Orietta Lanzarini | Università degli Studi di Udine / University of Udine (original) (raw)
Conference Presentations by Orietta Lanzarini
Per celebrare i settanta anni dall’inaugurazione della Galleria Regionale della Sicilia di Palazz... more Per celebrare i settanta anni dall’inaugurazione della Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, la direzione del museo ha organizzato, per il prossimo 15 novembre 2024, con inizio alle ore 16:00, una conferenza tenuta da Matteo Iannello e Orietta Lanzarini, docenti di Storia dell’architettura dell’Università degli Studi di Udine, sul tema: “Museografia italiana del dopoguerra. Carlo Scarpa a Palazzo Abatellis”. L’allestimento del nuovo Museo di Palazzo Abatellis, portato a compimento da Carlo Scarpa tra il 1953 e il 1954, verrà presentato e analizzato in relazione alla straordinaria stagione culturale, progettuale, educativa e sociale, di riforma dei musei italiani compiuta dal dopoguerra agli anni Sessanta.
In occasione della conferenza, la dottoressa Maddalena De Luca, direttrice di Palazzo Abatellis, presenterà le iniziative in programma per celebrare l’anniversario del Museo e inaugurerà il restauro dei supporti disegnati da Carlo Scarpa per la Sala del Laurana
L'incontro, dedicato al progetto e alla relazione tra Scarpa e Canova nella Gipsoteca canoviana d... more L'incontro, dedicato al progetto e alla relazione tra Scarpa e Canova nella Gipsoteca canoviana di Possagno, sarà trasmesso anche in diretta sul canale YouTube della Fondazione Benetton
https://www.fbsr.it/agenda/dialoghi-attorno-ca-scarpa-4/
«Sfiorare l’Antico». Tre musei di Carlo Scarpa. Durante la sua lunga carriera, Carlo Scarpa si è... more «Sfiorare l’Antico». Tre musei di Carlo Scarpa.
Durante la sua lunga carriera, Carlo Scarpa si è confrontato molte volte con edifici già costruiti, spesso di grande pregio, da trasformare in sedi museali. Tre opere, in particolare – la Galleria di Palazzo Abatellis a Palermo, il Museo di Castelvecchio a Verona e la Fondazione Querini Stampalia a Venezia - dimostrano in modo esemplare la sua capacità di stabilire un dialogo vivo e coinvolgente tra le nuove strutture e quelle antiche, allo scopo di esaltarne i caratteri originali, di accogliere le opere d’arte, e infine di educare il visitatore ai valori dell’arte e della storia.
Nell’opera di diffusione della cultura antiquaria in età umanistica, il disegno assume un ruolo f... more Nell’opera di diffusione della cultura antiquaria in età umanistica, il disegno assume un ruolo fondamentale. In qualità di indispensabili strumenti di ricerca e di lavoro per gli artisti e gli architetti, i disegni iniziano ad avere una circolazione sempre più vasta, soprattutto a partire dall’ultimo quarto del XV secolo. In pochi decenni, grazie all’impegno corale di numerosi disegnatori, noti e anonimi, viene costruito un patrimonio grafico di enorme valore per la conoscenza dell’Antico. La sistematicità e il portato di questa indagine emerge pienamente dall’analisi dei manoscritti di disegni prodotti nel corso del Cinquecento, spesso connessi tra loro da uno stretto intreccio di relazioni, nei quali sono riversate centinaia di immagini di monumenti, frammenti decorativi e architettonici che svelano, agli occhi dei contemporanei, l’inesauribile ricchezza trasmessa dall’antichità al tempo presente.
Talks by Orietta Lanzarini
«Il Rinascimento è nato fondamentalmente dalla eccezionale spinta di due diversi vettori di forze... more «Il Rinascimento è nato fondamentalmente dalla eccezionale spinta di due diversi vettori di forze di similare peso e coincidenti nella loro direzione; la somma di questi due vettori ha permesso l’aprirsi di una nuova angolazione dei valori del mondo, chiudendo quella usurata del Medio Evo. Dalla metà del ‘300 e per oltre l’intero stendersi del ‘400, il centro del pensiero teologico si sposta sulla “incarnazione” e questo che mette sempre più in ombra le conseguenze della morte e della espiazione e diventa atto e fondamento per la rivalutazione del mondo e degli uomini. L’altro vettore, terminando nella usura e stanchezza del pensiero, del linguaggio e delle immagini del mondo medievale, fa nascere (nella forza sempre giovane e presente del Cristo uomo), quell’amore e quella gioia che nel mondo classico si ricominciavano a leggere, rinnovando forza e freschezza degli scrittori greci e latini che i grandi umanisti del ‘400 andavano riscoprendo, si badi, specie nel mondo bizantino».
Queste parole, pronunciate da Luigi Moretti nel 1972 in occasione dell'apertura della mostra di Leon Battista Alberti, della quale aveva curato l'allestimento a Roma, rivelano, in estrema sintesi, la straordinaria ricchezza di pensieri, teorici e progettuali, che l'architetto aveva formulato sul Rinascimento, non solo come antefatto e supporto dell'età barocca, suo modello di riferimento, ma anche in sé, nella sua ragione d'essere storica e storiografica. Le sue posizioni teoriche nei confronti del Barocco sono state analizzate in più occasioni; viceversa, rimane da valutare – ed è quanto si propone di fare il presente contributo – l'originale punto di vista che Moretti, attento lettore di Burckhardt, Focillon, Wöllflin e altri, formula sul Rinascimento.
Moretti sarebbe scomparso di lì a pochi mesi, nel luglio 1973, e proprio l'omaggio ad Alberti, forse la figura con la quale questo "architetto-umanista", come è stato spesso definito, più si identificava, riporta ancora una volta la sua attenzione sul valore e sul significato del termine "rinascimento". Un termine sulla cui "artificialità" e "aleatorietà" di lettura egli inizia a ragionare fin dal 1927, quando, da brillante studente della Scuola di Architettura di Roma, stende un Canovaccio per un saggio sull'opera di Michelangelo, anello di congiunzione tra rinascenza e barocco, e Borromini. Qui dichiara programmaticamente: «il barocco non è che lo sviluppo in via schiettamente costruttiva del rinascimento», un'osservazione che intendeva criticare un pregiudizio della storiografia che considerava «anticostruttiva» l'architettura barocca, «contrapponendole così l'arch[itettura] della rinascenza la quale pur da insigni studiosi specialm[ente] stranieri le viene creduta superiore per razionalità e costruttività mentre le è in realtà di molto inferiore». La lettura subordinata dei due periodi ¬– che ha attraversato buona parte della storiografia ad essi dedicata e che in qualche modo ne condiziona tuttora l'interpretazione – verrà approfondita da Moretti in alcuni scritti nella sua rivista "Spazio" (1950-1957), oltre che nei suoi progetti architettonici, mettendo in luce la vitale e ineludibile coincidentia oppositorum che legava il Rinascimento al Barocco.
Sulla scorta degli scritti ligoriani dedicati alla campagna laziale, il presente contributo inten... more Sulla scorta degli scritti ligoriani dedicati alla campagna laziale, il presente contributo intende analizzare una serie di edifici, verosimilmente ad uso sepolcrale o termale, segnalati nei pressi di Praeneste, Marino, Tivoli e lungo le vie consolari extra moenia, e delineati in alcune fonti grafiche cinquecentesche, in particolare l’Album 36 di Chatsworth, un manoscritto al CCA di Montreal e dei fogli agli Uffizi attribuiti a Sallustio Peruzzi, da porre in relazione con una serie di incisioni di Jacques Androuet Du Cerceau e di Giovan Battista Montano.
Si profila, attraverso questi disegni, anche la possibilità di esplorare un tema generale di particolare rilievo per Pirro Ligorio, ovvero quello dell’organizzazione della conoscenza antiquaria per gruppi di “oggetti”, i quali, analizzati in maniera sistematica, contribuiscono a definire una vera e propria “tipologia”, nel senso moderno del termine, con espliciti riferimenti al rapporto tra la forma e la funzione. Appare, infatti, d’interesse capire in che modo il punto di vista di Ligorio antiquario si coniughi, nei suoi manoscritti, con quello di Ligorio architetto, attento anche ad aspetti marcatamente progettuali della cultura antica.
The exhibition in the Swiss Pavilion at the Biennale Architettura 2023 in Venice, curated by Kari... more The exhibition in the Swiss Pavilion at the Biennale Architettura 2023 in Venice, curated by Karin Sander and Philip Ursprung, will deal with the topic of “neighbourhood”. It refers to the relation between the Swiss Pavilion by Bruno Giacometti (1952) and the adjacent Pavilion of Venezuela by Carlo Scarpa (1956). The seminar will present current research on Giacometti and Scarpa. The exhibition at the Swiss Pavilion is commissioned by the Swiss Arts Council Pro Helvetia.
Fin dai primi incarichi, ottenuti all’indomani del conseguimento, nel 1926, del diploma di Profes... more Fin dai primi incarichi, ottenuti all’indomani del conseguimento, nel 1926, del diploma di Professore di disegno architettonico all’Accademia di Belle Arti di Venezia, Carlo Scarpa (Venezia 1906 - Sendai 1978) ha l’opportunità di confrontarsi con la progettazione di alcune ville e con il profondo radicamento del tema nel contesto veneto. Dal secondo dopoguerra in poi, spunti e riflessioni di origine autoctona si coniugano, nel suo lavoro, con suggestioni provenienti dalle prairie houses di Frank Lloyd Wright: il risultato sono delle ville – come quelle, progettate con Angelo Masieri, per Giacomuzzi (1947-50) e Romanelli (1952-55) a Udine e per Bortolotto (1950-52) a Cervignano del Friuli, o ancora per Gino Zoppas (1952-53) a Conegliano – di grande articolazione compositiva, nella quali Scarpa inizia a dare un ruolo e una fisionomia sempre più definiti anche ai giardini che le completano. Parallelamente, cresce il suo lavoro di museografo, iniziato con la sistemazione delle Gallerie dell’Accademia a Venezia (1944-59) e proseguito con il Palazzo Abatellis a Palermo (1953-54), la Gipsoteca Canoviana di Possagno (1955-57) e il Museo di Castelvecchio a Verona (1958-64).
Grazie a questi incarichi, i contatti con la cultura antica e di età umanistica diventano pressoché quotidiani, stimolando l’insaziabile curiosità progettuale di Scarpa. È forse questa la ragione per la quale nella sua ricerca intorno alla villa si innesta un nuovo filone che, pur tenendo conto delle esperienze pregresse, aggiunge una riflessione su temi di natura antiquaria. Il presente contributo intende concentrarsi, in particolare, su due progetti. Il primo, la villa Cassina a Ronco di Carimate presso Como (1962-63), apre la stagione delle ville su pendio, modellate sulle caratteristiche orografiche del suolo al quale si appoggiano, similmente alle ville romane. Come in quest’ultime, il rapporto tra architettura e paesaggio si fa simbiotico: la villa è concepita come una lama di verticale che si innesta, a valle, su un sistema di terrazzamenti – un vero giardino pensile con vasche d’acqua e fioriere –, che si raccorda a sua volta al pendio. Al lungo corpo padronale si affianca un vano con all’interno una scala e illuminato dall’alto che, come una sorta di criptoportico, consente di raggiungere i diversi spazi abitativi. Il secondo caso – del quale si conservano solo alcuni disegni, ancora da studiare a fondo ¬ ¬– è il progetto per la grande villa del Principe Fahd Ibn Abdul Aziz Al Saud a Riyadh (1978), destinata a ospitare circa quaranta persone. Nel contesto desertico in cui si trova, i termini di riferimento “paesaggistico” per l’architetto diventano il sole, quindi la luce e l’ombra, la luna e le stelle, in base ai quali viene orientato il complesso. All’interno dell’impianto quadrato, di 100x100 metri, Scarpa organizza una narrazione architettonica fatta di piccoli giardini – come quello delle quattro palme con vasca esagonale al centro –, percorsi d’acqua e labirintici, agrumeti, spazi conviviali e funzionali. Tra i più rilevanti, le cucine, con copertura conica, e una grande biblioteca, per 10.000 volumi, al cui interno la luce sarebbe filtrata attraverso lastre di alabastro, similmente alle chiese paleocristiane. Com’è sua prassi, anche in questo sorprendente progetto, avviato poco prima della morte, Scarpa sembra interrogare una ricca costellazione di fonti: dalla Villa Adriana al Palazzo di Diocleziano a Spalato, da quello del Topkapi a Istanbul, al complesso dell’Alhambra a Granada, citato in un suo appunto autografo.
Per Luigi Moretti, l’analisi dell’architettura di età antica e moderna ricopre uno scopo preciso:... more Per Luigi Moretti, l’analisi dell’architettura di età antica e moderna ricopre uno scopo preciso: portare alla luce dei principi comuni per innervare la ricerca contemporanea. Negli anni Trenta, quando la spinta propagandistica si fa più forte e gli elementi architettonici imitano, spesso sfacciatamente, quelli antichi, Moretti sceglie una via indiretta, ovvero richiamare, in maniera astratta, la lezione di Roma Antica coniugandola con quella di Roma Barocca. Due lavori si prestano, particolarmente, all’analisi della questione. La sequenza di ambienti del Padiglione dell’Opera Nazionale Balilla alla Mostra delle colonie estive e dell’assistenza all’infanzia, allestita nel 1937, rievoca quello di una domus romana, ma le fisionomie del monumentale spazio centrale voltato, e soprattutto la modulazione della luce, appaiono debitori della cultura seicentesca. Il richiamo alla Roma imperiale torna, potente, nelle sale della Rassegna edilizia della G.I.L. allestita a Firenze nel 1942, animata da copie di statue greco-romane, da un albero d’alloro, da architetture antiche riprodotte su pannelli sagomati come i frammenti della Forma Urbis severiana, e altro ancora. Eppure, anche in questo caso, Moretti sembra rileggere Roma Antica in differita, mediata dall’enfasi degli apparati barocchi o addirittura dalla visione piranesiana. In tal modo, crea un ambiente quasi onirico, la cui distanza dalla realtà sembra riflettere, implicitamente, la gravità di un momento storico cruciale per l’Italia.
Nell’intricata trama viaria di Roma medievale, restituita da mappe e vedute tardo quattrocentesch... more Nell’intricata trama viaria di Roma medievale, restituita da mappe e vedute tardo quattrocentesche, si nascondeva probabilmente una miriade di reliquie di Roma antica: frammenti architettonici e decorativi, spesso erratici e senza più memoria di un’origine, abbandonati ai lati delle strade o incastonati nel tessuto vivo della città. Se i grandi monumenti vengono ricordati dalle fonti, basti citare l’Itinerario di Einsiedeln o i Mirabilia, come elementi salienti dell’Urbe, gli anonimi frammenti che punteggiavano strade, piazze e vigne, assistendo alla vita quotidiana dei romani come parte integrante del paesaggio cittadino, rimangono ignorati per secoli. Con lo sviluppo di una sistematica campagna di studi antiquari, tra XV e XVI secolo, alcuni di questi pezzi di pietra ritrovano un’identità grazie ai tanti disegnatori, noti e anonimi, che li rilevano, spesso segnalandone la provenienza e la posizione. Con l’avallo delle testimonianze grafiche, dunque, conosciamo le fisionomie di un capitello murato in una casaccia al foro di Traiano, o di una bellissima base sopra una chiavica alla dogana, quindi lungo l’attuale via della Dogana Vecchia, e ancora abbiamo contezza di un grande frammento di cornice, proveniente forse dallo stadio di Domiziano, tuttora visibile ai margini di via delle Tre Pile o di una cornice nomade, ritratta in diversi grafici, transitata da Santa Prassede alla via Sacra, dov’è attualmente. A partire dalla preziosa testimonianza dei disegni di età umanistica e delle fonti letterarie antecedenti e coeve il presente contributo intende censire tali elementi, individuarne se possibile l’origine, in modo da ricostruirne le peregrinazioni, e infine valutarne il ruolo nel tessuto stradale della Roma medievale.
La città di Udine è caratterizzata da una grande varietà architettonica. La dominazione veneziana... more La città di Udine è caratterizzata da una grande varietà architettonica. La dominazione veneziana, il passaggio di Andrea Palladio, gli imponenti palazzi del XVIII e XIX secolo, le opere Liberty e “razionaliste” del primo Novecento e ancora quelle aggiunte nella seconda metà del secolo, basti ricordare il contributo di Gino Valle, hanno dato un’impronta peculiare a questo contesto. Esempi, anche di notevole rilievo, si trovano sparsi per tutto il tessuto urbano, ma c’è un luogo nel quale è riassunta l’identità stessa di Udine: è la via Mercato Vecchio, che il presente contributo si propone di analizzare. Questa sorta di strada “in forma di città” rappresenta un palinsesto unico nel suo genere, principalmente per due ragioni. Innanzitutto, per la sua forma ambigua: una lunga piazza incurvata o una strada di inusitata larghezza? L’altro aspetto d’interesse è dato dagli edifici che su di essa si affacciano, trasformando il fronte stradale in una vera e propria “esposizione”, aggiornata nel tempo, della ricerca architettonica cittadina, basti citare il Monte di Pietà, per l’età moderna, e il palazzo in acciaio rosso di Valle, per quella contemporanea.
In occasione dell'anniversario della morte di Carlo Scarpa il FAI organizza una lezione sul campo... more In occasione dell'anniversario della morte di Carlo Scarpa il FAI organizza una lezione sul campo per conoscere una delle opere più significative realizzate dall'architetto per il "Nobile Signore" di Ivrea.
Nella ricerca di Carlo Scarpa il tessuto, inteso come materiale da impiegare negli allestimenti, ... more Nella ricerca di Carlo Scarpa il tessuto, inteso come materiale da impiegare negli allestimenti, ma anche come concetto capace di generare soluzioni progettuali, ha un ruolo essenziale. L’imprinting con la materia tessile risale, probabilmente, all’infanzia dell’architetto, quando inizia a disegnare i cartamodelli per gli abiti confezionati dalla madre, titolare di un laboratorio di alta sartoria a Vicenza. Nei decenni seguenti, il tessuto diventa per Scarpa un ricercato strumento di lavoro, elevato a indispensabile corollario dell’opera d’arte da esporre. L’architetto non esista a far tessere delle stoffe ad hoc dalle sue ditte di fiducia: Haas, Rubelli, Tessoria Asolana, ecc. Grazie alla collaborazione con il Centro Internazionale dell’Arte e del Costume, in occasione della mostra Vitalità nell’arte a Palazzo Grassi nel 1959, questa indagine complessa e prodiga di risultati originali raggiunge il suo acme.
La struttura di base del tessuto, formata da trama e ordito, diventa un modello da importare, altresì, nel progetto, implicito omaggio all’origine tessile dell’architettura di semperiana memoria. Nascono così i tessuti di pasta vitrea per Venini, le “stoffe-materia” ideate per il negozio Olivetti, la Fondazione Querini Stampalia, il Museo di Castelvecchio. Una miriade di storie, che Scarpa intesse per stimolare il pubblico a riflettere sui valori espressivi che un intreccio di materie porta con sé.
Per celebrare i settanta anni dall’inaugurazione della Galleria Regionale della Sicilia di Palazz... more Per celebrare i settanta anni dall’inaugurazione della Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, la direzione del museo ha organizzato, per il prossimo 15 novembre 2024, con inizio alle ore 16:00, una conferenza tenuta da Matteo Iannello e Orietta Lanzarini, docenti di Storia dell’architettura dell’Università degli Studi di Udine, sul tema: “Museografia italiana del dopoguerra. Carlo Scarpa a Palazzo Abatellis”. L’allestimento del nuovo Museo di Palazzo Abatellis, portato a compimento da Carlo Scarpa tra il 1953 e il 1954, verrà presentato e analizzato in relazione alla straordinaria stagione culturale, progettuale, educativa e sociale, di riforma dei musei italiani compiuta dal dopoguerra agli anni Sessanta.
In occasione della conferenza, la dottoressa Maddalena De Luca, direttrice di Palazzo Abatellis, presenterà le iniziative in programma per celebrare l’anniversario del Museo e inaugurerà il restauro dei supporti disegnati da Carlo Scarpa per la Sala del Laurana
L'incontro, dedicato al progetto e alla relazione tra Scarpa e Canova nella Gipsoteca canoviana d... more L'incontro, dedicato al progetto e alla relazione tra Scarpa e Canova nella Gipsoteca canoviana di Possagno, sarà trasmesso anche in diretta sul canale YouTube della Fondazione Benetton
https://www.fbsr.it/agenda/dialoghi-attorno-ca-scarpa-4/
«Sfiorare l’Antico». Tre musei di Carlo Scarpa. Durante la sua lunga carriera, Carlo Scarpa si è... more «Sfiorare l’Antico». Tre musei di Carlo Scarpa.
Durante la sua lunga carriera, Carlo Scarpa si è confrontato molte volte con edifici già costruiti, spesso di grande pregio, da trasformare in sedi museali. Tre opere, in particolare – la Galleria di Palazzo Abatellis a Palermo, il Museo di Castelvecchio a Verona e la Fondazione Querini Stampalia a Venezia - dimostrano in modo esemplare la sua capacità di stabilire un dialogo vivo e coinvolgente tra le nuove strutture e quelle antiche, allo scopo di esaltarne i caratteri originali, di accogliere le opere d’arte, e infine di educare il visitatore ai valori dell’arte e della storia.
Nell’opera di diffusione della cultura antiquaria in età umanistica, il disegno assume un ruolo f... more Nell’opera di diffusione della cultura antiquaria in età umanistica, il disegno assume un ruolo fondamentale. In qualità di indispensabili strumenti di ricerca e di lavoro per gli artisti e gli architetti, i disegni iniziano ad avere una circolazione sempre più vasta, soprattutto a partire dall’ultimo quarto del XV secolo. In pochi decenni, grazie all’impegno corale di numerosi disegnatori, noti e anonimi, viene costruito un patrimonio grafico di enorme valore per la conoscenza dell’Antico. La sistematicità e il portato di questa indagine emerge pienamente dall’analisi dei manoscritti di disegni prodotti nel corso del Cinquecento, spesso connessi tra loro da uno stretto intreccio di relazioni, nei quali sono riversate centinaia di immagini di monumenti, frammenti decorativi e architettonici che svelano, agli occhi dei contemporanei, l’inesauribile ricchezza trasmessa dall’antichità al tempo presente.
«Il Rinascimento è nato fondamentalmente dalla eccezionale spinta di due diversi vettori di forze... more «Il Rinascimento è nato fondamentalmente dalla eccezionale spinta di due diversi vettori di forze di similare peso e coincidenti nella loro direzione; la somma di questi due vettori ha permesso l’aprirsi di una nuova angolazione dei valori del mondo, chiudendo quella usurata del Medio Evo. Dalla metà del ‘300 e per oltre l’intero stendersi del ‘400, il centro del pensiero teologico si sposta sulla “incarnazione” e questo che mette sempre più in ombra le conseguenze della morte e della espiazione e diventa atto e fondamento per la rivalutazione del mondo e degli uomini. L’altro vettore, terminando nella usura e stanchezza del pensiero, del linguaggio e delle immagini del mondo medievale, fa nascere (nella forza sempre giovane e presente del Cristo uomo), quell’amore e quella gioia che nel mondo classico si ricominciavano a leggere, rinnovando forza e freschezza degli scrittori greci e latini che i grandi umanisti del ‘400 andavano riscoprendo, si badi, specie nel mondo bizantino».
Queste parole, pronunciate da Luigi Moretti nel 1972 in occasione dell'apertura della mostra di Leon Battista Alberti, della quale aveva curato l'allestimento a Roma, rivelano, in estrema sintesi, la straordinaria ricchezza di pensieri, teorici e progettuali, che l'architetto aveva formulato sul Rinascimento, non solo come antefatto e supporto dell'età barocca, suo modello di riferimento, ma anche in sé, nella sua ragione d'essere storica e storiografica. Le sue posizioni teoriche nei confronti del Barocco sono state analizzate in più occasioni; viceversa, rimane da valutare – ed è quanto si propone di fare il presente contributo – l'originale punto di vista che Moretti, attento lettore di Burckhardt, Focillon, Wöllflin e altri, formula sul Rinascimento.
Moretti sarebbe scomparso di lì a pochi mesi, nel luglio 1973, e proprio l'omaggio ad Alberti, forse la figura con la quale questo "architetto-umanista", come è stato spesso definito, più si identificava, riporta ancora una volta la sua attenzione sul valore e sul significato del termine "rinascimento". Un termine sulla cui "artificialità" e "aleatorietà" di lettura egli inizia a ragionare fin dal 1927, quando, da brillante studente della Scuola di Architettura di Roma, stende un Canovaccio per un saggio sull'opera di Michelangelo, anello di congiunzione tra rinascenza e barocco, e Borromini. Qui dichiara programmaticamente: «il barocco non è che lo sviluppo in via schiettamente costruttiva del rinascimento», un'osservazione che intendeva criticare un pregiudizio della storiografia che considerava «anticostruttiva» l'architettura barocca, «contrapponendole così l'arch[itettura] della rinascenza la quale pur da insigni studiosi specialm[ente] stranieri le viene creduta superiore per razionalità e costruttività mentre le è in realtà di molto inferiore». La lettura subordinata dei due periodi ¬– che ha attraversato buona parte della storiografia ad essi dedicata e che in qualche modo ne condiziona tuttora l'interpretazione – verrà approfondita da Moretti in alcuni scritti nella sua rivista "Spazio" (1950-1957), oltre che nei suoi progetti architettonici, mettendo in luce la vitale e ineludibile coincidentia oppositorum che legava il Rinascimento al Barocco.
Sulla scorta degli scritti ligoriani dedicati alla campagna laziale, il presente contributo inten... more Sulla scorta degli scritti ligoriani dedicati alla campagna laziale, il presente contributo intende analizzare una serie di edifici, verosimilmente ad uso sepolcrale o termale, segnalati nei pressi di Praeneste, Marino, Tivoli e lungo le vie consolari extra moenia, e delineati in alcune fonti grafiche cinquecentesche, in particolare l’Album 36 di Chatsworth, un manoscritto al CCA di Montreal e dei fogli agli Uffizi attribuiti a Sallustio Peruzzi, da porre in relazione con una serie di incisioni di Jacques Androuet Du Cerceau e di Giovan Battista Montano.
Si profila, attraverso questi disegni, anche la possibilità di esplorare un tema generale di particolare rilievo per Pirro Ligorio, ovvero quello dell’organizzazione della conoscenza antiquaria per gruppi di “oggetti”, i quali, analizzati in maniera sistematica, contribuiscono a definire una vera e propria “tipologia”, nel senso moderno del termine, con espliciti riferimenti al rapporto tra la forma e la funzione. Appare, infatti, d’interesse capire in che modo il punto di vista di Ligorio antiquario si coniughi, nei suoi manoscritti, con quello di Ligorio architetto, attento anche ad aspetti marcatamente progettuali della cultura antica.
The exhibition in the Swiss Pavilion at the Biennale Architettura 2023 in Venice, curated by Kari... more The exhibition in the Swiss Pavilion at the Biennale Architettura 2023 in Venice, curated by Karin Sander and Philip Ursprung, will deal with the topic of “neighbourhood”. It refers to the relation between the Swiss Pavilion by Bruno Giacometti (1952) and the adjacent Pavilion of Venezuela by Carlo Scarpa (1956). The seminar will present current research on Giacometti and Scarpa. The exhibition at the Swiss Pavilion is commissioned by the Swiss Arts Council Pro Helvetia.
Fin dai primi incarichi, ottenuti all’indomani del conseguimento, nel 1926, del diploma di Profes... more Fin dai primi incarichi, ottenuti all’indomani del conseguimento, nel 1926, del diploma di Professore di disegno architettonico all’Accademia di Belle Arti di Venezia, Carlo Scarpa (Venezia 1906 - Sendai 1978) ha l’opportunità di confrontarsi con la progettazione di alcune ville e con il profondo radicamento del tema nel contesto veneto. Dal secondo dopoguerra in poi, spunti e riflessioni di origine autoctona si coniugano, nel suo lavoro, con suggestioni provenienti dalle prairie houses di Frank Lloyd Wright: il risultato sono delle ville – come quelle, progettate con Angelo Masieri, per Giacomuzzi (1947-50) e Romanelli (1952-55) a Udine e per Bortolotto (1950-52) a Cervignano del Friuli, o ancora per Gino Zoppas (1952-53) a Conegliano – di grande articolazione compositiva, nella quali Scarpa inizia a dare un ruolo e una fisionomia sempre più definiti anche ai giardini che le completano. Parallelamente, cresce il suo lavoro di museografo, iniziato con la sistemazione delle Gallerie dell’Accademia a Venezia (1944-59) e proseguito con il Palazzo Abatellis a Palermo (1953-54), la Gipsoteca Canoviana di Possagno (1955-57) e il Museo di Castelvecchio a Verona (1958-64).
Grazie a questi incarichi, i contatti con la cultura antica e di età umanistica diventano pressoché quotidiani, stimolando l’insaziabile curiosità progettuale di Scarpa. È forse questa la ragione per la quale nella sua ricerca intorno alla villa si innesta un nuovo filone che, pur tenendo conto delle esperienze pregresse, aggiunge una riflessione su temi di natura antiquaria. Il presente contributo intende concentrarsi, in particolare, su due progetti. Il primo, la villa Cassina a Ronco di Carimate presso Como (1962-63), apre la stagione delle ville su pendio, modellate sulle caratteristiche orografiche del suolo al quale si appoggiano, similmente alle ville romane. Come in quest’ultime, il rapporto tra architettura e paesaggio si fa simbiotico: la villa è concepita come una lama di verticale che si innesta, a valle, su un sistema di terrazzamenti – un vero giardino pensile con vasche d’acqua e fioriere –, che si raccorda a sua volta al pendio. Al lungo corpo padronale si affianca un vano con all’interno una scala e illuminato dall’alto che, come una sorta di criptoportico, consente di raggiungere i diversi spazi abitativi. Il secondo caso – del quale si conservano solo alcuni disegni, ancora da studiare a fondo ¬ ¬– è il progetto per la grande villa del Principe Fahd Ibn Abdul Aziz Al Saud a Riyadh (1978), destinata a ospitare circa quaranta persone. Nel contesto desertico in cui si trova, i termini di riferimento “paesaggistico” per l’architetto diventano il sole, quindi la luce e l’ombra, la luna e le stelle, in base ai quali viene orientato il complesso. All’interno dell’impianto quadrato, di 100x100 metri, Scarpa organizza una narrazione architettonica fatta di piccoli giardini – come quello delle quattro palme con vasca esagonale al centro –, percorsi d’acqua e labirintici, agrumeti, spazi conviviali e funzionali. Tra i più rilevanti, le cucine, con copertura conica, e una grande biblioteca, per 10.000 volumi, al cui interno la luce sarebbe filtrata attraverso lastre di alabastro, similmente alle chiese paleocristiane. Com’è sua prassi, anche in questo sorprendente progetto, avviato poco prima della morte, Scarpa sembra interrogare una ricca costellazione di fonti: dalla Villa Adriana al Palazzo di Diocleziano a Spalato, da quello del Topkapi a Istanbul, al complesso dell’Alhambra a Granada, citato in un suo appunto autografo.
Per Luigi Moretti, l’analisi dell’architettura di età antica e moderna ricopre uno scopo preciso:... more Per Luigi Moretti, l’analisi dell’architettura di età antica e moderna ricopre uno scopo preciso: portare alla luce dei principi comuni per innervare la ricerca contemporanea. Negli anni Trenta, quando la spinta propagandistica si fa più forte e gli elementi architettonici imitano, spesso sfacciatamente, quelli antichi, Moretti sceglie una via indiretta, ovvero richiamare, in maniera astratta, la lezione di Roma Antica coniugandola con quella di Roma Barocca. Due lavori si prestano, particolarmente, all’analisi della questione. La sequenza di ambienti del Padiglione dell’Opera Nazionale Balilla alla Mostra delle colonie estive e dell’assistenza all’infanzia, allestita nel 1937, rievoca quello di una domus romana, ma le fisionomie del monumentale spazio centrale voltato, e soprattutto la modulazione della luce, appaiono debitori della cultura seicentesca. Il richiamo alla Roma imperiale torna, potente, nelle sale della Rassegna edilizia della G.I.L. allestita a Firenze nel 1942, animata da copie di statue greco-romane, da un albero d’alloro, da architetture antiche riprodotte su pannelli sagomati come i frammenti della Forma Urbis severiana, e altro ancora. Eppure, anche in questo caso, Moretti sembra rileggere Roma Antica in differita, mediata dall’enfasi degli apparati barocchi o addirittura dalla visione piranesiana. In tal modo, crea un ambiente quasi onirico, la cui distanza dalla realtà sembra riflettere, implicitamente, la gravità di un momento storico cruciale per l’Italia.
Nell’intricata trama viaria di Roma medievale, restituita da mappe e vedute tardo quattrocentesch... more Nell’intricata trama viaria di Roma medievale, restituita da mappe e vedute tardo quattrocentesche, si nascondeva probabilmente una miriade di reliquie di Roma antica: frammenti architettonici e decorativi, spesso erratici e senza più memoria di un’origine, abbandonati ai lati delle strade o incastonati nel tessuto vivo della città. Se i grandi monumenti vengono ricordati dalle fonti, basti citare l’Itinerario di Einsiedeln o i Mirabilia, come elementi salienti dell’Urbe, gli anonimi frammenti che punteggiavano strade, piazze e vigne, assistendo alla vita quotidiana dei romani come parte integrante del paesaggio cittadino, rimangono ignorati per secoli. Con lo sviluppo di una sistematica campagna di studi antiquari, tra XV e XVI secolo, alcuni di questi pezzi di pietra ritrovano un’identità grazie ai tanti disegnatori, noti e anonimi, che li rilevano, spesso segnalandone la provenienza e la posizione. Con l’avallo delle testimonianze grafiche, dunque, conosciamo le fisionomie di un capitello murato in una casaccia al foro di Traiano, o di una bellissima base sopra una chiavica alla dogana, quindi lungo l’attuale via della Dogana Vecchia, e ancora abbiamo contezza di un grande frammento di cornice, proveniente forse dallo stadio di Domiziano, tuttora visibile ai margini di via delle Tre Pile o di una cornice nomade, ritratta in diversi grafici, transitata da Santa Prassede alla via Sacra, dov’è attualmente. A partire dalla preziosa testimonianza dei disegni di età umanistica e delle fonti letterarie antecedenti e coeve il presente contributo intende censire tali elementi, individuarne se possibile l’origine, in modo da ricostruirne le peregrinazioni, e infine valutarne il ruolo nel tessuto stradale della Roma medievale.
La città di Udine è caratterizzata da una grande varietà architettonica. La dominazione veneziana... more La città di Udine è caratterizzata da una grande varietà architettonica. La dominazione veneziana, il passaggio di Andrea Palladio, gli imponenti palazzi del XVIII e XIX secolo, le opere Liberty e “razionaliste” del primo Novecento e ancora quelle aggiunte nella seconda metà del secolo, basti ricordare il contributo di Gino Valle, hanno dato un’impronta peculiare a questo contesto. Esempi, anche di notevole rilievo, si trovano sparsi per tutto il tessuto urbano, ma c’è un luogo nel quale è riassunta l’identità stessa di Udine: è la via Mercato Vecchio, che il presente contributo si propone di analizzare. Questa sorta di strada “in forma di città” rappresenta un palinsesto unico nel suo genere, principalmente per due ragioni. Innanzitutto, per la sua forma ambigua: una lunga piazza incurvata o una strada di inusitata larghezza? L’altro aspetto d’interesse è dato dagli edifici che su di essa si affacciano, trasformando il fronte stradale in una vera e propria “esposizione”, aggiornata nel tempo, della ricerca architettonica cittadina, basti citare il Monte di Pietà, per l’età moderna, e il palazzo in acciaio rosso di Valle, per quella contemporanea.
In occasione dell'anniversario della morte di Carlo Scarpa il FAI organizza una lezione sul campo... more In occasione dell'anniversario della morte di Carlo Scarpa il FAI organizza una lezione sul campo per conoscere una delle opere più significative realizzate dall'architetto per il "Nobile Signore" di Ivrea.
Nella ricerca di Carlo Scarpa il tessuto, inteso come materiale da impiegare negli allestimenti, ... more Nella ricerca di Carlo Scarpa il tessuto, inteso come materiale da impiegare negli allestimenti, ma anche come concetto capace di generare soluzioni progettuali, ha un ruolo essenziale. L’imprinting con la materia tessile risale, probabilmente, all’infanzia dell’architetto, quando inizia a disegnare i cartamodelli per gli abiti confezionati dalla madre, titolare di un laboratorio di alta sartoria a Vicenza. Nei decenni seguenti, il tessuto diventa per Scarpa un ricercato strumento di lavoro, elevato a indispensabile corollario dell’opera d’arte da esporre. L’architetto non esista a far tessere delle stoffe ad hoc dalle sue ditte di fiducia: Haas, Rubelli, Tessoria Asolana, ecc. Grazie alla collaborazione con il Centro Internazionale dell’Arte e del Costume, in occasione della mostra Vitalità nell’arte a Palazzo Grassi nel 1959, questa indagine complessa e prodiga di risultati originali raggiunge il suo acme.
La struttura di base del tessuto, formata da trama e ordito, diventa un modello da importare, altresì, nel progetto, implicito omaggio all’origine tessile dell’architettura di semperiana memoria. Nascono così i tessuti di pasta vitrea per Venini, le “stoffe-materia” ideate per il negozio Olivetti, la Fondazione Querini Stampalia, il Museo di Castelvecchio. Una miriade di storie, che Scarpa intesse per stimolare il pubblico a riflettere sui valori espressivi che un intreccio di materie porta con sé.
Se consideriamo, in un quadro d’insieme, l’articolata ricerca progettuale nel campo dell’allestim... more Se consideriamo, in un quadro d’insieme, l’articolata ricerca progettuale nel campo dell’allestimento espositivo sviluppatasi in Italia nel dopoguerra, il contributo di Marco Zanuso emerge per almeno due aspetti affatto originali. È evidente, infatti, come l’architetto riesca a portare la propria indagine di designer all’interno degli spazi espositivi, dando agli elementi di supporto la medesima dignità formale degli oggetti che sostengono e con i quali collaborano attivamente nello costruzione dello spazio. Al disegno degli apparati espositivi, Zanuso sembra affidare talvolta un messaggio autobiografico – quando evoca, ad esempio, nei profili delle bacheche della Mostra delle stampe nella Pinacoteca di Brera (1958) la sezione di un capannone industriale – oppure rimarcare le loro potenzialità combinatorie attraverso particolari scelte tecniche, come negli incastri dei supporti incurvati, con integrato il sistema d’illuminazione, della Mostra dei Pionieri dell’aviazione civile a Milano (1960) o nei sostegni componibili dei tavoli del Salone del Bambino (1960). In questi e in altri allestimenti l’architetto sembra amplificare, didatticamente, un concetto: quando un elemento è progettato con un intrinseco valore estetico, tecnico e materiale, la sua ripetizione non porta al logoramento dello forma che lo caratterizza, ma ne rafforza il messaggio espressivo. Se questo principio è usuale (e indispensabile) nel campo del disegno industriale, non è affatto scontato ritrovarlo in uno spazio espositivo.
Un secondo aspetto che affiora con forza è l’ampiezza dell’universo culturale che Zanuso porta con sé, basti qui citare il totem di ruote della Fiera del ciclo e del motociclo (1959) concepito come una specie di licht-raum modulator che filtra suggestioni dall’Arte Spaziale e forse dal cinema, ma le cui proiezioni ricordano anche i disegni di macchine di Leonardo o Francesco di Giorgio.
Nel campo dell’allestimento, dunque, Marco Zanuso può approfondire la propria ricerca con tutta la libertà che la natura effimera di «questi esperimenti altrimenti irrealizzabili» – per usare le parole di Giuseppe Pagano – ha consentito agli architetti italiani del secondo Novecento.
In occasione dell'anniversario della scomparsa di Carlo Scarpa, avvenuta a Sendai (Giappone) il 2... more In occasione dell'anniversario della scomparsa di Carlo Scarpa, avvenuta a Sendai (Giappone) il 28 novembre 1978, Matteo Iannello e Orietta Lanzarini terranno un incontro (su invito) al Centro Carlo Scarpa di Treviso, con una breve presentazione del rapporto tra Scarpa e le Arti e il commento su alcuni disegni autografi.
Per Carlo Scarpa (1906–1978) – architetto, allestitore di mostre e musei, designer – il disegno e... more Per Carlo Scarpa (1906–1978) – architetto, allestitore di mostre e musei, designer – il disegno è stato un indispensabile strumento di conoscenza e di comunicazione. A testimoniarlo è principalmente il suo archivio, di eccezionale valore storico e artistico, composto da 330 progetti, per un totale di circa 22.000 disegni, redatti dagli anni venti fino al termine della sua intensa carriera. Assieme all’analisi diretta degli edifici e degli allestimenti ancora conservati, questo patrimonio grafico e documentario – proprietà del MAXXI di Roma e custodito presso il Centro Carlo Scarpa all’Archivio di Stato di Treviso – costituisce ora il principale veicolo d’indagine per studiare e capire l’opera scarpiana. Attraverso i disegni, realizzati con varie tecniche su supporti di diverso tipo, Scarpa rivela, innanzitutto, la sua peculiare maniera di sviluppare un tema progettuale e quindi di trasmetterlo ai collaboratori e agli esecutori. Dai disegni emerge, inoltre, il suo appassionato rapporto con le opere d’arte, e più in generale la sua originale visione dei fenomeni artistici e sociali, del passato e del presente. Lo studio, l’ordinamento e la divulgazione dei contenuti dell’Archivio Carlo Scarpa, dunque, offre grandi possibilità di conoscenza, in buona parte ancora da esplorare.
Per la XII edizione della Triennale del 1960, Carlo Scarpa viene incaricato di allestire la mostr... more Per la XII edizione della Triennale del 1960, Carlo Scarpa viene incaricato di allestire la mostra commemorativa di Frank Lloyd Wright, scomparso l’anno precedente. Nonostante i materiali da esporre siano soprattutto riproduzioni di disegni, l’architetto riesce a costruire uno spazio di eccezionale eloquenza grazie al magistrale impiego di velari, che definiscono astratte sequenze di volumi. Volumi che sembrano portare, a scala architettonica, composizioni certamente familiari a Scarpa, come ad esempio le “costruzioni lineari” Naum Gabo e soprattutto le “superfici sviluppabili” di Anton Pevsner. A rivelare quale sia il suo debito nei confronti dell’arte astratta nella costruzione dell’allestimento milanese sono soprattutto i disegni di studio, dove i riferimenti all’opera di Mondrian, Calder, Lucio Fontana diventano concreti. Una consuetudine per l’architetto, che trova nel fruttuoso sodalizio con le arti la chiave per sviluppare ogni suo processo creativo.
Between 1945 and the mid-1960s a widespread reform of museums was promoted in Italy to transform ... more Between 1945 and the mid-1960s a widespread reform of museums was promoted in Italy to transform them into efficient educational tools at the service of the general public. The protagonists of this operation, alongside the directors and officials of the museums, were the architects who were in charge of giving an updated image to museums which were often housed in pre-existing buildings of historical and artistic value. The strategies adopted by masters such as Franco Albini, Studio BBPR, Franco Minissi, Carlo Scarpa and many others, had well-defined aims. The museum had to present itself as a lively place, integrated into the daily life of visitors who, once inside the rooms, were stimulated by the arrangement of the displays to get close to the works of art and understand their meaning, and then take with them the awareness they had acquired of the works of art once they had left the museum. If these carefully organized mechanisms for the interaction between the space available in museums, the objects exhibited and the public could be arranged efficiently and quickly in dozen of Italian museums, it was mainly for one reason: that they had already been developed during the 1930s on the occasion of the exhibitions held under the aegis of fascism. A liaison dangereuse which cannot be ignored when trying to understand such a complex phenomenon.
Nel 1972, descrivendo il suo lavoro di museografo in un’intervista, Carlo Scarpa sottolinea: «io ... more Nel 1972, descrivendo il suo lavoro di museografo in un’intervista, Carlo Scarpa sottolinea: «io ho una grande passione per l’opera d’arte. [...] Sento vivamente questi valori. E allora mi emozionano. Infatti, preferisco fare musei piuttosto che grattacieli. Il che sarebbe logicamente il contrario, perché li [nei grattacieli] si potrebbe forse creare e qui [nei musei] ci si adatta [...] alle cose. Si potrebbe dire che si fa anche del mimetismo, ma non di ordine formale, cioè uguale, ma si cerca di fare una interpretazione». Sulla «passione» per le arti e sulla capacità d’interpretare il lascito del passato al presente, l’architetto costruisce tre dei suoi capolavori, progettati in una stagione di importanti riforme per la museografia italiana: la Galleria Nazionale (ora Regionale) della Sicilia in Palazzo Abatellis a Palermo (1953-54), il Museo di Castelvecchio a Verona (1958, 1961-64, 1966-68, 1975) e la Fondazione Querini Stampalia a Venezia (1948-50, 1959-63). Negli edifici preesistenti che accolgono queste istituzioni, Scarpa inserisce delle nuove strutture che “sfiorano” quelle antiche coinvolgendole in un dialogo vitale, in grado di dimostrare al pubblico come le epoche siano legate da un filo ininterrotto. Allo stesso tempo, le tre opere offrono, a coloro che ne percorrono gli spazi, una lezione progettuale il cui valore continua nel presente.
Scheda nell'ambito del progetto FNS: “L’architettura nel Cantone Ticino 1945-1980”, Archivio del ... more Scheda nell'ambito del progetto FNS: “L’architettura nel Cantone Ticino 1945-1980”, Archivio del Moderno dell’Accademia di architettura, Università della Svizzera italiana – USI. Coordinatore: Nicola Navone - https://www.ticino4580.ch/
"An interpretative and poetical discourse on Venice": Carlo Scarpa at the Querini Stampalia Found... more "An interpretative and poetical discourse on Venice": Carlo Scarpa at the Querini Stampalia Foundation
The name of Carlo Scarpa has always been associated with that of his city of birth, Venice. A combination
that, right from the outset, was always going to be a fruitful exchange: from the Venetian cultural context, the architect obtains countless motifs, compounds and materials, to enrich his language and therefore returns them to the city in the form of works that make for a masterful blend of the modern with the traditional. In thus doing, he manages to show the current nature of the artistic, architectonic and urban values that have been conveyed by Venice since its very beginning.
This design strategy is expressed in an exemplary manner in the reform works of the Querini Stampalia Scientific Foundation (1959-1960; 1963). Thanks to the support offered by director Giuseppe Mazzariol, Scarpa, helped by the engineer Carlo Maschietto, can return a precise architectonic and functional identity to the interior spaces of the building that houses the institution.
The new gangway-bridge, the most complicated part to develop in bureaucratic terms, together with the entrance area, the large “portego” and the rear garden, form the four episodes through which Scarpa’s extraordinary spatial discourse is structured. It is a discourse he manages to expand masterfully from the building to the city and vice versa, thanks to the continuous recollection of the unique qualities of Venice: its light, colour and water.
The Church and the Sacristy of Santa Maria presso San Satiro offer a wide range of ornamental ele... more The Church and the Sacristy of Santa Maria presso San Satiro offer a wide range of ornamental elements of great interest, especially the pilaster capitals, the result of a complex process of design and interpretation by the artists involved in their preparation using a series of ancient models. Many of the decorative and figurative subjects present here were very wide-spread in Lombardy, but what is their ultimate origin from an archaeological point of view? In other words, what antique objects influenced their creation?
This contribution aims particularly at identifying some of the possible ancient sources for the decoration put in place in the Milanese church through the testimony offered by both Renaissance drawings and surviving ancient artefacts. Although difficult, this investigation allows us to begin to consider, in parallel, the different ways of interpreting the Antique exemplified by the Church and the Sacristy; the former is clearly characterized by sources of Lombard derivation, the latter by a more scrupulous and philological translation of particular antique models.
A comparison of these two approaches provides important clues emerge for understanding how the various aspects of antiquarian culture were assimilated and used by Bramante.
Site for download: http://artelombarda.vitaepensiero.it/scheda-fascicolo_contenitore_digital/autori-vari/arte-lombarda-2016-1-2-666112_2016_0001-334097.html
Ein dialogue der Künste. Beschreibungen von Architektur und Raumgestaltung in der Literatur der Frühen Neuzeit bis zur Gegenwart, edited by B. von Orelli-Messerli and B. Kurmann Schwarz, pp. 40-51
Opus Incertum, 2024
Per completare il percorso iniziato con il numero del 2023, riservato alla messa a punto di una n... more Per completare il percorso iniziato con il numero del 2023, riservato alla messa a punto di una nuova idea di museo (1934-1964), la rivista annuale Opus Incertum dedica il numero del 2024 all’allestimento temporaneo (esposizioni, rassegne e fiere in un periodo compreso tra il 1951 e il 1992) nella sua accezione di progetto multiscalare – ovvero che implica approcci a scale diverse, dal singolo dettaglio alla definizione dello spazio espositivo –, e multidisciplinare, inteso come attinente sia ai tradizionali campi dell’arte, dell’architettura e del design, sia alle più innovative tecniche di comunicazione multimediali e performative, in una proficua ibridazione di approcci e statuti.
To continue in the path begun with the 2023 issue, focused on the development of a new idea of the museum (1934-1964), the annual journal Opus Incertum dedicates the 2024 issue to the temporary display (exhibitions, periodic events and fairs in a period between 1951 and 1992) as a multi-scale project – i.e. implying approaches at different scales, from the smallest detail to the definition of the exhibition space – as well as a multidisciplinary one, understood as pertaining both to the traditional fields of art, architecture and design, as well as to the most innovative multimedia and performative communication techniques, in a fruitful hybridization of approaches and statutes.
La rivista annuale “Opus Incertum” dedica due numeri consecutivi, nel 2023 e nel 2024, ai temi de... more La rivista annuale “Opus Incertum” dedica due numeri consecutivi, nel 2023 e nel 2024, ai temi della museografia, dell’allestimento e del display, nel loro rapporto con l’architettura, le arti, il design e il pensiero teorico. Il primo: Verso una nuova idea di museo: architettura, arti, teoria e storia 1934-1964, a cura di Emanuela Ferretti e Orietta Lanzarini, in preparazione per il 2023, intende fare il punto sulle più significative esperienze pregresse, dagli anni Trenta agli anni Sessanta. Il secondo: L’allestimento dagli anni Cinquanta a oggi. La multiscalarità del progetto, tra architettura e design, a cura di Orietta Lanzarini e Davide Turrini, la cui pubblicazione è prevista nel 2024 (uscita call for paper: marzo 2023), si pone come obbiettivo di estendere le indagini anche agli anni recenti, con particolare attenzione alle nuove modalità di presentazione, a un pubblico sempre più differenziato, di opere, oggetti, storie e concetti nei musei e nelle mostre.
The annual journal "Opus Incertum" dedicates two consecutive issues, in 2023 and 2024, to the themes of museography, set-up and display, in their relationship with architecture, art, design and theoretical thought. The first issue: Towards a new idea of a museum: architecture, arts, theory and history 1934-1964, edited by Emanuela Ferretti and Orietta Lanzarini, in preparation for 2023, intends to take stock of the most significant previous experiences, from the 1930s to sixties. The second: The display from the 1950s to today. The multiscale of the project, between architecture and design, edited by Orietta Lanzarini and Davide Turrini, whose publication is expected in 2024 (call for paper issue: March 2023), aims to extend the investigations also to recent years, with particular attention to the new ways of exhibiting works, objects, stories and concepts in museums and exhibitions to an increasingly differentiated public.
https://journals.fupress.net/call-for-paper/new-idea-museum-architecture-arts-theory-history/
La riflessione sul ruolo del museo del XXI secolo si è accompagnata negli ultimi anni a una non c... more La riflessione sul ruolo del museo del XXI secolo si è accompagnata negli ultimi anni a una non casuale ripresa degli studi sulla cosiddetta ‘stagione eroica’ della museo- grafia italiana, quella che nel corso del se- condo dopoguerra portò alla realizzazione di alcuni dei più sorprendenti e innovativi interventi di riallestimento di molte colle- zioni della nostra penisola....
This volume is devoted to four museums, built between the 1940s and 1960s of the 20th century, an... more This volume is devoted to four museums, built between the 1940s and 1960s of the 20th century, and sharing two main purposes: educating the public in the arts and showing them the value of history in building the present.
In the Italian post-World War Two scene, which includes dozens of remarkable museums, three projects of primary importance have been chosen. The Museo di Arte Antica del Castello Sforzesco in Milan (1947-1956), set up by Studio BBPR, aspired to have a “didactic” and “popular” character, as the expression of an “imaginative” and “grandiose” spirit that was able to speak to the masses. In the museum rooms, this popularizing aim meets, and clashes with, the complexity of the theoretical thought of Ernesto Nathan Rogers and his peculiar interpretation of history and the arts.
In the Galleria Comunale di Palazzo Bianco in Genoa (1949-1951), Franco Albini and director Caterina Marcenaro encourage the public to develop their own “visual culture” through the mediation of the collections. To this end, the ancient spaces of the Palace are equipped with modern, flexible displaying devices that help each visitor adapt to the environment, thus preparing to meet the artworks.
In the extensive museographic research of Carlo Scarpa, the Gipsoteca “Antonio Canova” in Possagno (1955-1957) is his most difficult work, condensing a series of artistic, architectural and literary sources. In the new “home” that houses the statues and the models of Canova, Scarpa mainly works with light, the same crystalline light seen in the paintings of Giambattista Tiepolo, which the architect draws upon to reveal the 18th-century soul of Canova’s works to the public.
The three Italian museums are complemented by MASP – Museo de Arte de São Paolo, Brazil (1947-1950; 1957-1968), designed by Lina Bo and directed by her husband, Pietro Maria Bardi. Like the other protagonists of the volume, Bo had refined her knowledge of the art of displaying thanks to the exhibitions she visited in the 1930s in Milan, a key antecedent to the development of post-War museography. In the vision of the Bardis, the MASP had to perform the task of bringing art literacy to the Brazilian people. To achieve this, in designing the two locations that host the museum, Lina Bo focused especially on the ideas of collective education and the adaptability of spaces to different cultural functions. The result was a “museum outside the limits”, as director Bardi described it, which in its final, permanent location also allowed Bo to make a political statement by creating one of the most original display devices of the 20th century: the cavalete de cristal.
An anthology of writings by Albini, BBPR, Bo Bardi, Scarpa and art historian Giulio Carlo Argan completes this volume, which aims at drawing attention back to some themes that are also crucial for contemporary museography.
Presentazione Il codice di disegni Destailleur B, conservato nella biblioteca del Museo Statale d... more Presentazione
Il codice di disegni Destailleur B, conservato nella biblioteca del Museo Statale dell' Ermitage a San Pietroburgo, è noto fin dal 1891, quando Heinrich von Geymüller ne descrive brevemente le caratteristiche, ma fino ad oggi i suoi eccezionali contenuti documentari sono rimasti pressoché inesplorati.
Il manoscritto comprende 130 fogli, ovvero 260 pagine, delle quali 69 bianche e 189 disegnate, per un totale di 605 soggetti, quasi tutti accompagnati da legende. Di questi, 563 raffigurano la ricostruzione o, più raramente, lo stato di fatto, di templi, sepolcri, edifici, ponti, elementi architettonici e decorativi antichi ubicati a Roma, Albano, Brindisi, Capua, Cuma, Grottaferrata, Maddaloni, Napoli, Nola, Palestrina, Pozzuoli, Teano (o Teggiano?), Terracina, Tivoli e lungo le principali vie consolari. Un gruppo di 38 soggetti è correlato, invece, al lavoro antiquario di Jacques Androuet Du Cerceau ed altri due dimostrano stringenti legami con i progetti cinquecenteschi per la chiesa romana di San Giovanni dei Fiorentini.
La redazione del manoscritto, ad eccezione di alcuni soggetti, è attribuibile ad un solo autore, attivo tra Roma e il Veneto, e si attesta tra la metà degli anni quaranta e la fine degli anni cinquanta del XVI secolo, momento in cui il capillare lavoro di apprendimento, stratificazione e divulgazione della cultura antiquaria attraverso il disegno è ad uno stadio avanzato. Proprio il confronto puntuale con il corpus grafico di età umanistica e con le fonti archeologiche moderne e contemporanee, ha consentito di accertare che la maggior parte degli oggetti raffigurati nel Libro di Pietroburgo sono realmente esistenti, e di ricavare da essi una sorprendente quantità di informazioni, riversate nel presente volume, la cui utilità si rivela sostanziale tanto per gli studi archeologici, quanto per quelli umanistici.
Oltre a contribuire alla riscoperta di oggetti e monumenti talvolta perduti, infatti, questa ricchissima raccolta di immagini consente di delineare un quadro preciso del patrimonio antiquario a disposizione di studiosi e architetti attivi alla metà del XVI secolo. Tra questi, Pirro Ligorio, autore di una ponderosa serie di Libri delle Antichità in stretta relazione con il codice dell' Ermitage, allo stesso modo delle stampe e dei disegni di Jacques Androuet Du Cerceau, altro protagonista nella promozione della cultura antiquaria, ed infine, Andrea Palladio, il cui nome è inscindibilmente legato al Libro di Pietroburgo, passato dalle sue mani a quelle di altri illustri proprietari, quali Pierre-François Léonard Fontaine e Charles Percier.
Con il presente studio, dunque, il codice Destailleur B dell' Ermitage torna alla luce nella sua interezza, aprendo il campo a nuove e promettenti vie di ricerca.
"In 1891 Heinrich von Geymüller briefly described the codex of drawings Destailleur B, held in th... more "In 1891 Heinrich von Geymüller briefly described the codex of drawings Destailleur B, held in the Library of the Hermitage State Museum in Saint Petersburg, but it’s astonishing contents has remained almost unexplored till now.
The manuscript is composed by 130 folios, or 260 pages, 69 of which are white and 189 are drafted, and counts 605 subjects, almost all accompanied by inscriptions. Of these, 563 show ideal reconstructions or, more rarely, the real conditions of temples, sepulchres, buildings, bridges, architectural and ornamental elements located in Rome, Albano, Brindisi, Capua, Cuma, Grottaferrata, Maddaloni, Napoli, Nola, Palestrina, Pozzuoli, Teano (or Teggiano), Terracina, Tivoli and along the principal Roman roads. A set of 38 subjects is related to the antiquarian work of Jacques Androuet Du Cerceau and other two drawings display close relationships with the 16th century designs for the Roman church of San Giovanni dei Fiorentini.
With a few exceptions, the manuscript can be assigned to one main author – possibly the grandissimo disegnatore Battista Franco, a Venetian painter that worked with Palladio in the Villa “La Malcontenta” ¬, active between Rome and the Veneto. It was compiled between the second half of 1540s and the end of 1550s, a period in which the capillary work of knowledge, stratification and divulgation of the Antiquarian culture through drawing is quite advanced. It is possible to affirm, by comparing the codex Destailleur B both with the corpus of drawings of Humanistic Age and the archaeological sources, that the majority of the objects represented in the Saint Petersbourg’s Codex are (or were) actually existent. It thus becomes a major source of information regarding objects and monuments, some of which are lost or destroyed today. This mass of new information is carefully analysed in the present volume, and the huge collection of images allows the authors to define the precise frame of the antiquarian materials that architects and scholars could have access to in the second half of the Sixteenth Century. For example in the case of Pirro Ligorio, author of a ponderous series of Libri delle Antichità in strict connection with the Hermitage codex, or in the case of Jacques Androuet Du Cerceau, another protagonist in the promotion of Antiquarian culture. But also in the case of Andrea Palladio, whose name is strictly linked with the Libro of Saint Petersburg, as the famous inscriptions testifies “Questo libro fu di Andrea Palladio”. The reconstruction of the succession of the various following eminent owners of the manuscript, such as Pierre-François Léonard Fontaine and Charles Percier, is also important to understand the way in which the manuscript contributed to the Antiquarian culture of following generations of architects.
With the present volume the codex Destailleur B of the Hermitage come back to light in its wholeness and opens the field to new and potentials way of research.
"Il codice di disegni Destailleur B, conservato nella biblioteca del Museo Statale dell’Ermitage a San Pietroburgo, è noto fin dalla pubblicazione, nel 1891, del pionieristico saggio di Heinrich von Geymüller che ne illustrava brevemente le caratteristiche. Da quel momento ad oggi, però, la maggior parte dei suoi eccezionali contenuti documentari, artistici e archeologici era rimasta pressoché inesplorata. Il presente volume ambisce a colmare questa lacuna storiografica, offrendo al lettore sia un'accurata analisi dei singoli fogli che compongono il manoscritto, sia una ampia disamina dell’ambiente nel quale il documento è stato generato e delle sue relazioni con altri documenti coevi.
Il codice Destailleur B comprende 130 fogli, ovvero 260 pagine, delle quali 69 bianche e 191 disegnate, per un totale di 605 soggetti, quasi tutti accompagnati da legende. Di questi, 563 raffigurano la ricostruzione o, più raramente, lo stato di fatto, di templi, sepolcri, edifici, ponti, elementi architettonici e decorativi antichi ubicati a Roma e lungo le principali vie consolari. Un gruppo di 38 soggetti è correlato, invece, al lavoro antiquario di Jacques Androuet Du Cerceau ed altri due dimostrano stringenti legami con i progetti cinquecenteschi per la chiesa romana di San Giovanni dei Fiorentini.
La redazione del manoscritto, ad eccezione di alcuni soggetti, è attribuibile ad un solo autore, attivo tra Roma e il Veneto, e si attesta tra la metà degli anni quaranta e la fine degli anni cinquanta del XVI secolo, momento in cui il capillare lavoro di apprendimento, stratificazione e divulgazione della cultura antiquaria attraverso il disegno è ad uno stadio avanzato. Proprio il confronto puntuale con il corpus grafico di età umanistica e con le fonti archeologiche moderne e contemporanee, ha consentito di accertare che la maggior parte degli oggetti raffigurati nel Libro di Pietroburgo sono realmente esistenti, e di ricavare da essi una sorprendente quantità di informazioni, riversate nel presente volume, la cui utilità si rivela sostanziale tanto per gli studi archeologici, quanto per quelli umanistici.
Oltre a contribuire alla riscoperta di oggetti e monumenti talvolta perduti, infatti, questa ricchissima raccolta di immagini consente di delineare un quadro preciso del patrimonio antiquario a disposizione di studiosi e architetti attivi alla metà del XVI secolo. Tra questi, Pirro Ligorio, autore di una ponderosa serie di Libri delle Antichità in stretta relazione con il codice dell’Ermitage, allo stesso modo delle stampe e dei disegni di Jacques Androuet Du Cerceau, altro protagonista nella promozione della cultura antiquaria, ed infine, Andrea Palladio, il cui nome è inscindibilmente legato al Libro di Pietroburgo, passato dalle sue mani a quelle di altri illustri proprietari, quali Pierre-François Léonard Fontaine e Charles Percier.
Con il presente studio, dunque, il codice Destailleur B dell’Ermitage torna alla luce nella sua interezza, aprendo il campo a nuove e promettenti vie di ricerca" [abstract by Orietta Lanzarini]
The "Trugli" of the Baths of Pozzuoli. Image and Fortune of Two Ancient Thermal Buildings The sei... more The "Trugli" of the Baths of Pozzuoli. Image and Fortune of Two Ancient Thermal Buildings The seismic activity and the earthquakes that hit the area of the Campi Flegrei in 1536-1538 led to the destruction of two thermal buildings, called "trugli", which were part of the complex of Baths at Pozzuoli, the existence of which is proven by some precious drawings of the 15 th and 17 th centuries. By correlating an analysis of these drawings by Giuliano da Sangallo, Antoine Morillon, Pirro Ligorio, Giovan Battista Montano and others with a study of the literary, topographical, and archaeological sources relating to the Campi Flegrei, one can reconstruct, at least hypothetically, the history and characteristics of the two "trugli". The first, with a dodecagonal plan, was in Tripergole, a village near the Lake of Lucrino; the second, by contrast, had a centralized space surrounded by eight smaller rooms, and was located on the coast of Pozzuoli. The latter, particularly, may also have been used by later architects as an all'antica model, as evidenced by the similarities with some projects by Filippo Brunelleschi and Leonardo da Vinci.
In 1921, the six hundred years since the death of Dante Alighieri were commemorated with a rich p... more In 1921, the six hundred years since the death of Dante Alighieri were commemorated with a rich programme of events. Three of these had, as backdrops, cities deeply linked to the biography of the poet: Florence, Rome and Ravenna. In the latter city, one of the key figures for the celebrations of Dante was Ambrogio Annoni, architect and professor at the Regio Politecnico of Milan. It was Annoni, probably, who accompanied a group of student-architects to visit the monuments of Ravenna associated with the life of Dante. Among these, there would have been Bruno Bossi, a native of the Cantone Ticino and at the time enrolled in the first year of the Politecnico. The visit to Ravenna, and in general, the celebrations of 1921 could be correlated with an unpublished drawing - an "estempore" to be created in an hour - made by Bossi in May 1921. It is the graphic transposition of a passage from the IV Canto of the Inferno, transcribed in the margin of the sheet, in which a large castle is described, surrounded by seven walls, overlooking a narrow river. Bossi translates the architectural image evoked by Dante's words into a monumental and scenographic building, from which futurist and cinematic echoes emerge. In this way, the future architect paid tribute to the valuable fortified architecture of the Cantone Ticino, in particular to the castles of Bellinzona, and at the same time demonstrated his early interests in the arts, cinema and theater, which will accompany him throughout his professional career.
Saggio in "Dopo la sintesi delle arti. Dialoghi e rapporti tra gli artisti e architetti nel 900" ... more Saggio in "Dopo la sintesi delle arti. Dialoghi e rapporti tra gli artisti e architetti nel 900" numero monografico a cura di E. Boeri e R. Dulio di «Studi e ricerche di storia dell’architettura», n. 8, vol. 4, 2020 - ISSN: 2532-2699; ISBN: 978-88-32240-36-8
«Art in the service of an idea». The role of the ''Esposizione dell’Aeronautica italiana" (1934) ... more «Art in the service of an idea». The role of the ''Esposizione dell’Aeronautica italiana" (1934) in the dialogue between art, architecture, politics and the public, in "Il Capitale Culturale. Studies on the Value of Culturale Heritage", vol. 14, 2016, pp. 739-786
In the panorama of exhibitions of the ruling party, the “Esposizione dell’Aeronautica italiana”, arranged at Milan in 1934, occupies a position of great political and artistic importance. The theme that had been selected – one particularly close to Mussolini’s heart – provided the opportunity to survey the history of flight from the studies of Leonardo to the daring aviators who tried to lift-off from the ground, up to the aerial enterprises undertaken by the governing party which culminated with the aerial cruise of the Decennale from Italy to the United States lead by Italo Balbo in 1933.
For the architects (co-ordinated by Giuseppe Pagano) invited to organize the so-called “Mostra azzurra” (“Deep Blue Exhibition”), this was a precious opportunity to promote contemporary architecture and to present it as «The Art of the State». Their aspirations were soon ignored, but the artistic endeavors concentrated in the Milanese exhibition, which remained hidden for a number of years, came to life again after the Second War and gave origin to an extraordinary season of staging exhibitions and arrangements in museums.
Il saggio ricostruisce la biografia di Fra' Giovanni Vincenzo Casale (Firenze 1539- Coimbra 1593)... more Il saggio ricostruisce la biografia di Fra' Giovanni Vincenzo Casale (Firenze 1539- Coimbra 1593), scultore e architetto dell'Ordine dei Servi di Maria, allievo di Fra' Giovanni Angelo Montorsoli, attivo nella seconda metà del XVI secolo. Le sue opere a Firenze, nel Regno di Napoli, in Spagna e in Portogallo sono testimoniate da un corposo manoscritto di disegni, a lui appartenuto, conservato alla Biblioteca Nacional di Madrid.
Presentazione del libro e conversazione sul tema: "Architettura e territorio. Il lavoro di Flora ... more Presentazione del libro e conversazione sul tema: "Architettura e territorio. Il lavoro di Flora Ruchat-Roncati", con Nicola Navone e Stefano Vassere.
http://www.treccani.it/enciclopedia/barbiano-di-belgiojoso-lodovico\_%28Dizionario-Biografico%29/
by Giorgio Verdiani, FRANCESCO COLLOTTI, MARCO TANGANELLI, Giada Cerri, Serena Acciai, Eliana Martinelli, pelin ARSLAN, Alessandro Brodini, Zeynep Ceylanli, Orietta Lanzarini, and Giacomo Pirazzoli
ArCO, 2019
ArCo Conference will take place in Florence, Italy on the 28-30 May 2020 It is an International ... more ArCo Conference will take place in Florence, Italy on the 28-30 May 2020
It is an International Conference dedicated to innovative experiences in Museums and Art Collections.
The call for abstract is open from the 25th of June to the 15th September 2019.
All the details and key dates at: www.arcoconference.com
Breve presentazione del corso di Laurea Magistrale in Storia dell'Arte, Università degli studi di... more Breve presentazione del corso di Laurea Magistrale in Storia dell'Arte, Università degli studi di Udine
https://www.youtube.com/watch?v=5xwFxMZThhk
https://ilfilorozzo.wordpress.com/2020/11/28/memoriae-causa-carlo-scarpa-on-my-mind/
https://dium.uniud.it/it/elzeviro/maggio-2020/l-occhio-volante/
by Lia Barelli, Manuela Gianandrea, Annarena Ambrogi, Michele Asciutti, Giorgia Maria Annoscia, Alessandra Bartolomei Romagnoli, Maurizio Caperna, Monica Ceci, Hendrik Dey, Maria Grazia Ercolino, daniela esposito, Sante Guido, Federico Guidobaldi, Alessandra Guiglia, Orietta Lanzarini, Tanja Michalsky, Andrea Antonio Verardi, guglielmo villa, Andrea Fara, and Claudia Bolgia