Emanuele Felice | Università Di Chieti (original) (raw)
Books by Emanuele Felice
Nel suo percorso millenario il nostro paese ha conosciuto fasi alterne di prosperità e di declino... more Nel suo percorso millenario il nostro paese ha conosciuto fasi alterne di prosperità e di declino. Dopo i successi del Novecento, da anni sembra arenato nelle secche di una lunga stagnazione, che non trova paragoni nel resto dell’Occidente. Come è stato possibile passare da una realtà economica tra le più floride all’attuale declino? Alla luce delle più aggiornate ricerche sul reddito e sulla disuguaglianza, sul divario Nord-Sud e sulla performance delle imprese, il libro mostra come l’origine dei successi e dei fallimenti italiani sia da ricercarsi nell’assetto politico e istituzionale del paese, nelle sue classi dirigenti e nel modo in cui esse hanno inciso, nel bene o nel male, sulle condizioni profonde della crescita.
«Se la storia dell’economia italiana può insegnarci qualcosa, la strada per evitare il declino non può che essere una: dotarsi degli stessi fondamentali su cui poggiano le economie forti del continente. È la strada più difficile da seguire per la classe dirigente − politica e imprenditoriale − e per questo è ancora più importante che l’opinione pubblica ne sia consapevole»
"Alla domanda «perché il Sud è rimasto indietro?» sono state date risposte diverse, fra le più lo... more "Alla domanda «perché il Sud è rimasto indietro?» sono state date risposte diverse, fra le più lontane l’una dall’altra. Una letteratura di lunga data pone l’accento sulle differenze fra i meridionali e il resto degli italiani, di tipo culturale o etico, quando non addirittura genetico: i meridionali finiscono sul banco degli imputati, senza grosse distinzioni fra loro. Un altro genere di risposte biasima la geografia avversa, oppure denuncia lo sfruttamento ad opera degli italiani del Nord: qui i meridionali vengono assolti, ma di nuovo senza distinzioni, al punto che perfino i misfatti di certe classi dirigenti appaiono ridimensionati.
Il libro ricostruisce i divari regionali sotto diversi aspetti (reddito, istruzione, sviluppo umano e civile) al momento dell’Unità, demolendo il mito che vorrebbe un Mezzogiorno allora paragonabile al Centro-Nord, e poi la loro evoluzione fino ai nostri giorni. Il cuore della trattazione sta in una terza risposta: la «miseria degli uomini», cioè la più alta disuguaglianza dei redditi e delle ricchezze, hanno fatto sì che al Sud prevalessero istituzioni estrattive, anziché inclusive come nel Centro-Nord. È stato questo il fattore che maggiormente ha frenato lo sviluppo del Mezzogiorno. La responsabilità ricade sulle classi dirigenti che quelle istituzioni hanno sorretto e incarnato; su quanti nel tempo si sono accaparrati benefici e risorse, avendo interesse a mantenere l’economia e la società involute in una «modernizzazione passiva».
Indice del volume. Introduzione. Capitolo I − Il divario all’Unità (1. Le precondizioni. 2. Il reddito. 3. Le condizioni di vita. 4. Povertà della natura e miseria degli uomini. 5. Perché nasce la mafia?). Capitolo II − La modernizzazione passiva: il divario dall’Unità a oggi (1. La modernizzazione. 2. L’industrializzazione attiva: il Centro-Nord. 3. L’industrializzazione passiva: il Mezzogiorno. 4. Istruzione. 5. Salute. 6. Lo sviluppo umano e civile. 7. Perché la mafia non è stata sconfitta?). Capitolo III − Perché il Sud è rimasto indietro (1. La razza maledetta. 2. L’etica. 3. La geografia. 4. Sfruttati, ma da chi? 5. L’uomo al centro della storia). Conclusioni""
REGIONAL DISPARITIES AND PUBLIC POLICIES. A RE-EXAMINATION OF ITALIAN DEVELOPMENT. Italy is pro... more REGIONAL DISPARITIES AND PUBLIC POLICIES. A RE-EXAMINATION OF ITALIAN DEVELOPMENT.
Italy is probably the European country with the widest and most historically deep-rooted regional disparities, at least (but maybe not only) in economic terms. There is a huge literature dealing with the so-called «questione meridionale» – the social, cultural and economic backwardness of southern Italy – a literature dating back to the end of the nineteenth century. During the very last decades analyses and researches into the remarkable performances of other parts of the country, namely the north-eastern and central regions (Nec), have been flourishing too. We should add that in the second half of the XX century policy makers devoted many efforts to overcome the historical North-South divide, delivering a massive and unparalleled regional policy mostly by way of the so-called «Cassa per il Mezzogiorno», although the results were largely disappointing. This book proposes a broad historical picture of regional disparities in Italy, from 1871 up to 2001. It focuses is not only on income, but also on the human development index (Hdi) and on its two other components (apart from income, longevity and education). With the avail of these new estimates, it revises some of the vast literature dealing with regional disparities in Italy, as well as the public and regional policies introduced in the last century with different results, in the South as well in the Centre-North. By the time of Unification Italy was a profoundly divided country, not only in terms of per capita income, but also – and maybe more – with regard to education and to other compo- nents of human development, which varied greatly among the regions. While income disparities increased until 1951, those in education and longevity followed an opposite trend, so that there was a clear catching-up in terms of human development. This catching-up process continued also during the second half of the twentieth century – particularly in the 1950s, the 1960s and to a lesser extent in the 1970s – when income disparities finally declined, thanks to regional policies as well as to the South-North migration; however, in the last two decades the process almost came to a halt, because of a new widening of the North-South income divide (there was still a catching-up in terms of education, while regional disparities have practically disappeared in terms of longevity). By 2001 Hdi disparities among the Italian macro-areas were still relatively high – al- though significantly reduced – if compared with those among the most developed countries. There is a strong correlation between income and Hdi, not only because income stands as a basic component of Hdi but also because, especially in the long term, it is strictly correlated with another component of Hdi, namely education, as stressed by a vast international literature. However, Italian regional trends seem to confirm that high Hdi leads to long term eco- nomic growth, while the reverse causation is not always true: referring to the international context and to the last decades of the twentieth century, recent analyses have reached similar conclusions.
"Looking forward. The evolution of the Legacoop cooperative network in the last quarter of the XX... more "Looking forward. The evolution of the Legacoop cooperative network in the last quarter of the XX century.
Se il traguardo di un secolo di vita nel 1986 aveva visto la galassia di cooperative aderenti a Legacoop in buona salute, vent'anni dopo si deve registrare una vera e propria fioritura, che ha visto l'intero sistema rafforzato, con un drappello di un centinaio di cooperative ascese nel limitato "gotha" italiano delle grandi imprese, alcune addirittura in posizione di leadership. Come questa fioritura sia avvenuta e quali ne siano le implicazioni per Legacoop e per l'economia italiana sono i due temi forti del volume, che si articola in tre parti. Nella prima parte viene analizzato lo sviluppo quantitativo di Legacoop, con disaggregazioni settoriali e regionali e qualche accenno alla recente formazione dei gruppi cooperativi. Nella seconda parte, si identificano le svolte strategiche realizzate dal movimento negli ultimi trent'anni, scandite dai cambi della dirigenza. Nella terza, infine, vengono passati in rassegna i contributi di Legacoop alla legislazione cooperativa, al dibattito sulla governance, alla promozione di nuova imprenditorialità cooperativa, terminando con una nota sulla fine del collateralismo e la prospettiva unitaria del movimento cooperativo italiano."
Con un secolo di vita alle spalle, la Società Produttori Sementi si è affermata come uno dei prin... more Con un secolo di vita alle spalle, la Società Produttori Sementi si è affermata come uno dei principali centri di ricerca genetica nei cereali a livello mondiale: rappresenta un'esperienza originale nel contesto economico nazionale ed europeo, sia perché dimostra come, anche nel campo agricolo, si possano coniugare nel lungo periodo ricerca scientifica e organizzazione d'impresa, sia perché è un esempio particolarmente riuscito del "modello" di sviluppo emiliano-romagnolo. Questo volume ricostruisce, in modo approfondito e con accuratezza scientifica, la storia della Produttori Sementi, le cui vicende costituiscono un'interessante chiave di lettura dalla quale guardare ai processi di modernizzazione dell'agricoltura italiana nel XX secolo: dall'espansione dell'età giolittiana alla battaglia del grano fascista, alla ristrutturazione del secondo dopoguerra, fino alle politiche agrarie comunitarie e alla recente globalizzazione. Il libro vuole anche essere un contributo di carattere empirico al dibattito sul ruolo dell'innovazione, sull'importanza del contesto storico e delle istituzioni locali, per il successo del made in Italy.
Emanuele Felice è professore di Storia Economica presso l'Università Autonoma di Barcellona. Oltre a temi di storia d'impresa, si è occupato delle disuguaglianze regionali in Italia da una prospettiva di lungo periodo e, più di recente, della ricostruzione dei conti economici nazionali. Ha pubblicato diversi saggi sulle principali riviste italiane e internazionali e, per Il Mulino, i volumi "Divari regionali e intervento pubblico. Per una rilettura dello sviluppo in Italia" (2007) e "Oltre il secolo" (con Vera Zamagni, 2006).
Nel lavoro viene ricostruita l’attività della Cassa per il Mezzogiorno in Abruzzo, nei suoi diver... more Nel lavoro viene ricostruita l’attività della Cassa per il Mezzogiorno in Abruzzo, nei suoi diversi settori d’intervento: agricoltura, infrastrutture (strade, acquedotti), aiuti all’industria (contributi a fondo perduto e prestiti agevolati). Emerge un percorso diverso da quello seguito dalle altre regioni meridionali, e che ha determinato il successo del “modello” abruzzese. Nel campo delle infrastrutture, l’opera della Cassa è stata più intensa che nel resto del Sud, la quota di stanziamenti è risultata costantemente più alta di quella della popolazione, e le iniziative intraprese dalla sistemazione e costruzione di strade alla realizzazione di acquedotti e reti idriche hanno avuto un impatto maggiore. L’Abruzzo, che all’inizio degli anni cinquanta per infrastrutture di trasporto, idriche e ‘sociali’ non era in una situazione migliore rispetto alle altre regioni del Sud, alla metà degli anni ottanta appare nettamente in testa alla classifica. I tecnici della Cassa hanno a volte mostrato una visione d’insieme dei problemi da affrontare e delle soluzioni da adottare migliore di quella delle amministrazioni locali, ed hanno portato a termine interventi che in molti casi queste non avrebbero potuto permettersi. I finanziamenti all’industria, a differenza che nella gran parte del Sud, si indirizzano meno verso i settori pesanti ad alta intensità di capitale dominati dalle imprese pubbliche, e vanno invece in parte cospicua ad ampliare aziende del luogo attive in comparti leggeri e con un più basso rapporto capitale/lavoro, dalle ceramiche, all’alimentare al tessile. L’Abruzzo rimane così relativamente estraneo ai modelli di tipo top-down pensati per l’industrializzazione del Mezzogiorno, e che poi saranno così negativamente condizionati dagli shock petroliferi. Anche laddove si privilegeranno stabilimenti di più grandi dimensioni nei nuclei e nelle aree industriali (dalla Siv nel Vastese alla Sevel nel Lancianese), questi risulteranno comunque in grado di creare un certo indotto e notevole occupazione, e, soprattutto, non solo non entreranno in crisi negli anni settanta, ma anzi troveranno nei processi di diversificazione e delocalizzazione legati al superamento del fordismo un’occasione di crescita ulteriore. Tutto ciò farà dell’Abruzzo nell’ultimo periodo la meta privilegiata dei finanziamenti all’industria dell’intervento straordinario, determinando il consolidarsi (e non l’arresto) del percorso di convergenza avviato negli anni sessanta
Papers by Emanuele Felice
MPRA Paper, 2014
L'articolo risponde alle aspre critiche mosse da Daniele e Malanima (Perché il Sud è rimasto indi... more L'articolo risponde alle aspre critiche mosse da Daniele e Malanima (Perché il Sud è rimasto indietro? Il Mezzogiorno fra storia e pubblicistica, Rivista di Storia Economica, 2014, n. 1) al mio ultimo libro (Perché il Sud è rimasto indietro, Il Mulino, 2013), circa la ricostruzione dei divari regionali in Italia e l'interpretazione della questione meridionale. Per quel che riguarda la ricostruzione dei divari, si mostra che: la mia procedura di stima per il 1871 è trasparente; la procedura di interpolazione realizzata da Daniele e Malanima non è replicabile e si accompagna a risultati poco chiari; il metodo con il quale Daniele e Malanima dichiarano di essere passati dai confini storici ai confini attuali è incompatibile con i loro risultati; disponiamo oggi di una nuova ricostruzione per anni campione, ai confini attuali, più approfondita. Per quel che concerne la reinterpretazione del divario Nord-Sud, a mio giudizio Daniele e Malanima propongono una lettura parziale del mio lavoro, che li conduce a errori di interpretazione (ad esempio nel leggere i modelli econometrici) o a forzature polemiche; inoltre i due autori non considerano importanti o recenti contributi della ricerca storica (mentre supportano una certa pubblicistica storicamente inattendibile in circolazione sul Mezzogiorno) e fanno un utilizzo non sempre appropriato della letteratura economica. Nemmeno la loro visione della storia, e all'interno di questa del comune mestiere di «costruttori di stime», a me sembra condivisibile.
Il Politico, Jun 6, 2023
conveniente lavorare e investire, una revisione della disciplina fiscale sulle fusioni che incora... more conveniente lavorare e investire, una revisione della disciplina fiscale sulle fusioni che incoraggi le piccole imprese a crescere, l'introduzione del quoziente familiare nella tassazione diretta e, "l'introduzione sperimentale della settimana lavorativa di quattro giorni" (p.137), integrata da attività di formazione a distanza. Si sottolinea inoltre come le esportazioni costituiscano un fattore molto importante per lo sviluppo del Paese, anche se dovrebbero essere più equilibrate a livello territoriale con una crescita di quelle provenienti dalle aree centrali e meridionali. Le considerazioni finali, quasi una previsione, sono che gli effetti delle quattro crisi individuate, e dettagliatamente descritte, non saranno di breve durata. L'unica certezza è che il mondo non tornerà come prima: per affrontare le crisi, per coglierne le opportunità e non solo subirne i danni, abbiamo bisogno di pensieri nuovi, di nuove analisi e soprattutto di prospettive di lungo periodo per tenere conto delle esigenze del benessere delle future generazioni e per avviare un processo di sviluppo, in Italia e in Europa, che sia anche sostenibile.
MPRA Paper, 2015
In recent years there have been major advances in our historical knowledge of regional disparitie... more In recent years there have been major advances in our historical knowledge of regional disparities in Italy; as a consequence, the debate on the causes of the North-South divide (and thus, ultimately, on strategies and possibilities to overcome it) has also revived. By largely drawing on my latest book on this subject [Perché il Sud è rimasto indietro, 2013], this paper presents the state of the art of the history of Italy's North-South divide, since Unification until our days. The first section provides an updated discussion of regional differences − in income but also in social indicators − at the time of the country's Unification (1861). In the second section, the evolution of regional GDPs from the late XIX century until our days is briefly reviewed, through the main phases of Italian political and economic history. The third part provides a critical discussion, with some reference to the international literature, on the various hypotheses put forward to explain the persistent North-South divide. My main argument is summed up in the conclusions: there was a socio-institutional divide between the North and the South of the peninsula, that pre-exists Unification, in some respects grows stronger with it and is never bridged throughout the history of post-unification Italy. Admittedly, some socio-institutional convergence took place in the last decades, but this went in a direction opposite to the desirable one − that is, the North and Italy as a whole have begun to look similar to the South, rather than viceversa. Abstract (italiano) Negli ultimi anni sono stati fatti importanti progressi nella nostra conoscenza sull'evoluzione dei divari regionali in Italia; ultimamente si è anche riaperto il dibattito sulle cause del divario Nord-Sud (e quindi, in prospettiva, sulle strategie e le possibilità per superarlo). A partire dall'analisi più distesa condotta in Perché il Sud è rimasto indietro [Felice 2013], questo intervento prova a fare il punto sullo stato dell'arte. La prima parte è dedicata alla discussione delle differenze regionali − nel reddito ma anche negli indicatori sociali − intorno all'Unità. Nella seconda, verrà illustrato brevemente l'andamento dei divari di reddito dall'Unità sino ai nostri giorni, lungo le principali fasi della storia unitaria. La terza parte offre una discussione critica, con qualche riferimento alla letteratura internazionale, sulle spiegazioni ipotizzate circa il persistente divario Nord-Sud che non ritengo essere adeguate per il caso italiano. Nelle conclusioni si riassume invece brevemente la tesi sostenuta in Perché il Sud è rimasto indietro: ovvero l'esistenza di un divario di tipo socio-istituzionale fra il Nord e il Sud della penisola, che preesiste all'Unificazione, si rafforza con essa e non viene mai superato nel corso della nostra storia − se non forse negli ultimi anni, ma in una direzione contraria a quella auspicabile, con il Nord che rischia di assomigliare sempre più al Mezzogiorno.
Moneta e Credito, 2020
Moneta e Credito Quest'opera è distribuita con licenza internazionale Creative Commons Attribuzio... more Moneta e Credito Quest'opera è distribuita con licenza internazionale Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 4.0. Copia della licenza è disponibile alla URL http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/ vol. 73 n. 292 (dicembre 2020) L'albatros. Ricordo di Stefano Fenoaltea EMANUELE FELICE I've made shoes for everyone, even you and I still go barefoot. (Bob Dylan, I and I, 1983) Les hommes qui pensent en rond ont les idées courbes.
Carlo Alberto Notebooks, 2017
In recent years there have been major advances in the research about the historical pattern of re... more In recent years there have been major advances in the research about the historical pattern of regional inequality in Italy and its historical roots: new and more accurate estimates of regional GDP, as well as of social indicators (human capital, life expectancy, HDI, heights, inequality, social capital) and other indices (market potential), running roughly from around the Unification to our days, are now available. By the light of this up-to-date information, the article reviews the debate about the determinants of regional development in Italy, within the broader framework of the country's industrial takeoff and modern economic growth, and connects it to the main strands of the international literature. After critically discussing the competing hypotheses proposed to account for the different patterns observed and the North-South divide, a different explanation-and the main argument of the article-is presented: a North-South socioinstitutional divide pre-existed Unification, in some respects grew stronger with it and was never bridged throughout the history of post-Unification Italy; such a divide ultimately impacted on the levels of human and social capital, as well as upon differences in policies and institutional performance, and thus on economic growth.
L'industria, 2017
The essay reconstructs the history of the Ilva in Bagnoli, from its creation in 1905 until its di... more The essay reconstructs the history of the Ilva in Bagnoli, from its creation in 1905 until its dismantlement, and of subsequent restructuring projects. Along the industrial parabola, the crisis of the first modern factory of southern Italy, and of the steel sector in Naples, was due to the confluence between an adventurous national policy and the traditional extractive strategies (towards urban speculation) of the local ruling classes. In light of the historical analysis, some considerations are drawn about the re-launch of Bagnoli's area: the role of national policy will still be crucial, in order to mobilize resources and to provide the operational tools; however, the action from above should properly consider what has recently emerged from the local context, concerning the opposition to speculation and the possible development strategies; at the same time, it should not be paralyzed by endogenous particular interests and opportunisms, the same ones that have ended up to harness and then turn off past re-launch projects. The current strategy appears to move in this direction, but there is a third condition for its success: politics, national in particular, must be able to maintain long-term strategic coherence, absent in the past.
Oxford University Press eBooks, Mar 9, 2017
Novecento.org, Feb 1, 2021
Il dossier sulla Summer school 2020 si compone di 5 coppie di parole chiave. Questo testo afferis... more Il dossier sulla Summer school 2020 si compone di 5 coppie di parole chiave. Questo testo afferisce alla coppia di parole chiave Stato/Mercato
RePEc: Research Papers in Economics, Nov 1, 2013
Nel suo percorso millenario il nostro paese ha conosciuto fasi alterne di prosperità e di declino... more Nel suo percorso millenario il nostro paese ha conosciuto fasi alterne di prosperità e di declino. Dopo i successi del Novecento, da anni sembra arenato nelle secche di una lunga stagnazione, che non trova paragoni nel resto dell’Occidente. Come è stato possibile passare da una realtà economica tra le più floride all’attuale declino? Alla luce delle più aggiornate ricerche sul reddito e sulla disuguaglianza, sul divario Nord-Sud e sulla performance delle imprese, il libro mostra come l’origine dei successi e dei fallimenti italiani sia da ricercarsi nell’assetto politico e istituzionale del paese, nelle sue classi dirigenti e nel modo in cui esse hanno inciso, nel bene o nel male, sulle condizioni profonde della crescita.
«Se la storia dell’economia italiana può insegnarci qualcosa, la strada per evitare il declino non può che essere una: dotarsi degli stessi fondamentali su cui poggiano le economie forti del continente. È la strada più difficile da seguire per la classe dirigente − politica e imprenditoriale − e per questo è ancora più importante che l’opinione pubblica ne sia consapevole»
"Alla domanda «perché il Sud è rimasto indietro?» sono state date risposte diverse, fra le più lo... more "Alla domanda «perché il Sud è rimasto indietro?» sono state date risposte diverse, fra le più lontane l’una dall’altra. Una letteratura di lunga data pone l’accento sulle differenze fra i meridionali e il resto degli italiani, di tipo culturale o etico, quando non addirittura genetico: i meridionali finiscono sul banco degli imputati, senza grosse distinzioni fra loro. Un altro genere di risposte biasima la geografia avversa, oppure denuncia lo sfruttamento ad opera degli italiani del Nord: qui i meridionali vengono assolti, ma di nuovo senza distinzioni, al punto che perfino i misfatti di certe classi dirigenti appaiono ridimensionati.
Il libro ricostruisce i divari regionali sotto diversi aspetti (reddito, istruzione, sviluppo umano e civile) al momento dell’Unità, demolendo il mito che vorrebbe un Mezzogiorno allora paragonabile al Centro-Nord, e poi la loro evoluzione fino ai nostri giorni. Il cuore della trattazione sta in una terza risposta: la «miseria degli uomini», cioè la più alta disuguaglianza dei redditi e delle ricchezze, hanno fatto sì che al Sud prevalessero istituzioni estrattive, anziché inclusive come nel Centro-Nord. È stato questo il fattore che maggiormente ha frenato lo sviluppo del Mezzogiorno. La responsabilità ricade sulle classi dirigenti che quelle istituzioni hanno sorretto e incarnato; su quanti nel tempo si sono accaparrati benefici e risorse, avendo interesse a mantenere l’economia e la società involute in una «modernizzazione passiva».
Indice del volume. Introduzione. Capitolo I − Il divario all’Unità (1. Le precondizioni. 2. Il reddito. 3. Le condizioni di vita. 4. Povertà della natura e miseria degli uomini. 5. Perché nasce la mafia?). Capitolo II − La modernizzazione passiva: il divario dall’Unità a oggi (1. La modernizzazione. 2. L’industrializzazione attiva: il Centro-Nord. 3. L’industrializzazione passiva: il Mezzogiorno. 4. Istruzione. 5. Salute. 6. Lo sviluppo umano e civile. 7. Perché la mafia non è stata sconfitta?). Capitolo III − Perché il Sud è rimasto indietro (1. La razza maledetta. 2. L’etica. 3. La geografia. 4. Sfruttati, ma da chi? 5. L’uomo al centro della storia). Conclusioni""
REGIONAL DISPARITIES AND PUBLIC POLICIES. A RE-EXAMINATION OF ITALIAN DEVELOPMENT. Italy is pro... more REGIONAL DISPARITIES AND PUBLIC POLICIES. A RE-EXAMINATION OF ITALIAN DEVELOPMENT.
Italy is probably the European country with the widest and most historically deep-rooted regional disparities, at least (but maybe not only) in economic terms. There is a huge literature dealing with the so-called «questione meridionale» – the social, cultural and economic backwardness of southern Italy – a literature dating back to the end of the nineteenth century. During the very last decades analyses and researches into the remarkable performances of other parts of the country, namely the north-eastern and central regions (Nec), have been flourishing too. We should add that in the second half of the XX century policy makers devoted many efforts to overcome the historical North-South divide, delivering a massive and unparalleled regional policy mostly by way of the so-called «Cassa per il Mezzogiorno», although the results were largely disappointing. This book proposes a broad historical picture of regional disparities in Italy, from 1871 up to 2001. It focuses is not only on income, but also on the human development index (Hdi) and on its two other components (apart from income, longevity and education). With the avail of these new estimates, it revises some of the vast literature dealing with regional disparities in Italy, as well as the public and regional policies introduced in the last century with different results, in the South as well in the Centre-North. By the time of Unification Italy was a profoundly divided country, not only in terms of per capita income, but also – and maybe more – with regard to education and to other compo- nents of human development, which varied greatly among the regions. While income disparities increased until 1951, those in education and longevity followed an opposite trend, so that there was a clear catching-up in terms of human development. This catching-up process continued also during the second half of the twentieth century – particularly in the 1950s, the 1960s and to a lesser extent in the 1970s – when income disparities finally declined, thanks to regional policies as well as to the South-North migration; however, in the last two decades the process almost came to a halt, because of a new widening of the North-South income divide (there was still a catching-up in terms of education, while regional disparities have practically disappeared in terms of longevity). By 2001 Hdi disparities among the Italian macro-areas were still relatively high – al- though significantly reduced – if compared with those among the most developed countries. There is a strong correlation between income and Hdi, not only because income stands as a basic component of Hdi but also because, especially in the long term, it is strictly correlated with another component of Hdi, namely education, as stressed by a vast international literature. However, Italian regional trends seem to confirm that high Hdi leads to long term eco- nomic growth, while the reverse causation is not always true: referring to the international context and to the last decades of the twentieth century, recent analyses have reached similar conclusions.
"Looking forward. The evolution of the Legacoop cooperative network in the last quarter of the XX... more "Looking forward. The evolution of the Legacoop cooperative network in the last quarter of the XX century.
Se il traguardo di un secolo di vita nel 1986 aveva visto la galassia di cooperative aderenti a Legacoop in buona salute, vent'anni dopo si deve registrare una vera e propria fioritura, che ha visto l'intero sistema rafforzato, con un drappello di un centinaio di cooperative ascese nel limitato "gotha" italiano delle grandi imprese, alcune addirittura in posizione di leadership. Come questa fioritura sia avvenuta e quali ne siano le implicazioni per Legacoop e per l'economia italiana sono i due temi forti del volume, che si articola in tre parti. Nella prima parte viene analizzato lo sviluppo quantitativo di Legacoop, con disaggregazioni settoriali e regionali e qualche accenno alla recente formazione dei gruppi cooperativi. Nella seconda parte, si identificano le svolte strategiche realizzate dal movimento negli ultimi trent'anni, scandite dai cambi della dirigenza. Nella terza, infine, vengono passati in rassegna i contributi di Legacoop alla legislazione cooperativa, al dibattito sulla governance, alla promozione di nuova imprenditorialità cooperativa, terminando con una nota sulla fine del collateralismo e la prospettiva unitaria del movimento cooperativo italiano."
Con un secolo di vita alle spalle, la Società Produttori Sementi si è affermata come uno dei prin... more Con un secolo di vita alle spalle, la Società Produttori Sementi si è affermata come uno dei principali centri di ricerca genetica nei cereali a livello mondiale: rappresenta un'esperienza originale nel contesto economico nazionale ed europeo, sia perché dimostra come, anche nel campo agricolo, si possano coniugare nel lungo periodo ricerca scientifica e organizzazione d'impresa, sia perché è un esempio particolarmente riuscito del "modello" di sviluppo emiliano-romagnolo. Questo volume ricostruisce, in modo approfondito e con accuratezza scientifica, la storia della Produttori Sementi, le cui vicende costituiscono un'interessante chiave di lettura dalla quale guardare ai processi di modernizzazione dell'agricoltura italiana nel XX secolo: dall'espansione dell'età giolittiana alla battaglia del grano fascista, alla ristrutturazione del secondo dopoguerra, fino alle politiche agrarie comunitarie e alla recente globalizzazione. Il libro vuole anche essere un contributo di carattere empirico al dibattito sul ruolo dell'innovazione, sull'importanza del contesto storico e delle istituzioni locali, per il successo del made in Italy.
Emanuele Felice è professore di Storia Economica presso l'Università Autonoma di Barcellona. Oltre a temi di storia d'impresa, si è occupato delle disuguaglianze regionali in Italia da una prospettiva di lungo periodo e, più di recente, della ricostruzione dei conti economici nazionali. Ha pubblicato diversi saggi sulle principali riviste italiane e internazionali e, per Il Mulino, i volumi "Divari regionali e intervento pubblico. Per una rilettura dello sviluppo in Italia" (2007) e "Oltre il secolo" (con Vera Zamagni, 2006).
Nel lavoro viene ricostruita l’attività della Cassa per il Mezzogiorno in Abruzzo, nei suoi diver... more Nel lavoro viene ricostruita l’attività della Cassa per il Mezzogiorno in Abruzzo, nei suoi diversi settori d’intervento: agricoltura, infrastrutture (strade, acquedotti), aiuti all’industria (contributi a fondo perduto e prestiti agevolati). Emerge un percorso diverso da quello seguito dalle altre regioni meridionali, e che ha determinato il successo del “modello” abruzzese. Nel campo delle infrastrutture, l’opera della Cassa è stata più intensa che nel resto del Sud, la quota di stanziamenti è risultata costantemente più alta di quella della popolazione, e le iniziative intraprese dalla sistemazione e costruzione di strade alla realizzazione di acquedotti e reti idriche hanno avuto un impatto maggiore. L’Abruzzo, che all’inizio degli anni cinquanta per infrastrutture di trasporto, idriche e ‘sociali’ non era in una situazione migliore rispetto alle altre regioni del Sud, alla metà degli anni ottanta appare nettamente in testa alla classifica. I tecnici della Cassa hanno a volte mostrato una visione d’insieme dei problemi da affrontare e delle soluzioni da adottare migliore di quella delle amministrazioni locali, ed hanno portato a termine interventi che in molti casi queste non avrebbero potuto permettersi. I finanziamenti all’industria, a differenza che nella gran parte del Sud, si indirizzano meno verso i settori pesanti ad alta intensità di capitale dominati dalle imprese pubbliche, e vanno invece in parte cospicua ad ampliare aziende del luogo attive in comparti leggeri e con un più basso rapporto capitale/lavoro, dalle ceramiche, all’alimentare al tessile. L’Abruzzo rimane così relativamente estraneo ai modelli di tipo top-down pensati per l’industrializzazione del Mezzogiorno, e che poi saranno così negativamente condizionati dagli shock petroliferi. Anche laddove si privilegeranno stabilimenti di più grandi dimensioni nei nuclei e nelle aree industriali (dalla Siv nel Vastese alla Sevel nel Lancianese), questi risulteranno comunque in grado di creare un certo indotto e notevole occupazione, e, soprattutto, non solo non entreranno in crisi negli anni settanta, ma anzi troveranno nei processi di diversificazione e delocalizzazione legati al superamento del fordismo un’occasione di crescita ulteriore. Tutto ciò farà dell’Abruzzo nell’ultimo periodo la meta privilegiata dei finanziamenti all’industria dell’intervento straordinario, determinando il consolidarsi (e non l’arresto) del percorso di convergenza avviato negli anni sessanta
MPRA Paper, 2014
L'articolo risponde alle aspre critiche mosse da Daniele e Malanima (Perché il Sud è rimasto indi... more L'articolo risponde alle aspre critiche mosse da Daniele e Malanima (Perché il Sud è rimasto indietro? Il Mezzogiorno fra storia e pubblicistica, Rivista di Storia Economica, 2014, n. 1) al mio ultimo libro (Perché il Sud è rimasto indietro, Il Mulino, 2013), circa la ricostruzione dei divari regionali in Italia e l'interpretazione della questione meridionale. Per quel che riguarda la ricostruzione dei divari, si mostra che: la mia procedura di stima per il 1871 è trasparente; la procedura di interpolazione realizzata da Daniele e Malanima non è replicabile e si accompagna a risultati poco chiari; il metodo con il quale Daniele e Malanima dichiarano di essere passati dai confini storici ai confini attuali è incompatibile con i loro risultati; disponiamo oggi di una nuova ricostruzione per anni campione, ai confini attuali, più approfondita. Per quel che concerne la reinterpretazione del divario Nord-Sud, a mio giudizio Daniele e Malanima propongono una lettura parziale del mio lavoro, che li conduce a errori di interpretazione (ad esempio nel leggere i modelli econometrici) o a forzature polemiche; inoltre i due autori non considerano importanti o recenti contributi della ricerca storica (mentre supportano una certa pubblicistica storicamente inattendibile in circolazione sul Mezzogiorno) e fanno un utilizzo non sempre appropriato della letteratura economica. Nemmeno la loro visione della storia, e all'interno di questa del comune mestiere di «costruttori di stime», a me sembra condivisibile.
Il Politico, Jun 6, 2023
conveniente lavorare e investire, una revisione della disciplina fiscale sulle fusioni che incora... more conveniente lavorare e investire, una revisione della disciplina fiscale sulle fusioni che incoraggi le piccole imprese a crescere, l'introduzione del quoziente familiare nella tassazione diretta e, "l'introduzione sperimentale della settimana lavorativa di quattro giorni" (p.137), integrata da attività di formazione a distanza. Si sottolinea inoltre come le esportazioni costituiscano un fattore molto importante per lo sviluppo del Paese, anche se dovrebbero essere più equilibrate a livello territoriale con una crescita di quelle provenienti dalle aree centrali e meridionali. Le considerazioni finali, quasi una previsione, sono che gli effetti delle quattro crisi individuate, e dettagliatamente descritte, non saranno di breve durata. L'unica certezza è che il mondo non tornerà come prima: per affrontare le crisi, per coglierne le opportunità e non solo subirne i danni, abbiamo bisogno di pensieri nuovi, di nuove analisi e soprattutto di prospettive di lungo periodo per tenere conto delle esigenze del benessere delle future generazioni e per avviare un processo di sviluppo, in Italia e in Europa, che sia anche sostenibile.
MPRA Paper, 2015
In recent years there have been major advances in our historical knowledge of regional disparitie... more In recent years there have been major advances in our historical knowledge of regional disparities in Italy; as a consequence, the debate on the causes of the North-South divide (and thus, ultimately, on strategies and possibilities to overcome it) has also revived. By largely drawing on my latest book on this subject [Perché il Sud è rimasto indietro, 2013], this paper presents the state of the art of the history of Italy's North-South divide, since Unification until our days. The first section provides an updated discussion of regional differences − in income but also in social indicators − at the time of the country's Unification (1861). In the second section, the evolution of regional GDPs from the late XIX century until our days is briefly reviewed, through the main phases of Italian political and economic history. The third part provides a critical discussion, with some reference to the international literature, on the various hypotheses put forward to explain the persistent North-South divide. My main argument is summed up in the conclusions: there was a socio-institutional divide between the North and the South of the peninsula, that pre-exists Unification, in some respects grows stronger with it and is never bridged throughout the history of post-unification Italy. Admittedly, some socio-institutional convergence took place in the last decades, but this went in a direction opposite to the desirable one − that is, the North and Italy as a whole have begun to look similar to the South, rather than viceversa. Abstract (italiano) Negli ultimi anni sono stati fatti importanti progressi nella nostra conoscenza sull'evoluzione dei divari regionali in Italia; ultimamente si è anche riaperto il dibattito sulle cause del divario Nord-Sud (e quindi, in prospettiva, sulle strategie e le possibilità per superarlo). A partire dall'analisi più distesa condotta in Perché il Sud è rimasto indietro [Felice 2013], questo intervento prova a fare il punto sullo stato dell'arte. La prima parte è dedicata alla discussione delle differenze regionali − nel reddito ma anche negli indicatori sociali − intorno all'Unità. Nella seconda, verrà illustrato brevemente l'andamento dei divari di reddito dall'Unità sino ai nostri giorni, lungo le principali fasi della storia unitaria. La terza parte offre una discussione critica, con qualche riferimento alla letteratura internazionale, sulle spiegazioni ipotizzate circa il persistente divario Nord-Sud che non ritengo essere adeguate per il caso italiano. Nelle conclusioni si riassume invece brevemente la tesi sostenuta in Perché il Sud è rimasto indietro: ovvero l'esistenza di un divario di tipo socio-istituzionale fra il Nord e il Sud della penisola, che preesiste all'Unificazione, si rafforza con essa e non viene mai superato nel corso della nostra storia − se non forse negli ultimi anni, ma in una direzione contraria a quella auspicabile, con il Nord che rischia di assomigliare sempre più al Mezzogiorno.
Moneta e Credito, 2020
Moneta e Credito Quest'opera è distribuita con licenza internazionale Creative Commons Attribuzio... more Moneta e Credito Quest'opera è distribuita con licenza internazionale Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 4.0. Copia della licenza è disponibile alla URL http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/ vol. 73 n. 292 (dicembre 2020) L'albatros. Ricordo di Stefano Fenoaltea EMANUELE FELICE I've made shoes for everyone, even you and I still go barefoot. (Bob Dylan, I and I, 1983) Les hommes qui pensent en rond ont les idées courbes.
Carlo Alberto Notebooks, 2017
In recent years there have been major advances in the research about the historical pattern of re... more In recent years there have been major advances in the research about the historical pattern of regional inequality in Italy and its historical roots: new and more accurate estimates of regional GDP, as well as of social indicators (human capital, life expectancy, HDI, heights, inequality, social capital) and other indices (market potential), running roughly from around the Unification to our days, are now available. By the light of this up-to-date information, the article reviews the debate about the determinants of regional development in Italy, within the broader framework of the country's industrial takeoff and modern economic growth, and connects it to the main strands of the international literature. After critically discussing the competing hypotheses proposed to account for the different patterns observed and the North-South divide, a different explanation-and the main argument of the article-is presented: a North-South socioinstitutional divide pre-existed Unification, in some respects grew stronger with it and was never bridged throughout the history of post-Unification Italy; such a divide ultimately impacted on the levels of human and social capital, as well as upon differences in policies and institutional performance, and thus on economic growth.
L'industria, 2017
The essay reconstructs the history of the Ilva in Bagnoli, from its creation in 1905 until its di... more The essay reconstructs the history of the Ilva in Bagnoli, from its creation in 1905 until its dismantlement, and of subsequent restructuring projects. Along the industrial parabola, the crisis of the first modern factory of southern Italy, and of the steel sector in Naples, was due to the confluence between an adventurous national policy and the traditional extractive strategies (towards urban speculation) of the local ruling classes. In light of the historical analysis, some considerations are drawn about the re-launch of Bagnoli's area: the role of national policy will still be crucial, in order to mobilize resources and to provide the operational tools; however, the action from above should properly consider what has recently emerged from the local context, concerning the opposition to speculation and the possible development strategies; at the same time, it should not be paralyzed by endogenous particular interests and opportunisms, the same ones that have ended up to harness and then turn off past re-launch projects. The current strategy appears to move in this direction, but there is a third condition for its success: politics, national in particular, must be able to maintain long-term strategic coherence, absent in the past.
Oxford University Press eBooks, Mar 9, 2017
Novecento.org, Feb 1, 2021
Il dossier sulla Summer school 2020 si compone di 5 coppie di parole chiave. Questo testo afferis... more Il dossier sulla Summer school 2020 si compone di 5 coppie di parole chiave. Questo testo afferisce alla coppia di parole chiave Stato/Mercato
RePEc: Research Papers in Economics, Nov 1, 2013
UAB divulga, 2015
Modernització activa vs. modernització passiva a Itàlia (1871 2007) Aquest article presenta noves... more Modernització activa vs. modernització passiva a Itàlia (1871 2007) Aquest article presenta noves estimacions dels indicadors socials i econòmics per a Itàlia i les seves regions, des de 1871 fins a 2007. Dades d'esperança de vida, educació, PIB per càpita i Índex de Desenvolupament Humà permeten discutir xifres regionals i analitzar l'evolució de la desigualtat entre el Nord i el Sud. Els autors llancen una hipòtesi per explicar els diferents patrons regionals: la distinció entre modernització activa (derivada del paper dels actors locals) i modernització passiva (deguda a la intervenció de l'Estat). L'article presenta noves estimacions dels indicadors socials i econòmics per a Itàlia i les seves regions, en anys de referència des de 1871 fins el 2007: es discuteixen les
RePEc: Research Papers in Economics, Jan 3, 2015
L'industria, 2019
Marcello De Cecco (1939-2016) was arguably the first economist to warn about the Italian economic... more Marcello De Cecco (1939-2016) was arguably the first economist to warn about the Italian economic decline, since the early 1990s: in his view, this was due to the dwarfism of the Italian firms and the low investments in education and in R&D, which made it hard to compete in the new setting of the second globalization. As a world leading scholar of the history of financial systems, De Cecco thought that Italy would have been even worse off if she did not join the Eurozone, due to her institutional and political historical weaknesses. Investments in research and innovation, a subsequent coherent structure of institutions and national capitalism, the full participation in the challenges posed by the international context and by European integration should still today, in our opinion, be the key elements of a strategy to stop the decline of Ital
L'industria, 2019
The essay argues that the Italian economic decline, although evident since the 1990s, has long-te... more The essay argues that the Italian economic decline, although evident since the 1990s, has long-term roots: the institutional set-up and the bureaucratic-administrative system incapable of providing incentives to make firms grow and specialize in frontier sectors; the education and innovation system which, in terms of resources and results, is unbalanced and undersized compared to other advanced countries. Throughout its entire history, Italy has never seriously invested either on improving the «rules of the game», nor on the allocation of human capital, nor, least of all, in the systemic development of scientific and technological research. A path dependence equilibrium was created and progressively strengthened, supported by the ruling classes (political and entrepreneurial) and which has found the consent of the citizens, thanks to particularistic and short-term advantages. This arrangement has determined the three crises (of productivity, that of public finance and the recession of 2008) that characterize the Italian economic decline. The South, the largest lagging behind area in Western Europe, is the place where these problems appear to be more strong and is also the area in which the three crises are more severely felt.
European Review of Economic History
The article presents GDP estimates for fifteenth century Tuscany, based on the 1427 Florentine Ca... more The article presents GDP estimates for fifteenth century Tuscany, based on the 1427 Florentine Catasto. In per capita GDP, Tuscany was only slightly above England and Holland. Furthermore, when compared to England and Holland, Tuscany was characterized by high extractive rates in favor of Florence, to the detriment of the subdued cities and the countryside, and by subsequent market blockades. This may explain why previous estimates, partly based on the construction wages in Florence, can lead to an overestimate of GDP. It may also explain the exceptional artistic blossoming of fifteenth century Florence, despite only a small lead in average GDP.