Jacopo Sansovino e altri dodici casi. Un altro Medioevo (questa volta Rinascimentale) Alberto FALIVA Attraverso la lettura d'una serie di casi esemplari, questo articolo si propone di rivalutare l'importanza dell'estensione delle analisi agli artisti ed ai centri minori, ovvero dell'allargamento del contesto durante le ricerche relative alla storia dell'arte e dell'architettura riguardanti i "grandi" del nostro passato. Partendo da Jacopo Sansovino, passando per Sebastiano Serlio, Alessio Tramello e, parallelamente, dalle opere degli artisti cremonesi (come i pittori Campi e gli architetti Dattaro), esso sottolinea l'importanza di quan-to sia doveroso indagare il nostro passato, tenendo presenti tutte (ma proprio tutte) le incessanti costru-zioni di ipotesi critiche sugli avvenimenti dell'arte e dell'architettura, anche quelle inerenti degli aspetti ap-parentemente distanti dai contesti analizzati dalla storiografia ufficiale.

Research paper thumbnail of Un approfondimento: la struttura della chiesa tardo Quattrocentesca di Verolanuova nell’ambito degli stilemi artistici medievali del territorio lombardo.

Bollettino ingegneri , 2012

un approfondimento: la struttura della chiesa tardo Quattrocentesca di Verolanuova nell'ambito de... more un approfondimento: la struttura della chiesa tardo Quattrocentesca di Verolanuova nell'ambito degli stilemi artistici medievali del territorio lombardo. Alberto FALIVA Questo brano intende presentare la possibile origine, tardo Quattrocentesca, della struttura portante della chiesa dei Disciplini di Verolanuova, attraverso un'analisi degli stilemi artistici medievali del terri-torio lombardo. This text intends to present the possible origin, around the late 15th Century, of the structure of the Disciplini Church in Verolanuova, through an analysis of medieval artistic styles of the Lombardy region. George Latour Heinsen RIASSuNTO La Chiesa dei Disciplini di Verolanuova si trova nel territorio della Provincia di Brescia e venne probabil-mente costruita sin dal lontano XV secolo, poi trasformata in Collegiata nei primi decenni del Cinque-cento. Si compone di un corpo di fabbrica costruito in mattoni ed è provvista di tre campanili. Alcuni autori la ritengono cappella gentilizia dei conti Gambara che abitavano nel vicino Castel Merlino, i quali avevano finanziato nel 1534 un intervento di riparazione del'edificio costato 400 ducati d'oro. Nel 1625, anno della consacrazione della nuova chiesa (ora Basilica di San Lorenzo Martire), il vecchio edificio venne assegnato ai Disciplini di Santa Croce che lo utilizzarono come convento fino al 1797, quando venne soppresso dal governo provvisorio bresciano. ABSTRACT The Church of Verolanuova, known as Disciplini Church, is located in the Province of Brescia and was probably built since the 14th Century, then transformed into a Collegiate Church in the early decades of the 16th Century. It consists of a main building built with bricks and provided with three bell-towers. Some authors believe that this Church was the chapel of the Conti Gambara who lived in the nearby Castle Merlin, and who had financed the repair of the building during 1534, with the cost of 400 'ducati d'oro'. In 1625, the year of the consecration of the new church (now the Basilica of St. Lawrence the Martyr), the old building was assigned to the Disciplini di Santa Croce, who used it as a convent until 1797, when it was abolished by the provisional government of Brescia. Il periodo che attiene alla probabile origine del-la struttura di questo edificio di Verolanuova, si colloca verso la fine del XV secolo. Dopo le vicende di alterna fortuna della prima metà del Quattrocento, segnate dalla Signoria di Pandol-fo Malatesta (1401-1421) e dalla cessione della città a Venezia, avvenuta nel 1426 e fieramen-te contrastata dai Visconti, la città di Brescia (e il suo territorio) conoscono, con la pace di Lodi (1454) e fino all'invasione francese (1512), un pe-riodo di relativo benessere e di relativo sviluppo economico ed artistico. Anche l'edificazione di pievi e chiese nello stesso territorio trova in que-sti anni un felice momento di ripresa, soprattutto 1. G.Panazza, L'arte medievale nel territorio Bresciano, Bergamo, 1942. con il modello di chiesa ad aula unica, di pian-ta rettangolare, con una semplice copertura a capanna e un interno con soffitto a capriate a vista, scandito da due-o più-archi trasversali a sesto acuto, come sostenuto ampiamente da G.Panazza e P. Castellini 1 in diverse sedi. Se una prima considerazione può essere effet-tuata, riguardo la forma quattrocentesca origi-naria della chiesa dei Disciplini a Verolanuova, essa concerne l'antitesi palesemente evidente, tra l'ideatore della struttura architettonica della stessa, e l'autore della decorazione pittorica di tali strutture. Sebbene interconnesse tra di loro, strut-ture e decorazioni, queste ultime sono indubbie

Research paper thumbnail of Il palazzo di Carlo V a Granada e la Casa de Campo di Madrid.

Bollettino ingegneri , 2008

Oltre ad averne ispirato il nome, l'edificio ma-drileno conosciuto sotto il nome di Casa de Cam-p... more Oltre ad averne ispirato il nome, l'edificio ma-drileno conosciuto sotto il nome di Casa de Cam-po, è stato spesso considerato dalla storiografia come all'origine planimetrica della residenza di caccia del re francese del 1527, cioè il château de Madrid del parigino Bois de Boulogne. Nel corso dei nostri quindicennali studi abbia-mo dimostrato come tale edificio non sia sempli-cemente descrivibile quale fonte d'ispirazione isolata, ma debba essere probabilmente affian-cato ad altre evenienze artistiche proprie della zona mantovana-cremonese, in quanto esse stesse ispiratrici di parti distinte dello stesso châ-teau de Madrid (per tramite del celebre artista cremonese, letterato, Marco Gerolamo Vida). Com'è ovvia conseguenza, parte di tali espe-rienze padane, con maggiore riferimento a quelle di fine secolo, sono state a loro volta formalmen-te ispirate dalla sperimentazione parigina del Bois de Boulogne e da quella madrilena della Casa de Campo, come è stato spesso ribadito nel corso degli studi intrapresi da chi scrive, ed anche-con qualche riserva-recentemente da Sabine Frommel (che cita le nostre esatte parole riepilogative di mero riferimento "formale" espresse nell'introduzione del volume pubblicato da chi scrive) 1. Tratteremo quindi nel presente articolo, di una guerra della storia artistica dell'Europa, che i componenti di una brigata di artisti cremonesi, nel cantiere del duomo cremonese, combattono con gli stessi strumenti, la stessa formazione professionale. Una guerra parallela a quella non più vera di questa, tra gli eserciti delle due "su-perpotenze" di Carlo V e di Francesco I, e quelli un po' meno altisonanti del cremonese Sebastia-no Picenardi e Francesco II Sforza. Senza dub-N. 7-2008 3 bio infinitamente più degna per gli uomini, la guerra presunta tra l'architetto e letterato Bene-detto Ala e l'architetto militare Antonio Melone (altri due cremonesi del Siglo de Oro), non è che la rappresentazione delle loro distinte attività professionali, se così le possiamo chiamare: uno poeta 2 , immerso nelle favole e nel loro mondo fantastico. L'altro architetto militare, portaban-diera, costruttore di castelli e fortezze in Francia, sempre pronto a servire con buone e pratiche in-venzioni la committenza (e per rendersene con-to basterebbe leggere del metodo impiegato dal-lo stesso Antonio, nel corso dell'assedio della città francese di Boulogne sur mer). 3 Questi due personaggi sono diversissimi tra loro: Ala è di maniere fini, grazioso, patrizio e nobile, mentre Melone-come dice il conte Biffi-ha umili nata-li, è capace di piegare con la sola forza delle braccia un ferro di cavallo. Difficilmente li pos-siamo pensare assieme, in cantiere, mentre co-municano tra di loro. Ma la bella Cremona li ha cullati entrambi, nel ventennio durante il quale uno dei protagonisti dei nostri studi, cioè il Magi-stro Giovanni Dattaro, compare come apprendi-sta. La loro base artistica, lo ribadiamo, è comu-ne, e sembra osservare attentissima quella di architetti come Cristoforo Solari (ad esempio at-tivo nel cremonese chiostro di San Pietro al Po), rievocandola in molte opere indigene. Per inizia-re una giusta disamina della Casa de Campo, oggetto del presente brano, dobbiamo allora ri-partire dalla cerchia più intima della brigata cre-monese. La planimetria della Casa de Campo (fig.1) sembra rifarsi alla villa di Boffalora, costruita pro-babilmente su disegno dello stesso Solari (il "Gobbo") presso Busseto (Parma), sin dal 1518. 4 Il palazzo di Carlo V a Granada e la Casa de Campo di Madrid Alberto FALIVA Oltre ad averne ispirato il nome, l'edificio madrileno conosciuto sotto il nome di Casa de Campo, è sta-to spesso considerato dalla storiografia come all'origine della residenza di caccia del re francese del 1527, cioè il château de Madrid del parigino Bois de Boulogne. Nel corso dei quindicennali studi di Alber-to Faliva , si è dimostrato come tale edificio non sia semplicemente descrivibile quale fonte d'ispirazione isolata, ma debba essere probabilmente affiancato ad altre evenienze artistiche proprie della zona man-tovana-cremonese, in quanto esse stesse ispiratrici di parti distinte dello stesso château de Madrid (per tramite del celebre artista cremonese, letterato, Marco Gerolamo Vida).

Research paper thumbnail of Entimemi, sillogismi, morfologia dinamica.

Bollettino ingegneri , 2006

Partiamo da una bellissima riflessione svolta da Carlo Ginzburg nel suo libro dedicato a Piero de... more Partiamo da una bellissima riflessione svolta da Carlo Ginzburg nel suo libro dedicato a Piero della Francesca: riferendosi ai lavori di Storia dell'Arte del celebre critico Roberto Longhi, Ginzburg pre-senta la lettura del metodo di analisi dello stesso Longhi, riferendosi alla Morfologia dinamica 1. All'in-terno di tale morfologia, gli Individui artistici che po-polano l'insieme della Storia dell'Arte, vengono de-finiti (metaforicamente) quali elementi di una galas-sia; proprio per questo motivo "all'interno di questa galassia, astri minori deviano dalle loro orbite per-ché attratti da astri maggiori". Sappiamo, oggi più che mai, che queste serie di sviluppo storico man-tengono rapporti inessenziali da un punto di vista cronologico. Fatta eccezione per i casi nei quali il ruolo dell'evidenza esterna (cioè non morfologica) viene rilevato da Ginzburg 2 (ad esempio) nello scritto di Longhi, del 1943, relativo a Stefano fioren-tino. In esso, elementi quali le misure, la bulinatura, i nimbi razzati e l'iconografia, giocano assieme in un concerto di convergenze. Il discorso diviene alquanto interessante, se proponiamo un'ulteriore premessa: in un altro ce-lebre volume, lo stesso Ginzburg parla dei rap-porti tra Storia, retorica e prova. Il sillogismo con minor numero di premesse, cioè l'entimema di Aristotele, è la prova; ma soltanto gli entimemi basati su segni necessari (tekm¯ eria) consentono di arrivare a conclusioni inconfutabili (Aristotele 3). L'auspicio cui giunge Ginzburg, al termine del-l'appendice al suo volume dedicato a Piero della Francesca, riguarda la necessità di una "storia sociale dell'arte", nell'ambito di serie calendariali dedotte da convergenze analoghe in altrettante serie documentarie: queste Storie non riguardano più (ovviamente) la "critica figurativa pura" del giovane Longhi. Che la Storia, la retorica e la prova, siano inti-mamente intrecciate, è appunto stato brillante-mente dimostrato da Ginzburg, nei volumi qui so-pra citati. Tuttavia, vorremmo ora ritornare a Mi-chel Foucault, pensando al ruolo dello scettici-smo postmoderno indirizzato verso la Storia: ri-cordiamoci l'analisi della conoscenza nei termini del potere proposta dallo studioso francese, op-pure l'affermazione secondo la quale "la versione del passato destinata a prevalere è quella retori-camente più efficace". Foucault cita Nietzsche 4 affermando: "pour se désigner soi-même on disait Agathos, et Deilos pour désigner les autres". E N. 3-2006 11 come diceva Michel de Certeau, sappiamo che la Storia non rappresenta i fatti realmente avvenuti, ma il racconto (che una persona singola propone) dei fatti realmente accaduti. Questi "limiti" della Storia, o del lavoro dello sto-rico, segnano inequivocabilmente anche la natura della prova inconfutabile, cioè del documento sto-rico (ad esempio dell'atto d'archivio). È evidente che è l'analisi del contesto a permetterci di com-prendere questi trabocchetti: la falsità della dona-zione di Costantino, dimostrata da Lorenzo Valla, si basa su considerazioni di linguaggio, di retori-ca. La falsità di documenti redatti appositamente per giustificare certi poteri, può riguardare moltis-simi documenti archivistici che noi, proprio in quanto scritti, tenderemmo a considerare per il lo-ro mero significato di linguaggio. E qui viene il punto. Risulta evidente che baste-rebbe cambiare il nome a questi limiti, chiamandoli semplicemente "premesse", per dimostrare qualco-sa di assolutamente interessante. Le prove inconfu-tabili, alla pari dei sillogismi, siano essi con maggio-re o minor numero di premesse (cioè, siano essi maggiormente vicini alla realtà dei fatti oppure in maniera minore), non sono altro che parte integran-te di una sola definizione di sillogismi, di entimemi. Alla pari delle prove confutabili, quelle derivanti da atti d'archivio (ad esempio) sono passibili di pre-sentare dei "limiti", delle necessarie premesse sulla loro origine, funzione, necessità legata (magari) ad un certo tipo/i di potere/i. Il Potere, si sa, parla molti linguaggi, tra loro differenti. Orbene, a questo punto possiamo tornare all'inizio, alla galassia di Longhi citata da Ginzburg. Se all'interno di questa galas-sia, "astri minori deviano dalle loro orbite perché at-tratti da astri maggiori", significa che esistono certe ipotesi (sillogismi) con un certo, basso, numero di premesse, e dei sillogismi dotati di un grande nu-mero di premesse (diciamo maggiormente ipotetici, faticosi, costruiti). Si badi, però: proprio per i limiti sopraindicati, non è detto che i sillogismi con meno premesse, cioè i più semplici (i più emozionanti, per dirla come Cicerone), siano i più fedeli alla realtà (anzi, spesso è il contrario); soltanto in certi casi (i tekm¯ eria di Aristotele, appunto) essi sono senz'al-tro i più tecnicamente vicini alla realtà. Gli astri maggiori sono quindi, secondo chi scri-ve, i sillogismi (in serie) con meno premesse, quelli che più di ogni altro tendono a rappresenta-re il più possibile la verità. Per la Morfologia dina-Entimemi, Sillogismi, Morfologia dinamica Tipologia e morfologia nella statuaria greca e romana Alberto FALIVA Partendo da alcuni considerazioni di Carlo Ginzburg, questo testo intende sottolineare la differenza esi-stente tra i modelli tipologici della statuaria e della pittura antiche e Rinascimentali, quindi il ruolo delle semplici affinità formali, delle libere evocazioni morfologiche nell'ambito delle stesse statuaria e pittura.

Research paper thumbnail of Ville pseudo fortificate nell’Italia settentrionale del XVI secolo.

Bollettino ingegneri, 2009

Questo articolo si configura come un primo ap-proccio ad un soggetto poco studiato dalla storio-g... more Questo articolo si configura come un primo ap-proccio ad un soggetto poco studiato dalla storio-grafia. Si tratta di considerare, nel XVI secolo, le ville pseudo-fortificate poste nell'ambito dell'Italia settentrionale, cioè tutti quegli edifici che, per la presenza di caratteri militareschi rinvenibili in dif-ferenti ambiti del loro aspetto costruttivo, possa-no essere riconducibili ad architetture fortificate. In pianura Padana, l'assenza di rilievi naturali da sfruttare allo scopo di presidi difensivi, e la grande frammentazione politica del suo territorio (comprendente diversissimi Ducati tra loro confi-nanti), ha probabilmente influito sulla scelta di co-struire secondo le tipologie indicate. La presenza di fossati alimentati con acque provenienti dai nu-merosi corsi d'acqua limitrofi agli affluenti del fiu-me Po (spesso vere e proprie linee di confine ter-ritoriale tra i Ducati), e la presenza di alture artifi-ciali costituite per innalzare questi edifici, si giusti-fica quindi dalla loro posizione geografica in pia-nura Padana, a nord e a sud dello stesso fiume (fig.1). Divideremo in due principali insiemi i nostri casi esaminati. Per primi, studieremo i palazzi pseudo -fortificati dotati di merletti, fenditure, torrette e N. 4-2009 3 padiglioni bastionati. Poi considereremo i casi do-tati di dispositivi militari posizionati attorno alla villa: recinzioni, fossati, ponti levatoi, e prenderemo in considerazione le evoluzioni verso forme sim-boliche della piattaforma senza recinzioni. Si an-noverano tra queste tipologie quegli esempi di edifici extraurbani come i casini che, secondo Sa-bine Frommel 1 , sono il risultato di una morfologia ibrida tra luogo di piacere e (spesso) spazio de-stinato all'attività della caccia 2. I PALAZZI PSEUDO-FORTIFICATI Inizieremo dalla villa Colleoni a Thiene 3. Si trat-ta semplicemente di una villa extra urbana tipica del Quattrocento veneto (fig.2), dotata di una log-gia centrale affiancata da due alte torri abitabili, che per ognuna delle facciate, su ogni lato e tra le stesse torri, risulta munita di merli dalle forme a coda di rondine, propriamente medievaleggianti, oggi tamponati. Ville pseudo-fortificate nell'Italia settentrionale del XVI secolo Alberto FALIVA Questo articolo si configura come un primo approccio ad un soggetto poco studiato dalla storiografia. Si tratta di considerare, nel XVI secolo, le ville pseudo-fortificate poste nell'ambito dell'Italia settentriona-le, cioè tutti quegli edifici che, per la presenza di caratteri militareschi rinvenibili in differenti ambiti del lo-ro aspetto costruttivo, possano essere riconducibili ad architetture fortificate. I casi di edifici circondati da fossati, posti al di sopra di piattaforme, segnali militari tradizionali come torri, garitte, o moderni come pa-diglioni evocanti bastioni, seguono un preciso sviluppo nelle decadi del Cinquecento. Ad esempio, le classiche torri medievali dotate di merletti, nel corso del tempo si evolvono in forme diverse e diventano (talvolta allargandosi) sia avancorpi abitabili, sia (in altri casi) innalzandosi verso il cielo e restringendosi in forme planimetriche circolari, semplici punti di avvistamento accostati agli angoli degli edifici. Parallela-mente, le mura che circondavano gli edifici a fine Quattrocento si vedono sostituite (alla fine del secolo successivo) da segnali difensivi meno imponenti come fossati e piattaforme aperte, segno evidente di una diminuzione della percezione dei pericoli in aperta campagna. Parole chiave: ville pseudo-fortificate, pianura padana, Rinascimento. George LATOUR HEINSEN 1 S. Frommel, L'Italie de la Renaissance , du casino di caccia à la résidence de chasse, in M.Chatenet (a cura di), Chasses Princières dans l'Europe de la renaissance, Ar-les, 2007, p. 302. 2 Si badi: di molti dei casi indicati di seguito non conosciamo esatta-mente gli anni di costruzione o le generalità dei proprietari d'origine; sicuramente possiamo conoscere questi elementi in maniera indicati-va ed (a volte) ipotetica, per un pri-mo approccio al problema, e questo ci sembra già un buon punto di par-tenza per la nostra analisi compara-tiva. 3 J. S. Ackerman, Palladio, Tori-no, 1972, p.22. Figura 1-Italia settentrionale dopo la pace di Cateau-Cambresis, 1559. I punti rossi si riferiscono alle posizioni delle ville citate nel testo. Disegno Alberto Faliva. Figura 2-Villa Colleoni a Tiene, facciata principale. Fine del seco-lo XV.

Research paper thumbnail of Sebastiano Serlio e l’Ordine composito dei romani antichi.

Bollettino ingegneri , 2006

Quando affermiamo un concetto, ai nostri gior-ni, ci preoccupiamo molto di considerare il conte-s... more Quando affermiamo un concetto, ai nostri gior-ni, ci preoccupiamo molto di considerare il conte-sto nel quale lo stesso enunciato verrà a trovarsi, perché sappiamo che non tutte le persone cui tale significato si indirizzerà, condivideranno il no-stro ambiente culturale. Qualsiasi parola, concet-to, frase, deve sottostare a questa regola. I fran-cesi la chiamano la mise en ordre. A maggior ra-gione, quando ci inoltriamo nei meandri delle for-me e dei significati del nostro passato, dobbiamo possedere l'umiltà di interpretare le parole anti-che, non con il nostro metro contemporaneo, ma con quello delle esperienze coeve a quelle che stiamo analizzando. La difficoltà principale, nono-stante tutte le nostre buone intenzioni, sta proprio nel trovare degli esempi utili a proporre dei raf-fronti interpretativi, degni di questo nome. Vogliamo proporre un esempio utile per com-prendere quanto enunciato qui sopra. Nel Cin-quecento il discorso è come un'architettura. Il poema è costruito, come un edificio che bisogna innalzare e formare. L'arte di costruire dei tempi moderni è in effetti strutturata come un linguag-gio. Decidiamo di affrontare il caso dell'ironia, del libero comporre gli ordini architettonici, proposto da parte di Sebastiano Serlio. È stato giustamen-te sottolineato il ruolo del Bolognese nella com-posizione libera degli ordini d'architettura, riferen-dosi allo specifico caso dell'ordine composito, quale risultato (appunto) di una composizione di diversi elementi, di differenti ordini (preferibilmen-te, dice Serlio, ionico e corinzio) tra loro correlati. Seguendo tale interpretazione che, lo ripetiamo, parte da concetti logici assolutamente attuali, sembra che Serlio ci voglia dire che possiamo banalmente comporre degli ordini, inventarne di nuovi, a partire da elementi presi a caso dal re-pertorio figurativo dell'antico. Ma siamo proprio sicuri che un contemporaneo di Serlio, leggerebbe la seguente frase dello stes-so, come un incitamento alla banale composizio-ne moderna di diversi elementi? "Romani antichi, forse non potendo andar so-pra alla invention de' Greci trovatori della colonna Dorica, ad imitatione dell'huomo, et della ionica all'esempio delle matrone, et della Corinthia, pre-nendo forma dalle Vergini, fecero del Ionico e del Corinthio una composizione…" Nel capitolo dov'è citata questa frase il Bolognese loda l'utilizzo del-N. 12-2006 15 l'ordine composito negli archi trionfali e nel caso particolare del Colosseo, dicendo che a volte non bastano le regole di Vitruvio ma si può, col pro-prio giudizio, risolvere gli accidenti dell'architettu-ra anche con le variazioni degli ordini, le mesco-lanze. Seguendo il mirabile lavoro di Yves Pauwels, sembra davvero che leggendo questa frase (for-se maniera superficiale) i moderni possano sem-plicemente comporre nuovi stili, partendo da stili già codificati ed esistenti: "Les Romains l'on fait, et les modèrnes ne peuvent guère que suivre leur exemple" 1. In effetti, la sequenza logica del ragio-namento di Serlio qui sopra citato, va in questa direzione. La sequenza logica, certo, ma soltanto essa: se infatti lo stesso autore ci dice che il poe-ma Rinascimentale è costruito come un edificio, per essere sicuri del significato della frase del Bo-lognese, non dovremmo analizzarla a fianco dei Sebastiano Serlio e l'Ordine composito dei Romani antichi. Alberto FALIVA L'articolo introduce una nuova lettura dell'ordine composito proposto da Sebastiano Serlio, mettendo in discussione il ruolo dello stesso Bolognese come praeceptor Galliae, diversamente letto dalla storiografia quale iniziatore di una presunta possibilità inventiva di nuovi ordini architettonici in terra di Francia. George LATOUR HEINSEN Parole chiave: ordine composito, Romani antichi, Sebastiano Serlio, praeceptor Galliae.

Research paper thumbnail of Evangelismo nell’arte della Cremona del Cinquecento.

Bollettino ingegneri , 2005

Inizieremo dimostrando la sintesi serlianesca dell'architettura cremonese, quindi dalla facciata ... more Inizieremo dimostrando la sintesi serlianesca dell'architettura cremonese, quindi dalla facciata della chiesa di San Pietro al Po. Opera dell'archi-tetto Francesco Dattaro, essa è concepita sin dal-la metà degli anni Quaranta, ma realizzata, sol-tanto, a partire dagli anni Settanta del XVI secolo 1. Si tratta di un'elevazione debitrice del di-segno che Sebastiano Serio appronta per il c.d. Tempio Sacro del suo Quarto Libro, oltre chedelle volute disegnate dallo stesso Bolognese, per il Tempio Bislungo del Quinto Libro (fig.1), mesco-late ai capitelli quattrocenteschi della serliana po-sta al secondo livello. Appare molto interessante il fatto che molte al-tre facciate coeve a questa chiesa (ma concepite dai Dattaro intorno agli anni Quaranta del Cin-quecento), risultino debitrici delle invenzioni che Serlio propone nella metà del secolo, quando si trova in Francia sotto la protezione di Margherita di Navarra, la sorella di Francesco I re di Francia. Ci riferiamo naturalmente alla facciata della chiesa di Sant'Abbondio, che rievoca quella di uno dei Templi bislunghi del Quinto Libro di Seba-stiano Serlio (fig.2), al cremonese palazzo Barbò, che rievoca il "padiglione diverso dagli altri" del VI libro di Serlio (fig.3), oltre al palazzo Affaitati di Grumello cremonese, che si riferisce al "progetto XV per la campagna" dello stesso VI libro di Se-bastiano (fig.4). Ma soprattutto, ci riferiamo alle elevazioni della corte interna del cremonese palazzo Affaitati, che rimandano senza ombra di dubbio all'altro Tem-pio Bislungo di Serlio (figg.5 e 6), sempre redatto per il suo Quinto Libro. Si tratta di una serie di coincidenze alquanto singolari. Anche perché, va aggiunto a quanto esposto che persino le plani-metrie degli edifici disegnati dagli architetti Datta-ro, paiono rimandare a delle invenzioni che il ce-lebre trattatista francese Jacques Androuet Du Cerceau propone intorno alla metà del secolo, in Francia. Facciamo sicuramente riferimento alla planimetria della palazzina di Bosco Fontana in Evangelismo nell'arte della Cremona del Cinquecento Sintesi ed immaginazione spaziale in architettura, pittura e scultura, dall'antico all'arte Moderna. Alberto FALIVA Questo testo si occupa di vagliare il ruolo di una presunta corrente spirituale legata all'ambiente artisti-co cremonese del Cinquecento, orientata verso le manifestazioni religiose che fanno da sfondo all'Evan-gelismo. George LATOUR HEINSEN Le architetture rinascimentali cremonesi di Francesco e Giuseppe Dattaro, permettono di ipotizzare una conoscenza di manoscritti inediti di Sebastiano Serlio, e di opere dell'architetto francese Jacques An-drouet Du Cerceau, nell'ambito dell'ambiente architettonico e culturale della Cremona del Cinquecento. Le affinità indicate hanno permesso di ipotizzare la presenza di un circolo artistico cremonese, spiritual-mente orientato verso manifestazioni di fede paolina, legate alla cerchia spiritualmente inquieta, caratte-rizzante la sorella del re di Francia, Margherita di Navarra. Inoltre, esse hanno permesso un esame del-l'ambiente pittorico cremonese, oltre alla costruzione di paralleli tra il mondo Fig. 1. La facciata di San Pietro al Po di Cremona, ed il Tempio Sa-cro del Quarto Libro di Serlio. Fig. 2. La facciata di Sant'Abbon-dio di Cremona, ed il Tempio Bi-slungo del Quinto Libro di Serlio. Fig. 3. La facciata del palazzo cre-monese di Ludovico Barbò, con-frontata con la facciata del "padi-glione diverso dagli altri" del Se-sto Libro di Serlio. Fig. 4. La facciata del "progetto XV per la campagna" del Sesto Libro di Serlio, confrontata con la facciata della piccola corte nel palazzo campagnolo di Giovan Battista Affaitati, a Grumello cre-monese. Boll.Ing. n.8-9 25-11-2005 10:22 Pagina 8

Research paper thumbnail of L’ordine delle maestranze e l’ordine delle materie. Il caso di Santa Margherita.

Bollettino ingegneri , 2010

Nel corso dei secoli la figura dell'architetto ha subito una serie di modificazioni importanti. S... more Nel corso dei secoli la figura dell'architetto ha subito una serie di modificazioni importanti. Se guardiamo all'origine etimologica della parola, cioè quella greca, quella che prevede la funzione dello stesso come 'organizzatore di maestranze', capiamo quanto le cose siano oggigiorno cam-biate. Possiamo anche dire che a livello geografi-co, nel mondo, esistono diverse sfumature (più o meno accentuate) circa il nuovo ruolo che tale fi-gura deve poter svolgere. Sembra evidente che all'estrema specializzazione delle diverse filiere dei prodotti costruttivi del mondo americano (e in genere anglosassone) non corrisponde un'altret-tanta specializzazione del mondo delle costruzio-ni nell'area mediterranea (Italia compresa). C'è come la tendenza, in quest'ultima zona del mon-do, ad interpretare l'attività dell'architetto come direttamente ereditata dalle botteghe dei maestri degli albori della Modernità, ossia del Rinasci-mento. L'architetto è in grado di risolvere, assie-me, tutti i problemi legati alle diverse discipline inerenti la sua opera: è un bravo serramentista (o meglio: deve saperne anche di serramenti), è un ottimo strutturista (deve saperne di strutture), de-ve anche saperne di storia e filosofia, ecc.. ecc… Pare corretto sottolineare come vi possano esse-re i pro ed i contro nell'ambito di entrambe le ten-denze, e non è questa la sede per risolvere l'e-norme problema o proporre dei giudizi di merito. Dovrebbe però essere ricordato che la stessa dif-ferenziazione si può rinvenire nello specifico della pubblicistica legato alla stessa disciplina dell'ar-chitettura: ad un mondo anglosassone vestito di forme aerodinamiche e variopinte (fig.1), sembra corrispondere un mondo di costruzioni più sem-plici, maggiormente legate a discorsi di forme tra-dizionali, nell'Europa mediterranea (quando le cose vanno per il verso giusto; vi sono infatti gli emuli pseudo-scientifici delle costruzioni aerodi-namiche anche nel mondo Mediterraneo, con le conseguenze tecnologiche e i fantocci del caso). La stessa diversa qualità concerne la produzio-ne scritta legata alla riflessione sui temi architet-tonici, siano essi storici o contemporanei: uno storico dell'architettura francese disporrà gli ele-menti della propria ricerca come in una proiezio-ne ortogonale del suo conterraneo Monge, par-lando, sempre per ordine, di piante, di sezioni e prospetti 1. Se pensiamo alle ricostruzioni legate all'attribuzione pippesca del palazzo di Carlo V a Granada 2 , proposte mirabilmente da Manfredo Tafuri nel suo ultimo volume, facciamo davvero fatica ad affermare di trovarci nell'ambito dello stesso ordine espositivo...di Monge. Il paragrafo non viene infatti diviso per mezzo di un'analisi di piante, sezioni e prospetti. L'ordine delle maestranze e l'ordine delle materie. Il caso di Santa Margherita Alberto FALIVA La definizione di architetto, nel corso dei secoli ha subito una serie di importanti modificazioni. Dalla na-scita di questa figura, dai tempi di Filippo Brunelleschi, siamo giunti ad una situazione contemporanea per la quale l'attenzione dell'uomo-architetto non pare essere più indirizzata verso le conoscenze tecni-che dei propri collaboratori-esecutori, bensì verso le stesse conoscenze tecniche dell'organizzatore re-sponsabile. La chiesa cremonese di Santa Margherita è l'esempio di una composizione artistica, pretta-mente Rinascimentale, che riesce ad aprire un dibattito su tali temi: indagarne le valenze significa miglio-rare la nostra comprensione dell'architettura. George LATOUR HEINSEN Parole chiave: chiesa di Santa Margherita di Cremona, etimologia di Architetto, Forma, Materia, Ordi-ne, Internazionalismo critico, International Style, Ordine dorico e ordine tuscanico.

Research paper thumbnail of La palazzina del bosco di Mantova e il chateau de Madrid di Parigi

Bollettino Ingegneri , 2004

Sebbene non sia facile condensare in poche pagine un discorso introduttivo all'opera varia e cosp... more Sebbene non sia facile condensare in poche pagine un discorso introduttivo all'opera varia e cospicua dell'architetto cremonese Giuseppe Dat-taro, né risulti semplice ripensare al ruolo avuto dallo stesso architetto nell'ambito della progetta-zione della Palazzina del Bosco della Fontana, ho colto con grande piacere l'invito, elargitomi dall'a-mico George Latour Heinsen, di riproporre un piccolo brano relativo alla mia ricerca di dottorato. N. 10-2004 3 La palazzina di Marmirolo, posta nel Bosco del-la Fontana, quale residenza di caccia costruita sul finire del Cinquecento per il duca Vincenzo I Gonzaga, sembra infatti significativa dell'intera maniera dattariana, al punto da permetterci di renderla parte centrale di un discorso biografico relativo alla famiglia di architetti Dattaro. L'edificio, attribuito a Giuseppe Dattaro da parte della storiografia locale, risulta di notevole inte-resse da un punto di vista della storia dell'archi-tettura. Essendo di dimensioni poco appariscenti e firmato da un architetto, considerato come mi-nore, forse per questo motivo non ha mai suscita-to grandi interessi da parte della storiografia. Ep-pure, basterebbe un'occhiata veloce della sua di-stribuzione interna, per rendersi conto dell'impor-tanza dello stesso: solo a quel punto si capirebbe, probabilmente, la stessa destinazione funzionale dell'opera presa in esame. Nel disegnare tale architettura, il cremonese Giuseppe Dattaro si è infatti ispirato alla residen-za di caccia di Francesco I re di Francia, costruita dal 1527 nel Bois de Boulogne situato a nord-ovest di Parigi. Possiamo affermare tale congettu-ra solo grazie all'osservazione delle tavole pubbli-cate nel 1576, ad opera del trattatista francese Jacques Androuet Du Cerceau, che si è preoccu-pato di effettuare un rilievo del castello parigino, in quanto quest'ultimo è oggi completamente di-strutto. I rapporti di scala tra i due edifici permet-tono di arguire che la Palazzina sia, da un punto di vista dimensionale, l'esatta metà del castello francese, dandoci modo di pensare ad un mero riferimento formale da parte dell'autore della stessa. È dunque possibile avanzare l'ipotesi che Giuseppe abbia avuto una conoscenza diretta del Francesco e Giuseppe Dattaro: la palazzina del Bosco a Mantova ed il château de Madrid a Parigi Alberto FALIVA La Palazzina di Marmirolo presso Mantova, residenza di caccia del duca Vincenzo I Gonzaga, è stata costruita verso la fine del Cinquecento dall'architetto cremonese Giuseppe Dattaro. Dimenticata dagli sto-rici dell'arte, essa è il primo esempio di edificio rinascimentale italiano che rimanda ad esempi di architet-ture francesi, come il parigino château de Madrid, la residenza di caccia del sovrano francese costruita dal 1527, e riprodotta dal celebre trattatista Jacques Androuet Du Cerceau. A partire da tale insolita somi-glianza, si sono rinvenute notevoli affinità artistiche nell'ambito di due differenti direzioni: quella che da Pa-rigi porta a Cremona, e quella che da Cremona (viceversa) porta verso Parigi. Da un lato, quindi, sono state sottolineate le somiglianze tra le altre opere dattariane poste nel territorio Cremonese, e le sperimenta-zioni inedite del Sesto (ed Ottavo) Libri del bolognese Sebastiano Serlio "degli anni francesi". Dall'altro, si sono osservate le interessanti affinità tra le opere cremonesi del primo Cinquecento, ed il château de Ma-drid posto a Parigi: ad esempio, tra l'interpretazione eccentrica del Belvedere bramantesco, proposta nel cremonese chiostro degli Umiliati, ed il terzo livello del castello parigino. Sino ad arrivare all'incontro di queste due direzioni, nell'ambito del quale si può ipotizzare una responsabilità cremonese, circa l'ideazio-ne del castello che segna l'arrivo delle forme Rinascimentali in Francia: tesi che verrà discussa come Dot-torato il prossimo novembre, al Centre d'Etudes Supérieures de la Renaissance di Tours. Parole chiave: Rinascimento, Palazzina di Marmirolo, château de Madrid,