Lucio Biasiori | Università degli Studi di Padova (original) (raw)
Books by Lucio Biasiori
a cura di Lucio Biasiori Cora Presezzi, 2024
La collana «Storie» mira a dare voce a ricerche fresche e a restituirla a classici forse un po' d... more La collana «Storie» mira a dare voce a ricerche fresche e a restituirla a classici forse un po' dimenticati ma ancora capaci di orientare la comprensione dei rapporti tra passato e presente. La semplicità del suo nome nasconde perciò una scommessa: contro gli steccati cronologici e disciplinari che frammentano oggi gli studi e quelli, apparentemente insormontabili, che dividono gli storici dal loro pubblico, i libri di questa collana si riconoscono per la loro capacità di sconfinare in territori che sembrano tra loro lontani, sorprendendo il lettore, ma cercando allo stesso tempo di appassionarlo. «Storie», insomma: al plurale e senza aggettivi.
Senofonte è lo scrittore greco che Machiavelli cita più spesso, e la Ciropedia – il racconto dell... more Senofonte è lo scrittore greco che Machiavelli cita più spesso, e la Ciropedia – il racconto della giovinezza del fondatore dell’impero persiano Ciro il Grande – è l’unica opera antica esplicitamente nominata nel Principe. Non stupisce perciò che le somiglianze e le differenze tra i due autori siano state oggetto di oltre mezzo millennio di discussioni fra gli studiosi, che hanno visto in Senofonte ora un precursore delle turpi massime del Principe, ora un antidoto al veleno del machiavellismo. Il volume ritorna dunque su un problema antico, ma cerca di risolverlo in modo innovativo, trattando Machiavelli, prima che come uno scrittore, come un lettore, e interrogandosi su come la forma in cui egli lesse
Senofonte abbia influito sui contenuti delle sue opere, prima fra tutte il Principe, e sulla loro ricezione.
Entrando nello scrittoio di Machiavelli, si scoprono particolari sorprendenti sulla sua biografia, il suo pensiero e la sua fortuna e lo si può osservare non solo nelle vesti di lettore geniale, ma anche nei suoi rapporti quotidiani con stampatori, amici e protettori. Il confronto ravvicinato fra testi e contesti diviene in tal modo un ingrediente essenziale per conoscere meglio il più influente pensatore politico della prima età moderna.
Lucio Biasiori L'eresia di un umanista L'umanista piemontese Celio Secondo Curione fuggì dall'Ita... more Lucio Biasiori L'eresia di un umanista L'umanista piemontese Celio Secondo Curione fuggì dall'Italia nel 1542, quando venne fondata l'Inquisizione romana. Rifugiatosi a Basilea, entrò presto in urto anche con le nuove ortodossie protestanti, che lo processarono per la sua concezione tollerante e antidogmatica della religione. Il libro ricostruisce per la prima volta l'intera parabola di questo «eretico per tutti», riportandone a galla molti aspetti rimossi. Ne emerge un quadro in cui contrapposizioni come quella tra Riforma e Controriforma o tra riforma magisteriale e riforma radicale non riescono a restituire la complessità di un'epoca di violenti scontri religiosi, ma anche di inaspettate alleanze. Un'epoca, a ben guardare, le cui somiglianze con quella attuale sono tali da mutare il nostro atteggiamento verso personaggi come Curione: mentre nel secolo scorso erano studiati quali precursori dell'Illuminismo, oggi li vediamo in una luce diversa e ci colpisce soprattutto il loro sofferto rifiuto di schierarsi in uno scontro frontale tra visioni del mondo dicotomiche e la scelta di non stare né con il papa né con Calvino.
This volume provides the first survey of the unexplored connections between Machiavelli’s work an... more This volume provides the first survey of the unexplored connections between Machiavelli’s work and the Islamic world, running from the Arabic roots of The Prince to its first translations into Ottoman Turkish and Arabic. It investigates comparative descriptions of non-European peoples, Renaissance representations of Muḥammad and the Ottoman military discipline, a Jesuit treatise in Persian for a Mughal emperor, peculiar readers from Brazil to India, and the parallel lives of Machiavelli and the bureaucrat Celālzāde Muṣṭafá. Ten distinguished scholars analyse the backgrounds, circulation and reception of Machiavelli’s writings, focusing on many aspects of the mutual exchange of political theories and grammars between East and West. A significant contribution to attempts by current scholarship to challenge any rigid separation within Eurasia, this volume restores a sense of the global spreading of books, ideas and men in the past.
1 Introduction: Re-Orienting Machiavelli
Lucio Biasiori and Giuseppe Marcocci
Part One – From Readings to Readers
2 Islamic Roots of Machiavelli’s Thought? The Prince and the Kitāb sirr al-asrār from Baghdad to Florence and Back
Lucio Biasiori
3 Turkophilia and Religion: Machiavelli, Giovio and the Sixteenth-Century Debate about War
Vincenzo Lavenia
4 Machiavelli and the Antiquarians
Carlo Ginzburg
Part Two – Religion and Empires
5 Roman Prophet or Muslim Caesar: Muḥammad the Lawgiver before and after Machiavelli
Pier Mattia Tommasino
6 Mediterranean Exemplars: Jesuit Political Lessons for a Mughal Emperor
Muzaffar Alam and Sanjay Subrahmanyam
7 Machiavelli and the Islamic Empire: Tropical Readers from Brazil to India (Sixteenth and Seventeenth Centuries)
Giuseppe Marcocci
Part Three – Beyond Orientalism
8 A Tale of Two Chancellors: Machiavelli, Celālzāde Muṣṭafā, and Connected Political Cultures in the Cinquecento/the Hijri Tenth Century
Kaya Şahin
9 Machiavelli Enters the Sublime Porte: The Introduction of The Prince to the Eighteenth-Century Ottoman World
Nergiz Yılmaz Aydoğdu
10 Translating Machiavelli in Egypt: The Prince and the Shaping of a New Political Vocabulary in the Nineteenth-Century Arab Mediterranean
Elisabetta Benigni
Casuistry, the practice of resolving moral problems by applying a logical framework, has had a mu... more Casuistry, the practice of resolving moral problems by applying a logical framework, has had a much larger historical presence before and since it was given a name in the Renaissance. The contributors to this volume examine a series of case studies to explain how different cultures and religions, past and present, have wrestled with morality's exceptions and margins and the norms with which they break. For example, to what extent have the Islamic and Judaic traditions allowed smoking tobacco or gambling? How did the Spanish colonization of America generate formal justifications for what it claimed? Where were the lines of transgression around food, money-lending, and sex in Ancient Greece and Rome? How have different systems dealt with suicide?
Casuistry lives at the heart of such questions, in the tension between norms and exceptions, between what seems forbidden but is not. A Historical Approach to Casuistry does not only examine this tension, but re-frames casuistry as a global phenomenon that has informed ethical and religious traditions for millennia, and that continues to influence our lives today.
Il libro raccoglie per la prima volta alcuni saggi mai prima tradotti in italiano composti dal gr... more Il libro raccoglie per la prima volta alcuni saggi mai prima tradotti in italiano composti dal grande storico e critico d’arte E. H. Gombrich nell’arco di quasi mezzo secolo. Il filo che li lega è il rapporto tra le immagini e le parole: le parole che accompagnano le immagini e quelle che noi usiamo per descriverle, le parole che designano i movimenti artistici e quelle scritte nei documenti che ci parlano di un’immagine, e così via. Un libro che ci insegna ad aprire gli occhi su quello che ci sta intorno.
by vincenzo lavenia, Marco Bellabarba, Luciano Pezzolo, massimo donattini, Marco Armiero, Roberta Biasillo, Maria Pia Donato, Massimo Rospocher, Lucio Biasiori, Hitomi Sato, and Antonio TRAMPUS
INDICE DEL VOLUME: Introduzione. - PARTE PRIMA: LE QUESTIONI. - I. Il pensiero del passato e l’id... more INDICE DEL VOLUME: Introduzione. - PARTE PRIMA: LE QUESTIONI. - I. Il pensiero del passato e l’idea di moderno. - II. Misurare il tempo. - III. Rivoluzioni ecologiche lunghe tre secoli. - IV. Cartografare lo spazio. - V. Reti globali e merci. - VI. Lavoro, schiavitù, migrazioni. - VII. Grande divergenza, capitalismo, industrializzazione. - VIII. Stati, imperi, colonie. - IX. Le città. - X. Violenza e guerra. - XI. Le stratificazioni sociali. - XII. Matrimonio, famiglia, sessualità. - XIII. Culti e religione: contatti, conflitti, trasformazioni. - XIV. Emozioni tra individuo e collettività. - XV. Organizzazione e sapere scientifico. - XVI. La comunicazione: stampa, scrittura, oralità, immagini e suoni. - PARTE SECONDA: I LUOGHI E LE GRANDI CESURE. - XVII. 1368. Dopo la «pax mongolica»: l’Asia dei Ming e di Timur. - XVIII. 1434-1512. La fondazione dell’«Estado da India» e l’inizio del colonialismo. - XIX. 1453-1526. Istanbul, la Persia e Agra: gli imperi islamici. - XX. 1492. Da Granada ai Caraibi: la Spagna unita tra «conversos» e vecchi cristiani. - XXI. 1517. Wittenberg, Ginevra, Londra e Roma: la crisi religiosa in Europa. - XXII. 1519-1555. Da Gand ad Augusta: Carlo V e il potere asburgico. - XXIII. 1520-1683. Da Rodi a Vienna: la sfida ottomana. - XXIV. 1521-1534. Tenochtitlán e Cuzco: come finirono gli «imperi» del Nuovo Mondo. - XXV. 1527. Il sacco di Roma e le guerre d’Italia. - XXVI. 1533-1613. La Russia e l’Eurasia: Ivan il Terribile e il «periodo dei torbidi». - XXVII. 1559-1648. Da Parigi a Vestfalia: i conflitti di religione. - XXVIII. 1602. La VOC: i Paesi Bassi e l’imbarazzo della ricchezza. - XXIX. 1603-1644. Una dinastia di «shogun» per il Giappone, i Qing in Cina. - XXX. 1609. Espellere i «moriscos». - XXXI. 1649. Una repubblica puritana e le origini della potenza britannica. - XXXII. 1660. Lo Stato sono io: la Francia e l’Europa del tardo Seicento. - XXXIII. 1682-1796. Baltico, Mar Nero, Siberia: la Russia dei Romanov in guerra. - XXXIV. 1700-1738. L’Europa multipolare. - XXXV. 1740-1763. Guerre europee e guerre globali. - XXXVI. 1776-1833. Le Rivoluzioni Atlantiche. - XXXVII. 1789. Parigi insorge: la Rivoluzione Francese. - XXXVIII. 1804-1815. Il nuovo ordine in Europa. - Carte. - Cronologia. - Indici.
Papers by Lucio Biasiori
in «Cose della Magna». Machiavelli e il mondo tedesco, a cura di Lucio Biasiori e Cora Presezzi, Roma 2024
Profiling Saints: Images of Modern Sanctity in a Global World, ed. by E. Rai and E. Frei, Vandenhoeck & Ruprecht, Goettingen, 2023, pp. 323-344.
On the second Sunday of Advent, preaching in the Church of the monastery of San Jacopo Soprarno, ... more On the second Sunday of Advent, preaching in the Church of the monastery of San Jacopo Soprarno, the capuchin Friar Agostino of Lucignano, with permission of the superiors, uttered this opinion: no one, while he is in this mortal life, can know for certain that he is in grace except by revelation, quoting the opinions of several theologians and in particular of Saint Bonaventure .... At that moment one of the listeners, who later identified himself as Zanobi Niccolini, rose up and proclaimed: "That's enough! You are preaching heresy. " The father answered from the pulpit: "Calm down and let me finish the sermon and then I will answer you. " When the sermon was finished, Zanobi approached him and the Father said: "What did you say?" Zanobi replied: "Father, I did not want to say anything, but the zeal of my soul has prompted me to intermit you. " To which Agostino replied: "In what did this zeal of the soul move you?" and Zanobi answered: "Father, when you receive absolution, do you then believe that you are discharged?" and the Father replied, "Yes, I believe it, " and he added: "You must also hold it certain that you are in grace. " Hearing this answer, the father said to him: "Beware that this indeed is heresy. It would be necessary to know your name. " And he answered: "My name is Zanobi Niccolini and you should not preach in this way, for you take away the confidence. " Then the father said: "This is against the council. " Then I, priest Marcantonio della Rena, confessor of the said nuns, since I was there, quietly said to Zanobi: "You have used great presumption and could have waited until the end of the sermon, " and so I accompanied the preacher outside of the church. Then, returning to warn the nuns and showing them that the Father preached the sound and good doctrine and that they should not put their minds to the words of the said Zanobi nor believe them, I asked the mother abbess if they had been aware of the thing and she answered me that they were, because the said Zanobi, going to the stairs, said in a loud voice turned to the grates: "You are to hold for certain that after the absolution and repentance you are in grace and that the father had preached heresy. " 1
Church History and Religious Culture 104 (2024), 340-358
Drawing from a rich array of sources, including trial records, sermons, and literary works, the e... more Drawing from a rich array of sources, including trial records, sermons, and literary works, the essay investigates the ambiguities surrounding the definition and punishment of blasphemy in early modern Italy. The essay delves into the jurisdictional tensions between secular and ecclesiastical authorities in prosecuting blasphemers, the social identities of those accused of blasphemy, and the intertwining of blasphemy with other perceived vices, such as sodomy. The author also traces the gradual decriminalization of blasphemy, from its initial perception as a grave sin to its eventual marginalization as a bourgeois vice. Ultimately, the essay invites readers to reflect on the enduring relevance of the blasphemy debate in contemporary societies grappling with the tensions between freedom of expression and respect for religious beliefs.
Tales of Two Cities. News, Stories and Media Events in Early Modern Florence and Naples, 2023
Una vita per la storia di Lucio Biasiori P arlare in poche righe di una figura come quella di Arn... more Una vita per la storia di Lucio Biasiori P arlare in poche righe di una figura come quella di Arnaldo Momigliano rischia di tradire la meritoria iniziativa dell'"Indice" di presentare al lettore e alla lettrice non specialista alcuni tra i più importanti storici italiani del Novecento: prima di tutto perché è difficile rinchiudere in una pagina una vita che ha attraversato tutto il secolo breve e una produzione che conta oltre 750 titoli. Ma soprattutto il filo conduttore di un'attività tanto lunga e prolifica fu nientedimeno che la storia, tutta intera: non nel senso che Momigliano sia stato uno storico generalista per tutte le stagioni, ma perché l'oggetto principale del suo lavoro fu appunto la storia stessa, intesa come i modi sempre diversi che le società umane si sono date nel corso dei millenni per rapportarsi al proprio passato. Il nome di Momigliano è ancora oggi circondato da un'aura di reverenza che altri storici italiani, pur importantissimi, hanno perduto. Perché? Una di quelle battute fulminanti che hanno certamente contribuito alla sua duratura fortuna dice che la differenza tra uno storico e un grande storico sta nei modi differenti con cui si pongono di fronte ai problemi del passato: il primo offre loro delle risposte, il secondo crea nuove domande. Se seguiamo questo criterio, allora Momigliano fu non un grande, ma un grandissimo storico, perché seppe, se non creare, almeno lasciare un segno decisivo sul problema fondamentale della conoscenza storica: "In a sense, in my scholarly life I have done nothing else but try to understand what I owe both to the Jewish house in which I was brought up and to the Christian Roman-Celtic village in which I was born. I must, however, admit that events have made my research literally a question of life and death". In inglese-vedremo perché-Momigliano delinea in queste poche righe non solo i temi a cui dedicò la sua vita, ma appunto ciò che ha sempre fatto ogni storico e in fondo chiunque non si accontenti di vivere in un presente a una sola dimensione: capire come si è formato e per effetto di quali forze è venuto modificandosi il proprio posto nel mondo (su questo per Momigliano fu centrale il rapporto, complessissimo nel suo alternarsi di influenza e distacco, con Croce). Capire quanto del nostro passato è sopravvissuto nel nostro presente è un compito importante per chiunque, siamo d'accordo, ma perché per Momigliano divenne, come abbiamo appena visto, una questione di vita e di morte? Nato nel 1908 a Caraglio da una famiglia della piccola borghesia ebraico-piemontese, Arnaldo (che portava anche il nome ebraico di Aronne e quello letterario e patriottico di Dante) fu uno studioso precocissimo, una specie di Leopardi della storia. Come Leopardi, la sua prima educazione letteraria, filosofica e religiosa avvenne in casa, grazie al prozio Amadio, devoto cultore di misticismo ebraico, e al cugino Felice, filosofo di simpatie liberali e mazziniane. Nelle sue Pagine ebraiche Momigliano lascerà di quel mondo un ritratto che può essere paragonato solo ad Argon, uno dei capitoli di Il sistema periodico di Primo Levi. Dopo la maturità da privatista, si iscrisse all'Università di Torino, dove fu collega di studenti che si chiamavano Norberto Bobbio, Leone Ginzburg, Cesare Pavese e Lalla Romano, e allievo di Gaetano De Sanctis, che Arnaldo seguì poi a Roma, dove, nel dicembre 1932, gli subentrò nell'insegnamento di storia greca che il professore aveva dovuto lasciare per aver rifiutato di giurare fedeltà al regime. Per accettare, dietro desiderio del maestro, quell'incarico, Momigliano si iscrisse al Partito nazionale fascista. Certo, questo compromesso non intaccò quanto scrisse in quegli anni, ma in qualche modo dovette influire su quello che poté o non poté scrivere, se è vero che, come scrisse lui stesso a giochi ormai fatti, "Il vero male fatto dal Fascismo agli studi di storia antica non sta nelle sciocchezze che si dissero, ma nei pensieri che non furono più pensati. Molti dei migliori, se non dissero nulla che non andava detto, non dissero tutto quello che avrebbero po
Livius noster: Tito Livio e la sua eredità, a cura di Gianluigi Baldo e Luca Beltramini, Giornale Italiano di Filologia - Bibliotheca, 26, Turnhout, Brepols, 2021, pp. 715-734.
The origins of Machiavelli’s Discourses on Livy are still a matter of debate. In particular, rese... more The origins of Machiavelli’s Discourses on Livy are still a matter of debate. In particular, research on the work’s literary genre has yet to offer consistent results. Some scholars, following Machiavelli’s own remarks, have suggested similarities with commentaries on Emperor Justinian’s Digest or collections of clinical cases. Others have singled out the importance of his master Marcello Virgilio Adriani’s exegetical method. Still others have highlighted the connections with vernacular literary commentaries, such as that by Cristoforo Landino on Dante’s Divine Comedy or that by Jacopo Bracciolini on Petrarch’s Triumph of Fame. This essay joins the debate by analyzing the Homini illustri (Illustrious men) composed by the Sienese Pietro Ragnoni. This commented translation of the fourth-century De viris illustribus shows intriguing resemblances with the Discourses, first in terms of literary genre, then in the topics addressed, and finally in the two authors’ biographies: Ragnoni, who was very close to the de facto Lord of Siena, Pandolfo Petrucci, wrote (1503) and published (1506) the Homini illustri in the very same months when Machiavelli stayed in Siena as an emissary of the Florentine republic.
in "Prometeo. Rivista trimestrale di scienze e storia" (settembre 2021), pp. 47-51.
in Le immagini del diritto. Cultura visuale e normatività tra età moderna e contemporanea, a cura... more in Le immagini del diritto. Cultura visuale e normatività tra età moderna e contemporanea, a cura di Maurizio Cau - Enrico Valseriati, "Annali dell’Istituto storico italo-germanico in Trento", 47, 2021 / 2, pp. 115-135.
Practitioners and interpreters of the Spiritual Exercises have always found themselves faced with the difficulty of harmonizing two different structures underlying the work: on the one hand, a division on a binary basis, marked by the sharp change of life between the first and the last two weeks; on the other hand, a more gradual and traditional division into the three ways (purgative, illuminative, and unitive) traced by late medieval mysticism and considered in conformity with the original text as conceived by the author of the work, the founder of the Society of Jesus, Ignatius of Loyola. This essay shows how this latter interpretive frame was the result of a textual manipulation by those branches of the Society of Jesus who were most committed to adapting the radical conversion experienced by Ignatius to broader sectors of early modern European society. A version of the Exercises probably illustrated by Rubens shows how this strategy that aimed at establishing a new normativity in the Jesuits’ reference text also included images.
a cura di Lucio Biasiori Cora Presezzi, 2024
La collana «Storie» mira a dare voce a ricerche fresche e a restituirla a classici forse un po' d... more La collana «Storie» mira a dare voce a ricerche fresche e a restituirla a classici forse un po' dimenticati ma ancora capaci di orientare la comprensione dei rapporti tra passato e presente. La semplicità del suo nome nasconde perciò una scommessa: contro gli steccati cronologici e disciplinari che frammentano oggi gli studi e quelli, apparentemente insormontabili, che dividono gli storici dal loro pubblico, i libri di questa collana si riconoscono per la loro capacità di sconfinare in territori che sembrano tra loro lontani, sorprendendo il lettore, ma cercando allo stesso tempo di appassionarlo. «Storie», insomma: al plurale e senza aggettivi.
Senofonte è lo scrittore greco che Machiavelli cita più spesso, e la Ciropedia – il racconto dell... more Senofonte è lo scrittore greco che Machiavelli cita più spesso, e la Ciropedia – il racconto della giovinezza del fondatore dell’impero persiano Ciro il Grande – è l’unica opera antica esplicitamente nominata nel Principe. Non stupisce perciò che le somiglianze e le differenze tra i due autori siano state oggetto di oltre mezzo millennio di discussioni fra gli studiosi, che hanno visto in Senofonte ora un precursore delle turpi massime del Principe, ora un antidoto al veleno del machiavellismo. Il volume ritorna dunque su un problema antico, ma cerca di risolverlo in modo innovativo, trattando Machiavelli, prima che come uno scrittore, come un lettore, e interrogandosi su come la forma in cui egli lesse
Senofonte abbia influito sui contenuti delle sue opere, prima fra tutte il Principe, e sulla loro ricezione.
Entrando nello scrittoio di Machiavelli, si scoprono particolari sorprendenti sulla sua biografia, il suo pensiero e la sua fortuna e lo si può osservare non solo nelle vesti di lettore geniale, ma anche nei suoi rapporti quotidiani con stampatori, amici e protettori. Il confronto ravvicinato fra testi e contesti diviene in tal modo un ingrediente essenziale per conoscere meglio il più influente pensatore politico della prima età moderna.
Lucio Biasiori L'eresia di un umanista L'umanista piemontese Celio Secondo Curione fuggì dall'Ita... more Lucio Biasiori L'eresia di un umanista L'umanista piemontese Celio Secondo Curione fuggì dall'Italia nel 1542, quando venne fondata l'Inquisizione romana. Rifugiatosi a Basilea, entrò presto in urto anche con le nuove ortodossie protestanti, che lo processarono per la sua concezione tollerante e antidogmatica della religione. Il libro ricostruisce per la prima volta l'intera parabola di questo «eretico per tutti», riportandone a galla molti aspetti rimossi. Ne emerge un quadro in cui contrapposizioni come quella tra Riforma e Controriforma o tra riforma magisteriale e riforma radicale non riescono a restituire la complessità di un'epoca di violenti scontri religiosi, ma anche di inaspettate alleanze. Un'epoca, a ben guardare, le cui somiglianze con quella attuale sono tali da mutare il nostro atteggiamento verso personaggi come Curione: mentre nel secolo scorso erano studiati quali precursori dell'Illuminismo, oggi li vediamo in una luce diversa e ci colpisce soprattutto il loro sofferto rifiuto di schierarsi in uno scontro frontale tra visioni del mondo dicotomiche e la scelta di non stare né con il papa né con Calvino.
This volume provides the first survey of the unexplored connections between Machiavelli’s work an... more This volume provides the first survey of the unexplored connections between Machiavelli’s work and the Islamic world, running from the Arabic roots of The Prince to its first translations into Ottoman Turkish and Arabic. It investigates comparative descriptions of non-European peoples, Renaissance representations of Muḥammad and the Ottoman military discipline, a Jesuit treatise in Persian for a Mughal emperor, peculiar readers from Brazil to India, and the parallel lives of Machiavelli and the bureaucrat Celālzāde Muṣṭafá. Ten distinguished scholars analyse the backgrounds, circulation and reception of Machiavelli’s writings, focusing on many aspects of the mutual exchange of political theories and grammars between East and West. A significant contribution to attempts by current scholarship to challenge any rigid separation within Eurasia, this volume restores a sense of the global spreading of books, ideas and men in the past.
1 Introduction: Re-Orienting Machiavelli
Lucio Biasiori and Giuseppe Marcocci
Part One – From Readings to Readers
2 Islamic Roots of Machiavelli’s Thought? The Prince and the Kitāb sirr al-asrār from Baghdad to Florence and Back
Lucio Biasiori
3 Turkophilia and Religion: Machiavelli, Giovio and the Sixteenth-Century Debate about War
Vincenzo Lavenia
4 Machiavelli and the Antiquarians
Carlo Ginzburg
Part Two – Religion and Empires
5 Roman Prophet or Muslim Caesar: Muḥammad the Lawgiver before and after Machiavelli
Pier Mattia Tommasino
6 Mediterranean Exemplars: Jesuit Political Lessons for a Mughal Emperor
Muzaffar Alam and Sanjay Subrahmanyam
7 Machiavelli and the Islamic Empire: Tropical Readers from Brazil to India (Sixteenth and Seventeenth Centuries)
Giuseppe Marcocci
Part Three – Beyond Orientalism
8 A Tale of Two Chancellors: Machiavelli, Celālzāde Muṣṭafā, and Connected Political Cultures in the Cinquecento/the Hijri Tenth Century
Kaya Şahin
9 Machiavelli Enters the Sublime Porte: The Introduction of The Prince to the Eighteenth-Century Ottoman World
Nergiz Yılmaz Aydoğdu
10 Translating Machiavelli in Egypt: The Prince and the Shaping of a New Political Vocabulary in the Nineteenth-Century Arab Mediterranean
Elisabetta Benigni
Casuistry, the practice of resolving moral problems by applying a logical framework, has had a mu... more Casuistry, the practice of resolving moral problems by applying a logical framework, has had a much larger historical presence before and since it was given a name in the Renaissance. The contributors to this volume examine a series of case studies to explain how different cultures and religions, past and present, have wrestled with morality's exceptions and margins and the norms with which they break. For example, to what extent have the Islamic and Judaic traditions allowed smoking tobacco or gambling? How did the Spanish colonization of America generate formal justifications for what it claimed? Where were the lines of transgression around food, money-lending, and sex in Ancient Greece and Rome? How have different systems dealt with suicide?
Casuistry lives at the heart of such questions, in the tension between norms and exceptions, between what seems forbidden but is not. A Historical Approach to Casuistry does not only examine this tension, but re-frames casuistry as a global phenomenon that has informed ethical and religious traditions for millennia, and that continues to influence our lives today.
Il libro raccoglie per la prima volta alcuni saggi mai prima tradotti in italiano composti dal gr... more Il libro raccoglie per la prima volta alcuni saggi mai prima tradotti in italiano composti dal grande storico e critico d’arte E. H. Gombrich nell’arco di quasi mezzo secolo. Il filo che li lega è il rapporto tra le immagini e le parole: le parole che accompagnano le immagini e quelle che noi usiamo per descriverle, le parole che designano i movimenti artistici e quelle scritte nei documenti che ci parlano di un’immagine, e così via. Un libro che ci insegna ad aprire gli occhi su quello che ci sta intorno.
by vincenzo lavenia, Marco Bellabarba, Luciano Pezzolo, massimo donattini, Marco Armiero, Roberta Biasillo, Maria Pia Donato, Massimo Rospocher, Lucio Biasiori, Hitomi Sato, and Antonio TRAMPUS
INDICE DEL VOLUME: Introduzione. - PARTE PRIMA: LE QUESTIONI. - I. Il pensiero del passato e l’id... more INDICE DEL VOLUME: Introduzione. - PARTE PRIMA: LE QUESTIONI. - I. Il pensiero del passato e l’idea di moderno. - II. Misurare il tempo. - III. Rivoluzioni ecologiche lunghe tre secoli. - IV. Cartografare lo spazio. - V. Reti globali e merci. - VI. Lavoro, schiavitù, migrazioni. - VII. Grande divergenza, capitalismo, industrializzazione. - VIII. Stati, imperi, colonie. - IX. Le città. - X. Violenza e guerra. - XI. Le stratificazioni sociali. - XII. Matrimonio, famiglia, sessualità. - XIII. Culti e religione: contatti, conflitti, trasformazioni. - XIV. Emozioni tra individuo e collettività. - XV. Organizzazione e sapere scientifico. - XVI. La comunicazione: stampa, scrittura, oralità, immagini e suoni. - PARTE SECONDA: I LUOGHI E LE GRANDI CESURE. - XVII. 1368. Dopo la «pax mongolica»: l’Asia dei Ming e di Timur. - XVIII. 1434-1512. La fondazione dell’«Estado da India» e l’inizio del colonialismo. - XIX. 1453-1526. Istanbul, la Persia e Agra: gli imperi islamici. - XX. 1492. Da Granada ai Caraibi: la Spagna unita tra «conversos» e vecchi cristiani. - XXI. 1517. Wittenberg, Ginevra, Londra e Roma: la crisi religiosa in Europa. - XXII. 1519-1555. Da Gand ad Augusta: Carlo V e il potere asburgico. - XXIII. 1520-1683. Da Rodi a Vienna: la sfida ottomana. - XXIV. 1521-1534. Tenochtitlán e Cuzco: come finirono gli «imperi» del Nuovo Mondo. - XXV. 1527. Il sacco di Roma e le guerre d’Italia. - XXVI. 1533-1613. La Russia e l’Eurasia: Ivan il Terribile e il «periodo dei torbidi». - XXVII. 1559-1648. Da Parigi a Vestfalia: i conflitti di religione. - XXVIII. 1602. La VOC: i Paesi Bassi e l’imbarazzo della ricchezza. - XXIX. 1603-1644. Una dinastia di «shogun» per il Giappone, i Qing in Cina. - XXX. 1609. Espellere i «moriscos». - XXXI. 1649. Una repubblica puritana e le origini della potenza britannica. - XXXII. 1660. Lo Stato sono io: la Francia e l’Europa del tardo Seicento. - XXXIII. 1682-1796. Baltico, Mar Nero, Siberia: la Russia dei Romanov in guerra. - XXXIV. 1700-1738. L’Europa multipolare. - XXXV. 1740-1763. Guerre europee e guerre globali. - XXXVI. 1776-1833. Le Rivoluzioni Atlantiche. - XXXVII. 1789. Parigi insorge: la Rivoluzione Francese. - XXXVIII. 1804-1815. Il nuovo ordine in Europa. - Carte. - Cronologia. - Indici.
in «Cose della Magna». Machiavelli e il mondo tedesco, a cura di Lucio Biasiori e Cora Presezzi, Roma 2024
Profiling Saints: Images of Modern Sanctity in a Global World, ed. by E. Rai and E. Frei, Vandenhoeck & Ruprecht, Goettingen, 2023, pp. 323-344.
On the second Sunday of Advent, preaching in the Church of the monastery of San Jacopo Soprarno, ... more On the second Sunday of Advent, preaching in the Church of the monastery of San Jacopo Soprarno, the capuchin Friar Agostino of Lucignano, with permission of the superiors, uttered this opinion: no one, while he is in this mortal life, can know for certain that he is in grace except by revelation, quoting the opinions of several theologians and in particular of Saint Bonaventure .... At that moment one of the listeners, who later identified himself as Zanobi Niccolini, rose up and proclaimed: "That's enough! You are preaching heresy. " The father answered from the pulpit: "Calm down and let me finish the sermon and then I will answer you. " When the sermon was finished, Zanobi approached him and the Father said: "What did you say?" Zanobi replied: "Father, I did not want to say anything, but the zeal of my soul has prompted me to intermit you. " To which Agostino replied: "In what did this zeal of the soul move you?" and Zanobi answered: "Father, when you receive absolution, do you then believe that you are discharged?" and the Father replied, "Yes, I believe it, " and he added: "You must also hold it certain that you are in grace. " Hearing this answer, the father said to him: "Beware that this indeed is heresy. It would be necessary to know your name. " And he answered: "My name is Zanobi Niccolini and you should not preach in this way, for you take away the confidence. " Then the father said: "This is against the council. " Then I, priest Marcantonio della Rena, confessor of the said nuns, since I was there, quietly said to Zanobi: "You have used great presumption and could have waited until the end of the sermon, " and so I accompanied the preacher outside of the church. Then, returning to warn the nuns and showing them that the Father preached the sound and good doctrine and that they should not put their minds to the words of the said Zanobi nor believe them, I asked the mother abbess if they had been aware of the thing and she answered me that they were, because the said Zanobi, going to the stairs, said in a loud voice turned to the grates: "You are to hold for certain that after the absolution and repentance you are in grace and that the father had preached heresy. " 1
Church History and Religious Culture 104 (2024), 340-358
Drawing from a rich array of sources, including trial records, sermons, and literary works, the e... more Drawing from a rich array of sources, including trial records, sermons, and literary works, the essay investigates the ambiguities surrounding the definition and punishment of blasphemy in early modern Italy. The essay delves into the jurisdictional tensions between secular and ecclesiastical authorities in prosecuting blasphemers, the social identities of those accused of blasphemy, and the intertwining of blasphemy with other perceived vices, such as sodomy. The author also traces the gradual decriminalization of blasphemy, from its initial perception as a grave sin to its eventual marginalization as a bourgeois vice. Ultimately, the essay invites readers to reflect on the enduring relevance of the blasphemy debate in contemporary societies grappling with the tensions between freedom of expression and respect for religious beliefs.
Tales of Two Cities. News, Stories and Media Events in Early Modern Florence and Naples, 2023
Una vita per la storia di Lucio Biasiori P arlare in poche righe di una figura come quella di Arn... more Una vita per la storia di Lucio Biasiori P arlare in poche righe di una figura come quella di Arnaldo Momigliano rischia di tradire la meritoria iniziativa dell'"Indice" di presentare al lettore e alla lettrice non specialista alcuni tra i più importanti storici italiani del Novecento: prima di tutto perché è difficile rinchiudere in una pagina una vita che ha attraversato tutto il secolo breve e una produzione che conta oltre 750 titoli. Ma soprattutto il filo conduttore di un'attività tanto lunga e prolifica fu nientedimeno che la storia, tutta intera: non nel senso che Momigliano sia stato uno storico generalista per tutte le stagioni, ma perché l'oggetto principale del suo lavoro fu appunto la storia stessa, intesa come i modi sempre diversi che le società umane si sono date nel corso dei millenni per rapportarsi al proprio passato. Il nome di Momigliano è ancora oggi circondato da un'aura di reverenza che altri storici italiani, pur importantissimi, hanno perduto. Perché? Una di quelle battute fulminanti che hanno certamente contribuito alla sua duratura fortuna dice che la differenza tra uno storico e un grande storico sta nei modi differenti con cui si pongono di fronte ai problemi del passato: il primo offre loro delle risposte, il secondo crea nuove domande. Se seguiamo questo criterio, allora Momigliano fu non un grande, ma un grandissimo storico, perché seppe, se non creare, almeno lasciare un segno decisivo sul problema fondamentale della conoscenza storica: "In a sense, in my scholarly life I have done nothing else but try to understand what I owe both to the Jewish house in which I was brought up and to the Christian Roman-Celtic village in which I was born. I must, however, admit that events have made my research literally a question of life and death". In inglese-vedremo perché-Momigliano delinea in queste poche righe non solo i temi a cui dedicò la sua vita, ma appunto ciò che ha sempre fatto ogni storico e in fondo chiunque non si accontenti di vivere in un presente a una sola dimensione: capire come si è formato e per effetto di quali forze è venuto modificandosi il proprio posto nel mondo (su questo per Momigliano fu centrale il rapporto, complessissimo nel suo alternarsi di influenza e distacco, con Croce). Capire quanto del nostro passato è sopravvissuto nel nostro presente è un compito importante per chiunque, siamo d'accordo, ma perché per Momigliano divenne, come abbiamo appena visto, una questione di vita e di morte? Nato nel 1908 a Caraglio da una famiglia della piccola borghesia ebraico-piemontese, Arnaldo (che portava anche il nome ebraico di Aronne e quello letterario e patriottico di Dante) fu uno studioso precocissimo, una specie di Leopardi della storia. Come Leopardi, la sua prima educazione letteraria, filosofica e religiosa avvenne in casa, grazie al prozio Amadio, devoto cultore di misticismo ebraico, e al cugino Felice, filosofo di simpatie liberali e mazziniane. Nelle sue Pagine ebraiche Momigliano lascerà di quel mondo un ritratto che può essere paragonato solo ad Argon, uno dei capitoli di Il sistema periodico di Primo Levi. Dopo la maturità da privatista, si iscrisse all'Università di Torino, dove fu collega di studenti che si chiamavano Norberto Bobbio, Leone Ginzburg, Cesare Pavese e Lalla Romano, e allievo di Gaetano De Sanctis, che Arnaldo seguì poi a Roma, dove, nel dicembre 1932, gli subentrò nell'insegnamento di storia greca che il professore aveva dovuto lasciare per aver rifiutato di giurare fedeltà al regime. Per accettare, dietro desiderio del maestro, quell'incarico, Momigliano si iscrisse al Partito nazionale fascista. Certo, questo compromesso non intaccò quanto scrisse in quegli anni, ma in qualche modo dovette influire su quello che poté o non poté scrivere, se è vero che, come scrisse lui stesso a giochi ormai fatti, "Il vero male fatto dal Fascismo agli studi di storia antica non sta nelle sciocchezze che si dissero, ma nei pensieri che non furono più pensati. Molti dei migliori, se non dissero nulla che non andava detto, non dissero tutto quello che avrebbero po
Livius noster: Tito Livio e la sua eredità, a cura di Gianluigi Baldo e Luca Beltramini, Giornale Italiano di Filologia - Bibliotheca, 26, Turnhout, Brepols, 2021, pp. 715-734.
The origins of Machiavelli’s Discourses on Livy are still a matter of debate. In particular, rese... more The origins of Machiavelli’s Discourses on Livy are still a matter of debate. In particular, research on the work’s literary genre has yet to offer consistent results. Some scholars, following Machiavelli’s own remarks, have suggested similarities with commentaries on Emperor Justinian’s Digest or collections of clinical cases. Others have singled out the importance of his master Marcello Virgilio Adriani’s exegetical method. Still others have highlighted the connections with vernacular literary commentaries, such as that by Cristoforo Landino on Dante’s Divine Comedy or that by Jacopo Bracciolini on Petrarch’s Triumph of Fame. This essay joins the debate by analyzing the Homini illustri (Illustrious men) composed by the Sienese Pietro Ragnoni. This commented translation of the fourth-century De viris illustribus shows intriguing resemblances with the Discourses, first in terms of literary genre, then in the topics addressed, and finally in the two authors’ biographies: Ragnoni, who was very close to the de facto Lord of Siena, Pandolfo Petrucci, wrote (1503) and published (1506) the Homini illustri in the very same months when Machiavelli stayed in Siena as an emissary of the Florentine republic.
in "Prometeo. Rivista trimestrale di scienze e storia" (settembre 2021), pp. 47-51.
in Le immagini del diritto. Cultura visuale e normatività tra età moderna e contemporanea, a cura... more in Le immagini del diritto. Cultura visuale e normatività tra età moderna e contemporanea, a cura di Maurizio Cau - Enrico Valseriati, "Annali dell’Istituto storico italo-germanico in Trento", 47, 2021 / 2, pp. 115-135.
Practitioners and interpreters of the Spiritual Exercises have always found themselves faced with the difficulty of harmonizing two different structures underlying the work: on the one hand, a division on a binary basis, marked by the sharp change of life between the first and the last two weeks; on the other hand, a more gradual and traditional division into the three ways (purgative, illuminative, and unitive) traced by late medieval mysticism and considered in conformity with the original text as conceived by the author of the work, the founder of the Society of Jesus, Ignatius of Loyola. This essay shows how this latter interpretive frame was the result of a textual manipulation by those branches of the Society of Jesus who were most committed to adapting the radical conversion experienced by Ignatius to broader sectors of early modern European society. A version of the Exercises probably illustrated by Rubens shows how this strategy that aimed at establishing a new normativity in the Jesuits’ reference text also included images.
in "Historia philosophica", 19 (2021), pp. 11-21.
in "Quaderni storici", 3/2020, pp. 809-828.
in Verso la Riforma. Criticare la chiesa, riformare la chiesa (xv-xvi secolo), a cura di S. Peyro... more in Verso la Riforma. Criticare la chiesa, riformare la chiesa (xv-xvi secolo), a cura di S. Peyronel Rambaldi, Torino 2019, pp. 379-402.
in La ghianda e la quercia, Saggi per Adriano Prosperi, a cura di Wietse de Boer, Vincenzo Laveni... more in La ghianda e la quercia, Saggi per Adriano Prosperi, a cura di Wietse de Boer, Vincenzo Lavenia e Giuseppe Marcocci, Roma 2019, pp. 13-28.
Introduzione a E. H. Gombrich, Immagini e parole, a cura di L. Biasiori, Roma 2019.
Machiavelli, Islam and the East è dei contributi più interessanti e innovativi degli ultimi anni ... more Machiavelli, Islam and the East è dei contributi più interessanti e innovativi degli ultimi anni nel vasto mondo degli studi machiavelliani: attraverso una serie di indagini condotte da studiosi provenienti da contesti geograficamente e culturalmente molto diversi fra loro si analizza infatti il rapporto (a lungo ignorato) fra il Segretario fiorentino e il mondo islamico, sia dal punto di vista delle fonti extra-europee del suo pensiero sia da quello della fortuna della sua opera al di fuori dei normali canoni di ricerca. L'obiettivo che il testo si pone, però, non è solo sviluppare una direzione innovativa in un ambito circoscritto, ma (riprendendo il titolo del grande classico di Quentin Skinner) operare un vero e proprio ripensamento delle origini del pensiero politico moderno, allargandone la prospettiva all'orizzonte degli scambi culturali mediterranei, al di fuori dunque del "canone" classico di influenze e di rapporti usualmente considerato alla base delle categorie fondative della politica così come la conosciamo. Il risultato è un lavoro stimolante tanto dal punto di vista accademico quanto da quello culturale in senso più ampio, dal momento che fornisce anche l'occasione per riconsiderare la vitalità e la ricchezza del rapporto Oriente-Occidente in una prospettiva inconsueta.
in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Classe di Lettere e Filosofia, serie 5, 2018, 1... more in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Classe di Lettere e Filosofia, serie 5, 2018, 10/2, pp. 657-666.
Per capire il significato della Riforma protestante, è necessario provare a mettersi nei panni de... more Per capire il significato della Riforma protestante, è necessario provare a mettersi nei panni delle persone che vivevano all'inizio del Cinquecento. Nell'Europa dell'epoca, il potere della religione era incomparabilmente più forte di oggi: non solo il papa era un sovrano di uno Stato che pretendeva obbedienza dagli altri poteri politici, ma era la religione stessa, con i suoi dogmi e i suoi riti, che segnava tutte le tappe della vita di uomini e donne (vedi cap. 13). Da quando nascevano e venivano battezzati, a quando lavoravano in giornate scandite dal battito delle campane della chiesa, fino a quando morivano accompagnati dal conforto del sacerdote. Cambiare qualcosa nella religione significava dunque introdurre mutamenti decisivi nella politica, nella cultura, nell'economia e in tutte le sfere della vita associata degli uomini.
https://ilmanifesto.it/la-febbre-delloro-degli-umanisti-a-padova-e-firenze/
Basta un episodio per mostrare quanto il Medioevo del libro di Paolo Grillo, Le porte del mondo. ... more Basta un episodio per mostrare quanto il Medioevo del libro di Paolo Grillo, Le porte del mondo. L'Europa e la globalizzazione medievale (Mondadori, Le scie, 2019, pp. 288, 22 euro) sia diverso da quello a cui siamo abituati: nel 1333 un vescovo domenicano apre un'inchiesta contro i francescani della sua diocesi, accusati di aderire alla corrente degli spirituali, fortemente critica nei confronti del proprio Ordine e della Chiesa, corrotti dalle troppe ricchezze. Lo scenario è lo stesso de Il Nome della Rosa, solo che lo sfondo qui non è un convento dell'Italia settentrionale, ma Tabriz, la capitale dell'il-khanato di Persia, il potentato sorto sulle ceneri dell'impero di Gengis Khan e formalmente dipendente dal gran khan della Cina. Certo, il nome del Gran Khan riporta subito il Medioevo a una dimensione internazionale
in "L'indice dei libri del mese", dicembre 2019, p. 26
"L'Indice dei libri del mese", sett. 2019, p. 25
review to Sylvain Piron, Dialettica del mostro. Indagine su Opicino de Canistris, "L'indice dei l... more review to Sylvain Piron, Dialettica del mostro. Indagine su Opicino de Canistris, "L'indice dei libri del mese", luglio-agosto, 2019
in "Storica", 70 (2018), pp. 149-56.
Germano Maifreda, I denari dell'Inquisizione. Affari e giustizia di fede nell 'Italia moderna, Ei... more Germano Maifreda, I denari dell'Inquisizione. Affari e giustizia di fede nell 'Italia moderna, Einaudi, Torino 2014, 360 pp. [Einaudi Storia, 52]. Dopo l'apertura nel 1998 dell'archivio della Congregazione per la dottrina della fede, il funzionamento del tribunale dell'Inquisizione romana è andato chiarendosi. Ciò non significa che sul posto dell'istituzione nella storia italiana ci sia accordo: alcuni si sono concentrati sulla sua duratura egemonia, altri ne hanno rilevato il carattere eccezionale, volto soprattutto a stroncare il dissenso interno alle gerarchie ecclesiastiche. Questa dialettica tra norma ed eccezione ha una sua sintesi felice nel libro, che si propone proprio di gettare «uno sguardo "ordinario" su un'istituzione che appare oggi, per diversi aspetti, eccezionale» (p. vii), indagandone il funzionamento economico. Non si tratta di una prospettiva inedita, ma originali sono la prospettiva d'insieme e la sottolineatura della specificità dell'economia inquisitoriale rispetto ai meccanismi della giustizia odierna. I costi dei processi, infatti, non erano coperti da finanziamenti dal centro, bensì con il patrimonio dei tribunali periferici o, come accadeva spesso, con l'intervento di tasca propria da parte dell'inquisitore, che «divenne in tal modo una sorta d'imprenditore: incrementando i propri introiti, poteva esercitare la sua funzione con maggiore efficacia» (pp. ix-xii). Ciò contribuisce a spiegare anche l'enorme numero di imputati, circa trecentomila tra Cinque e Settecento, secoli in cui «non mancarono eccessi persecutori probabilmente dovuti ad avidità economica», come nel caso dei roghi degli ebrei di Ancona (p. 337). Le risorse a disposizione dei giudici di fede erano comunque limitate, così che «l'epoca di più intensa attività repressiva dell'eresia di matrice protestante fu affrontata dagli inquisitori in condizioni finanziarie del tutto inadeguate» (p. 53). Tale «modello gestionale spurio», basato sul «credito dell'inquisitore», aveva però i suoi vantaggi, visto che costringeva i giudici a rispondere in prima persona del loro operato, «aumentava il peso reale della sanzione […] in seguito a una gestione finanziaria disordinata» (pp. 78-79) e, infine, permetteva loro di «squarciare il velo di segretezza imposto ai processi e consentiva la visibilità necessaria a ogni istituzione autenticamente politica» (p. 344).
Giorgio Caravale, Storia di una doppia censura. Gli Stratagemmi di Satana di Giacomo Aconcio nell... more Giorgio Caravale, Storia di una doppia censura. Gli Stratagemmi di Satana di Giacomo Aconcio nell 'Europa del Seicento, Pisa, Edizioni della Normale, 2013, 247 pp. Chi passasse per Ossana (in Val di Sole, all'estremità nordoccidentale del Trentino) si potrebbe forse meravigliare che quel villaggio alpestre sia stato il luogo dove visse le sue prime esperienze biografiche, professionali e religiose uno dei personaggi più poliedrici e cosmopoliti del Cinquecento europeo: il notaio, umanista, ingegnere ed eretico Giacomo (o Jacopo) Aconcio (travestimento umanistico del cognome Conci, tuttora ben attestato in quella zona). Si tratta di un personaggio ben noto a chi studia storia religiosa del sedicesimo secolo. Il suo nome compare molte volte nel classico libro di Delio Cantimori, tra gli altri Eretici italiani del Cinquecento «ribelli ad ogni forma di comunione ecclesiastica», costretti a fuggire dall'Italia di fronte all'intolleranza cattolica, ma parimenti avversati dai protestanti, che ne aborrivano lo spirito critico, dissolutore di ogni dogmatismo. Il lavoro di Cantimori sollecitò a sua volta nuove ricerche, come la biografia di Ch. D. O'Malley (pubblicata, vedremo come, nel 1955) e, tre anni prima, un completo profilo filosofico, il primo dei tanti libri dello storico della filosofia Paolo Rossi. In seguito, il personaggio è stato studiato in maniera più discontinua, ma negli ultimi anni si è avuto nei suoi confronti un ritorno di interesse, che è forse esagerato definire una Aconcio Renaissance (come ha fatto P. Giacomoni, Jacopo Aconcio. Fortezze contro il fanatismo, in G. Aconcio, Trattato sulle fortificazioni, Firenze 2011, p. 5), ma che sarebbe ingiusto sottovalutare, soprattutto in un momento in cui il fuoco storiografico è più sugli inquisitori che sugli inquisiti. Di questo ritorno d'interesse il libro di Caravale rappresenta allo stesso tempo un punto d'arrivo e un punto di partenza. Punto d'arrivo perché fornisce un esauriente aggiornamento degli studi su Aconcio e ne colma una lacuna importante, vale a dire la sua fortuna nell'Europa cattolica e protestante; punto di partenza perché (ed è forse il maggior pregio del volume) invita gli studiosi a moltiplicare per altri esponenti della diaspora ereticale italiana cinquecentesca l'esperimento tentato e riuscito in queste pagine. Pur tenendo infatti ben fermo il riferimento a Cantimori (indispensabile più che mai oggi che la parola "eretico" va recuperando in storiografia il significato controversistico da cui Cantimori l'aveva liberata, applicandola a «quegli umanisti italiani, che invece erano "eretici" per tutti»), Caravale riesce a rinnovare quell'eredità sotto due aspetti. In primo luogo, sulla scia di alcune indicazioni di Massimo Firpo, mette in luce l'importanza del background italiano di Aconcio prima della fuga oltre confine, prima a Vienna e poi, dopo il temporaneo ritorno a Milano al servizio del cardinal di Trento Cristoforo Madruzzo, tra la Svizzera, Strasburgo e l'Inghilterra. Secondariamente, Caravale specifica quel nesso, da Cantimori solo intuito, tra Eretici italiani del Cinquecento e Utopisti e riformatori italiani settecenteschi (per riprendere i titoli di due libri cantimoriani). In altre parole, egli compie qualcosa che si vede raramente nella storiografia sugli eretici del Cinquecento, analizzando in modo preciso i canali concreti attraverso i quali l'insegnamento di Aconcio si è mosso, in modo sempre carsico, attraverso il Seicento, per poi sfociare nella «società illuministica aperta alla diversità religiosa e ostile alla repressione inquisitoriale» (p. 13). Il rischio di teleologia insito in una ricerca di questo tipo è arginato da Caravale proprio grazie alla puntualità della sua ricostruzione del cammino percorso dalle idee di Aconcio e di altri come lui, come l'ex generale dei cappuccini Bernardino Ochino o l'umanista piemontese Celio Secondo Curione (qui, forse per confusione con l'amico e collega Sebastiano Castellione, definito «savoiardo», p. 42, n. 73). Ma quali erano e come erano maturate queste idee? Come detto, Aconcio (nato probabilmente nel 1520) visse i suoi primi anni tra Ossana e Trento, una città che, al di sotto della vernice conciliare, ospitava un dissenso religioso magari non «dilagante» (p. 19, n. 6), ma sicuramente diffuso (anche grazie alla presenza tedesca in città) e aperto a esiti radicali, come quelli a cui arrivò l'affascinante Ascanio Schrattenberg, sostenitore della mortalità dell'anima e della dottrina dei tre impostori. Fu forse proprio questa mescolanza di diverse confessioni (tipica delle zone di confine) che segnò non solo la conversione di Aconcio al luteranesimo (avvenuta fra il Trentino e la corte dell'arciduca Massimiliano a Vienna), ma anche il timbro particolare che quell'opzione religiosa avrebbe sempre mantenuto in lui. A differenza di
Aconchar el mundo i reformar la Iglesia» Il libro di Elena Bonora ricostruisce un frammento della... more Aconchar el mundo i reformar la Iglesia» Il libro di Elena Bonora ricostruisce un frammento della storia politico-religiosa del Cinquecento italiano poco noto nei suoi tratti specifici, cioè l'esistenza di un fronte di principi ecclesiastici e secolari fortemente contrario al papa in carica, Paolo III Farnese, e favorevole alla politica religiosa dell'imperatore Carlo V. Nel delineare questa «Italia dell'imperatore tenacemente e assolutamente opposta all'Italia del papa» (pp. 11-12), l'autrice ha fatto uso di una vasta messe di materiali archivistici inediti -carteggi, soprattutto -e ne ha decrittato il linguaggio quasi iniziatico ("il nostro
Storica», n. 51 Paul J. Rasmussen, Excellence unleashed. Machiavelli's critique of Xenophon and t... more Storica», n. 51 Paul J. Rasmussen, Excellence unleashed. Machiavelli's critique of Xenophon and the moral foundation of politics, Lexington Books, Lanham 2009, pp. 149.
sone che presenta l'intreccio tipico della commedia e un personaggio maschile di nome Callimaco. ... more sone che presenta l'intreccio tipico della commedia e un personaggio maschile di nome Callimaco. Modellata su Plauto e Terenzio, apparentemente lontana dalla traccia aristotelica, la commedia diventa il genere di maggiore presa nella pratica spettacolare del primo Rinascimento. A ciò concorrono i primi studi lologici e le pubblicazioni delle opere plautine e terenziane, dei tragici greci, nonché di Seneca, Cicerone e Quintiliano, oltre che del corpus aristotelico. Da tale tradizione prende le distanze Giordano Bruno nella redazione del Candelaio, il cui concepimento come potenziale testo di scena -costruito intorno all'immagine paradigmatica della città di Napoli -supera, come rileva l'A., la prassi del teatro di corte della prima metà del Rinascimento. Allo stesso modo, seguendo il lo conduttore della tradizione retorica, l'A. individua nelle due poetiche e in alcune poesie loso che di Tommaso Campanella alcuni spunti signi cativi per la tipica rilettura manieristica del mondo come teatro. Sul modello aristotelico può orientarsi in seguito, contrariamente al genere comico, la ricostituzione di un modello tragico consono alle esigenze etiche e culturali del prototipo cortigiano ed ecumenico. Relativamente a tale genere, analizzando gli eventi storico-culturali che si concentrano negli anni ' del Cinquecento, l'A. ne evidenzia le ripercussioni sulle forme di teatro più strettamente tragiche, e con esiti diversi, in Giovan Battista Giraldi Cintio e Sperone Speroni. Le forme e i temi della tragedia classica vengono rivisitate in chiave religiosa dai Gesuiti, che sostituiscono all'eroe la gura del martire, modi cando dall'interno gli elementi costitutivi del tragico e accompagnando il superamento della verosimiglianza a favore del vero.
s.); M. Binotto, I dipinti della chiesa dei Santi Filippo e Giacomo di Vicenza, in Saggi e memori... more s.); M. Binotto, I dipinti della chiesa dei Santi Filippo e Giacomo di Vicenza, in Saggi e memorie di storia dell'arte, XII, 1980, pp. 79-109; R. Pallucchini, La pittura veneta del Seicento, I, Milano 1981, pp. 354 s.; F. d'Arcais, La decorazione della chiesa di I restauri del Tadini, a cura di G.A. Scalzi, Lovere 2000, pp. 196 s.; E. Rama, P. S., in La pittura nel veneto. Il Seicento, a cura di M. Lucco, II, Milano 2001, pp. 864 s.; A. Pasian, Grezzana. Villa Allegri, in Gli affreschi nelle ville venete. Il Seicento, a cura di G.
che «sapere nella guerra conoscere l'occasione e pigliarla, giova più che niuna altra cosa», ma d... more che «sapere nella guerra conoscere l'occasione e pigliarla, giova più che niuna altra cosa», ma dallo stesso Francesco Guicciardini, che nella Storia d'Italia (II xii) assegna alla «riputazione», più che a una generica «fortuna», le sorti della guerra: Dependono in grande parte, come ognuno sa, dalla riputazione i successi delle guerre, la quale quando declina, declina insieme la virtù de' soldati diminuisce la fede de' popoli annichilansi l'entrate deputate a sostenere la guerra. Altro elemento che segna una divaricazione rispetto a M. è il giudizio storico sul 'conflitto sociale' nell'antica Roma. Leggiamo nel proemio del libro XI: Chi andrà considerando ne' passati tempi le Storie scritte e notate dagl'ingegni celebrati, troverà i nostri moderni non esser punto dissimili da quegli del Triumvirato di Roma, quando tutto il mondo e particolarmente l'Europa, e sopra ad ogni altra la Provincia d'Italia lacerata e guasta, si condusse ad estrema miseria [...]. Furono allora per molti e molti anni distrutti li popoli non pure delle facultà, dell'onore e degli altri beni di fortuna, ma, spenta ogni virtù, fu alla maggior parte di quei che vivevano, a' migliori dico, ed a' più giovani tolta la vita per la strage di loro fatta nelle guerre, per la penuria sopportata nelle cose necessarie a vivere, e per la marcigione ed infermità cagionata in loro da diversi stenti (Storie fiorentine, ed. 1723, p. 281).
valori della virtus e della modestia, da cui finiva con il derivare la concordia ordinum et civiu... more valori della virtus e della modestia, da cui finiva con il derivare la concordia ordinum et civium, piuttosto che su una reale divisione e opposizione fra le classi. Lo storico latino mancava di cogliere ciò che più interessava a M., ovvero il significato dinamico delle lotte fra patrizi e plebei in vista della futura grandezza romana. La «formale e statica positività del giudizio sallustiano» (Sasso 1987, p. 459) non poteva essere condivisa da M. che, come appare evidente dal brano citato, riteneva i tumulti manifestazione di forze che, scontrandosi fra loro, davano vita a quelle leggi su cui si basava la libertà della repubblica. Al punto d'arrivo della riflessione di M. sul conflitto fra patrizi e plebei a Roma (Discorsi I xxxvii), di nuovo si avverte un preciso segno sallustiano nell'idea dei diversi effetti provocati dalla contesa per gli «onori» e da quella, catastrofica, per la «roba» ( § 25; cfr. Catil. 11, 1-3, con tagli: primo magis ambitio quam avaritia animos hominum exercebat, quod tamen vitium propius virtutem erat [...] Avaritia [...] semper infinita insatiabilis est, neque copia neque inopia minuitur, «All'inizio più l'ambizione che l'avidità affliggeva l'animo degli uomini, e tuttavia era un vizio che si avvicinava alla virtù [...]. L'avidità [...] è sempre smodata e insaziabile, né l'abbondanza né la penuria la diminuiscono» ecc.) e nella stessa 'regola', che M. suggerisce per la salute degli Stati, di «tenere ricco il publico e gli [...] cittadini poveri» ( § 8; cfr. in Catil. 52, 21-22 il paragone, posto in bocca a Catone, fra i Romani delle origini e i contemporanei: alia fuere quae illos magnos fecere, quae nobis nulla sunt [...] pro his nos habemus luxuriam atque avaritiam, publice egestatem, privatim opulentiam, «ben altre furono le cause della loro grandezza, che noi non abbiamo più [...] in cambio abbiamo l'amore per il lusso e per il denaro, lo Stato povero e ricchi i privati»).
pensatore scarsamente coerente. Anche per l'autore degli Elementi di scienza politica M. -che pur... more pensatore scarsamente coerente. Anche per l'autore degli Elementi di scienza politica M. -che pure aveva genialmente intuito che «la spiegazione della prosperità e della decadenza degli organismi politici va ricercata [...] nella storia del loro passato» e che «in tutti i popoli arrivati ad un certo grado di civiltà si possono riscontrare alcune tendenze politiche generali e costanti» (G. Mosca, Scritti su Machiavelli, a cura di A. Campi, 2014, p. 49) -non è mai giunto a una comprensione realmente scientifica dei fenomeni politici: la sua, scrive Mosca, può essere definita «arte politica» (che è «lo studio dei mezzi idonei per arrivare al potere e per conservarlo»), non «scienza politica» (che è invece la «conoscenza delle cause i cui effetti hanno determinato la grandezza o la decadenza di un popolo o di una civiltà», Ciò che la storia potrebbe insegnare, in Ciò che la storia potrebbe insegnare. Scritti di scienza politica, 1958, p. 5). A M. sono mancati, in particolare, i materiali storici adeguati a una simile impresa, il che si spiega con il fatto che alla sua epoca, secondo lo studioso palermitano, «l'indagine e la critica storica erano all'infanzia, anzi forse non erano neppure nate» (Scritti su Machiavelli, cit., p. 49). La sua cultura storica, oltre che limitata a Roma e alla Grecia, era inoltre eccessivamente libresca e intellettualistica: da qui l'erronea pretesa, da letterato più che da studioso, di modellare sull'antichità classica la politica del suo tempo. Come si legge nel manuale moschiano di dottrine politiche nella sua edizione definitiva, M., «come tutti quelli nei quali la maniera di pensare si è formata a preferenza sui libri, è soprattutto un idealista teorico, e, come quasi tutti gli idealisti, è qualche volta un ingenuo» (Scritti su Machiavelli, cit., p. 79). Quanto ai precetti e alle massime contenuti soprattutto nel Principe, a dispetto del crudo realismo e della profondità psicologica che sembrano contraddistinguerli, essi presentano in molti casi uno scarso valore operativo per l'uomo d'azione che dovrebbe avvalersene. M., scrive il pensatore siciliano nel testo del 1937, eccelle certamente nella conoscenza generica dell'uomo ma s'inganna di frequente nell'apprezzamento degli individui, e perciò i suoi precetti sono spesso generici e di scarsa utilità nei casi pratici (pp. 79-80).
Imola. -La città romana di Forum Cornelii fu quasi completamente distrutta durante la guerra grec... more Imola. -La città romana di Forum Cornelii fu quasi completamente distrutta durante la guerra greco-gotica (535-53). Inserita dai Bizantini nell'Esarcato e successivamente conquistata dai Longobardi, dopo l'arrivo in Italia dei Franchi la città fu consegnata all'arcivescovo di Ravenna. Nella seconda metà dell'11° sec., I. si diede uno statuto comunale e, dopo una dura lotta contro il potere vescovile, si schierò con l'impero (1159), riuscendo a resistere per quasi un secolo alle pressioni dei maggiori centri guelfi vicini: Faenza e Bologna. Dopo essere entrata nell'orbita di Bologna e tornata nominalmente sotto lo Stato della Chiesa, divenne dominio della famiglia guelfa degli Alidosi. Nelle Istorie fiorentine (IV vivii) M. narra la fine di tale signoria, quando Angelo della Pergola, condottiero al soldo dei Visconti, distrusse la rocca cittadina ed espugnò la città, come punizione per aver aderito alla lega antiviscontea. L'influenza di Milano su I. si mantenne dai Visconti, agli Sforza, ai Riario (con il matrimonio fra la duchessa Caterina Sforza e il nipote di papa Sisto IV, Girolamo Riario). Ancora nelle Istorie fiorentine si può leggere un asciutto resoconto di come I. venne usata sullo scacchiere politico italiano, tra il comportamento da «principe nuovo» di Sisto IV -«il primo che cominciasse a mostrare quanto uno pontefice poteva, e come molte cose, chiamate per lo adietro errori, si potevono sotto la pontificale autorità nascondere» -e le trame espansionistiche del ducato di Milano (cfr. VII xxii 6-8). La forzatura nepotistica, grazie alla quale Riario si insediò a Forlì e a I., unitamente al suo esoso fiscalismo, fu causa del malcontento che portò alla congiura del 1488 e all'uccisione del conte (Istorie fiorentine VIII xxxiv 7-18, cfr. anche Discorsi III vi 156-59; per l'analisi di questi testi → Sforza, Caterina). La signoria pervenne quindi a Caterina, reggente per conto del figlio Ottaviano; la contessa, «ripreso lo stato, la morte del marito con ogni generazione di crudeltà vendicò» (Istorie fiorentine VIII xxxiv 20). Proprio alla corte di Caterina Sforza, dal 12 al 24 luglio 1499, si svolse una delle prime esperienze diplomatiche di Machiavelli. Oltre alla possibilità di arruolare dei fanti in Romagna e procurarsi munizioni, la questione sul tavolo era quella di garantirsi un reciproco appoggio: Firenze aveva bisogno dell'aiuto
fossero dovute alla decisione del re di privarsi di determinate quote di potere sia che queste pr... more fossero dovute alla decisione del re di privarsi di determinate quote di potere sia che queste privazioni gli fossero state imposte da forze emergenti all'interno del principato. Con l'occhio rivolto all'evoluzione storica, Aristotele vi distingueva perciò quattro momenti, ai quali aggiungeva un quinto che, senza necessariamente essere tale nei riguardi del tempo storico, lo era in quanto caratterizzato dalla trasformazione che, in certi casi, il potere politico subiva in potere familiare e la sua forma veniva con ciò a rappresentare il momento di massima degenerazione. La tendenza a distinguere, e quindi, a sottodistinguere, che costituisce il pregio delle analisi costituzionali di Aristotele, era presente del resto anche in quelle da lui dedicate alla forma aristocratica, e altresì a quella democratica. Non è possibile seguirle, e commentarle come meriterebbero, in una sede come questa. Ma non si può invece non rilevare che, anche in lui, era presente un criterio che si ritrova in molti documenti del pensiero politico greco, quale che ne fosse stato, di volta in volta, l'orientamento specifico. Non prima, per altro, di aver notato che -a differenza di Platone, che la detestava in ogni sua manifestazione -senza essere propriamente un teorico della democrazia e un pensatore democratico Aristotele riteneva che la collettività fosse meglio disposta dell'uno e dei pochi a giudicare circa le cose di comune interesse. Le attribuiva, soprattutto, una migliore capacità di resistere al morbo della corruzione; e questo, com'è facile comprendere, non era un riconoscimento di poco conto. Il criterio richiamato qui su era invece quello che potrebbe esser fatto consistere nell'elogio rivolto alla legge; che, come suona una sua celebre sentenza, non conosceva la passione e, escludendo che, com'è giusto, ciascuno avesse, nella polis, più potere di quello che subiva, faceva in modo che in questa regnasse l'eguaglianza. Questo breve profilo ha preso l'avvio non dall'inizio, ma, a causa dell'importanza che il sesto libro delle sue Storie riveste per il pensiero di M., da Polibio; e cioè da un autore appartenente non all'alba di questa teoria, ma al suo pieno meriggio. Partendo da lui, il discorso si è svolto a ritroso, incontrando pensatori e scrittori che furono, forse, presenti a Polibio quando era impegnato a schematizzare, a semplificare, a sistemare i pensieri che vi trovava. Ad alcuni di questi autori si è fatto cenno, ad altri si è dedicata qualche maggiore attenzione. Chi intendesse informarsi sugli svolgimenti che la teoria della c. m. ebbe negli ambienti pitagorici, ai quali anche Cicerone (ad Attico 13, 32, 2) fece riferimento quando s'interessò di Dicearco di Messana e del suo Tripolitikòs, può ancor oggi ricorrere all'opera di Armand Delatte, Essai sur la politique pythagoricienne (1922). Bibliografia: Oltre alle edizioni commentate dei Discorsi (→), si veda G. Sasso, Machiavelli e la teoria dell'«anacyclosis» e Machiavelli e Polibio, in Id., Machiavelli e gli antichi e altri saggi, 1°v ol., Milano-Napoli 1987, pp. 3-65, 67-118 (dove si trova indicata anche la letteratura critica precedente). Gennaro Sasso Cresci, Migliore. -Nato a Firenze nel 1494 in una famiglia di tintori, fu fautore dell'ultima Repubblica fiorentina (1527-30); nel 1534 divenne priore e poi si mise al servizio dei Medici. Frutto di questa evoluzione è un trattato, rimasto manoscritto, dal titolo La vita del Principe ovvero trattato dei doveri del Principe (1544), dedicato a Cosimo de' Medici. Il testo, che sappiamo essere stato discusso nella cerchia cosimiana negli stessi mesi in cui era in corso un duro scontro giurisdizionale con papa Paolo III, è un abile collage di due fonti: da un lato il Secretum secretorum, diffusissimo testo pseudo-aristotelico composto da una serie di consigli politicomedici impartiti da Aristotele ad Alessandro Magno, dall'altro il Principe di M. (alternato a echi del Beneficio di Cristo, secondo una caratteristica osmosi tra spiritualismo eterodosso e proto-machiavellismo; cfr. C. Ginzburg, A. Prosperi, Giochi di pazienza. Un seminario sul "Beneficio di Cristo", 1975). La documentazione conservata nel fondo Della Rena dell'Archivio Pucci (Firenze) ci mostra C. al centro di un reticolo di personaggi religiosamente inquieti, come Antonfrancesco Grazzini (→), e permette di associarlo al gruppo di scrittori anticonformisti (tra cui era Antonio Brucioli) che proponevano a Cosimo un «nuovo sapere governamentale», capace di «ripensare le prerogative della sovranità e i mezzi più efficaci per elaborare forme di assoggettamento duraturo e volontario» (Landi 2006, p. 62). Il segreto e l'astrologia come strumenti di governo si saldavano all'uso politico della religione teorizzato da M., mirando a delineare un monarca di tipo nuovo, che aprisse «la via della vera religione, riformando quelli nel mondo» (Vita del Principe, f. 4v), secondo il modello dei principi territoriali protestanti. Non si conosce con precisione la data della morte di C., avvenuta dopo il 1546. Bibliografia: La vita del Principe ovvero trattato dei doveri del Principe, BNCF, cod. Magliabechiano XXX 147; Storia italiana, a cura di U.G. Oxilia, Torino 1905. Per gli studi critici si vedano: M. Vigilante,
Note su Marietta Corsini e la sua famiglia, in Studi di filologia e letteratura umanistica. Per M... more Note su Marietta Corsini e la sua famiglia, in Studi di filologia e letteratura umanistica. Per Mariangela Regoliosi, a cura di L. Bertolini, D. Coppini, Firenze 2012. Silvia Moretti Cortesi, Paolo. -Nacque a Roma nel 1465, o meno probabilmente nel 1471, da una famiglia forse di origine lombarda, ma trasferitasi a San Gimignano. Educato prima dal padre, abbreviatore pontificio, e poi dall'accademico romano Pomponio Leto, C. fece valere la sua grande cultura e le frequentazioni autorevoli -di cui abbiamo testimonianza nel suo De hominibus doctis (1490-1491) -per proseguire la carriera curiale del padre. Sotto Sisto IV divenne scriptor apostolicus (in sostituzione di Bartolomeo Sacchi detto il Platina) e in seguito segretario apostolico di Alessandro VI. Ritiratosi, per ragioni non chiarite, nella sua villa di San Gimignano (1503), attese alla scrittura della sua opera più significativa, il De cardinalatu. Progettata inizialmente come un trattato sul principe -sul modello della Ciropedia di Senofonte; cfr. C. Dionisotti, Chierici e laici, 1960, poi in Id., Geografia e storia della letteratura italiana, 1967, p. 86 -, l'opera è divisa in tre libri: Ethicus et contemplativus, Oeconomicus e Politicus. Nel primo libro si delineano la funzione cardinalizia e le virtù per esercitarla. Tale sezione è forse la più desultoria dell'intera opera (essa, infatti, ospita alcuni capitoli sulla retorica, un atto d'accusa contro l'astrologia -debitore delle Disputationes di Giovanni Pico della Mirandola -e una descrizione della messa), ma, allo stesso tempo, è la più ricca di aneddoti e particolari sulla vita politica e culturale del primo Cinquecento. La parte sull'oeconomia riguarda gli aspetti materiali della vita di un principe della Chiesa (il suo compenso, le caratteristiche della sua abitazione, dei suoi cibi ecc.) e della sua familia. Il terzo libro tratta della potestas papale e cardinalizia e dei loro rapporti reciproci. Secondo la concezione organicistica e gerarchica di C. (ormai superata rispetto alla centralizzazione perseguita, sotto i suoi occhi, da Alessandro VI e Giulio II), il papato deve essere la testa e i cardinali le membra della Chiesa («Papa cum collegio est perfectior»). Vengono poi illustrati altri aspetti disciplinari dell'esercizio concreto del governo della Chiesa, come il pericolo della simonia, la concessione dei benefici, la convocazione dei concili e il giudizio sul peccato/reato di eresia/lesa maestà. Il De cardinalatu fu pubblicato nel 1510 da Simeone di Niccolò Nardi; a causa della morte improvvisa di C., l'edizione fu portata a termine da Raffaele Maffei. I diversi esemplari dell'edizione presentano significative differenze tra loro, la più vistosa delle
; R. Ridolfi, Vita di Niccolò Machiavelli, Roma 1954, Firenze 1978 ; N. Rubinstein, The beginning... more ; R. Ridolfi, Vita di Niccolò Machiavelli, Roma 1954, Firenze 1978 ; N. Rubinstein, The beginnings of Niccolò Machiavelli's career in the Florentine chancery, «Italian studies », 1956, 11, pp. 72-91; N. Rubinstein, Poggio Bracciolini cancel-liere e storico di Firenze, «Atti e memorie dell'Accademia Petrarca», 1958Petrarca», -1964 P. Ghiglieri, La grafia del Machiavelli studiata negli autografi, Firenze 1969; A. Verde, Lo studio fiorentino, 5 voll., Firenze 1973-1994 D. Fachard, Biagio Buonaccorsi, sa vie-son temps-son oeuvre, Bologna 1976; A. Brown, Bartolomeo Scala (1430-1497 chancellor of Florence. The humanist as bureaucrat, Princeton 1979; D. De Rosa, Coluccio Salutati: il cancelliere e il pensatore politico, Firenze 1980; R.G. Witt, Medieval «Art dictaminis» and the beginnings of humanism, «Renaissance quarterly», 1982, 35, pp. 1-35; D. De Rosa, Poggio Bracciolini cancelliere della repubblica fiorentina, «Studi e ricerche», 1983, 2, pp. 217-50; R. Black, Benedetto Accolti and the Florentine Renaissance, Cambridge 1985; R. Fubini, Classe dirigente ed esercizio della diplomazia nella Firenze quattrocentesca. Rappresentanza esterna e identità cittadina nella crisi della tradizione comunale, in I ceti dirigenti nella Toscana del Quattrocento. di Leonardo Bruni, in Leonardo Bruni cancelliere della Repubblica fiorentina, a cura di P. Viti, Firenze 1990, pp. 175-89; F. Klein, Leonardo Bruni e la politica delle Consulte e Pratiche, in Leonardo Bruni cancelliere della Repubblica fiorentina, a cura di P. Viti, Firenze 1990, pp.157-74; Leonardo Bruni cancelliere della Repubblica fiorentina, a cura di P. Viti, Firenze 1990; V. Arrighi, F. Klein, Dentro il Palazzo, cancellieri, ufficiali, segretari, in Consorterie politiche e mutamenti istituzionali in età laurenziana, a cura di M.A. Morelli Timpanaro, R. Manno Tolu, P. Viti, catalogo della mostra, Firenze, Archivio di Stato, 1992, Milano 1992, pp. 77-102; R. Black, Machiavelli servant of the Florentine republic, in Machiavelli and republicanism, ed. G. Bock, Q. Skinner, M. Viroli, Cambridge 1993, pp. 71-99; E. Artifoni, Retorica e organizzazione del linguaggio politico nel Duecento italiano, in Le forme della propaganda politica nel Due e nel Trecento, a cura di P. Cammarosano, Roma 1994, pp. 157-82; V. Arrighi, F. Klein, Aspetti della cancelleria fiorentina tra Quattrocento e Cinquecento, in Istituzioni e società in Toscana nell'età moderna, Atti delle giornate di studio dedicate a Giuseppe Pansini, Firenze 1992, 1° vol., Firenze 1994, pp. 148-64; V. Arrighi, F. Klein, Segretari e archivi segreti in età laurenziana, formazione e vicende delle carte Gaddi Michelozzi, in La Toscana al tempo di Lorenzo il Magnifico. Politica, economia, cultura, arte, Convegno di studi,
BURD, LAURENCE ARTHUR opere di M., non solo il Principe, ma anche l'Arte della guerra, alle cui f... more BURD, LAURENCE ARTHUR opere di M., non solo il Principe, ma anche l'Arte della guerra, alle cui fonti letterarie egli dedicò un importante studio. In B. si possono ritrovare, inoltre, alcune anticipazioni, senza le asprezze polemiche che ne hanno ostacolato l'accoglienza, delle più recenti tesi sulla formazione culturale di M.:
Ingresso libero fino a esaurimento dei posti a sedere disponibili. Per la partecipazione sarà nec... more Ingresso libero fino a esaurimento dei posti a sedere disponibili. Per la partecipazione sarà necessario esibire il Green Pass rafforzato e indossare la mascherina FFP2.
Kolloquium zu Problemen der sächsischen Landesgeschichte, der Geschichte der Frühen Neuzeit und d... more Kolloquium zu Problemen der sächsischen Landesgeschichte, der Geschichte der Frühen Neuzeit und der Sozial-und Wirtschaftsgeschichte Wintersemester 2018/19
Studenti e docenti sono cordialmente invitati Iniziativa promossa da:
Haben Regionen eigene „Zeiten“, also „Regionalzeiten“, wie sie der Globalhistoriker Jürgen Osterh... more Haben Regionen eigene „Zeiten“, also „Regionalzeiten“, wie sie der Globalhistoriker Jürgen Osterhammel nannte? Unterliegen sie also eigenen Entwicklungsgeschwindigkeiten, Umbrüchen und Zäsuren, Epochen und Perioden, oder sind sie vielmehr an den großen Uhren der Nationen, Staaten oder gar der Welt zu messen? Und vor allem: Wie soll die Regionalgeschichte mit diesem Problem umgehen?
Diese Fragen stehen im Zentrum der zweite Ausgabe der „Bozner Gespräche zur Regionalgeschichte“. Die Veranstaltung versteht sich als internationale Diskussions- und Vernetzungsplattform, die den aktuellen Forschungsstand der Regionalgeschichte aus unterschiedlichen Perspektiven beleuchten will.
Le regioni hanno dei “tempi” propri, vale a dire delle “tempi regionali”, come le ha chiamate lo storico globale Jürgen Osterhammel? Sono quindi soggette a velocità di sviluppo, rivolgimenti, cesure epoche e periodi propri e specifici, o si collocano piuttosto all'interno di scansioni temporali nazionali, statali o addirittura globali?
Tali questioni sono al centro della seconda edizione dei “Colloqui bolzanini di storia regionale”. L’incontro vuole essere una piattaforma internazionale di discussione e collegamento tra studiosi e studiose, ed un’occasione per mettere in luce da diverse prospettive lo stato attuale delle ricerche di storia regionale.
Eröffnungsvortrag/Relazione d’apertura, Bozner Gespräche zur Regionalgeschichte/Colloqui bolzani... more Eröffnungsvortrag/Relazione d’apertura,
Bozner Gespräche zur Regionalgeschichte/Colloqui bolzanini di Storia
regionale, October 11, 2018
La Repubblica di Venezia e la Riforma protestante dal Cinquecento al Settecento La Repubblica di... more La Repubblica di Venezia e la Riforma protestante dal Cinquecento al Settecento
La Repubblica di Venezia fu lo Stato italiano più potente e ricco nell’età moderna, relativamente autonomo dalla Spagna e dal papato. Nella capitale, nelle città e cittadine della Terraferma le idee della Riforma ebbero una notevole diffusione, forte in confronto al resto dell’Italia, debole se raffrontata con gli Stati divenuti protestanti. Queste dottrine, tra cui la giustificazione – ossia la salvezza dell’anima - per mezzo della sola fede e non attraverso le opere, la predestinazione, l’esistenza di due soli sacramenti, l’inutilità del della mediazione del clero, circolarono attraverso libri che furono poi proibiti: opere tradotte dei grandi riformatori, come Lutero e Calvino, ma anche libri eterodossi scritti da autori italiani. Venezia era forse il più grande emporio di produzione e commercio librario in Europa e alcuni dei suoi stampatori furono processati dall’Inquisizione. Il più famoso dei libri eterodossi italiani, il Beneficio di Cristo, venne stampato proprio qui nel 1543. Un’altra via di divulgazione furono le prediche da parte di frati dei diversi ordini religiosi. Parecchi di loro furono processati dall’Inquisizione: fra i primi fra Giulio da Milano, che però riuscì a fuggire; fra Ambrogio Cavalli, che venne invece messo al rogo a Roma e molti altri. Furono implicati dunque ecclesiastici, intellettuali, medici, avvocati, notai, artigiani di ogni genere, di cui conosciamo le idee e i comportamenti attraverso i processi dell’Inquisizione. La Congregazione del Sant’Ufficio venne istituita direttamente dal papa il 21 luglio 1542, ma all’inizio funzionò in modo blando, tanto che il periodo di maggior diffusione delle idee evangeliche in Italia fu quello compreso tra gli anni Quaranta del Cinquecento e il mezzo decennio successivo.
Venezia fu uno Stato fortemente cattolico. Che potesse favorire la Riforma nei suoi territori fu soltanto un pio desiderio di alcuni eterodossi mai un’ipotesi delle autorità di governo. È anche corrente l’idea che la Repubblica controllasse l’Inquisizione, come se questa agisse sotto tutela. È vero che dei rappresentanti statali erano presenti ai processi, che nei territori della Repubblica non veniva ammesso il sequestro dei beni degli eretici, che molti arresti passavano attraverso le autorità secolari, ma nella gran parte dei casi il Consiglio dei dieci e i suoi capi appoggiarono in pieno l’operato dell’Inquisizione. Andarono invece contro le norme del diritto canonico soltanto quando venivano toccati i loro stessi interessi politici e commerciali: ad esempio rifiutando di consegnare a Roma gli eretici che fossero sudditi della Repubblica, facendo fuggire eretici arrestati o in procinto di esserlo se erano persone importanti, non eseguendo alcune condanne capitali.
La storia della Riforma e dell’Inquisizione nella Repubblica di Venezia è stata molto studiata, ma ci sono ancora molte zone d’ombra e documenti mai utilizzati. Il Convegno internazionale che si terrà il 10 e 11 novembre si propone di studiare ex novo o approfondire alcune di queste questioni. Chi furono i predicatori che operarono negli anni Quaranta e inizio Cinquanta? Quali dottrine proponevano dai pulpiti, in quali chiese, con quali reazioni da parte degli ascoltatori? Quali sono le immagini della Riforma che si trovano nelle fonti inquisitoriali? Come Venezia controllava la parola (scritta ma anche “detta”)? Quali furono le decisioni dei capi del Consiglio dei dieci per tutti i tribunali dell’Inquisizione nei primi vent’anni dell’attività del tribunale? Quali i libri che Pier Paolo Vergerio, ex vescovo di Capodistria condannato come eretico, diffuse nella Repubblica? Alcune relazioni parlano degli anabattisti, un movimento considerato arcieretico tanto dai cattolici quanto dai protestanti. Altre di personaggi forse poco noti ai più – come Celio Secondo Curione, Francesco Stancaro, Andreas Dudith. Altre ancora trattano di temi poco frequentati, come i libri protestanti a Venezia nel Seicento e la presenza di luterani e calvinisti nel Sei e Settecento. La Riforma a Venezia ebbe dunque una lunga durata: si tratta di vedere quanto e come continuò a essere presente. L’ultima relazione riguarda la presenza della comunità luterana nel Fondaco dei Tedeschi dal Cinquecento alla fine della Repubblica. Una storia quasi sconosciuta, ma che nei secoli dell’età moderna ebbe un forte rilievo, dati gli scambi commerciali tra Venezia e molti Stati tedeschi.
Il 2017 sarà il quinto centenario della Riforma, un fenomeno religioso, politico e culturale cono... more Il 2017 sarà il quinto centenario della Riforma, un fenomeno religioso, politico e culturale conosciuto ormai in tutte le sue pieghe. Qualunque sia la posizione di chi studia quegli eventi, la protesta di Lutero viene unanimemente trattata come un momento liberatorio o eversivo, ma comunque dirompente, rispetto al monopolio ecclesiastico sulla religione.
Se volgiamo lo sguardo alla situazione religiosa dell’Italia del Quattrocento, questa visione appare quantomeno unilaterale. L’innesto delle idee protestanti nella penisola impresse altresì una svolta disciplinatrice al dibattito religioso italiano quattrocentesco, spostando l’attenzione da discussioni anche molto radicali su povertà, libertà dello spirito e dell’ispirazione profetica, eternità del mondo, mortalità dell’anima, a problemi di tipo più strettamente religioso, quali la figura di Cristo, la centralità della Scrittura, l’ecclesiologia etc. Questa giornata di studi analizza un fenomeno ben noto – come la Riforma italiana - da una prospettiva inedita, sorprendendola, per così dire, alle spalle e mostrandone gli aspetti volti a normalizzare delle discussioni religiose che furono invece molto più ricche. In che misura la diffusione stessa della Riforma – ben prima dello sforzo della Chiesa cattolica di contrapporle una Controriforma - rappresentò insomma una battuta d’arresto per la cultura religiosa italiana?
Presentazione del libro di Serena Di Nepi, "I confini della salvezza. Schiavitù, conversione, lib... more Presentazione del libro di Serena Di Nepi, "I confini della salvezza. Schiavitù, conversione, libertà nella Roma di età moderna", Roma, Viella, 2022:
Fondazione Marco Besso. Con Lucio Biasiori e Sabina Pavone.
Introduce: Umberto Lungo
Menocchio. Il regista, l’inquisitore, lo storico. Trento Castello del Buonconsiglio Sala d... more Menocchio. Il regista, l’inquisitore, lo storico.
Trento
Castello del Buonconsiglio
Sala delle Marangonerie
16 novembre 2018
ore 15.00 – 17.00
ingresso libero
Domenico Scandella, detto Menocchio, fu un mugnaio
friulano condannato per eresia dall’Inquisizione e
bruciato sul rogo nel 1599. Noto grazie al libro di
Carlo Ginzburg (Il formaggio e i vermi), Menocchio
è oggi protagonista dell’ultimo film di Alberto Fasulo,
presentato al festival di Locarno e vincitore del
premio Annecy Cinema Italien 2018.
Conversazione con:
Alberto Fasulo (regista)
Intervengono:
Lucio Biasiori (storico)
Andrea Del Col (storico)
Coordinano:
Maurizio Cau
Massimo Rospocher
Secondo workshop annuale del progetto "Cose della Magna. Machiavelli e il mondo tedesco"
PROGETTO DI RICERCA / POSTER
Poster presentato in occasione della Conferenza generale degli studi germanici in Italia, CNR, Ro... more Poster presentato in occasione della Conferenza generale degli studi germanici in Italia, CNR, Roma 16-17 dicembre 2022
https://www.studigermanici.it/conferenzastudigermanici/
COSE DELLA MAGNA MACHIAVELLI E IL MONDO TEDESCO Istituto Italiano di Studi Germanici lunedì 4 lu... more COSE DELLA MAGNA
MACHIAVELLI E IL MONDO TEDESCO
Istituto Italiano di Studi Germanici
lunedì 4 luglio 2022
h. 9.00
Introduzione ai lavori
Lucio Biasiori e Cora Presezzi
Paolo Carta, Università di Trento
Le legazioni di Machiavelli in Germania
Serena Spazzarini, Università di Genova
La prima traduzione tedesca del Principe
Federico Trocini, Università di Torino
Un revival controverso. Letture di Machiavelli nell'Ottocento tedesco
modera Lucio Biasiori
h. 15.30
Pasquale Terracciano, Università di Roma Tor Vergata
Bagliori sinistri. L'infernale Machiavelli e la cultura tedesca
Riccarda Suitner, Deutsches Historisches Institut in Rom
Machiavelli nella letteratura clandestina tedesca
modera Cora Presezzi
Responsabile scientifico
Lucio Biasiori
lucio.biasiori@unipd.it
***
L’incontro si svolgerà in presenza presso l’Istituto Italiano di Studi Germanici, Villa Sciarra - Wurts sul Gianicolo
Via Calandrelli 25 e Via delle Mura Gianicolensi 11, Roma
Per partecipare in presenza si prega di inviare una richiesta di prenotazione all'indirizzo:
presezzi@studigermanici.it
È possibile seguire l’incontro da remoto al link:
https://meet.google.com/gms-sfaa-tgk
Per la partecipazione da remoto non è necessaria la prenotazione.
Officina Libraria, 2022
Nel 1691, un contadino della Livonia, noto come "il vecchio Thiess", dichiarò a un tribunale dist... more Nel 1691, un contadino della Livonia, noto come "il vecchio Thiess", dichiarò a un tribunale distrettuale di essere un lupo mannaro. Ma alla corte spiegò di non essere un mostro diabolico, bensì uno dei "cani di Dio", che combattevano contro stregoni, streghe e persino Satana per proteggere campi, greggi e persone: un'ammissione sconcertante, che attirò l'attenzione dei giudici di allora e che continua ad attirare quella degli storici da almeno un secolo a questa parte. In questo libro, Carlo Ginzburg e Bruce Lincoln discutono in una prospettiva comparata il processo e la sorprendente testimonianza del vecchio Thiess. Oltre alla prima traduzione italiana degli atti processuali, dove pare quasi di sentire la voce del protagonista, il libro presenta le diverse analisi dell’evento: dai tentativi di collegare il vecchio Thiess a pratiche sciamaniche, all'idea che egli stesse reagendo allo stereotipo del lupo mannaro che l'élite germanica usava per giustificare il proprio dominio sui contadini del Baltico. Intrecciando e discutendo meriti e rischi delle proprie prospettive di ricerca e di quelle di altri studiosi, Ginzburg e Lincoln riflettono anche su più ampie questioni di metodo storico: fino a che punto è rappresentativo un caso eccezionale? Quale deve essere lo statuto della prova quando si tratta di ricostruire una sfera di oralità perduta per sempre? Che ruolo hanno i nostri presupposti nell’accertamento della verità storica? Il Vecchio Thiess apre una prospettiva nuova su una serie di problemi fondamentali che caratterizzano il mestiere dello storico oggi.
Tales of Two Cities News, Stories and Media Events in Early Modern Florence and Naples, 2023
Early modern Florence and Naples were important cities at the nexus of global cultural, political... more Early modern Florence and Naples were important cities at the nexus of global cultural, political and economic networks. Their multicultural urban sphere fostered international mobility and the spread of news and information. Governmental and elite palaces, public buildings, busy streets and crowded squares became centres for the construction of propaganda and dissent that was manifested through public performances, rumours, animated debates and the circulation of material such as avvisi, broadsheets and anonymous compositions. The multidisciplinary approach of this volume explores the social and ideological impact of urban communication in Florence and Naples, with various case studies analysing the extent to which the dissemination of information shaped consensus, dissent and communities’ attitudes towards gender, minorities, otherness as well as the marginalised.