Barocco Research Papers - Academia.edu (original) (raw)

“Anarda invocada” e “Persuade a Anarda que ame” são dois sonetos publicados em 1705 na coletânea de poemas Música do Parnasso. Tais textos abrem a seção intitulada “Primeiro coro de rimas portuguesas”. Serão apresentadas aqui as traduções... more

“Anarda invocada” e “Persuade a Anarda que ame” são dois sonetos publicados em 1705 na coletânea de poemas Música do Parnasso. Tais textos abrem a seção intitulada “Primeiro coro de rimas portuguesas”. Serão apresentadas aqui as traduções dessas duas líricas para a língua italiana.

La stesura dell’inventario del fondo dell’Archivio notarile di Monterotondo, conservato presso l’Archivio di Stato di Roma, ha permesso di individuare in modo imprevisto, all’interno di protocolli notarili, i due inventari dei beni del... more

La stesura dell’inventario del fondo dell’Archivio notarile di Monterotondo, conservato presso l’Archivio di Stato di Roma, ha permesso di individuare in modo imprevisto, all’interno di protocolli notarili, i due inventari dei beni del Palazzo qui pubblicati per la prima volta. Alcuni, invece, erano già noti attraverso le citazioni del fondamentale lavoro di P. N. Pagliara oppure nella trascrizione a cura del Centro Regionale di Documentazione o ancora nella parziale edizione di M. Aronberg-Lavin incentrata sulle opere d’arte. Si propongono ora nove inventari completi compresi tra il 1636 e il 1868 non privi di elementi sorprendenti come i 216 quadri che elencano. La funzione che gli oggetti dovevano ricoprire, sia pure intesi nell’accezione precisa di “bene”, doveva essere importante se ha determinato il proliferare di elenchi e istrumenti notarili che li fissano, restituendone parte del significato. Il rapporto tra l’uomo del passato e l’oggetto era più significativo di quello del contemporaneo espresso attraverso il consumo, che ne condiziona utilizzo e possesso, per cui la “dignità legale” del bene si restringe al solo oggetto di valore, mentre, nel Seicento e nei secoli successivi, gli elenchi presentano oggetti che per noi sarebbero assolutamente trascurabili. Il loro passaggio da un individuo all’altro implicava il perdurare del significato simbolico dell’appartenenza, confermata negli anni e quindi potenziata nel valore. Il senso di questa proiezione temporale si coglie nel Palazzo di Monterotondo quando certi oggetti si ritrovano nello stesso posto pur nella rovina cui sono arrivati. Le figure di coloro che li hanno posseduti sono state delineate nella loro concretezza umana e istituzionale: Orsini, Barberini, Grillo, Borromeo-Arese, fino ai Boncompagni-Ludovisi. Ne deriva un’evidenza del feudo e del Palazzo all’interno del quadro storico generale, con un rilievo a tuttotondo che li trae da quel cono d’ombra nel quale erano scivolati. Il cambiamento, che nel corso dei secoli l’edificio andrà assumendo, lo porterà da simbolo del potere baronale degli Orsini, per cui era stato edificato nel medioevo, a sede dell’amministrazione municipale. Un percorso lungo col quale ha attraversato la splendida stagione del barocco romano, come luogo privilegiato della famiglia Barberini, il XVIII secolo dei ricchi genovesi Grillo, declinando poi velocemente con i Boncompagni-Ludovisi verso un utilizzo in cui non erano più necessari gli apparati, per arrivare ad acquisire la sobrietà della piena valenza di Palazzo civico.

La piena consapevolezza di una scelta linguistica dialettale alterativa alla tradizione linguistica toscana si sviluppa – come già aveva notato Benedetto Croce – solo dopo la codificazione bembesca. Il dialetto, selezionato per la sua... more

La piena consapevolezza di una scelta linguistica dialettale alterativa alla tradizione linguistica toscana si sviluppa – come già aveva notato Benedetto Croce – solo dopo la codificazione bembesca. Il dialetto, selezionato per la sua corposità e modellato sulla misura dello stile barocco, è proposto come un antidoto vitalizzante rispetto a prodotti letterari italiani non sempre originali, come una valida alternativa all’artificiosa lingua letteraria toscana. Su questa linea – inaugurata da Cortese e Basile – si inserisce la voce di Giambattista Valentino, un «povero scrivano» della seconda generazione di poeti, che tra moralismo e biasimo descrive ciò che accade nei suoi anni nella sua amata città. Nei tre poemetti in ottava rima – La Mezacanna co lo vasciello dell’Arbascia (1660), Napole scontraffatto dapò la peste (1665) e La Cecala Napoletana (1674) – Valentino affronta spesso la questione della lingua: nella finzione poetica dei suoi versi, in cui si alternano dialetto, lingua e latino, il nostro entra nella impegnativa disputa contro l’Accademia della Crusca. Il conflitto, che serve a costruire la sua fiera identità di poeta, si sviluppa su due questioni: da un lato, il nostro vuole proporre il napoletano come la vera lingua letteraria; dall’altro, disponendosi polemicamente verso i teorici della Crusca, adotta nella lingua toscana parole e modi del parlare contemporaneo. La fiera alterità linguistica si trasforma, in alcuni punti, poi, in alterità socio-culturale: lo scontro, verso la classe dirigente e i soprusi della dominazione spagnola, mira a definire il problema dell’indigenza degli intellettuali in un’epoca – la seconda metà del XVII secolo – in cui il loro operato diventa una merce che nessuno vuole più comprare.
Il contributo, dunque, propone di ricostruire gli scontri verso la cultura dominante di natura linguistica e socio-culturale, che si leggono tra i versi di Valentino, finalizzati alla costruzione della sua identità di poeta e alla rivendicazione del suo valore.

a cura di Gianluca Paron DOMENICO SCHIAVI DOMENICO SCHIAVI Arte ed architettura di una bottega friulana tra XVIII e XIX secolo ISBN 8868032760 9 7 8 8 8 6 8 0 3 2 7 6 0 DOMENICO SCHIAVI Gianluca Paron, nato a Trieste nel 1978, architetto,... more

a cura di Gianluca Paron DOMENICO SCHIAVI DOMENICO SCHIAVI Arte ed architettura di una bottega friulana tra XVIII e XIX secolo ISBN 8868032760 9 7 8 8 8 6 8 0 3 2 7 6 0 DOMENICO SCHIAVI Gianluca Paron, nato a Trieste nel 1978, architetto, laureatosi presso l'Università degli Studi di Trieste nel 2004, opera in qualità di libero professionista dal 2005 affrontando tematiche di progettazione, recupero e restauro. È divenuto, per l'occasione, coordinatore degli eventi celebrativi per il Trecentesimo anno della nascita dell'architetto tolmezzino Domenico Schiavi, sul quale ha approfondito gli studi biografici ed artistici.

PowerPoint di un approfondimento didattico per i ragazzi di classe Quarta di un'Istituto Alberghiero

Il codice Varia consilia pro bono urbis Romae della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, di cui si propone per la prima volta un’edizione integrale, è una straordinaria fonte inedita per la storia di Roma in età barocca. Databile allo... more

Il codice Varia consilia pro bono urbis Romae della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, di cui si propone per la prima volta un’edizione integrale, è una straordinaria fonte inedita per la storia di Roma in età barocca. Databile allo scadere del pontificato di Innocenzo X Pamphilj (1644-1655), il manoscritto presenta un piano di riforma urbana volto ad abbellire la città di Roma, un piano finanziario per rimediare all’indebitamento dello Stato Pontificio, e un regesto degli eventi più significativi tra il 1648 e il 1655. Di eccezionale interesse sono le molte proposte che anticipano i principali piani attuati dalla politica urbana di Alessandro VII (1655-1667) e dai papi di fine Seicento. Sorprendente la collocazione ideologico-religiosa dell’estensore del manoscritto – il cui volto rimane ancora ignoto – apertamente schierato a favore del giansenismo e di istanze politico-sociali che matureranno solo molti decenni più tardi nell’entourage di Clemente XII Corsini (1730-1740).

Episodio fra i più completi e rappresentativi della cultura del Ducato estense fra Sei e Settecento, fra barocco e barocchetto - che del primo è l'evoluzione più raffinata e sottile - la chiesa di San Barnaba a Modena è un complesso in... more

Episodio fra i più completi e rappresentativi della cultura del Ducato estense fra Sei e Settecento, fra barocco e barocchetto - che del primo è l'evoluzione più raffinata e sottile - la chiesa di San Barnaba a Modena è un complesso in cui armoniosamente convivono dipinti, affreschi, presenze statuarie accanto ai saggi delle arti "minori", prezioso tessuto connettivo di arredi lignei, stucchi, scagliole, argenterie, parati. Vi spicca la cappella di san Francesco di Paola - il fondatore dei Minimi che ricostruirono e officiarono il tempio - che si può definire "estense" per la predilezione e i vari donativi dei principi di Casa d'Este.

Lingua e arte per principianti di lingua italiana. La Fontana di Trevi. Livello A2

This paper finally gives a name to the author of the beautiful Madonna del Suffragio, worshipped at the Madonna della Guardia Sanctuary, near Gavi (AL), and at the centre of a long story of popular devotion. The sculptor of the wooden... more

This paper finally gives a name to the author of the beautiful Madonna del Suffragio, worshipped at the Madonna della Guardia Sanctuary, near Gavi (AL), and at the centre of a long story of popular devotion. The sculptor of the wooden statue is Luigi Fasce, born in Ovada - near Alessandria - but grew up artistically with the important examples given by Anton Maria Maragliano and Francesco Biggi, ar tists ver y active in the Genoa’s area and even in the Oltregiogo, the land between Liguria, Piedmont and Lombardy. This study gives stylistic, iconographic and technical points of view to recognize Fasce’s apprenticeship and is based even on the data taken from the recent restoration of this work of art.

Il saggio ricostruisce le vicende della campagna decorativa con marmi intarsiati, intagliati e commessi nella Cappella di Sant'Antimo all'interno del santuario del piccolo paese omonimo in provincia di Napoli dal XVII al XX secolo.... more

Il saggio ricostruisce le vicende della campagna decorativa con marmi intarsiati, intagliati e commessi nella Cappella di Sant'Antimo all'interno del santuario del piccolo paese omonimo in provincia di Napoli dal XVII al XX secolo. Attraverso la ricerca di archivio è stato possibile arricchire il catalogo di numerosi marmorari, tra cui spicca la presenza di Giuseppe e Paolo Mozzetti, Giovan Battista Massotti, Gennaro di Martino e di altri numerosi artisti.

Da quel 30 gennaio del 1598 in cui Cesare aveva fatto ingresso in Modena, sua nuova capitale dopo la perdita di Ferrara, esponenti di case nobiliari, funzionari e maggiorenti che partecipano alla vita della corte si trasferiscono in... more

Da quel 30 gennaio del 1598 in cui Cesare aveva fatto ingresso in Modena, sua nuova capitale dopo la perdita di Ferrara, esponenti di case nobiliari, funzionari e maggiorenti che partecipano alla vita della corte si trasferiscono in questa città. Tanto si riflette nel suo volto edilizio e urbanistico; anche se sarà dalla metà del secolo successivo che l'edilizia privata si rivestirà di più sontuose forme, con il concludersi delle Guerre di Successione e con l'avviarsi di un periodo di pace e di prosperità. Rare, nel versante privato, le preesistenze seicentesche, o quanto meno identificabili con difficoltà, spesso celate sotto gli interventi di successive ristrutturazioni e di adattamenti di gusto, dettati dall'esigenza di una fisionomia urbanistica e architettonica aggiornata e à la page particolarmente avvertita in una capitale. Fra i primi interventi urbanistici, la copertura dei "molti canali" che attraversavno la città. Tra le testimonianze superstiti, presenze monumentali e architettoniche nel Palazzo Bassoli Vicini e un ciclo affrescato nel Palazzo Boschetti di via Sant'Agostino mostrano l'influenza dei cantieri ducali e in particolare di quello della Reggia di Sassuolo. Mentre le incisioni de L'idea di un prencipe et eroe christiano, celebrative di Francesco I d'Este (1659), restituiscono scorci della Modena di pieno Seicento.

La produzione superstite di Dallamano negli Stati estensi si mostra di cospicuo interesse non solo perché documenta un vertice qualitativo, se non addirittura il vertice stesso, della quadraturistica modenese tra Sei e Settecento, ma... more

La produzione superstite di Dallamano negli Stati estensi si mostra di cospicuo interesse non solo perché documenta un vertice qualitativo, se non addirittura il vertice stesso, della quadraturistica modenese tra Sei e Settecento, ma anche perché esprime con evidenza un particolare frangente della decorazione prospettica nel ducato estense e nell'area piemontese; è quell’assoluta ridondanza di elementi ornamentali, come cartelle, mensole, festoni, volute arboree, rosoni…, che mortifica e ottunde il dettato architettonico della quadratura stessa, che va perdendo la “sodezza” peculiare e la chiarezza sintattica propria della scuola bolognese. E’ un differente orientamento del gusto estetico ben testimoniato, ad esempio, dai soffitti di Palazzo Galliani Coccapani a Modena, che si allontanano dalla verosimiglianza architettonica quanto più concedono alle divagazioni degli elementi ornativi, dettati da un capriccioso decorativismo. Nel mentre, le forme architettoniche si vanno sempre più ibridando rispetto al canone cinquecentesco codificato dalla trattatistica, sino ai più recenti Paradossi di Giulio Troili, le cui pagine danno conto del percorso quadraturistico attuato dai maestri bolognesi, da Girolamo Curti, Colonna e Mitelli, agli stessi Bibiena. E’ quel “progressivo abbandono di un coerente discorso architettonico” che fu, secondo Anna Maria Matteucci, una delle probabili cause dell’allontanamento dalla quadratura di uno dei suoi maggiori protagonisti, Gian Giacomo Monti, che nell’ultima fase della sua operosità si sarebbe riservato il prevalente ruolo di architetto. E’ in questa evoluzione che si collocano le trame architettoniche di Giuseppe Dallamano di improbabile “materializzazione”, inverosimili, stranianti: ai sorprendenti effetti di sfondamento prospettico, corrispondono complicati congegni dalla morfologia bizzarra, che si apparentano, piuttosto, all’universo visionario delle effimere “macchine” barocche. Proprio in tale estro, dai tratti “saturnini”, risiede la peculiarità e il fascino delle creazioni dell’artista, anche rispetto alla scuola bolognese, alla cui matrice pure appartengono.

La Cappella del Doge (o Cappella Dogale) accoglie i magnifici affreschi realizzati entro il 1655 da Giovanni Battista Carlone (Genova, 1603-Parodi Ligure, 1684): il centro ideologico del potere cittadino veniva così arricchito di... more

La Cappella del Doge (o Cappella Dogale) accoglie i magnifici affreschi realizzati entro il 1655 da Giovanni Battista Carlone (Genova, 1603-Parodi Ligure, 1684): il centro ideologico del potere cittadino veniva così arricchito di coinvolgenti dipinti che narravano alcuni dei più significativi episodi della storia della città di Genova. Un luogo ancora oggi perfettamente conservato che contribuisce a raccontare la strepitosa epopea artistica della "ditta" dei Carlone.

Questa brochure divulgativa è stata prodotta e gratuitamente distribuita dalla cittadinanza di Campodipietra (CB) dalla corrente amministrazione comunale in concomitanza con la cartolina postale e lo speciale annullo filatelico... more

Questa brochure divulgativa è stata prodotta e gratuitamente distribuita dalla cittadinanza di Campodipietra (CB) dalla corrente amministrazione comunale in concomitanza con la cartolina postale e lo speciale annullo filatelico "Aspettando il Millennio" in attesa di dei mille anni dalla prima testimonianza storica sull'esistenza del paese.
Testo di Gioele Di Renzo.

1 irei che convenisse il pensare a qualche cosa che la rendesse singolare in qualche genere e considerata...", proponeva Borromini verso la metà degli anni quaranta al cardinale Pamphilj per la sua villa1. Essa doveva distinguersi non... more

1 irei che convenisse il pensare a qualche cosa che la rendesse singolare in qualche genere e considerata...", proponeva Borromini verso la metà degli anni quaranta al cardinale Pamphilj per la sua villa1. Essa doveva distinguersi non tanto per grandezza e sfarzo, quanto piuttosto per qualità politiche, scientifiche, umanistiche e religiose: doveva allinearsi secondo le direzioni dei venti, la posizione del sole e il cielo stellato, riferendosi in questo non solo alla Domus Aurea di Nerone, ma anche al giorno dell'elezione di Innocenzo X; le strade e i teatri del giardino dovevano essere inondati d'acqua come le antiche ville e quindi percorribili con navicelle; e un recinto per animali doveva imitare l'arca di Noè. In questo ampio spazio spirituale, che dalle Sacre Scritture e dall'antichità, arrivava fino alla politica e alla scien za dei suoi giorni, affondano le radici delle complesse invenzioni di Borromini, sebbene le fonti le definiscano solo raramente con analoga chiarezza. Anche nel regno delle forme Borromini si formò su una tradizione che, attraverso il rinascimen to, risaliva fino all'antichità e dalla qualeal contrario della maggior parte dei suoi contempora nei -egli non eliminò nemmeno l'arte gotica e bizantina. Proprio come figlio di quella zona italia na di frontiera posta più a nord, Borromini dovette sentirsi sempre più consapevole di questa tra dizione così multiforme, e awertii'e quanto essa -più che mai nella sua artespingesse verso una nuova e più ampia sintesi. La storia dell'arte, nel suo sforzo di ordinare e classificare con precisione scientifica, ha fatto spa rire sempre più questa tradizione dietro le singole fasi stilistiche. Per buoni motivi si è cercato di mettere in rilievo il contrasto tra il rinascimento e il barocco o tra il rinascimento e l'antichità, pro clamando infine il manierismo come il vero e proprio mondo opposto all'arte classica dell'alto ri nascimento. Sebbene tutti questi tentativi e le loro inevitabili reazioni abbiano eccellentemente affinato il nostro occhio, essi sono difficilmente conformi al pensiero dei grandi maestri. Fin da fanciullo e poi negli anni del suo apprendistato milanese, Borromini aveva conosciuto nel cantiere del duomo, a San Lorenzo e a San Satiro, e con le costruzioni di Bramante fino a quelle di Ricchini, i grandi rappresentanti delfultramillenaria architettura cristiana2. Le sue invenzioni personali testimoniano che egli recepì sia i vasti spazi a cupola della tarda antichità che la siste maticità, la ricchezza inventiva nel costruire, il vocabolario geometrico del tardogotico o il sem pre più complesso, sempre più coerente, modo di comporre e di illuminare di Bramante e dei suoi seguaci milanesi. Questa identità spiccatamente lombarda, Borromini non l'abbandonò nemme no dopo essersi trasferito a Roma verso la fine del pontificato di Paolo V: "preso da desiderio di vedere e studiare le stupende antichità di Roma"'. Grazie alla sua parentela con Maderno e al suo eminente talento, entrò ben presto nella Fabbrica di San Pietro, che fin da Bramante era diven tata per tutta l'Europa la scuola di architettura per eccellenza4. Lì Bramante e i suoi allievi era no riusciti non solo a sviluppare le nuove forme di linguaggio e i nuovi metodi di progettazione e di costruzione, su cui doveva basarsi tutta la successiva storia dell'architettura, ma anche a sta bilire nuove tipologie in particolare quelle dell'edificio sacro. Questa tradizione non si era inter rotta nemmeno dopo la morte di Antonio da Sangallo il Giovane: nonostante tutte le audaci inno 51

IT: Aspetti araldici, oltre che storici e figurativi, fanno di un inedito stemma estense ora identificato come del duca Cesare, dipinto ad olio su tela ovale (presso l’Istituto G. Ronchi di Monteombraro di Zocca), una testimonianza fra le... more

Il volume monografico prende in esame la vasta produzione di Giacomo Serpotta specificatamente all'interno del sistema degli oratori nella città di Palermo, edifici sacri di natura privata e di committenza laica ma religiosa, dunque con... more

Il volume monografico prende in esame la vasta produzione di Giacomo Serpotta specificatamente all'interno del sistema degli oratori nella città di Palermo, edifici sacri di natura privata e di committenza laica ma religiosa, dunque con specifiche caratteristiche tipologiche e funzionali. La ricerca parte dall'identificazione degli oltre quaranta luoghi presi in esame, e prosegue con la ricostruzione storica, compresa la particolare committenza dei singoli monumenti, e degli apparati decorativi che investono tutta la sfera della produzione artistica, affrontata in sintesi anche nei capitoli introduttivi. Tutte le schede descrivono dettagliatamente gli oratori accompagnando il visitatore passo passo e descrivendo le emergenze artistiche ivi presenti. Alcuni oratori con iconografie più complesse sono accompagnati da una mappa utile ad individuare più facilmente la posizione delle principali immagini sacre. Egualmente, in ognuno degli oratori serpottiani non ci si limita alla descrizione del cantiere e delle opere presenti, ma si propone un'interpretazione teologica.
Centrale rimane proprio la rivoluzione di Giacomo Serpotta in questi luoghi che viene spiegata sulla base di un ampio panorama sull'argomento che parte dal XVI secolo e giungerà fino al XIX. Il volume riassume i punti salienti dell'attività di Serpotta e degli oratori con una bibliografia di oltre 330 testi.

© Conservatorio di musica Domenico Cimarosa di Avellino Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere tradotta, ristampata o riprodotta, in tutto o in parte, con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico,... more

© Conservatorio di musica Domenico Cimarosa di Avellino Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere tradotta, ristampata o riprodotta, in tutto o in parte, con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, fotocopie, film, diapositive o altro senza autorizzazione degli aventi diritto.

Il testo rilegge l’evoluzione dell’iconografia di S . Rosalia, patrona di Palermo a partire dal primo ritratto ufficiale voluto dal Senato di Palermo nel 1624. Riprendendo una nota querelle innescata apparentemente dalle monache... more

Il testo rilegge l’evoluzione dell’iconografia di S . Rosalia, patrona di Palermo a partire dal primo ritratto ufficiale voluto dal Senato di Palermo nel 1624.
Riprendendo una nota querelle innescata apparentemente dalle monache dell’ordine di S. Basilio, che affermavano che la Patrona avesse parte delle loro fila.
In realtà, come spiegato nel saggio, la contesa era sostenuta dai Gesuiti, insieme ai Benedettini, in funzione anti francescana, considerando che le prime immagini della Santuzza la ritraevano con il saio marrone legato con una corda, manifestando di conseguenza il valore eremitico nel percorso della sua santità e inevitabilmente richiamando l’abito di S. Francesco.
Il contributo ripercorre, dunque, la rassegna delle prime immagini di S. Rosalia, anche tramite fonti dirette e indirette, avanzando per la prima volta l’ipotesi che in realtà la causa scatenante il conflitto iconografico fosse dovuta ai Domenicani che utilizzarono la celeberrima pala con la Madonna del Rosario in S. Domenico di Antoon van Dyck, fino ad oggi non considerata nell’ambito della questione che vide coinvolti rinomati pittori, frutto di acute committenze, tra cui Carlo Maratti e Paolo De Matteis, un secolo dopo l’immagine vandyckiana.

Regional (FEDER) a través del Proyecto I+D+i Relaciones culturales entre Andalucía y América. Los territorios periféricos: Estados Unidos y Brasil (HAR2017-83545P) El procedimiento de selección de originales se ajusta a los criterios... more

Regional (FEDER) a través del Proyecto I+D+i Relaciones culturales entre Andalucía y América. Los territorios periféricos: Estados Unidos y Brasil (HAR2017-83545P) El procedimiento de selección de originales se ajusta a los criterios específicos del campo 10 de la CNEAI para los sexenios de investigación, en el que se indica que la admisión de trabajos publicados en las actas de congresos deben responder a criterios de calidad equiparables a los exigidos para las revistas científicas. Cualquier forma de reproducción, distribución, comunicación pública o transformación de esta obra sólo puede ser realizada con la autorización de sus titulares, salvo excepción prevista por la ley. Diríjase a CEDRO (Centro Español de Derechos Reprográficos) si necesita fotocopiar o escanear algún fragmento de esta obra (www.conlicencia.com: 91 702 19 70 / 93 272 04 47) Catálogo de publicaciones del Ministerio:www.libreria.culturaydeporte.gob.es Catálogo general de publicaciones oficiales: http://cpage.mpr.gob.es Edición 2021

Studio sul lavoro di Jean-Marie Floch in "Identità visive", in particolare con riferimento ai saggi: - la via dei loghi - il coltello del bricoleur - estetica ed etica del total look chanel Lo scopo del lavoro è analizzare semioticamente... more

Studio sul lavoro di Jean-Marie Floch in "Identità visive", in particolare con riferimento ai saggi:
- la via dei loghi
- il coltello del bricoleur
- estetica ed etica del total look chanel
Lo scopo del lavoro è analizzare semioticamente il rapporto tra un testo diverso da quello verbale e l'identità che esso trasmette all'interno di una certa cultura condivisa.

L'articolo è dedicato a Carlo Celano, monumentale conoscitore di cose napoletane. Oltre però l'idea di enciclopedista della napoletanità ed oltre i primi giudizi storiografici, il presente testo prova, sulla scorta delle suggestioni... more

L'articolo è dedicato a Carlo Celano, monumentale conoscitore di cose napoletane. Oltre però l'idea di enciclopedista della napoletanità ed oltre i primi giudizi storiografici, il presente testo prova, sulla scorta delle suggestioni offerte dalla critica più recente, a formulare un nuovo e completo quadro delle indagini del Celano. Scopo è quello di orizzontare l'avvento della storia dell'arte napoletana rimontando alla tradizione periegetica, anziché da Bernardo De Dominici, guardando al Celano come il campione e il pioniere della narrazione d'arte, nonostante non si serva del tradizionale criterio biografico . Metodi, strumenti, fonti e stili ricognitivi fanno dell'autore un vero e proprio prototipo dello storico dell'arte com'è oggi inteso.

Una sintesi ad uso di coloro che vogliono approcciare il repertorio barocco delle tendenze stilistiche, estetiche, formali con specifici riferimenti alle prassi esecutive del periodo barocco.

Az Es­ter­házy Pál ha­lá­lá­nak 300. év­for­du­lója al­kal­má­ból, 2013 má­ju­sá­ban meg­ren­de­zett kon­fe­ren­cia in­ter­disz­cip­li­ná­ris sok­fé­le­sé­gé­ben a vál­to­zás iránti ér­deklő­dés te­rem­tett egy­sé­get. Tör­té­né­szek,... more

Az Es­ter­házy Pál ha­lá­lá­nak 300. év­for­du­lója al­kal­má­ból, 2013 má­ju­sá­ban meg­ren­de­zett kon­fe­ren­cia in­ter­disz­cip­li­ná­ris sok­fé­le­sé­gé­ben a vál­to­zás iránti ér­deklő­dés te­rem­tett egy­sé­get. Tör­té­né­szek, iro­dal­má­rok, mű­vé­szet­tör­té­né­szek, ze­ne­tör­té­né­szek, folk­lo­ris­ták, drá­ma­tör­té­né­szek és a lel­ki­ség­tör­té­net ku­ta­tói arra vol­tak kí­ván­csiak, hogy mi­ként vál­to­zott meg az el­múlt év­ti­ze­dek­ben a tu­do­mány Es­ter­házy Pál­ról al­ko­tott képe. Előa­dá­saik to­vább­gon­dolt, meg­szer­kesz­tett vál­to­za­ta­i­ból állt össze ez a tanulmánykötet.

I «Trecchi, nobilissimi, e principali Cittadini della nostra Città» 1 , così Antonio Campi, pittore ed erudito cremonese, descrive la famiglia Trecchi nella sua celebre opera Cremona Fedelissima del 1585, indicando il prestigio e la fama... more

I «Trecchi, nobilissimi, e principali Cittadini della nostra Città» 1 , così Antonio Campi, pittore ed erudito cremonese, descrive la famiglia Trecchi nella sua celebre opera Cremona Fedelissima del 1585, indicando il prestigio e la fama che all'epoca caratterizzavano il casato cremonese. Gli studi e le pubblicazioni che si sono susseguiti nel tempo, hanno indagato solamente una parte della storia della famiglia, focalizzandosi sul ruolo che essa ha ricoperto nella politica cremonese (prima sotto il dominio visconteosforzesco e in seguito asburgico) e ponendo al centro delle ricerche il privilegio di ospitare le più importanti autorità e personalità politiche, dall'inizio del Cinquecento fino all'Unità d'Italia, presso il loro palazzo cittadino, vicino alla chiesa di Sant'Agata, definito sempre da Campi: «Albergo solito de tutti i Principi, e Signori grandi capitati in questa città» 2. La presente tesi, appoggiandosi ai precedenti studi 3 , si propone di approfondire un ulteriore aspetto della famiglia Trecchi: le iniziative artistiche promosse e il suo ruolo all'interno del panorama culturale cremonese del Cinquecento e del Seicento, con particolare attenzione alle diverse commissioni e relazioni con gli artisti. All'origine della ricerca vi è un forte interesse personale per la storia della città da cui provengo, Cremona, maturato negli anni e approfondito durante il percorso di studi intrapreso. Come punto di partenza si è deciso di porre l'attenzione sull'eredità dei Trecchi, oggi dispersa dopo travagliate vicissitudini, documentata dai vari inventari stilati alla morte dei membri della famiglia. Da essi emerge la traccia di una interessante collezione di dipinti, fatto che ha permesso di porre maggior attenzione sul rapporto tra il casato cremonese e l'arte.

Tesi di laurea triennale, università Ca' Foscari di Venezia A partire dagli anni Sessanta del Settecento, Giandomenico Tiepolo si dedicò, a più riprese, alla decorazione della sua proprietà di famiglia, la villa di Zianigo. Nell'intimità... more

Tesi di laurea triennale, università Ca' Foscari di Venezia
A partire dagli anni Sessanta del Settecento, Giandomenico Tiepolo si dedicò, a più riprese, alla decorazione della sua proprietà di famiglia, la villa di Zianigo. Nell'intimità di quel luogo, senza una committenza a imporgli un soggetto, lasciò scorrere libera la propria fantasia, dipingendo satiri e centauri, scene mitologiche e scene di vita nobiliare contemporanea, fino alla comparsa dei Pulcinella. Questi irrompono sulle pareti della villa impetuosi, per non abbandonare più Giandomenico fino ai suoi ultimi giorni di vita. Infatti, Pulcinella ritornerà anche nella sua opera Divertimento per li regazzi, una raccolta di disegni con la sgraziata maschera come protagonista. Questa tesi vuole andare a indagare sulle ragioni che hanno portato Giandomenico Tiepolo a scegliere proprio la maschera di Pulcinella fra tutte le altre. Saranno approfondite dunque motivazioni di tipo politico, chiarendo il grado di coinvolgimento dell’artista negli accadimenti storici di Venezia, ma anche di tipo sociale, in quanto Pulcinella fa la sua comparsa nell'opera dell’artista in un momento in cui la nobiltà affrontava il proprio declino, per lasciare spazio alla borghesia. Anche dal punto di vista artistico Pulcinella si colloca in un periodo in cui lo stile rococò, prediletto da Giandomenico e suo padre, non era più acclamato dal pubblico, in quanto il neoclassicismo si stava già affacciando sul mondo dell’arte.

Il volume raccoglie gli Atti del convegno internazionale sull’opus magnum mariniano organizzato nel 2019 dall’Istituto di Filologie romanze dellaHumboldt-Universität zu Berlin, per celebrare il 450mo anniversario della nascita del massimo... more

Il volume raccoglie gli Atti del convegno internazionale sull’opus magnum mariniano organizzato nel 2019 dall’Istituto di Filologie romanze dellaHumboldt-Universität zu Berlin, per celebrare il 450mo anniversario della nascita del massimo esponente del Barocco letterario italiano. Di taglio eminentemente multidisciplinare e intermediale, le indagini cui il poème de paix (Chapelain) viene sottoposto in questa sede sono il frutto di uno sforzo comune che ha messo insieme studiosi italiani e tedeschi: cinque-seicentisti e marinisti di chiara fama, comparatisti e critici letterari nonché esponenti di discipline contigue come l’iconologia, la storia dell’arte e quella della musica, utili per analizzare l’Adone e la sua ricezione nelle più svariate sfaccettature e implicazioni poetologiche e, più generalmente, artistiche. Oltre che alla cerchia di seicentisti e “addetti ai lavori”, il volume si rivolge al lettore curioso e disponibile a rileggere (in senso calviniano) un classico così impegnativo, ma fondativo del Barocco europeo, grazie alle influenze esercitate dal suo autore su letterati, italiani e stranieri, suoi contemporanei.

Il Seicento è il secolo che ha stravolto la cultura europa del Rinascimento e ha forgiato la contemporaneità. Il '600 è un secolo infatti di contraddizioni, con pregresso scientifico e crisi economica, proprio come il contraddittorio... more

Il Seicento è il secolo che ha stravolto la cultura europa del Rinascimento e ha forgiato la contemporaneità. Il '600 è un secolo infatti di contraddizioni, con pregresso scientifico e crisi economica, proprio come il contraddittorio Duemila. E queste contraddizioni sono evidenti nel Barocco così come nelle Avanguardie, quelle correnti artistiche che rappresentano le inquietudini di un mondo in continuo cambiamento, inquietudini che l'uomo europeo, oggi come allora, esorcizza demonizzando il diverso

Scheda dedicata alla volta del salone dei palafrenieri di Palazzo Barberini