Diaspora artistica italiana nella Russia della prima metà del Settecento (original) (raw)

I dipinti di pittori dell'Italia settentrionale del Sei e Settecento del Museo d'Arte Occidentale e Orientale di Odessa

VII-BIBLIOGRAFIA GENERALE 1 La collezione del marchese Giampietro Campana fu acquistata nel 1869 a Roma e comprendeva 500 vasi, 193 bronzi e 78 sculture: tutte opere dell'antichità greca e romana. 14 Occupanti della città di Odessa a partire dal 1918: dal 27 gennaio al 13 marzo i Soviet, dal 13 marzo al 18 dicembre Austriaci e Tedeschi, dal 18 dicembre 1918 al 4 aprile 1919 Francesi, dal 4 aprile al 23 agosto i Soviet, dal 23 agosto al 2 febbraio 1920 la Guardia Bianca e dal 8 febbraio la definitiva presa della città da parte dei Soviet.

Committenze europee di scultura veneziana nel Settecento. Una panoramica e alcune ipotesi di lavoro

RIHA Journal-Special Issue, "Collecting Italian Art North of the Alps", 2014

Research on the European success of Venetian art during the 18th century has above all examined the activity of the painters. This paper analyzes the works of Venetian sculptors through some important case studies. Attention is given to several commissions of sculpture from Russia (among them works ordered by Peter the Great from 1719 to 1723), German states (Prussia, Saxony and Bavaria), Sweden and England. The analysis also concerns Venetian intellectuals who played the roles of mediators, such as Anton Maria Zanetti and Francesco Algarotti. The comparative study of these commissions allows us to formulate hypotheses about who were the most praised sculptors and whether there was a taste for specific artistic tendencies. It seems, for example, that British clients mainly appreciated classical sculptors like Antonio Gai and Giovanni Marchiori, in contrast to other countries, where also baroque artists were valued. The article also notes the case of Antonio Corradini, who operated for several years abroad, in Vienna and Dresden. There is finally also the attempt to outline some ideas and starting points for further research on this topic; among them an enquiry about taste for Venetian baroque sculptures in the 19th and 20th centuries.

Intellettuali e artisti russi all’Accademia Carrara di Bergamo tra Otto e Novecento

UniSa. Sistema Bibliotecario di Ateneo, 2018

Questo saggio vuol essere un contributo all'approfondimento delle relazioni culturali italo-russe tra il XIX e l'inizio del XX secolo. L'attenzione si focalizzerà sulle impressioni che l'Accademia Carrara di Bergamo e la sua Pinacoteca suscitarono nell'animo di alcuni tra i maggiori artisti e intellettuali russi dell'epoca. Attraverso l'analisi di memorie e lettere, edite e inedite, si procederà alla ricostruzione delle opere effettivamente ammirate dai viaggiatori: un processo di individuazione complesso a causa di descrizioni vaghe, titoli e trascrizioni dei nomi degli autori imprecise e approssimative, inconvenienti dovuti, in molti casi, alla natura privata dei documenti. Tratteremo, in particolare, le testimonianze dello studioso Fëdor Čižov (1811-1877), 1 del poeta Vasilij Žukovskij (1783-1852), del pittore Aleksandr Ivanov (1806-1858) e dello scrittore e storico dell'arte Pavel Pavlovič Muratov (1881-1950), la cui ammirazione per le opere d'arte custodite presso la Pinacoteca Carrara è attestata nel celebre libro Obrazy Italii (Immagini dell'Italia, 1911-1912). L ' O t t o c e n t o Sul finire del XVIII secolo, animati da un forte spirito di emulazione nei confronti dei giovani rappresentanti dell'aristocrazia europea occidentale, i nobili, gli intellettuali e gli artisti russi fecero propria la consuetudine del Grand Tour. In questa prospettiva, le tappe italiane erano sentite come un autentico pellegrinaggio verso il paese della bellezza e dell'arte, dell'armonia tra forma e spirito. 2 Sebbene in campo internazionale Bergamo fosse meno nota di Milano, Roma, Napoli, Firenze, Venezia, i visitatori colti provenienti dalla Russia possedevano, rispetto ad altri viaggiatori, una maggiore consa

TRADUZIONI E DIALOGHI: LA RICEZIONE DELL’ARTE RUSSA ALL’ESTERO

La ricezione dell'arte russa in Europa e negli Stati Uniti è stata l'oggetto di una conferenza internazionale di tre giorni (25-27 ottobre 2017), organizzata dal Centro Studi sulle Arti della Russia (CSAR) presso l'Università Ca' Foscari di Venezia, in collaborazione con la Society of Historians of East European, Eurasian, and Russian Art and Architecture, Inc. (SHERA) e il Cambridge Courtauld Russian Art Center (CCRAC). 1 La conferenza, nel centenario della Rivoluzione d'Ottobre, ha riunito per la prima volta un numero molto ampio di studiosi provenienti da Europa, Stati Uniti e Russia, che si sono tuttavia occupati di uno spettro storico più ampio di quello stabilito dagli eventi del solo 1917. Nella prospettiva della ricezione dell'arte russa all'estero il convegno ha soprattutto evidenziato elementi di continuità e di connessione, più che di rottura e separazione, indicando, in tal modo, approcci originali per lo studio della storia dell'arte e della cultura russa.

1897: Il debutto dell'arte russa all'Esposizione Internazionale di Venezia

Il capitale culturale, 2017

In 1897 Russia had its debut at the Venice International Art Exhibition, with a group show commissioned by the State Academy of Fine Arts in Saint Petersburg and curated by Ilya Repin. Based on Russian and Italian unpublished archival documentation and press reviews, the article sheds light on the organization of the art show, while also addressing its critical and popular reception, mostly characterized by common places and stereotypes derived from Russian literature. In turn, such a critical response fitted the rhetoric of a “national character” promoted by early Biennale exhibitions and its collateral events, from public acquisitions to art criticism awards. Con una mostra collettiva realizzata su commissione dell’Accademia Imperiale di Belle Arti di San Pietroburgo e a cura di Il’ja Repin, la Russia debuttò all’Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia alla sua seconda edizione (1897). Alla luce di documenti inediti e di recensioni critiche di provenienza sia russa che italiana, l’articolo prende in esame le alterne fasi di realizzazione della rassegna e la sua accoglienza da parte di critica e pubblico. Ne emerge un quadro ricettivo in cui l’orizzonte d’attesa nei confronti dell’arte russa è in larga parte condizionato da precognizioni e stereotipi di natura letteraria, orientati verso l’individuazione di quel “carattere nazionale”, a cui si ispirava il “concorso delle nazioni” delle prime Biennali e le sue attività collaterali, dalle acquisizioni pubbliche ai premi alla critica

Roma, la "madre comune delle belle arti", l'Italia, i pensionnaires russi e l'antico, in N. Navone, L. Tedeschi (a cura di), Dal mito al progetto. La cultura architettonica dei maestri italiani nella Russia neoclassica, Mendrisio - Lugano 2003, pp. 143-173

Dal mito al progetto. La cultura architettonica dei maestri italiani e ticinesi nella Russia neoclassica, 2003

Scrive Ennio Quirino Visconti nel 1785: "le nazioni […] s'affollano alla madre comune delle belle arti, e vi portano quella varietà di cognizioni e di gusti che poi col confronto si schiariscono, e formano di questa città un pubblico dei più illuminati d'Europa". 1 Sovviene, nel leggere questo appunto rilasciato quasi allo scadere del XVIII secolo da un testimone oculare, l'incredibile fortuna internazionale di cui godeva Roma, divenuta più che mai, in questi anni Ottanta del "secolo filosofico", meta degli artisti e degli architetti di ogni parte del mondo e ciò per ragioni legate all'interesse per l'antico che andava crescendo mano a mano che il neoclassicismo s'imponeva. Così come sovviene, nel cogliere tale rilievo, un profilo del tutto particolare di questo luogo privilegiato delle arti, dove si concentravano le maggiori vestigia dell'antichità: e cioè l'aspetto internazionalista e propositivo, aperto e plurale che suggerisce la progressiva crescita di una comunità di artisti e d'intellettuali, di amatori collezionisti e antiquari che finiscono per costituire una vera e propria colonia. Ne discende un'immediata curiosità, questa: quale sarà stata la Roma visitata dai pensionnaires dell'Accademia imperiale di Belle Arti di San Pietroburgo? E quale il loro contributo a tale colonia -le frequentazioni, le amicizie loro -che veniva accrescendosi di giorno in giorno incentivando tale cosmopolitismo culturale? E in ultimo, quale il loro legame, costante, con la madrepatria? Per esempio a partire dall'anno in cui arriva a Roma da Parigi il primo pensionato dell'Accademia di Belle Arti di San Pietroburgo, il signor Basil Bajenow, come è segnato negli archivi parigini in data 12 luglio 1762, 2 cioè l'"ad''junkt" 3 Vasilij Ivanovic Bazenov? E ancora: avranno provato anch'essi quell'"eccelso godimento spirituale" provato da Nikolaj Gogol' quando esplorava, appunto alla stessa stregua degli studenti russi che lo avevano preceduto, chiese e palazzi, monumenti e resti antichi romani, ma anche i caffè e le piazze della "città eterna", 4 e i ritrovi di tale colonia intenta a rievocare la vita che dovette animare le inesauribili vestigia romane di "quell'età feconda, quando l'artista era e architetto e pittore, e persin scultore al tempo stesso"? La "madre comune delle belle arti", come la chiamava il Visconti nel 1785 (testimonianza edita però nel 1841), è il luogo attrattivo fondamentale verso l'Italia anche per i pensionnaires russi. 5 Naturalmente non mancheranno eccezioni, ma rare: qualche studente andò a Venezia, come l'architetto Fedor Ivanovic Volkov o come il pittore prospettico, che in seguito dipinse il panorama di molte città russe, Fedor Alekseev, che lavorò nell'atelier di Giuseppe Moretti e Pietro Gaspari; o a Genova, dove lavorò Matvej Fedorovic Isaev nel 1776. E quantunque almeno all'inizio l'unica destinazione "estera" prevista per gli studenti russi fosse Parigi, subito o quasi, i primi pensionati: Vasilij I. Bazenov, Anton P. Losenko e Ivan E. Starov, ottennero di andare anche a Roma. Ma ottennero, come? Quello che colpisce immediatamente è il fatto che soprattutto i primi pensionnaires russi manifestano una evidente dipendenza dall'Accademia e per di più sembrano recitare, stando ai documenti d'archivio studiati, a cominciare dal corpus delle loro relazioni e missive, un copione in larga parte già scritto dall'alto; e tuttavia pare proprio che l'apertura, tanto feconda e decisiva per gli esiti del classicismo russo, verso Roma sia venuta per diretta e prima sollecitazione degli interessati, vale a dire dei primi pensionnaires. E così si ha non solo curiosità ma anche necessità di chiarire, innanzitutto, quali rapporti intercorrano tra l'Accademia imperiale di Belle Arti di San Pietroburgo, la Corte e i borsisti inviati all'estero, segnatamente in Italia. In un rapporto al Consiglio dell'Accademia pietroburghese, Starov tiene a sottolineare che il viaggio a Roma è indispensabile per completare la propria formazione ed è là, per di più, che gli studenti dell'Academie royale d'architecture di Parigi vanno a studiare, cosicché è svelata una motivazione della Roma, la "madre comune delle belle arti", l'Italia, i pensionnaires russi e l'antico Letizia Tedeschi richiesta: 6 i colleghi francesi si affinano esplorando le vestigia romane antiche, le collezioni vaticane, chiese e palazzi e insomma vivendo nell'Urbe un intenso confronto con la storia, dall'età paleocristiana al rinascimento, soprattutto (per esplicita volontà del marchese de Marigny, direttore "des bâtiments du roi") dal Cinquecento al Seicento e fino alle soglie dell'attualità, sempre contaminata e anzi nobilitata, in Roma, dall'antico, perché essere da meno? La Roma in cui Bazenov viene ad agireseguito di lì a poco da Ivan Starov -è inoltre nutrita, anticipiamo, dall'eredità del secolo XVII, da ciò che resta o torna ad esser vivo dei trattati quattro-cinquecenteschi che hanno reso celebre la "lezione" italiana nel tempo della storia: Alberti, Serlio, Scamozzi. Un'eredità volta alla grande flessibilità nel corrispondere alle esigenze del "cantiere", che alimenterà Quarenghi tanto quanto gli architetti russi e che si pone in dialettico confronto con Palladio, più dogmatico, persino in urto con Vitruvio, la cui autorità era stata messa drasticamente in dubbio da Leon Battista Alberti e viene ora rimessa nuovamente in discussione dal Piranesi, in questo anticipato già, più che da padre Andrea Pozzo, da Carlo Fontana, che passa poi il testimone al figlio Francesco, e resta una delle figure chiave per capire gli antefatti dell'attrazione esercitata dall'Urbe sui futuri architetti. 7 Ancora. La Roma in cui gli architetti stranieri misurano i grandi complessi monumentali antichi: le Terme di Diocleziano, di Caracalla, gli archi di trionfo, i templi, le basiliche romane, a ben vedere è già quella individuata da questi personaggi. C'è poi la Roma del cardinal Albani e di Johann J. Winckelmann, di Giovanni Battista Piranesi, collezionato con grande entusiasmo da Caterina II unitamente al Volpato della mitica serie che riproduce le Logge vaticane di Raffaello, e, dopo, d'altre personalità come Anton Raphael Mengs o Agelica Kauffmann, di cui si dovrebbe dire cercando di mettere in evidenza l'attività di questi e di altri cenacoli dediti al recupero del passato e al suo investimento simbolico e formale di nuovi valori. È però opportuno richiamare immediatamente la testimonianza rilasciata dall'amico di Denis Diderot e "agente" di Caterina II a Parigi, Friedrich Melchior Grimm, il quale spiega la posizione dei pensionnaires, parlando dello scultore Semen F. Sc˘edrin: "Cet artiste prétend qu'il faudrait commencer par envoyer tous les jeunes élèves à Paris, parce qu'ils y trovent une grande émulation qui excite au travail au milieu de tant d'élèves de toute espèce, et finir par Rome parce qu'on n'y trouve ni concours, ni émulation (tout y est mort), mais on y trouve les grands modèles éternels qui inspirent un autre genre d'émulation quand on a commencé à se sentir et à pénétrer tous les secrets de l'art". 8 Bazenov, precisamente in linea con tali motivazioni, otterrà il permesso di recarsi a Roma, come si è già ricordato, nell'autunno 1762, Starov invece nel 1766. Chi sperasse tuttavia di ritrovare nei resoconti o nei rapporti 9 dei pensionnaires un analitico resoconto del loro soggiorno o qualcosa di accostabile anche alla suggestiva immagine captata da Gogol' nel 1838, pubblicata nel 1842, in tutta la sua eccentricità surreale sospesa tra un presente immobile e indifferente alle frenesia del modernismo e un passato remoto ricco di stupefacenti memorie che di quel modernismo sono alimento, resterebbe decisamente deluso. Sembra infatti che la gran parte di tale documentazione sia andata perduta. Due le cause principali: il deperimento dovuto al logorio cui sono stati sottoposti i materiali per l'incessante uso didattico; le traversie subite nel corso del tempo da queste raccolte. Sennonché, anche da quel poco oggi disponibile si evince che Roma resta il grande scenario entro cui avviene l'incontro di questi giovani con l'antico e la città accogliente e viva, inaspettata e affascinante, in cui essi possono confrontarsi con gli intellettuali, i mercanti, i collezionisti locali e con gli altri artisti e gli altri borsisti europei, francesi, inglesi, tedeschi in particolare, lì accorsi per le stesse motivate ragioni e curiosità. Nei "forestieri" che proprio in quest'arco temporale approdano a Roma e all'Italia, tra cui sono i nostri architetti, vivo e serrato è anche il dialogo tra l'eredità dell'antico e la grandezza dell'arte cristiana. Gioverà anzi ricordare che tra costoro proprio i russi sono attratti in modo particolare, almeno così sembra, anche dal carattere "sacro", oltre che da quello "profano" della città dei papi, percepito però in termini particolari. A Roma, inoltre, la riforma "archeologizzante" di Mengs, alimentata da Winckelmann e da Piranesi, viene a costituire un punto di riferimento assolutamente prioritario, facendo sì che negli anni Sessanta e in crescendo nel decennio successivo -sotto Cateri-144 100. R. Adam,

Pittori veneti nello Stato sabaudo tra XVI e XVIII secolo: una prima panoramica

in P. Cozzo e E. Demo (a cura di), Rapporti, scambi, carriere fra Piemonte e Veneto in Età moderna, seminario di studi “Cheiron. Materiali e strumenti di aggiornamento storiografico”, 2018 (2020), 2, 2018

The paper proposes an overview about the activity in the Savoy State of artists born in the territories of the Republic of Venice from the second half of the XVIth century to the whole XVIIIth century. The great tradition of Venetian painting gave an absolutely prevailing contribution, starting with the paradigmatic figure of Tiziano as portraitist of duke Emanuele Filiberto. A remarkable continuity of presences was connected to artists from Verona: from the paintings commissioned to Paolo Calliari called Veronese by duke Carlo Emanuele I to Giambettino Cignaroli’s visit in Torino (1766). The master was required for his expertise about the refoundation of the royal Academy of Painting and Sculpture. Though no art works had been commissioned directly both by the Savoy court and the Piedmontese aristocracy to Giambattista Tiepolo, also this famous artist spent a few days in the capital of the Sardinia Kingdom during his travel to Madrid in 1762.