Vacchiano G. (2006). Lo sviluppo sostenibile: storia del problema ecologico. (original) (raw)

[ITALY] Sul “principio” dello sviluppo sostenibile [Ugo VILLANI]

L’impresa sostenibile. Alla prova del dialogo dei saperi, 2020

La traduzione dei principi, delle istanze, delle tendenze, che confluiscono nel concetto di sviluppo sostenibile, in precisi obblighi giuridici e la loro attuazione non appaiono opera agevole, specie nell’attuale momento storico. Una prima difficoltà deriva dall’atteggiamento degli Stati, a cominciare dei più potenti, volto a ripiegarsi su posizioni “sovraniste” e, sul piano commerciale, protezionistiche, i quali appaiono scarsamente disponibili alla cooperazione, specie a livello multilaterale. Il tentativo di risolvere problemi o di regolare fenomeni globali solo con misure e politiche nazionali appare del tutto inadeguato e illusorio: problemi e fenomeni di dimensioni globali richiedono

Bergandi, D., Massini, G., 2007, Lo sviluppo sostenibile: tra preservazione e conservazione della natura

Energia, ambiente e innovazione, 53, 5, pp. 70-79., 2007

Sustainable development: Preservation and conservation of nature The basic concepts in modern thinking about the environment were laid down in the mid-19th century. The sustainable-development paradigm is essentially a synthesis between two main currents of thought that emerged in that period, one calling for preservation, the other for conservation. A century and a half later, it is often still possible to recognize them in the paradigm.

Sviluppo sostenibile e storia internazionale: riflessioni storiografiche, problemi metodologici e visioni politiche, in M. Merlati, D. Vignati, Una storia, tante storie. Studi di storia internazionale, Milano, FrancoAngeli, 2019, pp. 255-280

M. Merlati, D. Vignati, Una storia, tante storie. Studi di storia internazionale, Milano, FrancoAngeli, 2019, pp. 255-280

Questo saggio si pone due obiettivi principali. Il primo è una ricostruzione storiografica che segue due linee principali: la ricerca storica più recente sul concetto di sviluppo sostenibile e gli studi che collegano i temi che lo caratterizzano ad altri processi storici, in particolare l'evoluzione delle organizzazioni internazionali e dell'integrazione europea. Il secondo è una rilettura di alcuni concetti chiave per la storia internazionale, tenendo conto della penetrazione dello sviluppo sostenibile, come visione e come insieme di obiettivi politici, nell'Onu, nell'Oecd, nella Ce/Ue e in altre istituzioni internazionali. Partendo da alcune questioni metodologiche che introducono il problema complesso del rapporto dello storico con l'evoluzione delle idee e con la loro ricezione da parte degli attori politici, il saggio descrive, nelle sue tappe principali, il percorso storico dello sviluppo sostenibile; le sue declinazioni da parte di politici e funzionari; gli obiettivi, i contorni e persino il lessico che accompagnano questa idea (sicurezza ambientale, bene naturale globale, capitale naturale, qualità della vita, crescita economica, human security).

Saggi Mancini Lo sviluppo ambientale sostenibile

Lo sviluppo ambientale integrale nell'ottica dell'ecologia umana sostenibile. «Laudato Sì» 1. Consapevolezza dell'irrinunciabilità di indirizzi e politiche per lo sviluppo sostenibile. Una ricognizione ontologica per una complessa dogmatica.-2. L'insegnamento dell'enciclica «Laudato Sì» per una rinnovata alleanza tra uomo ed ambiente. 1.-Consapevolezza dell'irrinunciabilità del principio di sviluppo sostenibile. Una ricognizione ontologica per una complessa dogmatica 1. Il principio dello «sviluppo sostenibile» è stato elaborato in sede internazionale e gradualmente recepito dalle legislazioni e Costituzioni nazionali. Gli accordi internazionali in prevalenza tendono a qualificare lo sviluppo sostenibile come «principio» del diritto dell'ambiente, pur con divergenze anche sensibili sul punto specifico se si tratti di principio «obbligatorio» o, comunque, «giuridico». Alcuni ritengono, peraltro, che il principio, più che avere un carattere giuridico, rivestirebbe «un carattere meta-giuridico», un «contenuto etico». Per altri autori ancora lo sviluppo sostenibile deve essere considerato «un obiettivo» da raggiungere. Tale concetto muove da una diffusa ed acquisita consapevolezza da parte dell'uomo sulla circostanza che, ai fini della sopravvivenza di ogni specie vivente, sia necessario e non più rinviabile una politica ispirata ad un uso razionale delle risorse naturali. La definizione di «sviluppo sostenibile», che figura per la prima volta nel cosiddetto rapporto Brundtland del 1987, commissione istituita presso le Nazioni Unite, è assai nota: «Lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le loro esigenze». Questa definizione racchiude in sé due concetti: da un lato, il concetto di bisogni, che va riferito, in particolare, a quello dei soggetti più sfavoriti, dall'altro, la non illimitatezza delle nostre risorse naturali e la conseguente necessità di governare lo sviluppo ponendo dei limiti alle capacità produttive. Si è venuto così stratificando nel tempo un folto gruppo di norme, in ambito internazionale, definite di soft law non vincolanti, generalmente programmatiche e d'indirizzo, fondamentali per la pianificazione successiva di politiche o negoziati, non produttive dunque di obblighi e diritti circostanziati ma, tuttavia, in grado nel tempo di colmare spazi in precedenza lasciati alla discrezionalità degli Stati per poi riuscire ad entrare nelle Carte costituzionali e nelle singole legislazioni nazionali. Questi atti di soft law hanno acquisito un'importanza fondamentale nel panorama del diritto internazionale dell'ambiente: basti pensare al forte impatto che ha avuto la Dichiarazione di principio di Stoccolma, vero e proprio programma pionieristico di una serie di Convenzioni a contenuto vincolante volte a proteggere taluni ambiti naturali e basilari per l'affermazione dei diritti umani all'ambiente nelle più recenti Costituzioni nazionali. La Dichiarazione di Stoccolma non è altro che il documento conclusivo, non vincolante ma solo di princìpi, della prima Conferenza mondiale sull'ambiente tenutasi nel 1972 sotto l'egida delle Nazioni Unite. Con tale documento si è iniziato a non considerare più l'inquinamento come sottoprodotto di un certo tipo di sviluppo industriale ma l'ambiente come una delle dimensioni essenziali dello sviluppo e dei diritti umani; da qui, lo slogan della Conferenza «non c'è sviluppo senza ambiente». Proprio con l'obiettivo di una nuova definizione del rapporto tra «sviluppo e ambiente», non più vincolata ad una «crescita zero» ideata dal Rapporto Meadows ma ad un nuovo modo di intendere lo sviluppo in forma più attenta e razionale, all'interno della Commissione mondiale su ambiente e sviluppo insediata nel 1983 su mandato dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite e composta da rappresentanze di 21 Paesi, è nato nel 1987 il documento dal titolo «Il nostro futuro comune», più noto come Rapporto

Costantini, V., Monni, S. (2008) “L'Indice di Sviluppo Umano Sostenibile: un indicatore per coniugare crescita, sostenibilità umana e ambientale” [in Italian].

2008

l a crescita conosciuta dall'economia cinese degli ultimi trenta anni può rappresentare un buon esempio per capire di cosa vogliamo parlare in questo articolo. A partire dalle riforme di Deng Xiaoping la crescita in Cina è stata spettacolare. Negli ultimi venti anni il Prodotto Interno Lordo (PIL) è addirittura aumentato di qualcosa come il 10% l'anno. Il problema è che questa poderosa crescita ha avuto un costo. Gli investimenti non hanno creato infatti solo le premesse della crescita ma purtroppo spesso hanno inquinato l'aria e le acque (poche a dire la verità in Cina). Solo per fare qualche esempio 16 delle 20 città più inquinate del pianeta secondo un recente rapporto del Worldwatch Institute si troverebbero in Cina che da sola ogni anno emette il 12% di biossido di carbonio (CO 2 ) globale.

Monni, S., Pallottino, M (2015) “Sustainable Development Goals? Meglio la Laudato Si’ ” [in Italian].

Menabò N.32, 2015

Salvatore Monni e Massimo Pallottino ricordano che lo scorso 25 settembre a New York sono stati presentati i nuovi Sustainable Development Goals (SDGs) rispetto ai quali sono stati formulati numerosi giudizi positivi. Monni e Pallottino, illustrando le principali caratteristiche della nuova agenda di sviluppo delle Nazioni Unite spiegano perché, a loro avviso, essa sia meno innovativa di quanto si tende a ritenere. A questa conclusione i due autori giungono anche attraverso un confronto con l’enciclica Laudato Si’ di Papa Francesco.