6_STORIA E RICONOSCIMENTO DEI PROCEDIMENTI FOTOGRAFICI VI (original) (raw)
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5_STORIA E RICONOSCIMENTO DEI PROCEDIMENTI FOTOGRAFICI V
STORIA E RICONOSCIMENTO DEI PROCEDIMENTI FOTOGRAFICI V, 2020
La scoperta del Collodio e l'evoluzione nella ripresa. Le tecniche positive al collodio oltre la sua applicazione elettiva con il negativo al collodio umido. La nuovo carta da stampa per antonomasia: La carta albuminata Negli anni '40 era stata scoperta una sostanza derivata dalla reazione tra cellulosa ed acido nitrico chiamata genericamente: nitrato di cellulosa. La reazione doveva avvenire in presenza di acido solforico1, ad una temperatura e per un tempo attentamente controllati. In realtà sottoponendo la cellulosa (in pratica cotone puro) all'azione dell'acido nitrico si ottengono una serie di composti dal comportamento chimico-fisico diverso, queste diversità dipendono in larga misura dal modo in cui viene condotta la reazione. Il composto utilizzato per la preparazione del collodio era la "pirossilina" detta anche "cotone azotico" o anche "fulmicotone", che corrisponde alla di-nitrocellulosa. Se la reazione tra cotone ed acido nitrico veniva condotta in maniera differente si otteneva la mono-nitrocellulosa, che non aveva impieghi in fotografia. Variando ancora tempi e temperatura il composto ottenuto era la tri-nitrocellulosa che aveva impieghi come esplosivo. Il nitrato di cellulosa successivamente sarà alla base della fabbricazione delle prime pellicole fotografiche. Le prime applicazioni in questo senso datano dagli anni '70 circa, ma la loro reale diffusione inizierà, come si è già accennato, dagli anni '80 in poi, con i nuovi procedimenti ad emulsione. Il collodio propriamente detto veniva preparato sciogliendo una certa quantità di pirossilina in una miscela di alcol ed etere: si otteneva una soluzione collosa, vischiosa, che spalmata su qualunque superficie, formava una pellicola sottile, e trasparente una volta evaporati i solventi (il termine "collodio" deriva dal greco e significa "colla"). IL COLLODIO UMIDO Le prime applicazioni del collodio furono, e rimasero a lungo, sanitarie: veniva utilizzato per proteggere ferite e, addizionato di adatte sostanze, anche a scopo curativo.
7_STORIA E RICONOSCIMENTO DEI PROCEDIMENTI FOTOGRAFICI VII
STORIA E RICONOSCIMENTO DEI PROCEDIMENTI FOTOGRAFICI VII, 2020
Caratteristiche della gelatina per uso fotografico. I trattamenti di viraggio caratteristici del XIX eXX secolo Vale la pena, a questo punto, descrivere in maniera un poco più approfondita uno dei colloidi più impiegati nei procedimenti fotografici. La gelatina è, come già detto, una sostanza di estrazione animale. Le sue caratteristiche possono variare anche notevolmente a seconda della provenienza. Essa assorbe acqua rigonfiandosi, ma non sciogliendosi, se la temperatura resta al di sotto di un certo valore; questo valore "limite" al di sotto del quale la gelatina assorbe acqua senza fondere (o, come si usa dire tecnicamente, resta allo stato di "gel") mentre, se viene superato, fonde (passa cioè allo stato di "sol"), è misurato in gradi detti "bloom". Più alto è il grado bloom di una certa gelatina più alto è il suo punto di fusione. In funzione del grado bloom le gelatine vengono definite: tenere, semi-dure e dure. Come è intuibile le gelatine tenere hanno un grado bloom più basso di quelle dure e fondono a temperature più basse di queste ultime. Caratteristica molto rilevante legata ai gradi bloom è la rapidità con cui una certa gelatina assorbe acqua e la quantità di acqua assorbita: una gelatina tenera, cioè con grado bloom basso, assorbe acqua più rapidamente di una gelatina dura. Tuttavia una gelatina tenera, anche se assorbe acqua più rapidamente di una gelatina dura, ne assorbe notevolmente meno. In altre parole anche se in un tempo relativamente breve una gelatina morbida assorbe rapidamente una certa quantità d'acqua, una gelatina più dura, lentamente, ne assorbirà molta di più. Si può già facilmente intuire quanto sia importante la conoscenza delle caratteristiche cui abbiamo accennato per la riuscita di qualunque applicazione che preveda l'impiego di gela-tina. Altra proprietà particolare di questo colloide è il fenomeno della "reticolazione".
1_STORIA E RICONOSCIMENTO DEI PROCEDIMENTI FOTOGRAFICI I
STORIA E RICONOSCIMENTO DEI PROCEDIMENTI FOTOGRAFICI I 2019
Una storia in più parti con particolare attenzione alle diverse tecniche di stampa oltre che di ripresa. Dalle discusse origini ad oggi. L'opera è intercalata da ampie schede che si addentrano nell'aspetto tecnico.
12_STORIA E RICONOSCIMENTO DEI PROCEDIMENTI FOTOGRAFICI XII
STORIA E RICONOSCIMENTO DEI PROCEDIMENTI FOTOGRAFICI XII, 2020
A rigore la fotoincisione e la collotipia (che descriveremo dopo la fotoincisione) non rientrano nei procedimenti fotografici. Ne diamo tuttavia una descrizione sia poiché, nella pratica quotidiana, occupano un posto di rilevante importanza, spesso, nelle collezioni fotografiche, sia per una nostra personale scelta riguardo alla sintassi caratteristica di questi procedimenti. Ricordiamo che si definisce tecnicamente "fotografia" un'immagine realizzata su un supporto che è stato sensibile alla luce e sul quale l'azione di quest'ultima ha provocato la formazione dell'immagine stessa. Da questo punto di vista, fotoincisione e collotipia non rientrano nei procedimenti fotografici. Tuttavia le matrici necessarie alla loro produzione sono realizzate con mezzi squisitamente fotografici e le immagini ne riflettono perfettamente la sintassi. Ci sembra giusto quindi (ma ribadiamo trattarsi di una nostra personale convinzione) considerare queste raffinate tecniche alla stregua dei migliori procedimenti fotografici, per lo meno per quel che concerne il loro linguaggio peculiare1. 1 Citiamo per esempio a proposito della collotipia un brano tratto da: R. Namias, "I moderni procedimenti fotomeccanici", Hoepli, Milano 1913, pp. 196-197 : "Di tutti i processi fotomeccanici di stampa agli inchiostri grassi la fotocollografia (detta anche meno propriamente fototipia od eliotipia) è il più semplice ed il più esatto. [ .......] Inoltre nulla è lasciato alla mercè dell'operatore come negli altri processi; non la scelta del reticolo perché non occorre alcuna suddivisione dell'immagine; non le modalità dell'incisione perché nessuna incisione è qui necessaria. È la luce stessa che ci dà direttamente quell'immagine che deve essere stampata. Questo scopo è raggiunto mettendo a profitto una meravigliosa e provvidenziale proprietà della gelatina. La gelatina impregnata d'acqua rifiuta l'inchiostro grasso, mentre la gelatina completamente secca è atta a trattenerlo. [........] La proporzionalità tra l'azione della luce ed il grado d'inchiostratura, quando si è operato a dovere, è così notevole che le mezze tinte che si ottengono col procedimento fotocollografico corrispondono perfettamente alle mezze tinte del negativo. I risultati che si possono quindi ottenere sono davvero straordinarii".
8_STORIA E RICONOSCIMENTO DEI PROCEDIMENTI FOTOGRAFICI VIII
STORIA E RICONOSCIMENTO DEI PROCEDIMENTI FOTOGRAFICI VIII
L'esposizione. I trattamenti correttivi delle immagini La sensibilità ai colori nella foto in B/N. La riproduzione. Il primo procedimento a colori L'applicazione maggiore dei viraggi per mordenzatura fu nella colorazione delle diapositive (il vetro o la pellicola naturalmente non avevano il difetto di assorbire il colore) e delle pellicole cinematografiche1. Una notevole quantità di diapositive colorate con questo metodo fu realizzato, soprattutto a scopi didattici o anche pubblicitari, anche in epoche relativamente recenti (anni '50-60). Il periodo di massima diffusione fu, comunque, durante gli anni '20-30 prima dell'in-troduzione dei moderni procedimenti a colori. SCHEDA TECNICA VI: L'ESPOSIZIONE E I TRATTAMENTI CORRETTIVI2 Le rapide evoluzioni spesso spingono a dimenticare pratiche quotidiane presenti da decenni, un poco come se non fossero mai esistite. É questo il caso dei trattamenti chimici correttivi dei fototipi in bianco e nero, molto usati dalle origini della fotografia fino a pochissimi decenni orsono. Al giorno d'oggi qualunque apparecchio da ripresa dispone di un esposimetro incorporato; un esposimetro separato, nel caso ce ne sia bisogno, eventualmente non presenta grandi problemi di reperibilità. 1 Il colore nella cinematografia fu introdotto verso la fine degli anni '30, anteriormente per ottenere effetti cromatici durante le proiezioni furono adottate varie tecniche, tra queste il viraggio per mordenzatura offriva il vantaggio di ottenere qualunque colore impiegando semplici soluzioni colorate: si potevano così intonare in verde scene di paesaggio, in blu scene marine o notturni, ottenendo effetti all'epoca molto suggestivi in proiezione e in maniera relativamente semplice. 2 Per coloro che fossero interessati ai numerosi trattamenti cui potevano essere sottoposti i negativi per rimediare ad errori di esposizione o di trattamento si veda uno dei più interessanti ed autorevoli testi dell'epoca: R. Namias, "Manuale teorico pratico.
4_STORIA E RICONOSCIMENTO DEI PROCEDIMENTI FOTOGRAFICI IV
STORIA E RICONOSCIMENTO DEI PROCEDIMENTI FOTOGRAFICI IV, 2020
La quarta parte introduce all'apparecchio fotografico ed alle sue parti. Problemi legati alla scarsa trasparenza e sensibilità del negativo su carta L'apparecchio fotografico deriva dalla antica "camera oscura", di cui si può considerare un perfezionamento, teso ad ottenere una migliore qualità dell'immagine unitamente ad una maggiore luminosità. Il principio della camera oscura era noto da vari secoli: se in un ambiente oscuro (cioè una "camera") si pratica un foro in una parete comunicante con l'esterno, esso proietta ciò che si trova di fronte all'interno della "camera" stessa. Le dimensioni del foro determinano la luminosità dell'immagine e la sua nitidezza: se il foro è relativamente grande l'immagine sarà piuttosto luminosa ma la sua nitidezza scarsa, viceversa con un foro più piccolo i dettagli saranno migliori ma l'immagine alquanto scura. Ben presto (nella seconda metà del '500) ci si rese conto che le cose potevano essere migliorate di molto se si sostituiva il foro con una lente: una lente positiva forma un'immagine reale qualunque sia il diametro del foro stenopeico, permettendo di guadagnare molto in luminosità. Naturalmente le prime lenti introducevano anche dei difetti: l'immagine era nitida al centro e di meno ai bordi, le linee rette erano incurvate ecc., ma il vantaggio di avere più luce era determinante. Inoltre alcuni difetti non hanno un effetto sempre negativo: nel ritratto, ad esempio, il soggetto si trova quasi sempre nella zona centrale ed il fatto che i bordi siano poco nitidi può spesso risolversi in qualcosa di gradevole. Con i primi esperimenti fotografici si iniziò anche a migliorare la qualità degli obiettivi, sostituendo alla lente singola un insieme di lenti che permettesse prestazioni migliori in termini di nitidezza ed ancora di luminosità: occorre sottolineare un fatto spesso piuttosto trascurato: i progressi della nascente fotografia furono strettamente legati ai progressi nella ricerca ottica. Un apparecchio fotografico si compone di tre parti essenziali, tra loro interconnesse: l'obiettivo, la camera oscura propriamente detta, che negli apparecchi più grandi ha generalmente la forma di un soffietto allungabile, il dorso in cui trova posto la pellicola o, anticamente, la lastra sensibile.
10_STORIA E RICONOSCIMENTO DEI PROCEDIMENTI FOTOGRAFICI X
STORIA E RICONOSCIMENTO DEI PROCEDIMENTI FOTOGRAFICI X, 2020
IL NUOVO PROCEDIMENTO DOMINANTE L'evoluzione maggiore, comunque, della seconda metà del XX secolo ci sembra essere senz'altro l'ascesa della fotografia a colori a procedimento dominante. L'autocromia si diffuse fino alla metà degli anni '30. Vennero introdotte, nel 1931, lastre autocrome su pellicola ("Filmcolor") ed ancora in seguito (nel '33) su pellicola in rullo con il nome di "Lumicolor": su ogni rullo potevano essere realizzate 8 autocromie nel formato 6x9 cm. Il colore prodotto con la tecnica dello sviluppo cromogeno su materiali a copulanti incorporati venne introdotto dopo la metà degli anni '30: il procedimento Kodachrome da parte Kodak e quello Agfacolor da parte Agfa. Gli studi sulla tecnica dello sviluppo cromogeno datano dai primi decenni del secolo ma necessitarono di molto tempo per iniziare a fornire risultati utilizzabili. Il problema principale da risolvere era la diffusione dei copulanti (le sostanze necessarie alla formazione del colore) tra i vari strati dell'emulsione. Il copulante giallo, ad esempio deve restare, durante il trattamento, nel suo strato: se migra in un altro strato destinato ad un altro colore la riproduzione risulterà, naturalmente, alterata. Negli anni '30 tale problema fu risolto, con metodologie diverse sia dalla Kodak sia dalla Agfa, che introdussero in commercio, quindi i nuovi materiali, che andarono a sostituire l'autocromia. Dopo l'inevitabile battuta d'arresto dovuta alla II guerra, il colore iniziò ad avere una progressiva diffusione. I primi procedimenti furono, come si è detto, ad inversione, e producevano diapositive a colori, ma ben presto furono disponibili le prime pellicole negative per stampe a colori. Naturalmente la diffusione del colore non fu istantanea, data la complessità chimica del trattamento ed il relativo costo, sensibilmente più elevato dei collaudati procedimenti in
9_STORIA E RICONOSCIMENTO DEI PROCEDIMENTI FOTOGRAFICI IX
STORIA E RICONOSCIMENTO DEI PROCEDIMENTI FOTOGRAFICI IX, 2020
SECOLO Si è visto, dunque, come l'introduzione della nuova tecnologia dell'emulsione alla gelatina seguita rapidamente dal nuovo supporto infrangibile, dalla sensibilizzazione ai colori, dai nuovi materiali da stampa già pronti per l'uso, ecc. abbia determinato un vero sconvolgimento, negli ultimi decenni del XIX secolo, nell'universo fotografico dell'epoca, gettando tutte le premesse per un nuovo modo di intendere la fotografia a partire dalle proprie basi tecniche, cioè dallo specifico del proprio linguaggio. Tutto ciò può, in qualche modo essere riassunto da un fatto: il passaggio degli elementi di base del linguaggio fotografico dalle mani del "protofotografo" all'industria fotografica: non è un caso che quasi tutte le maggiori industrie fotografiche nascano in questi anni. Ma la nascita delle nuove industrie che per prosperare avevano bisogno di investire in pochi procedimenti altamente redditizi determinarono anche la fine di molte "potenzialità espressive" insite nel linguaggio fotografico (si veda il capitolo sui procedimenti non-argentici). Non si vuole, con questo discorso, certamente gettare il discredito sui prodotti dell'industria fotografica, ma si vuole semplicemente osservare che il passaggio della fotografia nelle mani di quest'ultima avrà l'indubbio merito di perfezionare al massimo il procedimento alla gelatina-argento, che grazie a studi e tecniche sofisticatissime, diverrà altamente affidabile ed alla portata di tutti, ma taglierà anche, in maniera inesorabile tutti gli altri procedimenti (argentici e, soprattutto, non-argentici) non perché non in grado di dare buoni risultati, ma semplicemente in quanto antieconomici. Questo tolse, in qualche modo, molto alla progettualità nell'arte fotografica, sino a giungere a convincere intere generazioni che la fotografia si identificasse unicamente con il prodotto industriale.
14_STORIA E RICONOSCIMENTO DEI PROCEDIMENTI FOTOGRAFICI XIV
STORIA E RICONOSCIMENTO DEI PROCEDIMENTI FOTOGRAFICI XIV, 2020
Il riconoscimento delle tecniche di stampa pone problemi notevolmente superiori a quelli posti da quelle di ripresa. Questo per svariate ragioni: il numero delle tecniche di stampa è considerevolmente superiore a quello di ripresa; inoltre, ogni fotografo avrà la tendenza a personalizzare il proprio modo di stampare, creando così ulteriori problemi all'identificazione della tecnica. Mentre l'essenziale per una tecnica di ripresa allora come oggi, come si è detto, era di riprodurre in maniera fedele le tonalità del soggetto ma non costituiva di per sé un prodotto finito da consegnare al cliente, la stampa, al contrario, doveva soddisfare delle esigenze estetiche ben precise, prima fra tutte quella di rispondere alle aspettative dell'eventuale cliente o dell'autore. Di qui una molteplicità di varianti, di modifiche atte a soddisfare queste esigenze. Occorre anche ricordare la tendenza a far sì che un certo procedimento desse risultati simili a quello che al momento aveva più successo commerciale: è il caso, famoso, di alcune carte al pigmento che imitavano, nei risultati, il procedimento all'albumina, allora imperante, o di tecniche di stampa argentiche che garantivano, nella loro pubblicità, risultati comparabili o indistinguibili dalle platinotipie. Sarà dato, insomma, di riscontrare questa tendenza apparentemente contraddittoria: da una parte la nascita di tecniche nuove continuamente modificate, dall'altra la modifica di queste tecniche in funzione di un riscontro artistico o commerciale. Modifica che potrà avere, talvolta, il risultato di farle somigliare tutte tra loro. Il criterio che sarà seguito per fornire una guida all'identificazione sarà sia storico che tecnico, con una netta preferenza per quest'ultimo. Si partirà comunque, da una importante constatazione: i materiali da stampa avranno la tendenza a diventare strutturalmente sempre più complessi: dalla semplice carta salata fino ad arrivare alle carte alla gelatina-argento si assiste ad una progressiva "complessificazione" degli strati che costituiscono l'immagine.
2_STORIA E RICONOSCIMENTO DEI PROCEDIMENTI FOTOGRAFICI II
STORIA E RICONOSCIMENTO DEI PROCEDIMENTI FOTOGRAFICI II , 2019
La parte seconda descrive i procedimenti chimici che sono alla base della storia della Fotografia. Le tecniche riprenderanno a partire dalla prossima terza parte PARTE SECONDA SCHEDA TECNICA I: TRATTAMENTO FOTOGRAFICO: sviluppo, fissaggio e lavaggio. Prima di proseguire con l'introduzione dell'altro procedimento fotografico presentato nel 1839, cioè la calotipia (o talbotipia) è necessario approfondire alcuni concetti tecnici caratteristici e fondamentali della fotografia, senza i quali sarebbe impossibile comprenderne l'evoluzione. La fotografia si basa sulla fotochimica dei sali d'argento; quelli impiegati più comunemente al giorno d'oggi sono: il bromuro, il cloruro, lo ioduro d'argento. Sul materiale sensibile è presente uno strato di queste sostanze, sotto forma di microscopici cristalli. L'esposizione alla luce provoca un'alterazione nella loro struttura molecolare, non rilevabile visualmente; questa alterazione prende il nome di "immagine latente", cioè immagine nascosta.Per provocare la formazione dell'immagine è necessario mutare questa alterazione da latente in visibile: questa trasformazione prende il nome di "sviluppo".