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Papers by luciano baffioni venturi
STRADA DI SAN DONATO Ginestreto. Da strada Borgo Ginestreto a strada di Santa Lucia e a case di M... more STRADA DI SAN DONATO Ginestreto. Da strada Borgo Ginestreto a strada di Santa Lucia e a case di Monteromanesco. La strada di fronte alla scuola di Borgo Ginestreto, che scende a Montelabbate. Dalla denominazione di una vecchia chiesa intitolata al santo. 12. Ginestreto in un acquerello di Francesco Mingucci, 1626 ca. dal codice BAV Barberiniano Latino 4434. STRADA DI SANT'EGIDIO Novilara. Da via Risorgimento a via Casale. Da una cappella dedicata a S. Egidio (o Eligio), patrono dei fabbri e orefici. STRADA DI SAN FRANCESCO Candelara. Da via Borgo S. Lucia a via degli Orti. Prende nome dalla chiesa dei Francescani eretta nel 1356 su un terreno donato, attorno al 1200 dalla beata Michelina Metelli, recentemente restaurata e irrobustita per migliorarne la resistenza sismica. L'altare maggiore è dedicato a San Francesco, gli altri due altari sono dedicati a Sant'Antonio, con statua lignea, e all'Immacolata Concezione. Le due opere d'arte ora sono conservate nella Pieve di S. Stefano. Dell'originale complesso architettonico oggi rimangono solo la chiesa, il campanile e la sacrestia diroccati; il convento è crollato, probabilmente alla fine del XIX secolo. L'attuale chiesa è un'aula rettangolare a navata unica, scandita in maniera atipica da quattro colonne che separano lo spazio in tre zone: l'ingresso, una zona centrale e, assegnazione di funzioni. Estinta a Pesaro la famiglia dei Francescani conventuali, che permasero solo a S. Pietro in Calibano 1 , la chiesa divenne Santuario della Madonna delle Grazie nel 1922, quando vi si trasferiscono culto e immagine della Beata Vergine delle Grazie, fino allora conservata nella chiesa dei Servi di piazzale Matteotti, demolita nello stesso anno perché adiacente alla porta Fano, inopinatamente demolita dagli amministratori dell'epoca. Della struttura malatestiana, rimane oggi solo il mirabile portale gotico, in pietra bianca e marmo rosso di Verona, del medesimo stile dei portali di sant'Agostino e san Domenico; la presenza di due leoncini sugli stipiti dell'ingresso conferma la committenza malatestiana. All'interno del santuario si trovano ancora due sarcofaghi in pietra commissionati da Pandolfo II Malatesta: uno con le spoglie di Paola Orsini, sua seconda moglie, l'altro con quelle della Beata Michelina Metelli (1300-'56), terziaria francescana che l'avrebbe salvato in un naufragio.
the history of the town of Pesaro in the story of its streets
Il magro dentro di te, 2020
Breve e semplice manuale per dimagrire col consiglio del medico dietologo
Le strade sono tutte di Mazzini, di Garibaldi, son dei papi, di quelli che scrivono, che dan dei ... more Le strade sono tutte di Mazzini, di Garibaldi, son dei papi, di quelli che scrivono, che dan dei comandi, che fan la guerra. E mai che ti capiti di vedere via di uno che faceva i berretti via di uno che stava sotto un ciliegio via di uno che non ha fatto niente perché andava a spasso su una cavalla. E pensare che il mondo è fatto di gente come me che mangia il radicchio alla finestra contenta di stare, d'estate, con i piedi nudi. Nino Pedretti, Al vòusi e altre poesie in dialetto romagnolo (a cura di Manuela Ricci). Torino, Einaudi 2007.
In corsivo trascrizioni dirette dal manoscritto o dal documento a stampa; in tondo i regesti e le... more In corsivo trascrizioni dirette dal manoscritto o dal documento a stampa; in tondo i regesti e le eventuali traduzioni. Tra parentesi quadre interventi dell'autore (n.d. A) o del traduttore
una rassegna storica dei principali insediamenti dei monaci Camaldolesi nella provincia di Pesaro... more una rassegna storica dei principali insediamenti dei monaci Camaldolesi nella provincia di Pesaro e nelle Marche, in una terra che, dopo la Toscana, era ed è quella che più li ha accolti dal medioevo ad oggi
ringraziamo, in particolare Paride Berardi il quale, per primo, definì già nel 1980 l'importanza ... more ringraziamo, in particolare Paride Berardi il quale, per primo, definì già nel 1980 l'importanza delle maioliche quattrocentesche di Pesaro). Questo libro, dunque, può sembrare superfluo, in realtà, mossi soltanto da grande amore per la nostra città e per la sua storia, in particolare per quella degli Sforza, pensiamo di avere fatto cosa utile e gradita per il lettore che troverà così un testo agevole, scevro da disquisizioni tecniche, con un ricco apparato iconografico e una nutrita bibliografia. È noto da secoli che gli Arabi appresero dai Bizantini, e forse anche direttamente dai Cinesi (o attraverso i Persiani), la tecnica della ceramica invetriata o maiolica, cosiddetta dall'isola di Maiorca, anticamente Maiòrica o Maiòlica, dai cui porti le navi trasportavano in tutto il Mediterraneo la preziosa mercanzia, prodotta principalmente nelle città arabe dell'Andalusia: Valencia, Granada (vasi Alhambra), Murcia, Almeria e Malaga, che diffusero poi in tutto il mondo arabo. Le terrecotte, prima di una seconda cottura, venivano verniciate con un impasto liquido di polvere silicea finissima e di ossido di stagno (terrecotte smaltate) che conferiva alla superficie un bel colore bianco, sul quale erano dipinti motivi ornamentali con colori resistenti al fuoco a base dei già noti ossidi metallici di manganese, rame, ferro, cobalto, antimonio. La cottura nel forno conferiva al prodotto un rivestimento vitreo smagliante, nel quale erano incorporati i colori che, alla magia del fuoco, assumevano nuove e accese tonalità. Dai centri più antichi dell'Iran e della Siria (Damasco) la produzione di ceramica araba, dal tipico "lustro" color oro cangiante in giallo e in verde ottenuto con tecniche a lungo segrete, si diffuse ad Alessandria d'Egitto e al Cairo, dove fiorì sotto le dinastie dei Tulunidi (868-905) e dei Fatimidi (969-1171). Caratterizzate dal divieto di rappresentare figure umane o animali, per non cadere nel rischio dell'idolatria, le ceramiche arabe erano per lo più decorate con "arabeschi", cioè con girali e tralci di foglie e fiori oppure con figure geometriche o con penne di pavone sovrapposte. In alcuni casi il decoro era graffito, cioè inciso sulla stesura del colore in modo di fare emergere l'argilla sottostante. L'incisione veniva poi riempita di colore e il vaso era verniciato al piombo e cotto. In altri casi era usata la tecnica del graffito sotto vernice, cioè le incisioni decorative venivano fatte sul vaso già cotto una prima volta, seguiva un'invetriatura con vernice piombifera trasparente o eventualmente colorata in turchese, blu, bruno, giallo o verde, poi una seconda cottura (bis-cotto) che produceva una vernice vetrosa sopra ai graffiti. Con la conquista araba della Spagna le ceramiche invetriate si diffusero a Granada e Valencia, poi, nel sec. XV, nelle province cristiane confinanti dell'Aragona e della Catalogna (Barcellona). Le maioliche ispano-moresche invetriate e con i riflessi metallici degli ossidi, resi luminescenti e rigenerati dal fuoco, conquistarono il gusto raffinato degli Italiani del primo Rinascimento, dapprima nelle Repubbliche marinare di Venezia, Genova e Pisa poi nel resto della penisola. In particolare dalla Spagna moresca l'arte della maiolica passò, a partire dal '400, in Toscana (Siena, Pisa), in Umbria (Orvieto), in Romagna (Faenza, Forlì, Ravenna, Rimini) e nelle Marche (Pesaro), diffondendosi in seguito nei vari centri della penisola e assumendo caratteristiche diverse secondo i luoghi. La città di Pesaro, quindi, nella seconda metà del Quattrocento, durante il felice governo degli Sforza, fu coinvolta dal "miracolo" della maiolica e divenne ben presto uno dei centri di produzione più prestigiosi. Decisivo fu il ruolo di patrocinio operato dai Signori del luogo (Alessandro, Costanzo e Giovanni Sforza), per questo ne parliamo in questo volume della collana "Storie degli Sforza pesaresi", inserendo la maiolica nel più ampio quadro del mecenatismo sforzesco e nella loro opera illuminata di promozione dell'economia di una cittadina di 10.000 abitanti come la Pesaro di allora.
Lo scultore e ceramista pesarese Pietro Gai (1809-1866) preferì vivere nella sua città e nella su... more Lo scultore e ceramista pesarese Pietro Gai (1809-1866) preferì vivere nella sua città e nella sua famiglia, distinguendosi in varie pregevoli opere in marmo e in scagliola, piuttosto che emigrare in Inghilterra dove avrebbe potuto vendere i segreti delle manifatture delle maioliche e delle terraglie pesaresi. Tra i fondatori della locale Società di Mutuo Soccorso ne fu il primo presidente.
In copertina: interno della Biblioteca Malatestiana di Cesena. «Troverai più nei boschi che nei l... more In copertina: interno della Biblioteca Malatestiana di Cesena. «Troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà» (Bernardo di Chiaravalle)
Medals and coins for the Sforza of Pesaro, as for all the renaissance lords in Italy, were a mean... more Medals and coins for the Sforza of Pesaro, as for all the renaissance lords in Italy, were a mean to celebrate the glory, the members of their family and their coats of arms joined with the heraldic signs of Sforza's of Milan and Aragona's relatives.
Per leggere un libro come questo, o gli altri volumi di questa collana, fa' finta di essere in un... more Per leggere un libro come questo, o gli altri volumi di questa collana, fa' finta di essere in un bosco incantato, nel silenzio della natura dove solo chi ha l'orecchio esercitato sa sentire un battito d'ali, il verso della ghiandaia, il passo della volpe. Leggi con calma, rifletti, confronta con le tue conoscenze e con i tuoi libri di storia. Raffronta le vicende umane di questi "antichi" personaggi con quelle dei contemporanei, persino con le tue. Solo così apprezzerai a pieno le "storie" che ho raccolto e ne subirai le suggestioni.
Books by luciano baffioni venturi
FILIPPO TERZI un architetto di Pesaro in portogallo 1520 1597, 2022
Filippo Terzi, architetto dei duchi Della Rovere di Pesaro, è costretto a emigrare nel regno di P... more Filippo Terzi, architetto dei duchi Della Rovere di Pesaro, è costretto a emigrare nel regno di Portogallo, passando poi alla corte di Filippo II di Spagna. Ne avrà onori e dolori, ma resterà sempre legato alla sua città d'origine.
Quando arrivavano gli acquazzoni impetuosi degli ultimi giorni d’agosto si capiva bene che l’esta... more Quando arrivavano gli acquazzoni impetuosi degli ultimi giorni d’agosto si capiva bene che l’estate era finita. Da un cielo uniformemente nero, all’improvviso si aprivano le cateratte e si scaricavano decine di fulmini. Io aspettavo i goccioloni al riparo della porta finestra socchiusa che dava nel nostro cortiletto. L’acqua formava delle bolle a cappello sulle parti pavimentate a cemento e se ne andava nelle chiaviche, mentre le gocce cadute nella terra delle aiuole all’inizio scomparivano, subito assorbite dal terreno arido, poi lo allagavano trasformandolo in uno stagno. Tutta l’aria era impregnata dell’odore della terra inzuppata e dello strano sentore delle saette.
Il gatto “Coda dritta” se ne stava al riparo sdraiato nella legnaia, le galline di mia nonna erano tutte nel pollaio in silenzio e io mi godevo il profumo intenso della terra bagnata, odore unico che non sentivo in altri momenti dell’anno. In alto si scatenavano i fulmini e mia madre si raccomandava di non espormi troppo perché si sa che i fulmini cadono più facilmente nelle finestre.
DUE LETTERATI A PESARO ALL'INIZIO DELL'OTTOCENTO "Viviamo in mezzo alle storie e bisogna racconta... more DUE LETTERATI A PESARO ALL'INIZIO DELL'OTTOCENTO "Viviamo in mezzo alle storie e bisogna raccontarle bene. Gli uomini hanno bisogno di storie. Non soltanto per trasmettere sapere. Ogni storia è la custodia della speranza che questa vita non sia l'unica, che se uno volesse potrebbe avere un'esistenza differente".
L’opera è una biografia di Costanza Monti (1792-1840), figlia del noto poeta neoclassico Vincenzo... more L’opera è una biografia di Costanza Monti (1792-1840), figlia del noto poeta neoclassico Vincenzo Monti, e del marito, il conte Giulio Perticari (1779-1822), con il quale condivise dieci anni di vita a Pesaro, dal 1812 al 1822. Attorno ai due personaggi principali si muovono altri comprimari come Vincenzo Monti, la principessa di Galles Carolina di Brunswick, Gioachino Rossini, Giacomo Leopardi, Francesco Cassi, Antaldo Antaldi e tanti altri interpreti minori come Guglielmo Pepe, George Byron, Henri Beyle Stendhal, Tommaso Sgricci, Andrea Ranzi.
La storia d’amore tra i due protagonisti potrebbe concludersi con la morte di Giulio e con l’infamante accusa a Costanza, architettata dai fratelli e dai parenti del marito, di averlo tradito e avvelenato. Il tema fu argomento di gossip e di pubblicazioni per tutta la prima metà dell’Ottocento e oltre, ma ben pochi hanno avuto modo e tempo di consultare, come ha fatto l’autore, centinaia di lettere e di documenti, sparsi prevalentemente tra Pesaro e Forlì.
In realtà la vicenda continua con Costanza che, tra Milano e Ferrara, si dedica al culto della memoria del marito, si concede a qualche passione amorosa, incontra il figlio illegittimo di Giulio e muore poi, di cancro al seno, nel 1840.
Le vicende riguardano prevalentemente la città e la provincia di Pesaro, ma anche Roma, Milano, Ferrara, Pisa e varie località minori romagnole, pertanto la “storia” di Costanza non è solo “storia locale” ed è esemplificativa della condizione della donna borghese e colta nella società preromantica italiana.
1. " Il Signore, Iddio tuo, ti darà la città nelle mani e allora metti a fil di spada tutti i mas... more 1. " Il Signore, Iddio tuo, ti darà la città nelle mani e allora metti a fil di spada tutti i maschi; ma le donne, i fanciulli, il bestiame e tutto ciò che sarà nella città, tutto quanto il suo bottino, portalo via con te e goditi del bottino dei tuoi nemici, che il Signore, Iddio tuo, ti avrà dato ". Dalla Bibbia degli ebrei e dei cristiani, Deuteronomio 20:13, 14. 2. " Vi prometto la Città più bella e grande che ci sia, piena di palazzi e terrazze da cui godrete una vista favolosa. Troverete ovunque mobili preziosi, e montagne d'oro e
Puttane e sante alla corte di Alessandro Sforza, 2020
Story of the Sforza family Lords of Pesaro between XV and XVI Century: loves, wars, arts and colt... more Story of the Sforza family Lords of Pesaro between XV and XVI Century: loves, wars, arts and colture in a town of the Church State.
Drafts by luciano baffioni venturi
Il suo volto, 2022
Una storia d'amore sullo sfondo di un monastero benedettino, all'inizio degli anni '90. Luca Mera... more Una storia d'amore sullo sfondo di un monastero benedettino, all'inizio degli anni '90. Luca Merati, professore universitario di mezz'età, alla morte della moglie per cancro, si ritira in un monaster o dell'Appennino centrale come novizio, prendendo il nome di Francesco. Tra le virtù e le miserie della vita monastica egli ricerca la realizzazione di un sogno di perfezione che insegue dalla gioventù: l'incontro con Dio. Gli riuscirà solo quando, tra le braccia di una giornalista, salita al Monastero per un'intervista, si accorgerà che la perfezione dell'uomo sta nell'amare senza riserve o pregiudizi e il "volto di Dio" lo vedrà nei poveri e negli umili di questa terra.
Storia della città di Pesaro attraverso le sue strade.
Storia della città di Pesaro attraverso le sue strade.
STRADA DI SAN DONATO Ginestreto. Da strada Borgo Ginestreto a strada di Santa Lucia e a case di M... more STRADA DI SAN DONATO Ginestreto. Da strada Borgo Ginestreto a strada di Santa Lucia e a case di Monteromanesco. La strada di fronte alla scuola di Borgo Ginestreto, che scende a Montelabbate. Dalla denominazione di una vecchia chiesa intitolata al santo. 12. Ginestreto in un acquerello di Francesco Mingucci, 1626 ca. dal codice BAV Barberiniano Latino 4434. STRADA DI SANT'EGIDIO Novilara. Da via Risorgimento a via Casale. Da una cappella dedicata a S. Egidio (o Eligio), patrono dei fabbri e orefici. STRADA DI SAN FRANCESCO Candelara. Da via Borgo S. Lucia a via degli Orti. Prende nome dalla chiesa dei Francescani eretta nel 1356 su un terreno donato, attorno al 1200 dalla beata Michelina Metelli, recentemente restaurata e irrobustita per migliorarne la resistenza sismica. L'altare maggiore è dedicato a San Francesco, gli altri due altari sono dedicati a Sant'Antonio, con statua lignea, e all'Immacolata Concezione. Le due opere d'arte ora sono conservate nella Pieve di S. Stefano. Dell'originale complesso architettonico oggi rimangono solo la chiesa, il campanile e la sacrestia diroccati; il convento è crollato, probabilmente alla fine del XIX secolo. L'attuale chiesa è un'aula rettangolare a navata unica, scandita in maniera atipica da quattro colonne che separano lo spazio in tre zone: l'ingresso, una zona centrale e, assegnazione di funzioni. Estinta a Pesaro la famiglia dei Francescani conventuali, che permasero solo a S. Pietro in Calibano 1 , la chiesa divenne Santuario della Madonna delle Grazie nel 1922, quando vi si trasferiscono culto e immagine della Beata Vergine delle Grazie, fino allora conservata nella chiesa dei Servi di piazzale Matteotti, demolita nello stesso anno perché adiacente alla porta Fano, inopinatamente demolita dagli amministratori dell'epoca. Della struttura malatestiana, rimane oggi solo il mirabile portale gotico, in pietra bianca e marmo rosso di Verona, del medesimo stile dei portali di sant'Agostino e san Domenico; la presenza di due leoncini sugli stipiti dell'ingresso conferma la committenza malatestiana. All'interno del santuario si trovano ancora due sarcofaghi in pietra commissionati da Pandolfo II Malatesta: uno con le spoglie di Paola Orsini, sua seconda moglie, l'altro con quelle della Beata Michelina Metelli (1300-'56), terziaria francescana che l'avrebbe salvato in un naufragio.
the history of the town of Pesaro in the story of its streets
Il magro dentro di te, 2020
Breve e semplice manuale per dimagrire col consiglio del medico dietologo
Le strade sono tutte di Mazzini, di Garibaldi, son dei papi, di quelli che scrivono, che dan dei ... more Le strade sono tutte di Mazzini, di Garibaldi, son dei papi, di quelli che scrivono, che dan dei comandi, che fan la guerra. E mai che ti capiti di vedere via di uno che faceva i berretti via di uno che stava sotto un ciliegio via di uno che non ha fatto niente perché andava a spasso su una cavalla. E pensare che il mondo è fatto di gente come me che mangia il radicchio alla finestra contenta di stare, d'estate, con i piedi nudi. Nino Pedretti, Al vòusi e altre poesie in dialetto romagnolo (a cura di Manuela Ricci). Torino, Einaudi 2007.
In corsivo trascrizioni dirette dal manoscritto o dal documento a stampa; in tondo i regesti e le... more In corsivo trascrizioni dirette dal manoscritto o dal documento a stampa; in tondo i regesti e le eventuali traduzioni. Tra parentesi quadre interventi dell'autore (n.d. A) o del traduttore
una rassegna storica dei principali insediamenti dei monaci Camaldolesi nella provincia di Pesaro... more una rassegna storica dei principali insediamenti dei monaci Camaldolesi nella provincia di Pesaro e nelle Marche, in una terra che, dopo la Toscana, era ed è quella che più li ha accolti dal medioevo ad oggi
ringraziamo, in particolare Paride Berardi il quale, per primo, definì già nel 1980 l'importanza ... more ringraziamo, in particolare Paride Berardi il quale, per primo, definì già nel 1980 l'importanza delle maioliche quattrocentesche di Pesaro). Questo libro, dunque, può sembrare superfluo, in realtà, mossi soltanto da grande amore per la nostra città e per la sua storia, in particolare per quella degli Sforza, pensiamo di avere fatto cosa utile e gradita per il lettore che troverà così un testo agevole, scevro da disquisizioni tecniche, con un ricco apparato iconografico e una nutrita bibliografia. È noto da secoli che gli Arabi appresero dai Bizantini, e forse anche direttamente dai Cinesi (o attraverso i Persiani), la tecnica della ceramica invetriata o maiolica, cosiddetta dall'isola di Maiorca, anticamente Maiòrica o Maiòlica, dai cui porti le navi trasportavano in tutto il Mediterraneo la preziosa mercanzia, prodotta principalmente nelle città arabe dell'Andalusia: Valencia, Granada (vasi Alhambra), Murcia, Almeria e Malaga, che diffusero poi in tutto il mondo arabo. Le terrecotte, prima di una seconda cottura, venivano verniciate con un impasto liquido di polvere silicea finissima e di ossido di stagno (terrecotte smaltate) che conferiva alla superficie un bel colore bianco, sul quale erano dipinti motivi ornamentali con colori resistenti al fuoco a base dei già noti ossidi metallici di manganese, rame, ferro, cobalto, antimonio. La cottura nel forno conferiva al prodotto un rivestimento vitreo smagliante, nel quale erano incorporati i colori che, alla magia del fuoco, assumevano nuove e accese tonalità. Dai centri più antichi dell'Iran e della Siria (Damasco) la produzione di ceramica araba, dal tipico "lustro" color oro cangiante in giallo e in verde ottenuto con tecniche a lungo segrete, si diffuse ad Alessandria d'Egitto e al Cairo, dove fiorì sotto le dinastie dei Tulunidi (868-905) e dei Fatimidi (969-1171). Caratterizzate dal divieto di rappresentare figure umane o animali, per non cadere nel rischio dell'idolatria, le ceramiche arabe erano per lo più decorate con "arabeschi", cioè con girali e tralci di foglie e fiori oppure con figure geometriche o con penne di pavone sovrapposte. In alcuni casi il decoro era graffito, cioè inciso sulla stesura del colore in modo di fare emergere l'argilla sottostante. L'incisione veniva poi riempita di colore e il vaso era verniciato al piombo e cotto. In altri casi era usata la tecnica del graffito sotto vernice, cioè le incisioni decorative venivano fatte sul vaso già cotto una prima volta, seguiva un'invetriatura con vernice piombifera trasparente o eventualmente colorata in turchese, blu, bruno, giallo o verde, poi una seconda cottura (bis-cotto) che produceva una vernice vetrosa sopra ai graffiti. Con la conquista araba della Spagna le ceramiche invetriate si diffusero a Granada e Valencia, poi, nel sec. XV, nelle province cristiane confinanti dell'Aragona e della Catalogna (Barcellona). Le maioliche ispano-moresche invetriate e con i riflessi metallici degli ossidi, resi luminescenti e rigenerati dal fuoco, conquistarono il gusto raffinato degli Italiani del primo Rinascimento, dapprima nelle Repubbliche marinare di Venezia, Genova e Pisa poi nel resto della penisola. In particolare dalla Spagna moresca l'arte della maiolica passò, a partire dal '400, in Toscana (Siena, Pisa), in Umbria (Orvieto), in Romagna (Faenza, Forlì, Ravenna, Rimini) e nelle Marche (Pesaro), diffondendosi in seguito nei vari centri della penisola e assumendo caratteristiche diverse secondo i luoghi. La città di Pesaro, quindi, nella seconda metà del Quattrocento, durante il felice governo degli Sforza, fu coinvolta dal "miracolo" della maiolica e divenne ben presto uno dei centri di produzione più prestigiosi. Decisivo fu il ruolo di patrocinio operato dai Signori del luogo (Alessandro, Costanzo e Giovanni Sforza), per questo ne parliamo in questo volume della collana "Storie degli Sforza pesaresi", inserendo la maiolica nel più ampio quadro del mecenatismo sforzesco e nella loro opera illuminata di promozione dell'economia di una cittadina di 10.000 abitanti come la Pesaro di allora.
Lo scultore e ceramista pesarese Pietro Gai (1809-1866) preferì vivere nella sua città e nella su... more Lo scultore e ceramista pesarese Pietro Gai (1809-1866) preferì vivere nella sua città e nella sua famiglia, distinguendosi in varie pregevoli opere in marmo e in scagliola, piuttosto che emigrare in Inghilterra dove avrebbe potuto vendere i segreti delle manifatture delle maioliche e delle terraglie pesaresi. Tra i fondatori della locale Società di Mutuo Soccorso ne fu il primo presidente.
In copertina: interno della Biblioteca Malatestiana di Cesena. «Troverai più nei boschi che nei l... more In copertina: interno della Biblioteca Malatestiana di Cesena. «Troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà» (Bernardo di Chiaravalle)
Medals and coins for the Sforza of Pesaro, as for all the renaissance lords in Italy, were a mean... more Medals and coins for the Sforza of Pesaro, as for all the renaissance lords in Italy, were a mean to celebrate the glory, the members of their family and their coats of arms joined with the heraldic signs of Sforza's of Milan and Aragona's relatives.
Per leggere un libro come questo, o gli altri volumi di questa collana, fa' finta di essere in un... more Per leggere un libro come questo, o gli altri volumi di questa collana, fa' finta di essere in un bosco incantato, nel silenzio della natura dove solo chi ha l'orecchio esercitato sa sentire un battito d'ali, il verso della ghiandaia, il passo della volpe. Leggi con calma, rifletti, confronta con le tue conoscenze e con i tuoi libri di storia. Raffronta le vicende umane di questi "antichi" personaggi con quelle dei contemporanei, persino con le tue. Solo così apprezzerai a pieno le "storie" che ho raccolto e ne subirai le suggestioni.
FILIPPO TERZI un architetto di Pesaro in portogallo 1520 1597, 2022
Filippo Terzi, architetto dei duchi Della Rovere di Pesaro, è costretto a emigrare nel regno di P... more Filippo Terzi, architetto dei duchi Della Rovere di Pesaro, è costretto a emigrare nel regno di Portogallo, passando poi alla corte di Filippo II di Spagna. Ne avrà onori e dolori, ma resterà sempre legato alla sua città d'origine.
Quando arrivavano gli acquazzoni impetuosi degli ultimi giorni d’agosto si capiva bene che l’esta... more Quando arrivavano gli acquazzoni impetuosi degli ultimi giorni d’agosto si capiva bene che l’estate era finita. Da un cielo uniformemente nero, all’improvviso si aprivano le cateratte e si scaricavano decine di fulmini. Io aspettavo i goccioloni al riparo della porta finestra socchiusa che dava nel nostro cortiletto. L’acqua formava delle bolle a cappello sulle parti pavimentate a cemento e se ne andava nelle chiaviche, mentre le gocce cadute nella terra delle aiuole all’inizio scomparivano, subito assorbite dal terreno arido, poi lo allagavano trasformandolo in uno stagno. Tutta l’aria era impregnata dell’odore della terra inzuppata e dello strano sentore delle saette.
Il gatto “Coda dritta” se ne stava al riparo sdraiato nella legnaia, le galline di mia nonna erano tutte nel pollaio in silenzio e io mi godevo il profumo intenso della terra bagnata, odore unico che non sentivo in altri momenti dell’anno. In alto si scatenavano i fulmini e mia madre si raccomandava di non espormi troppo perché si sa che i fulmini cadono più facilmente nelle finestre.
DUE LETTERATI A PESARO ALL'INIZIO DELL'OTTOCENTO "Viviamo in mezzo alle storie e bisogna racconta... more DUE LETTERATI A PESARO ALL'INIZIO DELL'OTTOCENTO "Viviamo in mezzo alle storie e bisogna raccontarle bene. Gli uomini hanno bisogno di storie. Non soltanto per trasmettere sapere. Ogni storia è la custodia della speranza che questa vita non sia l'unica, che se uno volesse potrebbe avere un'esistenza differente".
L’opera è una biografia di Costanza Monti (1792-1840), figlia del noto poeta neoclassico Vincenzo... more L’opera è una biografia di Costanza Monti (1792-1840), figlia del noto poeta neoclassico Vincenzo Monti, e del marito, il conte Giulio Perticari (1779-1822), con il quale condivise dieci anni di vita a Pesaro, dal 1812 al 1822. Attorno ai due personaggi principali si muovono altri comprimari come Vincenzo Monti, la principessa di Galles Carolina di Brunswick, Gioachino Rossini, Giacomo Leopardi, Francesco Cassi, Antaldo Antaldi e tanti altri interpreti minori come Guglielmo Pepe, George Byron, Henri Beyle Stendhal, Tommaso Sgricci, Andrea Ranzi.
La storia d’amore tra i due protagonisti potrebbe concludersi con la morte di Giulio e con l’infamante accusa a Costanza, architettata dai fratelli e dai parenti del marito, di averlo tradito e avvelenato. Il tema fu argomento di gossip e di pubblicazioni per tutta la prima metà dell’Ottocento e oltre, ma ben pochi hanno avuto modo e tempo di consultare, come ha fatto l’autore, centinaia di lettere e di documenti, sparsi prevalentemente tra Pesaro e Forlì.
In realtà la vicenda continua con Costanza che, tra Milano e Ferrara, si dedica al culto della memoria del marito, si concede a qualche passione amorosa, incontra il figlio illegittimo di Giulio e muore poi, di cancro al seno, nel 1840.
Le vicende riguardano prevalentemente la città e la provincia di Pesaro, ma anche Roma, Milano, Ferrara, Pisa e varie località minori romagnole, pertanto la “storia” di Costanza non è solo “storia locale” ed è esemplificativa della condizione della donna borghese e colta nella società preromantica italiana.
1. " Il Signore, Iddio tuo, ti darà la città nelle mani e allora metti a fil di spada tutti i mas... more 1. " Il Signore, Iddio tuo, ti darà la città nelle mani e allora metti a fil di spada tutti i maschi; ma le donne, i fanciulli, il bestiame e tutto ciò che sarà nella città, tutto quanto il suo bottino, portalo via con te e goditi del bottino dei tuoi nemici, che il Signore, Iddio tuo, ti avrà dato ". Dalla Bibbia degli ebrei e dei cristiani, Deuteronomio 20:13, 14. 2. " Vi prometto la Città più bella e grande che ci sia, piena di palazzi e terrazze da cui godrete una vista favolosa. Troverete ovunque mobili preziosi, e montagne d'oro e
Puttane e sante alla corte di Alessandro Sforza, 2020
Story of the Sforza family Lords of Pesaro between XV and XVI Century: loves, wars, arts and colt... more Story of the Sforza family Lords of Pesaro between XV and XVI Century: loves, wars, arts and colture in a town of the Church State.
Il suo volto, 2022
Una storia d'amore sullo sfondo di un monastero benedettino, all'inizio degli anni '90. Luca Mera... more Una storia d'amore sullo sfondo di un monastero benedettino, all'inizio degli anni '90. Luca Merati, professore universitario di mezz'età, alla morte della moglie per cancro, si ritira in un monaster o dell'Appennino centrale come novizio, prendendo il nome di Francesco. Tra le virtù e le miserie della vita monastica egli ricerca la realizzazione di un sogno di perfezione che insegue dalla gioventù: l'incontro con Dio. Gli riuscirà solo quando, tra le braccia di una giornalista, salita al Monastero per un'intervista, si accorgerà che la perfezione dell'uomo sta nell'amare senza riserve o pregiudizi e il "volto di Dio" lo vedrà nei poveri e negli umili di questa terra.
Storia della città di Pesaro attraverso le sue strade.
Storia della città di Pesaro attraverso le sue strade.
Strade di Pesaro (PU) intitolate a personaggi nati o vissuti a Pesaro. Secondo volume
Strade di Pesaro (PU) intitolate a personaggi nati o vissuti a Pesaro. Primo volume
The life of Caroline of Brunswick the injured Queen of England from London to Pesaro (Italy) and ... more The life of Caroline of Brunswick the injured Queen of England from London to Pesaro (Italy) and coming back
Arrived in London for the Trial Caroline dies, thinking to her happy life in Pesaro (Italy) with ... more Arrived in London for the Trial Caroline dies, thinking to her happy life in Pesaro (Italy) with baron Pergami and Victorina.
Camillo Leonardi, figlio di Stefano Leonardi e di tale Cicella, nonno del più celebre Gian Giacom... more Camillo Leonardi, figlio di Stefano Leonardi e di tale Cicella, nonno del più celebre Gian Giacomo Leonardi, nacque a Pesaro nel 1450 ca. e morì a Pesaro dopo il 1532. Fu medico ed erudito, astronomo e astrologo, cortigiano di Costanzo Sforza e poi del figlio Giovanni Sforza. Il 7 settembre 1471 conseguì il dottorato in medicina, alla scuola di Gaetano Thiene, a Padova città dove, in seguito, fu lettore di astronomia. Il suo diploma di laurea, di cui resta una trascrizione alla BOP ms. 409, è firmato dai dottori Taddeo Quirino canonico di Brescia e Giacomo Zeno, vescovo di Padova. Il suo Speculum lapidum rimase per secoli il trattato di gemmologia "terapeutica" più noto e tradotto d'Europa fino alla piena rivoluzione della scienza del secolo XIX.
Trionfo dell'Amore: fronte di un cassone nuziale attribuito a Marco del Buono e Apollonio di Giov... more Trionfo dell'Amore: fronte di un cassone nuziale attribuito a Marco del Buono e Apollonio di Giovanni.
This the history of Cleofe (1405-1433) an italian princess from the Malatesta family of Pesaro th... more This the history of Cleofe (1405-1433) an italian princess from the Malatesta family of Pesaro that married Teodoro Paleologo, despot of Morea and son of the emperor of Constantinople. She lived an died at Mistras in the greeek Morea and the book, at the same time, tells about the end of the Bizantine empire in 1453. The text is divided in six books.
Life and troubles of a great Greek monk who became a catholic cardinal in the years of the fall o... more Life and troubles of a great Greek monk who became a catholic cardinal in the years of the fall of Constantinople.
talor si faceano alcuni giochi ingegnosi ... spesso si faceano imprese, come oggidì chiamiamo" (C... more talor si faceano alcuni giochi ingegnosi ... spesso si faceano imprese, come oggidì chiamiamo" (Castiglione, Cortegiano, I, 5). Il Dialogo dell'imprese militari e amorose di Paolo Giovio (Roma 1555) diede avvio a una vastissima trattatistica sul genere (che oggi appare ridicola e fatua, ma allora era fondamentale per i "nobili"), mirante soprattutto a chiarirne la tecnica e a nobilitarne le origini. Girolamo Ruscelli fece discendere direttamente dai consigli divini il "bellissimo ed utilissimo pensiero e trovamento dell'imprese" (Le imprese illustri, Venezia 1566). L'argomento fu ripreso da Andrea Palazzi: "Coloro adunque che dell'imprese hanno voluto più diligentemente ricercar l'invenzione, hanno ritrovato essersi avuta da Dio, che di sua bocca a quei primi sacerdoti del vecchio testamento, nel fare il tabernacolo e l'arca, divisò le figure che egli voleva che vi si scolpissero" (Discorso sopra le imprese, Bologna 1575). Luca Contile sostenne che "Il pubblicar l'imprese tocca a coloro nati nobili di sangue e ricchi di robba e di titoli signorili" (Ragionamento sopra la proprietà delle imprese, Pavia 1574). Non casualmente Lodovico Domenichi aveva dedicato un'ampia sezione alle "Tante onorate academie e raunanze d'uomini virtuosi e letterati, che avendo tutti bellissimi concetti, verisimilmente devono aver fatto argutissime imprese" (Ragionamento sulle imprese d'armi e d'amori, Venezia 1556). Se Torquato Tasso aveva definito l'impresa "Parte o specie d'una muta poesia" (Il Conte overo de le imprese, Napoli 1594), nel Seicento essa divenne un vero e proprio artificio, una "arguzia figurata", la cui bellezza era basata sull'ingegno, espresso nella forma complessa e allusiva della significazione. L'impresa è "Un'espressione di un concetto heroico della nostra mente, per via di un simbolo apparente" -scrive Emanuele Tesauro -un "Miraculoso composito, che ha l'anima fuor del corpo, avendo il significante sensibile nello scudo e il significato intelligibile nella mente" (Trattato delle imprese, nel Cannocchiale aristotelico, Torino 1654, cap. XV). Nel Cinquecento, con la diffusione della stampa tipografica, furono in voga le "imprese" di alcuni illustri tipografi ed editori, che si definiscono anche "marche tipografiche; a volte incise da celebri artisti, raffigurano talora scene pagane oppure figure simboliche od allusive, cosicché le imprese non furono solo patrimonio dell'araldica nobiliare o militare. BLASONE: il termine derivato dal francese, ha in pratica il medesimo significato di araldica, ma indica soprattutto la descrizione verbale dello stemma, fatto secondo regole precise, per cui se il disegno dello stemma della famiglia è stato eseguito secondo le regole araldiche, chiunque conosca tali regole è in grado di ricostruire l'esatta descrizione semplicemente guardando il disegno.
È ben noto che autorevoli umanisti e uomini di cultura del Quattro-Cinquecento, come il Porcellio... more È ben noto che autorevoli umanisti e uomini di cultura del Quattro-Cinquecento, come il Porcellio (Giannantonio Pandoni) e Leandro Alberti, hanno espresso giudizi molto positivi sull'operato degli Sforza pesaresi. E i due citati non sono stati i soli perché pure altri studiosi, cosiddetti "minori", hanno contribuito a tracciare un bilancio positivo del Settantennio di dominio sforzesco sulla città adriatica.