Dal “toolmaking” al “deadmaking”: le radici tecniche del rituale funebre. Ιn Sunseri F. et al. (eds.), Evoluzione e Tecnica. Una questione aperta, «Quaderni del Dottorato di Ricerca in Studi Umanistici», Unipapress, 2023, 83-102 (original) (raw)
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2024
Il tema di questo volume è il fenomeno, diffuso nei cimiteri in varie zone d’Europa, delle sepolture intenzionalmente riaperte e disturbate durante l’alto medioevo. Questo articolo offre una panoramica sullo stato attuale delle conoscenze e su come queste siano state raggiunte, con un approfondimento su come un’attenta analisi delle evidenze materiali possa portare a una migliore comprensione delle pratiche in oggetto. Dapprima, la trattazione altomedievale è inserita in un dibattito archeologico più ampio, e poi viene presentata una serie di esempi dettagliati per illustrare aspetti delle testimonianze e le loro interpretazioni. Il dibattito sulla riapertura delle sepolture altomedievali si è concentrato sui frequenti ritrovamenti di tombe che sono state disturbate e con manufatti rimossi precocemente. Come si vedrà, queste sono state tendenzialmente etichettate come derubate o saccheggiate, nonostante siano state avanzate una serie di spiegazioni più specifiche. Gli esempi presentati nell’articolo mostrano come ricerche incentrate sui dati tafonomici, in particolare sull’applicazione dei metodi archeo-tanatologici, possano rivelare la specificità delle azioni nelle singole tombe e altrettanto bene rendano possibile una comparazione più ampia dei tempi e delle forme delle attività di riapertura. Si presenta così un nuovo quadro dell’ampia geografia dei luoghi in cui questo tipo di pratica della riapertura è diventata comune, pur sottolineando la cautela nell’attribuire i segni di disturbo a cause particolari. In futuro, ci si interrogherà su come le pratiche di rimozione di oggetti di corredo dalle tombe siano da mettere in relazione con le altre forme di ri-connessione con i resti fisici dei defunti e con altre pratiche intergenerazionali osservate nelle necropoli altomedievali.
Tracce di un rituale: la libagione come nutrimento dei morti
Il dolore per la morte è oggi, come in antico, un momento di forte angoscia. Nel mondo antico la perdita di un membro della comunità destabilizzata la tranquillità, introduceva un senso di paura per la sua ineluttabilità. Il phóbos faceva sì che l'idea della morte non fosse più nascosta all'uomo, anzi, rendeva coscienti della fine ultima di tutti gli individui. Le espressioni artistiche che vanno dal Geometrico al Tardo Classico ci restituiscono molto bene questo stato di angoscia che pervade l'essere umano. Attraverso un'analisi dei principali reperti (in questa sede si fa una scelta dei più significativi, quelli che ci aiutano maggiormente a comprendere il dolore per la morte) che siano vasi dipinti, rilievi o sculture a tuttotondo, si cerca di comprendere, innanzitutto, se esistono dei mutamenti nei riti legati alla morte ad esempio come la próthesis che è una delle fasi iniziali del rito funerario, l'ekphorá che invece possiamo definirla come fase intermedia, insieme alla sepoltura vera e propria, in ultimo il banchetto che è a tutti gli effetti la fase finale. I periodi analizzati sono suddivisi in Geometrico (900-700 a.C.), Orientalizzante (700-600 a.C.), Arcaico (620-480 a.C.), Classico (480-380 a.C.) e Tardo Classico (380-323 a.C.) seguendo dunque le suddivisioni standard del mondo greco antico; volutamente si esclude il periodo Ellenistico, che come si sa, rivoluziona il mondo greco e lo trasforma. Ove possibile, oltre a reperti archeologici/artistici, si affiancano le fonti letterarie, preziose per avere un duplice riscontro della realtà del rito funerario. Lo studio dei gesti, della mimica facciale, della posizione dei corpi, dell'abbigliamento, sono utili a comprendere il significato antropologico intrinseco del rito funerario, cercando di capire come effettivamente fosse sentito il dolore per la morte nella Grecia antica.
Verso l’aldilà: i riti funerari e la cultura materiale
in Longobardi. Un popolo che cambia la storia, catalogo della mostra (Pavia – Napoli – San Pietroburgo, 2017-2018), a cura di G.P. BROGIOLO, F. MARAZZI, C. GIOSTRA, Milano, pp. 60-67, 2017
In copertina Spada con impugnatura con decorazioni auree dalla tomba 1 di Nocera Umbra (Perugia) Fine del VI-inizi del VII secolo Roma, Museo delle Civiltà-Museo dell'Alto Medioevo (cat. III.1b) Pagina 2 Fibula a disco a cloisonné da Torino, Lingotto Fine del VI-inizi del VII secolo Torino, Musei Reali di Torino-Museo di Antichità (cat. II.27a) Ideazione grafica della copertina Metodo studio
New archeological researches in the C compartment of the Osteria necropolis, one of the most important of Vulci since its early life stages, are the result of the fruitful collaboration between Soprintendenza and several institutions and make use of a group of engaged experts (paleo-botanists, geologists, anthropologists, archaeozoologists) to provide the correct scientific support to the results of archaeological excavation.The field investigation consists in the most western part of a large group of tombs “a fossa profonda”, dating from the first half of the VII a.C., some of which maybe relevant to family groups and small “tombe a camera”; an ipogeo is remarkable because of its monumental grandeur and wealth. In the eastern part the excavation has shown, within a large cut in the geological bank, a situation characterized by a series of rectangular enclosures, bordered by limestone slabs stuck directly in the bank, whose usage period dates back to IV B.C. Outside of these structures a jug, placed near a corner, kept the remains of cremated. All around, concentrations of burned areas, are perhaps to be connected to act of worship.