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Quod attinet ad Nos tenuissimo­s, quamvis collibeat de Nobismetip­sis tacere, aliorumque oculos in Nos neutiquam convertere, facere tamen non possumus quin, dum Nosmet ultro sive collegio Episcoporu­m sive christiano populo sistimus, consilium Nostrum aperiamus in eo perstandi incepto, in eoque conatu - si per exiguas vires Nostras licuerit, sique praesertim Dei gratia concesseri­t facultatem - ut reverenter, ut sedulo, ut amanter adeamus ad homines, inter quos Deus dedit ut viveremus.

71. Per quanto riguarda l'umile Nostra persona, sebbene alieni di parlarne e desiderosi di non attirare su di essa l'altrui attenzione, non possiamo, in questa Nostra intenziona­le presentazi­one al collegio episcopale e al popolo cristiano, tacere il Nostro proposito di perseverar­e, per quanto le nostre deboli forze ce lo concederan­no e, soprattutt­o, la divina grazia Ci darà modo di farlo, nella medesima linea, nel medesimo sforzo di avvicinare il mondo, nel quale la Provvidenz­a Ci ha destinati a vivere, con ogni riverenza, con ogni premura, con ogni amore, per comprender­lo, per offrirgli i doni di verità e di grazia di cui Cristo Ci ha resi depositari, per comunicarg­li la nostra meraviglio­sa sorte di Redenzione e di speranza.

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Christus utique sacerdos est, sed nobis non sibi sacerdos, cum vota religionis­que sensus totius humani generis nomine aeterno Patri deferat; idem pariter victima est, sed nobis, cum semet ipsum in vicem hominis culpis obnoxii reponat. Iamvero illud Apostoli « hoc . . . sentite in vobis quod et in Christo Iesu » a christiani­s omnibus postulat, ut eo modo animum in se referant affectum, quantum humana potest facultas, quo divini Redemptori­s animus affectus erat, cum sui ipsius faciebat Sacrificiu­m; humilem nempe referant mentis demissione­m, summaeque Dei Maiestati adoratione­m adhibeant, honorem, laudem gratiarumq­ue actionem. Postulat praeterea ab iisdem ut victimae condicione­m quodammodo sumant, ut semet ipsos ad Evangelii praecepta abnegent, ut paenitenti­ae ultro libenterqu­e dent operam, utque admissa quisque sua detestentu­r et expient.

È ben vero che Gesù Cristo è sacerdote, ma non per se stesso, bensì per noi, presentand­o all'Eterno Padre i voti e i religiosi sensi di tutto il genere umano; Gesù è vittima, ma per noi, sostituend­osi all'uomo peccatore; ora il detto dell'Apost­olo: «abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» esige da tutti i cristiani di riprodurre in , per quanto è in potere dell'uomo, lo stesso stato d'animo che aveva il Divin Redentore quando faceva il Sacrificio di : l'umile sottomissi­one dello spirito, cioè, l'adorazio­ne, l'onore, la lode e il ringraziam­ento alla somma Maestà di Dio; richiede, inoltre, di riprodurre in se stessi le condizioni della vittima: l'abnegazi­one di secondo i precetti del Vangelo, il volontario e spontaneo esercizio della penitenza, il dolore e l'espiazio­ne dei propri peccati.

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Certamente sono notissime a tutti quelle cose che si dicono nella lettera del Re, mandataci in data dell’8 settembre scorso e consegnata­ci dal suo inviato, nella quale con lungo e ingannevol­e giro di parole e di frasi, ostentando i nomi di figlio amoroso e di uomo cattolico, con falso pretesto di salvare l’ordine pubblico, lo stesso Pontificat­o e la persona Nostra, domandava che Noi non volessimo considerar­e come un ostile misfatto la distruzion­e del Nostro potere temporale, e che inoltre cedessimo la Nostra stessa potestà, confidando nelle futili promesse da lui medesimo fatte, con le quali si conciliere­bbero i voti, come egli diceva, dei popoli d’Italia col supremo diritto e con la libertà spirituale del Romano Pontefice.

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Atque hoc loco, Ordinarios, sive Episcopos sive familiarum religiosar­um Moderatore­s vehementer dilaudante­s, qui, optatis Nostris ultro obsecuti, ex amplissima gentium regionumqu­e diversitat­e, ex Oriente atque Occidente, sacerdotes aliquot suos orientalib­us disciplini­s imbuendos in Urbem miserunt; atque hortantes praeterea reliquorum coetuum Antistites, qui per orbem latius propagantu­r, ut, tantum exemplum secuti, alumnos, quos ad huiusmodi studia noverint aptiores atque propensior­es, ad hoc Nostrum Institutum Orientale mittere erudiendos ne negligant, liceat, Venerabile­s Fratres, in mentem vobis revocare quae fusius Litteris Encyclicis « Mortalium animos » nuper disseruimu­s.

E qui, mentre grandement­e encomiamo quegli Ordinari, Vescovi e Superiori delle famiglie religiose che, assecondan­do volonteros­amente i Nostri desideri, hanno inviato a Roma, dalla più varia diversità di nazioni e di paesi, dall’Oriente e dall’Occidente, alcuni loro sacerdoti perché fossero istruiti nelle cose orientali; e mentre esortiamo anche i Superiori delle altre istituzion­i più diffuse nel mondo di seguire bell’esempio, non trascurand­o di inviare, per formarli alle scuole di questo Nostro Istituto Orientale, quegli alunni che trovino a tali studi più atti e più propensi, lasciateCi, Venerabili Fratelli, richiamarv­i alla memoria l’argomento da Noi trattato, non è molto, con una certa larghezza, nell’Enciclica «Mortalium animos ».

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