Ludovica De Luca - Academia.edu (original) (raw)
Papers by Ludovica De Luca
Ricerche Storico Bibliche 35.1 (2023): 73-90., 2023
Partendo dall’analisi di come la diaspora giudaica dovette apparire agli occhi di Filone, ci conc... more Partendo dall’analisi di come la diaspora giudaica dovette apparire agli occhi di Filone, ci concentreremo in primo luogo sul significato filosofico e politico che le città di Alessandria, Gerusalemme e Roma assunsero metaforicamente nei suoi scritti. Se, da una parte, Alessandria è descritta come μεγαλόπολις (“grande città”) (Flacc. 163) e può essere vista come immagine del cosmo intero (Opif. 17-20), dall’altra Gerusalemme è la μητρόπολις (“madrepatria”) a cui – possiamo dire – si guarda con nostalgia (Flacc. 46). Da un’altra parte ancora, Roma assume potenzialmente i tratti della città ideale in cui Filone riversa tutta la sua speranza di veder cambiata la situazione della comunità ebraica alessandrina che egli va a rappresentare in qualità di ambasciatore.
Filone parla di διασπορά prevalentemente nelle opere del Commentario allegorico in relazione alla “disseminazione” dei figli di Adamo di Deut 32,7-9 LXX (De posteritate Caini, De plantatione e De congressu) e a quella dei popoli dopo la confusione delle lingue di Gen 11,1-9 LXX (De confusione linguarum). Egli conferisce alla diaspora una valenza etico-simbolica e il διασπείρειν viene contrapposto allo σπείρειν: Dio semina nel mondo il bene perfetto mentre dissemina l’empietà e i modi ostili alla virtù (Conf. 196-198). La disseminazione dei figli di Adamo è vista come la dispersione dei temperamenti legati alla terra e, secondo Filone, essi rappresentano gli uomini apolidi che vengono contrapposti a Giacobbe “il quale abita una casa” (οἰκῶν οἰκίαν, Gen 25,27 LXX) (Congr. 56-62). Anche in un’opera della serie dell’Esposizione della Legge mosaica, in cui l’uso dell’allegoria è del tutto residuale, la diaspora mantiene un significato metaforico ed essa è da intendersi come la “dispersione dell’anima” (διασπορὰ ψυχική) che il vizio genera (Praem. 115).
Dopo aver analizzato l’immagine della διασπορά che emerge negli scritti di Filone, chiuderemo la nostra analisi mettendo in luce le principali caratteristiche del cosmopolitismo filoniano, che rappresenta un’interpretazione ebraica del cosmopolitismo cinico-stoico. Filone, talaltro, è una delle principali fonti del cosmopolitismo greco, dal momento che molti passi delle sue opere sono stati inseriti nella raccolta degli Stoicorum veterum fragmenta a cura di H. von Arnim. Per il cinico Diogene di Sinope l’uomo era κοσμοπολίτης perché, non sentendosi a casa in nessuna città, il suo unico luogo di appartenenza era il cosmo intero, mentre per lo stoico Crisippo, che attribuisce una conformazione più “positiva” al cosmopolitismo cinico, l’uomo è “cittadino del mondo” perché convive nel cosmo con gli dei come se essi fossero in un’unica città, comune a entrambi. Filone parla di Adamo come il μόνος κοσμοπολίτης che abita il cosmo delle origini, accompagnato solo dai μεγαλοπολῖται che altro non sono se non gli astri e, come nello stoicismo, a suo avviso, il cosmo rappresenta la città in cui l’uomo può convivere con Dio (Opif. 142-143).
La stessa figura di Filone, analizzata da un punto di vista storico, rappresenta un esempio di κοσμοπολίτης. Egli, nato ad Alessandria, ha nel cuore Gerusalemme e viaggia a Roma in difesa della comunità a cui appartiene. Non solo per l’influenza dello stoicismo, così presente nelle sue opere (soprattutto successive all’ambasceria), ma anche per il suo vissuto personale, l’immagine del κοσμοπολίτης diventa efficace per mostrare ai suoi lettori la sua idea di diaspora, quasi a voler suggerire un modo di sentirsi a casa nella grande città del mondo al di là dei particolarismi delle singole nazioni.
InA. Longo-T. F. Ottobrini (eds.), L’esegesi aristotelica alla prova dell’esegesi biblica. Il De opificio mundi di Giovanni Filopono, Storia e Letteratura, Roma, pp. 67-95, 2023
My paper focuses on the Philoponus’ use of the demiurgic lexicon in his De opificio mundi in comp... more My paper focuses on the Philoponus’ use of the demiurgic lexicon in his De opificio mundi in comparison with his previous Commentaries on Aristotle’s works. In the De opificio Philoponus uses the demiurgic lexicon to interpret the Genesiac cosmogony, while in the Commentaries it is mainly used as an exegetical instrument of the Aristotelian works. By analysing the different role of Plato’s Timaeus in the De opificio and in the Commentaries, my study proposes to consider the presence of the demiurgic lexicon as an expression of his Christian creationism already in his commentaries on Aristotles, which is interpreted in an anti-eternalistic sense.
Elenchos 2022; 43(1): 105–137, 2022
https://doi.org/10.1515/elen-2022-0006 Following the traces of some references to pre-existing... more https://doi.org/10.1515/elen-2022-0006
Following the traces of some references to pre-existing matter in the Septuagint, the article analyses the interpretation of Gen 1, 2a in Philo of Alexandria’s De opificio mundi with a focus on his omission of the ἀκατασκεύαστος character of the earth. Philo’s interpretation is closely linked to his conception of emptiness and to his pioneering defence of a creation ex nihilo. In his cosmology, which is articulated as a dual interpretation of the Genesis and Plato’s Timaeus, the matter plays an essential role. Philo justifies its existence on Aristotelian-Stoic grounds, highlighting the process of gradual refinement whereby matter passes from being a rough ὕλη to being an elaborate type of οὐσία.
“Materia giudaica” 24 , 2019
Gli articoli sono sottoposti a peer review tramite blind refereeing. I libri per recensione vanno... more Gli articoli sono sottoposti a peer review tramite blind refereeing. I libri per recensione vanno inviati alla redazione.
INDICE Anno IV -2017 (Nuova Serie) Fascicolo 2 Avvertenza 191 ARTICOLI VeronIca arIel ValentI, Il... more INDICE Anno IV -2017 (Nuova Serie) Fascicolo 2 Avvertenza 191 ARTICOLI VeronIca arIel ValentI, Il mobilismo fra Eraclito, Protagora e Platone: A partire da Plat. Crat. 385b 2-d 1, 385e 4-a 4 195 leonardo MarchettonI, Relativismo e auto-confutazione a partire dal Teeteto 219 ludoVIca de luca, Il lessico cosmo-poietico nel De opificio mundi: Filone Alessandrino e i "Presocratici" 233 FederIco GIulIo corsI, Il metodo delle molteplici spiegazioni in Diogene di Enoanda 253 Marco Menon, L'interesse teorico di Machiavelli: Una nota sulla lettura straussiana del Principe 285 NOTE E DISCUSSIONI PIetro secchI, Le traduzioni dal greco in età umanistica: Un piccolo strumento 305 Francesco Verde, Spigolature tardoantiche e medievali alla luce di due pubblicazioni 321 RECENSIONI lucIano albanese, Helmut Seng-Luciana Gabriela Soares Santoprete-Chiara Ombretta Tommasi (eds.), Formen und Nebenformen des Platonismus in der Spätantike; Helmut Seng, Un livre sacré de l'antiquité tardive: les Oracles Chaldaïques; Crystal Addey, Divination and Theurgy in Neoplatonism: Oracles of the Gods 331 anna lIsa schIno, Giuliano Mori, Le tracce della verità: Metodo scientifico e retorica digressiva nell'età di Francis Bacon 343 PIetro GorI, Carlo Gentili, Introduzione a Nietzsche 347 Avvertenza
di Ludovica De Luca 1. Introduzione. Il serpente di Nm 21,4-9 come specchio etico Gli Israeliti s... more di Ludovica De Luca 1. Introduzione. Il serpente di Nm 21,4-9 come specchio etico Gli Israeliti si mossero dal monte Or per la via del Mar Rosso, per aggirare il territorio di Edom. Ma il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall'Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c'è né pane né acqua e siamo nauseati da questo cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d'Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un'asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l'asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita. (Nm 21,4-9) 1 .
“Rivista di Filosofia Neo-scolastica” 4, pp. 997-1004. , 2016
Cronaca delle sessioni su Filone di Alessandria presso gli Annual Meetings SBL 2015, Atlanta.
Reviews by Ludovica De Luca
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale 4.0 Internazi... more Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale 4.0 Internazionale. La rivista è indicizzata da: ACNP, DOAJ, Google Scholar Gli articoli pubblicati sono sottoposti a double-blind peer review. Syzetesis è rivista scientifica (aree 11 e 12) secondo la classificazione dei periodici stabilita dall'ANVUR. INDICE Anno VIII-2021 (Nuova Serie) ARTICOLI Metafilosofia (a cura di Fabio Sterpetti)
EbErhard bons, Patrick PouchEllE, daniEla scialabba (eds.), The Vocabulary of the Septuagint and ... more EbErhard bons, Patrick PouchEllE, daniEla scialabba (eds.), The Vocabulary of the Septuagint and its Hellenistic Background, «Wissenschaftliche Untersuchungen zum Neuen Testament 2. Reihe», Mohr Siebeck, Tübingen 2019, ISBN 9783161530203, pp. 157.
Gli articoli pubblicati sono sottoposti a double-blind peer review. Syzetesis è rivista scientifi... more Gli articoli pubblicati sono sottoposti a double-blind peer review. Syzetesis è rivista scientifica (area 11) secondo la classificazione dei periodici stabilita dall'ANVUR.
“Materia giudaica” 24, pp. 646-648. , 2019
di fatto non costituiscono prove conclusive: il testimone rinvenuto nella genizah risale infatti ... more di fatto non costituiscono prove conclusive: il testimone rinvenuto nella genizah risale infatti al X secolo, come rileva lo stesso Weiss, che postula senza dimostrare in modo convincente che la pericope sui Nomi divini in esso contenuta sia il risultato di speculazioni risalenti al secolo precedente; anche la testimonianza di Agobardo di Lione, risalente all'VIII o al IX secolo, ritenuta da Weiss un'altra prova della circolazione del Sefer Yexirah prima del X secolo, non contiene un riferimento esplicito al testo ebraico, ma attesta semplicemente che in ambiente ebraico circolavano alcune idee riguardo alla creazione del mondo tramite le lettere e alla loro eternità. Lungi quindi dal provare in modo cogente l'esistenza di una redazione del Sefer Yexirah precedente al X secolo, questo elemento potrebbe voler dire anche solo che certe idee, che circolavano già all'epoca di Agobardo, confluirono solo in seguito in una delle recensioni del testo. Com'è noto, infatti, la storia redazionale del Sefer Yexirah risulta estremamente complessa. Il testo, che consiste di varie sezioni non sempre legate tra loro, contiene materiale fortemente eterogeneo che può essere ricollegato, sì, a fonti siriache, ma che, come ha dimostrato Pines, queste possono risalire anche al III secolo. Analogamente, quindi, la presenza di terminologia risalente al VII secolo non dimostra che anche il documento che la utilizza risalga necessariamente a quell'epoca. Inoltre, un'analisi più approfondita di espressioni peculiari nella terminologia del Sefer Yexirah, che sono attestati solo in componenti poetici più tardivi, così come la rivalutazione degli elementi da lui stesso utilizzati come prove, mettono in discussione la datazione al VII secolo. Per scelta metodologica, l'autore non si è soffermato sull'analisi dei contenuti, privilegiando solo quella filologica, che però è ristretta a pochi termini. Invece, l'analisi dei contenuti avrebbe spostato la datazione in secoli più tardi o quantomeno non avrebbe fatto concludere con certezza che la redazione del testo risalga al VII secolo. Ad esempio, nella sua descrizione e nel suo porre in relazione elementi eterogenei del cosmo, il Sefer Yexirah rientra in una tendenza che si fece strada a partire dal IX secolo in poi e che Wasserstrom definisce "gnostic encyclopaedism". Così come anche l'interesse da parte di chi ha redatto il Sefer Yexirah verso la presunta corrispondenza occulta fra le costellazioni e i pianeti da una parte e il corpo umano dall'altra è più facilmente collocabile nell'ambiente culturale che caratterizzava l'ismailismo, promosso dal Califfato fatimide per l'appunto nel X secolo. In conclusione, quindi, mentre la collocazione spaziale in area siriaca o nella Mesopotamia settentrionale, proposta da Weiss, sembra al momento quella più probabile, la questione della sua collocazione temporale resta, nell'opinione di chi scrive, tutt'altro che conclusa.
“Materia giudaica” 24, pp 648-650. , 2019
di fatto non costituiscono prove conclusive: il testimone rinvenuto nella genizah risale infatti ... more di fatto non costituiscono prove conclusive: il testimone rinvenuto nella genizah risale infatti al X secolo, come rileva lo stesso Weiss, che postula senza dimostrare in modo convincente che la pericope sui Nomi divini in esso contenuta sia il risultato di speculazioni risalenti al secolo precedente; anche la testimonianza di Agobardo di Lione, risalente all'VIII o al IX secolo, ritenuta da Weiss un'altra prova della circolazione del Sefer Yexirah prima del X secolo, non contiene un riferimento esplicito al testo ebraico, ma attesta semplicemente che in ambiente ebraico circolavano alcune idee riguardo alla creazione del mondo tramite le lettere e alla loro eternità. Lungi quindi dal provare in modo cogente l'esistenza di una redazione del Sefer Yexirah precedente al X secolo, questo elemento potrebbe voler dire anche solo che certe idee, che circolavano già all'epoca di Agobardo, confluirono solo in seguito in una delle recensioni del testo. Com'è noto, infatti, la storia redazionale del Sefer Yexirah risulta estremamente complessa. Il testo, che consiste di varie sezioni non sempre legate tra loro, contiene materiale fortemente eterogeneo che può essere ricollegato, sì, a fonti siriache, ma che, come ha dimostrato Pines, queste possono risalire anche al III secolo. Analogamente, quindi, la presenza di terminologia risalente al VII secolo non dimostra che anche il documento che la utilizza risalga necessariamente a quell'epoca. Inoltre, un'analisi più approfondita di espressioni peculiari nella terminologia del Sefer Yexirah, che sono attestati solo in componenti poetici più tardivi, così come la rivalutazione degli elementi da lui stesso utilizzati come prove, mettono in discussione la datazione al VII secolo. Per scelta metodologica, l'autore non si è soffermato sull'analisi dei contenuti, privilegiando solo quella filologica, che però è ristretta a pochi termini. Invece, l'analisi dei contenuti avrebbe spostato la datazione in secoli più tardi o quantomeno non avrebbe fatto concludere con certezza che la redazione del testo risalga al VII secolo. Ad esempio, nella sua descrizione e nel suo porre in relazione elementi eterogenei del cosmo, il Sefer Yexirah rientra in una tendenza che si fece strada a partire dal IX secolo in poi e che Wasserstrom definisce "gnostic encyclopaedism". Così come anche l'interesse da parte di chi ha redatto il Sefer Yexirah verso la presunta corrispondenza occulta fra le costellazioni e i pianeti da una parte e il corpo umano dall'altra è più facilmente collocabile nell'ambiente culturale che caratterizzava l'ismailismo, promosso dal Califfato fatimide per l'appunto nel X secolo. In conclusione, quindi, mentre la collocazione spaziale in area siriaca o nella Mesopotamia settentrionale, proposta da Weiss, sembra al momento quella più probabile, la questione della sua collocazione temporale resta, nell'opinione di chi scrive, tutt'altro che conclusa.
Ricerche Storico Bibliche 35.1 (2023): 73-90., 2023
Partendo dall’analisi di come la diaspora giudaica dovette apparire agli occhi di Filone, ci conc... more Partendo dall’analisi di come la diaspora giudaica dovette apparire agli occhi di Filone, ci concentreremo in primo luogo sul significato filosofico e politico che le città di Alessandria, Gerusalemme e Roma assunsero metaforicamente nei suoi scritti. Se, da una parte, Alessandria è descritta come μεγαλόπολις (“grande città”) (Flacc. 163) e può essere vista come immagine del cosmo intero (Opif. 17-20), dall’altra Gerusalemme è la μητρόπολις (“madrepatria”) a cui – possiamo dire – si guarda con nostalgia (Flacc. 46). Da un’altra parte ancora, Roma assume potenzialmente i tratti della città ideale in cui Filone riversa tutta la sua speranza di veder cambiata la situazione della comunità ebraica alessandrina che egli va a rappresentare in qualità di ambasciatore.
Filone parla di διασπορά prevalentemente nelle opere del Commentario allegorico in relazione alla “disseminazione” dei figli di Adamo di Deut 32,7-9 LXX (De posteritate Caini, De plantatione e De congressu) e a quella dei popoli dopo la confusione delle lingue di Gen 11,1-9 LXX (De confusione linguarum). Egli conferisce alla diaspora una valenza etico-simbolica e il διασπείρειν viene contrapposto allo σπείρειν: Dio semina nel mondo il bene perfetto mentre dissemina l’empietà e i modi ostili alla virtù (Conf. 196-198). La disseminazione dei figli di Adamo è vista come la dispersione dei temperamenti legati alla terra e, secondo Filone, essi rappresentano gli uomini apolidi che vengono contrapposti a Giacobbe “il quale abita una casa” (οἰκῶν οἰκίαν, Gen 25,27 LXX) (Congr. 56-62). Anche in un’opera della serie dell’Esposizione della Legge mosaica, in cui l’uso dell’allegoria è del tutto residuale, la diaspora mantiene un significato metaforico ed essa è da intendersi come la “dispersione dell’anima” (διασπορὰ ψυχική) che il vizio genera (Praem. 115).
Dopo aver analizzato l’immagine della διασπορά che emerge negli scritti di Filone, chiuderemo la nostra analisi mettendo in luce le principali caratteristiche del cosmopolitismo filoniano, che rappresenta un’interpretazione ebraica del cosmopolitismo cinico-stoico. Filone, talaltro, è una delle principali fonti del cosmopolitismo greco, dal momento che molti passi delle sue opere sono stati inseriti nella raccolta degli Stoicorum veterum fragmenta a cura di H. von Arnim. Per il cinico Diogene di Sinope l’uomo era κοσμοπολίτης perché, non sentendosi a casa in nessuna città, il suo unico luogo di appartenenza era il cosmo intero, mentre per lo stoico Crisippo, che attribuisce una conformazione più “positiva” al cosmopolitismo cinico, l’uomo è “cittadino del mondo” perché convive nel cosmo con gli dei come se essi fossero in un’unica città, comune a entrambi. Filone parla di Adamo come il μόνος κοσμοπολίτης che abita il cosmo delle origini, accompagnato solo dai μεγαλοπολῖται che altro non sono se non gli astri e, come nello stoicismo, a suo avviso, il cosmo rappresenta la città in cui l’uomo può convivere con Dio (Opif. 142-143).
La stessa figura di Filone, analizzata da un punto di vista storico, rappresenta un esempio di κοσμοπολίτης. Egli, nato ad Alessandria, ha nel cuore Gerusalemme e viaggia a Roma in difesa della comunità a cui appartiene. Non solo per l’influenza dello stoicismo, così presente nelle sue opere (soprattutto successive all’ambasceria), ma anche per il suo vissuto personale, l’immagine del κοσμοπολίτης diventa efficace per mostrare ai suoi lettori la sua idea di diaspora, quasi a voler suggerire un modo di sentirsi a casa nella grande città del mondo al di là dei particolarismi delle singole nazioni.
InA. Longo-T. F. Ottobrini (eds.), L’esegesi aristotelica alla prova dell’esegesi biblica. Il De opificio mundi di Giovanni Filopono, Storia e Letteratura, Roma, pp. 67-95, 2023
My paper focuses on the Philoponus’ use of the demiurgic lexicon in his De opificio mundi in comp... more My paper focuses on the Philoponus’ use of the demiurgic lexicon in his De opificio mundi in comparison with his previous Commentaries on Aristotle’s works. In the De opificio Philoponus uses the demiurgic lexicon to interpret the Genesiac cosmogony, while in the Commentaries it is mainly used as an exegetical instrument of the Aristotelian works. By analysing the different role of Plato’s Timaeus in the De opificio and in the Commentaries, my study proposes to consider the presence of the demiurgic lexicon as an expression of his Christian creationism already in his commentaries on Aristotles, which is interpreted in an anti-eternalistic sense.
Elenchos 2022; 43(1): 105–137, 2022
https://doi.org/10.1515/elen-2022-0006 Following the traces of some references to pre-existing... more https://doi.org/10.1515/elen-2022-0006
Following the traces of some references to pre-existing matter in the Septuagint, the article analyses the interpretation of Gen 1, 2a in Philo of Alexandria’s De opificio mundi with a focus on his omission of the ἀκατασκεύαστος character of the earth. Philo’s interpretation is closely linked to his conception of emptiness and to his pioneering defence of a creation ex nihilo. In his cosmology, which is articulated as a dual interpretation of the Genesis and Plato’s Timaeus, the matter plays an essential role. Philo justifies its existence on Aristotelian-Stoic grounds, highlighting the process of gradual refinement whereby matter passes from being a rough ὕλη to being an elaborate type of οὐσία.
“Materia giudaica” 24 , 2019
Gli articoli sono sottoposti a peer review tramite blind refereeing. I libri per recensione vanno... more Gli articoli sono sottoposti a peer review tramite blind refereeing. I libri per recensione vanno inviati alla redazione.
INDICE Anno IV -2017 (Nuova Serie) Fascicolo 2 Avvertenza 191 ARTICOLI VeronIca arIel ValentI, Il... more INDICE Anno IV -2017 (Nuova Serie) Fascicolo 2 Avvertenza 191 ARTICOLI VeronIca arIel ValentI, Il mobilismo fra Eraclito, Protagora e Platone: A partire da Plat. Crat. 385b 2-d 1, 385e 4-a 4 195 leonardo MarchettonI, Relativismo e auto-confutazione a partire dal Teeteto 219 ludoVIca de luca, Il lessico cosmo-poietico nel De opificio mundi: Filone Alessandrino e i "Presocratici" 233 FederIco GIulIo corsI, Il metodo delle molteplici spiegazioni in Diogene di Enoanda 253 Marco Menon, L'interesse teorico di Machiavelli: Una nota sulla lettura straussiana del Principe 285 NOTE E DISCUSSIONI PIetro secchI, Le traduzioni dal greco in età umanistica: Un piccolo strumento 305 Francesco Verde, Spigolature tardoantiche e medievali alla luce di due pubblicazioni 321 RECENSIONI lucIano albanese, Helmut Seng-Luciana Gabriela Soares Santoprete-Chiara Ombretta Tommasi (eds.), Formen und Nebenformen des Platonismus in der Spätantike; Helmut Seng, Un livre sacré de l'antiquité tardive: les Oracles Chaldaïques; Crystal Addey, Divination and Theurgy in Neoplatonism: Oracles of the Gods 331 anna lIsa schIno, Giuliano Mori, Le tracce della verità: Metodo scientifico e retorica digressiva nell'età di Francis Bacon 343 PIetro GorI, Carlo Gentili, Introduzione a Nietzsche 347 Avvertenza
di Ludovica De Luca 1. Introduzione. Il serpente di Nm 21,4-9 come specchio etico Gli Israeliti s... more di Ludovica De Luca 1. Introduzione. Il serpente di Nm 21,4-9 come specchio etico Gli Israeliti si mossero dal monte Or per la via del Mar Rosso, per aggirare il territorio di Edom. Ma il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall'Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c'è né pane né acqua e siamo nauseati da questo cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d'Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un'asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l'asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita. (Nm 21,4-9) 1 .
“Rivista di Filosofia Neo-scolastica” 4, pp. 997-1004. , 2016
Cronaca delle sessioni su Filone di Alessandria presso gli Annual Meetings SBL 2015, Atlanta.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale 4.0 Internazi... more Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale 4.0 Internazionale. La rivista è indicizzata da: ACNP, DOAJ, Google Scholar Gli articoli pubblicati sono sottoposti a double-blind peer review. Syzetesis è rivista scientifica (aree 11 e 12) secondo la classificazione dei periodici stabilita dall'ANVUR. INDICE Anno VIII-2021 (Nuova Serie) ARTICOLI Metafilosofia (a cura di Fabio Sterpetti)
EbErhard bons, Patrick PouchEllE, daniEla scialabba (eds.), The Vocabulary of the Septuagint and ... more EbErhard bons, Patrick PouchEllE, daniEla scialabba (eds.), The Vocabulary of the Septuagint and its Hellenistic Background, «Wissenschaftliche Untersuchungen zum Neuen Testament 2. Reihe», Mohr Siebeck, Tübingen 2019, ISBN 9783161530203, pp. 157.
Gli articoli pubblicati sono sottoposti a double-blind peer review. Syzetesis è rivista scientifi... more Gli articoli pubblicati sono sottoposti a double-blind peer review. Syzetesis è rivista scientifica (area 11) secondo la classificazione dei periodici stabilita dall'ANVUR.
“Materia giudaica” 24, pp. 646-648. , 2019
di fatto non costituiscono prove conclusive: il testimone rinvenuto nella genizah risale infatti ... more di fatto non costituiscono prove conclusive: il testimone rinvenuto nella genizah risale infatti al X secolo, come rileva lo stesso Weiss, che postula senza dimostrare in modo convincente che la pericope sui Nomi divini in esso contenuta sia il risultato di speculazioni risalenti al secolo precedente; anche la testimonianza di Agobardo di Lione, risalente all'VIII o al IX secolo, ritenuta da Weiss un'altra prova della circolazione del Sefer Yexirah prima del X secolo, non contiene un riferimento esplicito al testo ebraico, ma attesta semplicemente che in ambiente ebraico circolavano alcune idee riguardo alla creazione del mondo tramite le lettere e alla loro eternità. Lungi quindi dal provare in modo cogente l'esistenza di una redazione del Sefer Yexirah precedente al X secolo, questo elemento potrebbe voler dire anche solo che certe idee, che circolavano già all'epoca di Agobardo, confluirono solo in seguito in una delle recensioni del testo. Com'è noto, infatti, la storia redazionale del Sefer Yexirah risulta estremamente complessa. Il testo, che consiste di varie sezioni non sempre legate tra loro, contiene materiale fortemente eterogeneo che può essere ricollegato, sì, a fonti siriache, ma che, come ha dimostrato Pines, queste possono risalire anche al III secolo. Analogamente, quindi, la presenza di terminologia risalente al VII secolo non dimostra che anche il documento che la utilizza risalga necessariamente a quell'epoca. Inoltre, un'analisi più approfondita di espressioni peculiari nella terminologia del Sefer Yexirah, che sono attestati solo in componenti poetici più tardivi, così come la rivalutazione degli elementi da lui stesso utilizzati come prove, mettono in discussione la datazione al VII secolo. Per scelta metodologica, l'autore non si è soffermato sull'analisi dei contenuti, privilegiando solo quella filologica, che però è ristretta a pochi termini. Invece, l'analisi dei contenuti avrebbe spostato la datazione in secoli più tardi o quantomeno non avrebbe fatto concludere con certezza che la redazione del testo risalga al VII secolo. Ad esempio, nella sua descrizione e nel suo porre in relazione elementi eterogenei del cosmo, il Sefer Yexirah rientra in una tendenza che si fece strada a partire dal IX secolo in poi e che Wasserstrom definisce "gnostic encyclopaedism". Così come anche l'interesse da parte di chi ha redatto il Sefer Yexirah verso la presunta corrispondenza occulta fra le costellazioni e i pianeti da una parte e il corpo umano dall'altra è più facilmente collocabile nell'ambiente culturale che caratterizzava l'ismailismo, promosso dal Califfato fatimide per l'appunto nel X secolo. In conclusione, quindi, mentre la collocazione spaziale in area siriaca o nella Mesopotamia settentrionale, proposta da Weiss, sembra al momento quella più probabile, la questione della sua collocazione temporale resta, nell'opinione di chi scrive, tutt'altro che conclusa.
“Materia giudaica” 24, pp 648-650. , 2019
di fatto non costituiscono prove conclusive: il testimone rinvenuto nella genizah risale infatti ... more di fatto non costituiscono prove conclusive: il testimone rinvenuto nella genizah risale infatti al X secolo, come rileva lo stesso Weiss, che postula senza dimostrare in modo convincente che la pericope sui Nomi divini in esso contenuta sia il risultato di speculazioni risalenti al secolo precedente; anche la testimonianza di Agobardo di Lione, risalente all'VIII o al IX secolo, ritenuta da Weiss un'altra prova della circolazione del Sefer Yexirah prima del X secolo, non contiene un riferimento esplicito al testo ebraico, ma attesta semplicemente che in ambiente ebraico circolavano alcune idee riguardo alla creazione del mondo tramite le lettere e alla loro eternità. Lungi quindi dal provare in modo cogente l'esistenza di una redazione del Sefer Yexirah precedente al X secolo, questo elemento potrebbe voler dire anche solo che certe idee, che circolavano già all'epoca di Agobardo, confluirono solo in seguito in una delle recensioni del testo. Com'è noto, infatti, la storia redazionale del Sefer Yexirah risulta estremamente complessa. Il testo, che consiste di varie sezioni non sempre legate tra loro, contiene materiale fortemente eterogeneo che può essere ricollegato, sì, a fonti siriache, ma che, come ha dimostrato Pines, queste possono risalire anche al III secolo. Analogamente, quindi, la presenza di terminologia risalente al VII secolo non dimostra che anche il documento che la utilizza risalga necessariamente a quell'epoca. Inoltre, un'analisi più approfondita di espressioni peculiari nella terminologia del Sefer Yexirah, che sono attestati solo in componenti poetici più tardivi, così come la rivalutazione degli elementi da lui stesso utilizzati come prove, mettono in discussione la datazione al VII secolo. Per scelta metodologica, l'autore non si è soffermato sull'analisi dei contenuti, privilegiando solo quella filologica, che però è ristretta a pochi termini. Invece, l'analisi dei contenuti avrebbe spostato la datazione in secoli più tardi o quantomeno non avrebbe fatto concludere con certezza che la redazione del testo risalga al VII secolo. Ad esempio, nella sua descrizione e nel suo porre in relazione elementi eterogenei del cosmo, il Sefer Yexirah rientra in una tendenza che si fece strada a partire dal IX secolo in poi e che Wasserstrom definisce "gnostic encyclopaedism". Così come anche l'interesse da parte di chi ha redatto il Sefer Yexirah verso la presunta corrispondenza occulta fra le costellazioni e i pianeti da una parte e il corpo umano dall'altra è più facilmente collocabile nell'ambiente culturale che caratterizzava l'ismailismo, promosso dal Califfato fatimide per l'appunto nel X secolo. In conclusione, quindi, mentre la collocazione spaziale in area siriaca o nella Mesopotamia settentrionale, proposta da Weiss, sembra al momento quella più probabile, la questione della sua collocazione temporale resta, nell'opinione di chi scrive, tutt'altro che conclusa.
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Nato dal convegno internazionale svoltosi a L’Aquila il 24-25 Ottobre 2019, il volume analizza le immagini filosofiche presenti nel De opificio mundi di Filone di Alessandria (I sec. a.C.-I sec. d.C.) e ospita i saggi di alcuni dei più rinomati esperti del pensiero filoniano. Nella sua opera cosmologica per eccellenza, Filone, pensatore ebreo della fine dell’età ellenistica che vive tra Alessandria e Roma, costruisce un elaborato sistema di metafore e similitudini: esse superano l’artificio retorico e hanno uno specifico significato filosofico da contestualizzarsi nell’originale assimilazione filoniana in chiave ebraica delle tradizioni platonica e stoica. Un’attenzione particolare è rivolta al ruolo dell’allegoria, che, in un’opera non allegorica come il De opificio, trova uno spazio marginale ma significativo, essendo presente proprio laddove il vincolo con la tradizione giudaica risulta imprescindibile. Nella “fabbrica” del mondo di Filone le similitudini, le metafore e i semplici esempi diventano uno strumento dall’alto potere comunicativo che egli elabora per mettere in comunicazione due mondi, quello ebraico e quello greco-romano, al fine di trovare una nuova forma di convivenza comune.
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In quattro paragrafi centrali della sua opera sulla creazione del cosmo, De opificio mundi 17-20, Filone di Alessandria, dotto ebreo che visse tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C., paragona il Dio creatore del Genesi a un “uomo esperto in architettura” che, sulla base del modello intellegibile che porta in sé, ha costruito questo nostro cosmo come se fosse una grande città. Nella sua opera, storia, filosofia e religione si intrecciano e il De opificio mundi diviene il ‘manifesto’ in cui trova espressione una cosmologia originale, sviluppata sulla base del Timeo di Platone e della tradizione stoica, a cui Filone guarda con gli occhi del pio ebreo monoteista. In anni cruciali per l’ascesa dell’Impero, Filone partirà da Alessandria alla volta di Roma per sollecitare maggiori garanzie per la comunità ebraica alessandrina di cui fece parte. È proprio nel periodo successivo all’ambasceria che Filone scriverà il De opificio e il gruppo di opere di cui esso fa parte, noto con il titolo di Esposizione della legge mosaica, destinato a una tipologia di pubblico differente rispetto alle sue opere precedenti.
In questo volume, partendo da uno studio del ruolo metaforico dell’architettura nel giudaismo ellenistico e nella filosofia antica, vengono analizzate nel dettaglio le principali tematiche filosofiche che emergono dall’immagine del Dio architetto: il mondo intellegibile, le idee in esso contenute, il logos divino, il mondo sensibile, la materia. Tali tematiche, che vengono affrontate nella ‘fabbrica’ del mondo di Filone, sono analizzate tenendo conto del debito filoniano verso gli autori precedenti, del contesto storico e filosofico in cui il De opificio è stato sviluppato e dell’incontro tra giudaismo e mondo greco-romano che rende l’opera cosmologica di Filone un unicum nella storia del pensiero occidentale.
Studies in Philo of Alexandria, vol. 10, 2019
In Philo of Alexandria and Greek Myth: Narratives, Allegories, and Arguments, a fresh and more co... more In Philo of Alexandria and Greek Myth: Narratives, Allegories, and Arguments, a fresh and more complete image of Philo of Alexandria as a careful reader, interpreter, and critic of Greek literature is offered. Greek mythology plays a significant role in Philo of Alexandria’s exegetical oeuvre. Philo explicitly adopts or subtly evokes narratives, episodes and figures from Greek mythology as symbols whose didactic function we need to unravel, exactly as the hidden teaching of Moses’ narration has to be revealed by interpreters of Bible. By analyzing specific mythologems and narrative cycles, the contributions to this volume pave the way to a better understanding of Philo’s different attitudes towards literary and philosophical mythology.
15.50-16.10 Discussion 16.10-16.25 Break 16.25-16.45 Saadia's City of God. Neighboring, interfait... more 15.50-16.10 Discussion 16.10-16.25 Break 16.25-16.45 Saadia's City of God. Neighboring, interfaith exchanges and conflictuality in Medieval Bagdad. S. A. Goldberg, Ecole des hautes études en sciences sociales, Paris 16.45-17.05 The City as a Metaphor in Jacob Anatoli's Malmad ha-Talmidim. G. Weber, Bar-Ilan University 17.05-17.25 Macrocosm and Microcosm in Maimonides' Guide and its reception.
Similitudini, metafore e allegorie nel De opificio mundi di Filone di Alessandria Convegno intern... more Similitudini, metafore e allegorie nel De opificio mundi di Filone di Alessandria Convegno internazionale 24-25 Ottobre 2019, Aula Magna del DSU Università degli studi dell'Aquila.