Piero Luxardo Franchi "Lettere italiane del Novecento" (original) (raw)

«Piero della Francesca e il Novecento. Una recensione dimenticata di Roberto Longhi», in: «Il capitale culturale», 22, dicembre 2020, pp. 173-196

Il capitale culturale, 2020

Reflections on relationships between "Italian art" and "German art" accompany Longhi throughout his activity. To date, the ideological background of this reflection remains largely unexplored, nourished by historical-political and anthropological-cultural ideas. This essay of mine, which devotes so to say "monographic" attention to an extensive review published by Longhi in «la Voce» in January 1914, aims to contribute to the study of certain historical-political and historical-ideological premises hitherto neglected. The occasion of the review, which takes stock of the relationship between Italian and "Nordic" art, is the publication in Munich of Arthur Moeller van den Bruck's voluminous «Die italienische Schönheit» (1913). The commitment with which Longhi throws himself into commenting on Moeller's volume is singular. In fact Moeller, who after the war, left the history of art, became known above all as the ideologue of the "young conservatives" gathered in Juni-Klub in Berlin and died suicide in 1925, at the time friend of Theodor Däubler and editor of the «Opera omnia» by Dostoevskij in Germany, celebrates Piero della Francesca from specifically modernist points of view, which refer to French, Swiss-German (Hodler) and Scandinavian (Munch) Post-Impressionism and to Italian Futurism, of which Moeller is among the most passionate supporters in Germany in immediate pre-war. The reasons for Piero's appreciation are, in Moeller, very different from those of Longhi, who publishes «Piero dei Franceschi e lo sviluppo della pittura veneziana» in 1914 and his well-known «Piero della Francesca» in 1927 (here Moeller is mentioned in bibliography). However not incomparable, and indeed such as to draw attention to Moeller as a today forgotten (yet illustrious) precursor of Piero's fame in the period of the "entre-deux-guerres". In the context of the Longhian review stand out the indignant refutation of Moeller's nationalism, perceived as aristocratic and «Junker-Style», in the name of a completely different nationalism, more popular (or populist) and «vociano»; a first sketch of the topics presented shortly after in the essay «Keine Malerei. Arte boreale?» (1914); and finally, Longhi's repetition of geopolitical common places widely circulating in Italy at that time on the subject of German scientific and cultural "imperialism". La riflessione sui rapporti tra «arte italiana» e «arte tedesca» accompagna Longhi nel corso di tutta la sua attività. Rimane ad oggi in larga parte inesplorato il retroterra ideologico di tale riflessione, nutrita di spunti storico-politici e antropologico-culturali. Questo mio saggio, che dedica attenzione per così dire “monografica” a un’ampia recensione longhiana apparsa sulla «Voce» nel gennaio del 1914, si propone di contribuire allo studio di talune premesse storico-politiche e storico-ideologiche sino ad oggi trascurate. Occasione della recensione, che fa il punto sul rapporto tra arte italiana e arte «nordica», è la pubblicazione a Monaco del voluminoso Die italienische Schönheit di Arthur Moeller van den Bruck (1913). L’impegno con cui Longhi si getta a commentare il volume di Moeller è singolare. Di fatto Moeller, che dopo la guerra, lasciata la storia dell’arte, diverrà noto soprattutto come ideologo dei «giovani conservatori» raccolti nello Juni-Klub berlinese e morirà suicida nel 1925, al tempo amico di Theodor Däubler e editore dell’Opera omnia di Dostoevskij in Germania, celebra Piero della Francesca da punti di vista specificamente modernisti, che fanno riferimento al postimpressionismo francese, mitteleuropeo (Hodler) e scandinavo (Munch) e al futurismo italiano, di cui Moeller è tra i più convinti sostenitori in Germania nell’immediato anteguerra. Le ragioni dell’apprezzamento di Piero sono, in Moeller, molto diverse da quelle di Longhi, che pubblica il saggio «Piero dei Franceschi e lo sviluppo della pittura veneziana» nel 1914 e il «Piero della Francesca» nel 1927 (qui Moeller è citato in bibliografia). Tuttavia non incomparabili, e anzi tali da richiamare l’attenzione su Moeller quale oggi dimenticato (eppure illustre) precursore della fama di Piero nel periodo dell’entre-deux-guerres. Spiccano, nel contesto della recensione longhiana, l’indispettita confutazione del nazionalismo di Moeller, avvertito come aristocratizzante, in nome di tutt’altro nazionalismo, vociano e prezzoliniano; un primo abbozzo degli argomenti esposti di lì a poco nell’acido Keine Malerei. Arte boreale?; e infine la riproposizione, da parte di Longhi, di luoghi comuni pubblicistici ampiamente circolanti al tempo in tema di “imperialismo” scientifico e culturale tedesco.

Un ritratto lucchese di Antonio Franchi

A P P U N T I Dipinti napoletani nella raccolta Rinuccini a Firenze: una collezione da spartire e una proposta per Antonello (Luca Giacomelli) PARAGONE Rivista mensile di arte figurativa e letteratura fondata da Roberto Longhi ARTE Anno LXVIII -Terza serie -Numero 132 (805) Marzo 2017

«Letteratura del Novecento a Brescia»

Marina Candiani, 2013

Annali di Storia Bresciana 1(1/2013) 0-0 MARINA CANDIANI «Letteratura del Novecento a Brescia». Col presente studio intendo tratteggiare la mappa della realtà letteraria di Brescia negli ultimi quarant'anni, mappa tracciata con l'intima consapevolezza di non possedere, da cittadina adottiva, salde radici nel territorio.

La letteratura del primo Novecento nell'«Italiano» di Leo Longanesi

QUESTA RICERCA è STATA PUBBLICATA NELL'OTTOBRE DEL 2020 CON IL TITOLO "I DENTI DELL'ARTE. La letteratura entre-deux-guerres nell'«Italiano» di Leo Longanesi" (AMOS EDIZIONI) - Questo lavoro vuole provare a dar conto dell’idea di letteratura dell’«Italiano» di Leo Longanesi, studiando il contributo dei suoi principali collaboratori ed esaminando il loro effettivo apporto nel dar forma alla fisionomia della rivista.

Lettere pugliesi. Tommaso Fiore e Leonardo Sciascia

Lettere pugliesi. Tommaso Fiore e Leonardo Sciascia, in "Todomodo", VII, 2017

Although consisting of only a few letters and fragments, the correspondence between Sciascia and Tommaso Fiore in the period 1956-1961 has a degree of importance, as these were the years in which Sciascia’s political choices were being redefined, as well as his poetics. This essay aims to shed further light on Sciascia’s intellectual and political profile during the 1950s and 1960s, focusing in particular on his contacts with various aspects of political and cultural ‘southern-ness’, or meridionalismo – which had their origin in Gobetti and supporters of the Partito d’Azione – to which Fiore was heir and witness.

Il Novecento di Mario Marti

Prima di entrare nel merito del discorso, è necessario fare una breve premessa. Nel maggio 2009 fui invitato a tenere una conversazione nella sede del Circolo culturale «Galileo» di Trepuzzi, in occasione del novantacinquesimo genetliaco di Mario Marti. Accettai subito l'invito non solo con grande gioia ma anche con un pizzico di emozione, perché è dal 1968, cioè da quando mi iscrissi alla Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di Lecce, che ho il piacere di conoscere il professor Marti. Durante i quattro anni di corso, seguii assiduamente le sue lezioni, partecipai ai seminari da lui organizzati, sostenni con lui gli esami di Letteratura italiana. Poi, attratto dalla modernità letteraria, decisi di laurearmi con Donato Valli in Storia della letteratura italiana moderna e contemporanea, con una tesi sul petrarchismo novecentesco, della quale egli era il correlatore. Ma Marti è rimasto sempre, per me, un punto di riferimento costante dal lato metodologico e un esempio di serietà e rigore scientifico a cui ho cercato di improntare la mia attività, un vero maestro, insomma, nel campo dell'italianistica. Ho continuato a frequentarlo, a seguire le sue conferenze, a leggere i suoi numerosi volumi, che mi ha donato sempre con dediche affettuose, ad avere un ininterrotto e proficuo rapporto con lui fino ad oggi. Tra l'altro, ha avuto la bontà di ospitare due miei lavori in collane da lui dirette: uno, la mia prima monografia in assoluto, Bodini prima della «Luna», nella «Minima» della casa editrice Milella di Lecce, nel 1982; l'altro, una raccolta di saggi, Futurismo e dintorni, nella collezione di studi e testi, «Humanitas», delle Edizioni Congedo di Galatina, nel 1993.

Edoardo Sanguineti Atlante del Novecento italiano La cultura letteraria

A cura di Erminio Risso pp. 128 t 11,36 (L. 22.000) Settanta scrittori selezionati dal critico e poeta (che spiega le sue ragioni in un'intervista a Erminio Risso) e fotografati da Giovanni Giovannetti. Armando Besio, "La Repubblica", 28 settembre 2001 Un'antologia della cultura più che della letteratura; anche se l'atten-zione al linguaggio è primaria. L'idea di base è quella del Novecento come secolo delle avanguardie. Cinzia Fiori, "Il Corriere della Sera", 29 settembre 2001 Era un po' che non faceva scandalo il bastian contrario Edoardo Sanguineti, il professore-saggista-critico letterario, padre della neoavan-guardia degli anni '60 ed ex enfant terrible della poesia. E forse è per riguadagnare il tempo perduto che a 71 anni ha stilato la lista dei buoni e dei cattivi della nostra letteratura, in un provocatorio libretto, Atlante del Novecento italiano, in uscita da Manni, che lascerà parecchi lettori in stato di sbalordimento. In una ...

PAROLE, SPERANZE E DELUSIONI Scritti sul Novecento letterario italiano

Parole, speranze e delusioni. Scritti sul Novecento letterario italiano,, Edizioni di Sinestesie, Avellino, 2019

Presentiamo in questo lavoro alcuni recenti scritti di critica letteraria, incentrati su alcuni significativi autori del Novecento italiano, che appartengono a periodi diversi di questo secolo insieme bellissimo e terribile. Si parte da due saggi dedicati al futurista Mario Carli, un personaggio che negli ultimi decenni ha conosciuto una vistosa rivalutazione, legata al ritorno di fiamma del Futurismo italiano, ma anche alla sua partecipazione ad eventi rilevanti nella prima parte del Novecento italiano, a partire dall’impresa fiumana capitanata da Gabriele d’Annunzio. Con Vasco Pratolini ci spostiamo, invece, nell’immediato secondo dopoguerra, quando viene composto lo stupendo racconto "Lungo viaggio di Natale"; dalla prosa secca e diretta di Pratolini passiamo, con Girolamo Comi, ad un protagonista della poesia del Novecento, con il suo sofferto e peculiare cattolicesimo, che si innesta sul sentimento cosmico della prima fase. Al 1960 ci portano le pagine di Cesare Brandi, il padre del restauro moderno, che nelle sue pagine non nasconde la sua diffidenza e la sua ostilità di fronte a certi aspetti della civiltà moderna, sottolineando per converso, in modo coinvolgente, l’importanza degli eterni valori dell’Umanesimo. Su questa base, dunque, si svolge il colloquio ideale con un autore come Antonio De Ferraris, detto il Galateo, vissuto tra Quattro e Cinquecento. L’ultimo contributo, inedito, è dedicato ad una lunga e significativa intervista di Eugenio Montale, rilasciata nel 1971 ad uno studioso giramondo, Roberto Ruberto, che dal suo piccolo paese italiano, di tradizioni albanesi, si era trasferito in America. L’intervista, per la prematura scomparsa di Ruberto, a soli 39 anni, apparirà solo in lingua inglese, postuma, nel 1974. Ora, a distanza di quasi mezzo secolo, pubblichiamo per la prima volta il testo originale del lungo colloquio, che abbiamo inquadrato nel denso contesto delle interviste montaliane, sottolineandone le caratteristiche e l’importanza.